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Autore: MadameGirodelle    10/03/2023    3 recensioni
Una storia raccontata a due bambini.
Un colonnello coinvolto in un duello e ciò che avvenne in seguito. Pochi capitoli, in verità, forse due, al massimo tre.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’indomani sera lei li trovò ancora lì: lui seduto su quella poltrona di velluto rossa, con in braccio i due bambini, i quali gioivano per le carezze dategli dal padre, mentre con la sua voce calda iniziò a parlare. 

“Anche tu qui, mia cara?”

“Mamma”.

Urlarono i due bambini in coro. Lei si avvicinò, poggiando a ciascuno un bacio sulla fronte. 

“Stavolta non voglio perdermi nulla del racconto”.

“Di questa incantevole storia, vorrai dire”.

Lei gli sorrise, lui ricambiò, iniziando a narrare la storia ai suoi tre gioielli più preziosi: sua moglie ed i suoi bambini. Nessun gioiello, nessun palazzo, nessuna moneta poteva avere il valore che avevano loro. Ammetteva, tuttavia, quanto fosse insolita la loro famiglia… così piena d’amore, così anti convenzionale, così fuori dalle righe… d’altronde lo era anche la loro storia.

 

_______________________

 

“Non riesci a dormire, Oscar?”

“Non devi preoccuparti”.

“Non mi preoccupo… so che vincerai. Ma sarà meglio tu vada a dormire, domani dovremmo alzarci all’alba”.

“Non c’è bisogno che venga anche tu. Il mio padrino è Girodelle”.

“E va bene… ho capito; vuoi rimanere sola”.

“No, aspetta André”.

Lui si girò verso di lei, guardandola curioso. Era un po’ che non riusciva a capirla. Notò anche l’accento che ricadde voracemente su quelle che parole: MIO padrino è GIRODELLE. L’aveva fatto di proposito o era stata una sciocca sua fantasia? Tuttavia, voleva che fosse lei a parlargli.

“Il duello non mi preoccupa, André. Tuttavia debbo dirti che… non ho alcuna intenzione di uccidere il duca. È vero, è un uomo vile, senza ritegno, ma nessun uomo, anche il più disprezzabile, merita di morire per mano di altri… volevo solo dirtelo”.

Rimase attonito da quelle parole.

“Oscar… so che non lo avresti fatto. Sei troppo leale per uccidere qualcuno a sangue freddo”.

“Già… eppure… ho imparato a camminare, duellare, danzare e parlare come un uomo, ma non riesco ad uccidere come un uomo”. (1)

“Perché non lo sei”.

Lei lo fulminò con lo sguardo. Notò solo quel suo sguardo furente, prima di scusarsi.

Lei, d’altro canto, fu messa davanti alla realtà, così schiettamente, come solo l’amico di una vita avrebbe mai potuto fare… o forse no… già, perché, nonostante l’uniforme, un altro uomo riusciva a considerarla come una donna. E lo sapeva. 

“Ascolta… non fa nulla, non scusarti. Volevo solo dirti che… ricordi il tesoro che seppellimmo? Quel coltello dal manico…”

“…Rosso ed una trottola. Certo, lo ricordo. Perché me lo chiedi?”

“Se morissi vorrei che tu li tenessi… come un ricordo”.

“Oscar… non morirai, ne sono sicuro”.

Disse, poi, invitandola nuovamente coricarsi per fare un sonno ristoratore.

“Sì… André, ascolta… debbo chiederti una cosa”.

“Dimmi tutto”.

Eccola… sapeva dove volesse arrivare. È vero, si comportava in modo indecifrabile, ma quella peculiarità di Oscar non era cambiata… si arrampicava sugli specchi, raggirando discorsi, per arrivare a domande che considerava troppo vergognose o sconvenienti.

“Se… se tu stessi per rischiare la vita… cos’è la cosa che più faresti?”

‘Farei l’amore con te, Oscar’.

Si diede dello stupido solo per aver osato formulare quel pensiero.

“Farei qualcosa che mi renderebbe felice”.

Non aveva mentito, aveva solo omesso. Sperando che quel calvario finisse quanto prima, prima che lei osasse un’altra domanda.

“Del tipo?”

Ecco.

Touché.

“Ehm… tipo mangiare una torta”.

“Mi prendi in giro, André?”

“Assolutamente, Oscar”.

Lei lo sorpassò, non del tutto convinta della sincerità dell’amico.

“Se tu provassi… affetto… per qualcuno, glielo diresti?”

Sentì il respiro fermarsi.

“Certo… non bisogna temere nulla”.

Mentì, stavolta.

“Grazie André, buonanotte”.

“Buonanotte… Oscar”.

 

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“Anche io voglio una trottola”.

Disse la bambina, incrociando le braccia al petto.

“Tutte quelle che v…”

Si trattenne, quando vide l’occhiata fulminante che gli rivolse la moglie.

“Si chiede perfavore, Aurore”.

Disse il fratello maggiore, guadagnandosi una linguaccia dalla pestifera.

“Victor, ricorda cosa ci siamo detti”.

“Perdono, amore… beh… facciamo così, al tuo prossimo compleanno ti regaleremo una trottola. Adesso, però, piccola mia, se non volete ritrovarvi orfani di padre, non mettetemi in difetto davanti a vostra madre. Sa essere davvero terribile”.

Disse, ridendo e guardando la moglie con aria scherzosa.

“Papà, potresti continuare la storia, per favore?”

Nessuno avrebbe mai detto che fossero fratelli… eppure entrambi erano stati educati nella medesima maniera. Eppure Damien, a differenza di Aurore, era sempre pacato, dolce, gentile ed aveva la stessa malinconia velata del padre, negli occhi. Certo è anche vero che il padre l’aveva, da quando nacque, considerata fin da subito come la principessa di casa. Non che provasse un amore superiore rispetto a quello per Damien, eh. Solo che, in quella piccola bambina, rivedeva tanto della sua amata moglie, lo stesso carattere, gli stessi occhi. Quelli capaci di essere più eloquenti delle parole. Quando nacque decise che le avrebbe dato tutto ciò che sua madre non aveva potuto avere. Che si trattasse di bambole, vestiti o spade e soldatini. Ma sopratutto di amore, quell’amore che sua moglie non aveva mai ricevuto. Nemmeno lui, d’altronde. Quando, invece, nacque Damien, decise di voler essere il suo eroe, il suo confidente, il suo migliore amico, oltre che ad essergli padre. E così sarebbe stato. Damien, infatti, non faceva altro che guardare con occhi innamorati e sognanti i suoi genitori. Così forti, così belli, così innamorati… e, i due genitori, ogni giorno si auguravano che i figli potessero, un giorno, assaporare la stessa immensa felicità.

Si ritrovò a pensare Victor, guardando per qualche secondo Damien. 

“Certo, mon petit guerrier”.

“Anche io sono una guerriera?”

“Ma che dici, Aurore, tu sei una femmina. Il guerriero sono io, però ti proteggerò sempre”.

Rispose il fratello, ma si rese conto troppo tardi che si era guadagnato un’occhiata malcontenta da parte dei suoi genitori. Così abbassò la testa, imbarazzato.

“Scusate”.

Il padre sorrise, lasciandogli una carezza su una tenera e paffuta guancia. Poi si rivolse alla piccola.

“Certo che sì, piccola mia. Come te, anche la mamma”.

La bambina gli sorrise, prima di dargli un tenero e goffo bacio sulle labbra. Quei baci che erano solo di amore pure tra figli e genitori.

 

________________________

 

Era, da poco, passata la mezzanotte, ma il sonno non voleva coglierla. Così, decise di sana pianta di uscire, prendere il cavallo ed andare più lontano possibile.

Non così lontano da dove ci si potesse aspettare. Infatti si fermò ai cancelli di un grande castello, divorato dalle ombre notturne, ove gli unici rumori che si sentivano erano quelli degli alberi che muovevano le loro foglie verdi, quello del vento che fischiava leggero e quello delle cicale che cantavano canzoni conoscibili soltanto a loro.

Si sentì una stupida… andare lì, col rischio di essere vista e di disturbare qualcuno. Come si sarebbe giustificata? 

Tuttavia, mentre fece per andarsene, scuotendo la testa con aria di chi avesse capito troppo tardi ciò che stava facendo, una voce richiamò la sua attenzione.

“Oscar…”

Si sentì trasalire.

“Ah… Girodelle, perché siete ancora sveglio?”

Gli chiese, guardandolo dall’alto, sul suo destriero bianco.

“Colonnello… con tutto il dovuto rispetto, se me lo consentite, non sono io ad aggirarmi per i cancelli delle residenze altrui”.

Disse col suo solo tono neutro. 

Si sentì ancor più stupida.

“Tuttavia, Oscar… non penso TU sia venuta qui per controllarmi. C’è qualcosa di cui VUOI parlarmi?”

Annullò di proposito le distanze, costringendola a scendere da cavallo.

“Victor… io… le vostre…”

“Ti prego, Oscar. Non siamo a Versailles, non siamo costretti ad indossare le maschere che coprono quotidianamente le nostre giornate… e non sopporti nemmeno tu questo distanze fin troppo formali”.

“D’accordo… volevo dirti che… ho pensato molto alle tue parole e ne sono rimasta colpita”.

“Mai quanto tu hai colpito me, lasciandomi lá, senza nemmeno darmi l’opportunità di spiegarti… non ti sei nemmeno scomodata a rispondermi, se non con lo stesso tono sufficiente che mi rivolgi da quando ci conosciamo”.

“Sono qui per questo, Victor. Non vorrei…”

“Già… facciamo finta non sia successo nulla, giusto?”

Lei abbassò lo sguardo, sospirando.

“È più facile così, no? Facciamo finta non ti abbia mai detto nulla, che non sia successo niente. Quando, poi, qualcosa è successo… ed uno dei due si è fatto più male dell’altro”.

“Victor, mettiti nei miei panni. Come può un soldato amare un uomo?”

“Perché sei donna. Sei umana, Oscar. È nella natura amare ed essere riamati. Non c’entra che tu sia un soldato, un medico o chiunque tu voglia essere”.

“Ti rendi conto di cosa potrebbe succedere, Victor? Hai idea di come faremmo soffrire le persone intorno a noi?”

“Hai idea che l’unica persona della quale mi interessa sia tu? Dimmi che non è lo stesso e ti lascerò andare. Non oserò mai più dirti del mio amore. Non mi rivedrai nemmeno più, te lo giuro”.

“Non l’ho mai pensato in questi termini…”

Lui le si avvicinò ancora di più.

La mise con le spalle attaccate al tronco di una quercia vicino. Le bloccò le mani sulla testa e la costrinse a guardarlo negli occhi.

“E come l’hai pensata?” 

“Io… Victor… non posso. Ti prego di scusarmi… e di comprendermi”.

“No, non ti comprendo affatto”.

“Immaginati noi due, le voci che ne usciranno, le nostre famiglie disonorate. Io sono un soldato. Tu devi sposare l’arciduchessa de l'Epine. Non possiamo Victor”.

“Allora perché sei qui?”

“Perché… volevo dirtelo. Volevo dirti che, dopo il duello, non ci vedremo più. O vado io o tu”.

“Se sono solo io a provare dell’amore, dunque sono facile alla tentazione, perché mi allontani? Significa che ti faccio anch’io qualche effetto. O hai paura di me? Pensi possa farti mai del male? Perché, mia cara, se pensi questo allora non mi conosci davvero”.

“Ti sbagli”.

Si mise sulla difensiva.

“Io credo di no… se provassi a…”

Avvicinò pericolosamente le labbra alle sue. Diavolo tentatore, che poggiò le labbra sulle sue, con l’intento di scoprire che sapore avesse il paradiso.

 

________________________

 

“La mamma prima di sposarsi con te era un’arciduchessa?”

Chiese il figlio, curioso.

Il padre sorrise benevolmente.

“Ti sbagli, mio tesoro. La tua mamma è…”

“Victor, non rovinargli il finale, sennò non c’è gusto”.

“Ma mamma”.

“Su, fate parlare vostro padre”.

“Va bene”.

Risposero, in coro.

 

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Si lasciò baciare, inebriata dal sapore di quelle labbra che, dopo un paio di minuti, si spostarono sul collo. Lei reclinò il capo all’indietro. Fu solo un attimo, un attimo lacerante.

“F… fermati. Ti ordino di fermarti, Victor”.

Lui si bloccò di colpo.

“Perdonami… non avrei dovuto”.

“Cosa… cosa dovesse succedere se… se facessimo l’amore?”

Rimase spiazzato.

“Vuoi davvero?”

“Io… sì”. 

“Perché?”

“Perché… forse… hai ragione: vorrei provare ad essere donna… potrebbe essere l’ultima notte che vedo”.

“Morirei con te”.

“No… non lo faresti”.

“Scommettiamo?”

Si guardarono. Non avevano bisogno di altre parole. 

Lui la prese tra le braccia, la strinse forte e la portò in casa. Come si farebbe con le neo spose.

“Dopo il duello… vorresti accettare di essere mia moglie?”

“E la tua fidanzata?”.

“Chi? Ah… beh… mi dispiace, non sono il tipo da far soffrire una donna, ma non posso proprio sposarla. Ha ragione che ho avuto da fare, per colpa del mio colonnello che ha acconsentito a questo duello, sennò sarei già andato dai suoi genitori dicendogli che non darò credito agli ordini di mio padre e che non posso sposare l’Arciduchessa”.

Rispose lui, sincero.

Dopodiché la portò in camera, dove fecero l’amore per tutta la notte, prima di crollare l’uno tra le braccia dell’altro. All’indomani si sarebbero alzati presto. Lei doveva tornare a casa, prepararsi e fingere che nulla fosse successo. Poi, se ne fosse uscita viva… ci avrebbe pensato. Una cosa era certa: stava iniziando ad ascoltare il suo cuore, che gridava il nome del suo Luogotenente. 

 

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“Ed il duello?”

“Ovviamente lo vinse lei”.

“E, poi, cosa è successo?”

“Che… quella notte… io ho dato tanto tanto amore a tua madre, lei ha custodito questo amore per 9 lunghi mesi… e sei nato tu”.

“Non ci credoooo”.

Disse il bambino, sconvolto.

“Non ho capito”.

Disse la piccolina.

“La mamma è il soldato di cui era innamorato papà”.

La donna dai lunghi capelli biondi, sorrise.

“Uhhhhh… Allora anche io voglio fare il soldato, con le spade ed i cavalli”.

I due sposi si guardarono sorridendo.

“Io voglio diventare uno scrittore”.

“Siete ancora troppo piccoli per decidere… ne avrete di tempo, amori miei”.

Disse la madre, abbracciandoli.

“Ma, poi, com’è che papà non sposò l’Arciduchessa?”

“Perché… andai contro tutto e tutti per stare con la tua mamma… anche contro tuo nonno”.

“Contro mio nonno?”

“Sì… il generale Jarjayes”.

Rispose lei, con un sorriso malinconico.

“Ma è ancora vivo?”

“Da quanto ne so… sì”.

Continuò.

“Mamma, possiamo vederlo?”

Chiese Damien.

Già donna cercò lo sguardo di suo marito, il quale prese parola.

“Vedi, piccolo mio… sono successe tante tante cose… e la tua mamma… non ha più voluto vedere il suo papà”.

Poi si girò a guardarla.

“Anche se… i genitori sono i genitori e, per quanto possano sbagliare, avranno sempre bisogno dei propri figli”.

Lei abbassò lo sguardo, tristemente.

Sospirò.

“Bene, ma, adesso, non pensiamoci più. Forza, a nanna. Il finale ve lo racconterà la mamma, domani sera”.

“La storia finisce sempre sul più bello”.

Rispose, sbuffando, la piccola.

“Ma perché avete deciso di raccontarcela?”

Chiese Damien, guardando i suoi genitori.

“Per farvi sapere chi è vostra madre, quanto sia forte e per farvi capire quanto sia importante combattere per amore e…”

“Per farvi capire che, a volte, è necessario infrangere delle regole troppo strette, assecondando i vostri sentimenti… quando sarete più grandi”.

Rispose la donna, interrompendolo.

L’uomo sorrise, prendendo in braccio i suoi due figli, i LORO due figli. 

Li misero a letto, dandogli un bacio sulla fronte e rimboccargli le coperte, come facevano ogni sera.

Fuori dalla stanza di Aurore, lui le prese la mano ed, insieme, camminarono fino alla loro camera, al loro rifugio d’amore.

“Ti manca… domattina vieni con me a Vers…”

“No”.

“Oscar… io lo vedo tutti i giorni tuo padre… ed anche se non parliamo vedo quanto sta male. Non sai quante volte ha cercato di vederti, parlarti…”

“Non gliel’ha mai impedito nessuno…”

“Sei stata tu a mettere barriere tra voi”.

“Avrebbe preferito morissi, piuttosto vedere ‘suo figlio’ incinta”.

“Ha sbagliato, ma era solo molto arrabbiato… quante cose orribili diciamo in momenti in cui ci sentiamo fragili? Siamo umani, amore mio”.

“Non riuscirei mai a trattare i miei figli, un domani, allo stesso modo in cui lui ha trattato me”.

“Capisco…”

“Davvero gli hai perdonato il fatto che abbia messo la mia vita e quella di Damien in pericolo, quella sera?”

Lui non le rispose.

“Voglio solo che tu stia bene. Non voglio vederti triste vedendo me ed i bambini insieme”.

“Ti sbagli, Victor”.

“Dimmi la verità, Oscar; quante volte ti sei ritrovata a pensare che avresti voluto anche tu una famiglia come l’abbiamo costruita noi?”

“Ma io ce l’ho… ce l’ho questa famiglia e sono felice così”.

“Ma tuo padre ti manca”.

“Non voglio parlarne, ti prego”.

“Come desideri…”

“Buonanotte, Marito”.

Disse, dandogli un bacio ed accoccolandosi a lui.

“Buonanotte, Moglie”.

Rispose, abbracciandola ancor più forte.

 

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