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Autore: Feathers    12/03/2023    2 recensioni
Harringrove (Billy + Steve)
Tratto dal testo
« Con le ragazze era piacevole, ma quasi non gli pareva che ci fosse differenza fra avere un rapporto con loro e toccarsi da solo, e la ragione era semplicissima: non gli piacevano davvero. Steve Harrington che gli baciava e accarezzava il corpo nel più semplice dei modi gli stava provocando delle sensazioni pazzesche, che non si era mai concesso di godersi, e sulle quali probabilmente avrebbe fantasticato a vita. Cercò di tenere impresso nella sua mente ogni dettaglio, ogni minuscolo gesto, per evitare di dimenticarsene nel caso in cui non fosse riaccaduto mai più. »
Genere: Erotico, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billy Hargrove, Steve Harrington
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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30 Agosto 1986

18:30


Neil Hargrove ciabattava di tanto in tanto accanto alla porta del salotto, senza nemmeno curarsi troppo dei due giovani che guardavano la partita sul divano, seduti a debita distanza l'uno dall'altro.
Sembrava quasi che Billy volesse salire sul bracciolo pur di essere più lontano possibile dall'amico. Beveva la sua solita birra ghiacciata pulendosi la bocca col polso a ogni sorso, gli occhi chiari fissi sullo schermo. Ad un certo punto, piazzò i piedi sul tavolino.
Steve lo occhieggiò, con un sopracciglio sollevato. Lo stava ignorando perché gli stava ancora tenendo il muso o perché suo padre era nei paraggi?
"Quanto sei cafone." lo stuzzicò, con un cenno del mento verso i suoi piedi.
Billy si voltò lentamente a guardarlo. "Sono a casa mia, Harrington. Posso anche mettermi a ruttare forte, per quanto mi riguarda."
"...fai schifo!"
"...forse, ma non quanto 'sto finocchio che continua a mancare la porta a ogni tiro." rispose l'altro a voce alta, come se volesse farsi sentire, e indicò la televisione.
Steve gli rivolse un chiarissimo sguardo interrogativo nell'udire quella parola, ma prima che potesse ricevere una risposta, Neil fece capolino e apostrofò il figlio: "Io vado. Controlla Max. Non deve uscire senza la tua supervisione, per nessuna ragione. Capito?"
Billy annuì, e agitò la mano in segno di saluto.
"A-arrivederci." farfugliò Steve.
"Ciao." L'uomo uscì di casa di gran carriera.
Dopo pochi secondi, Billy tolse i piedi dal tavolino e si precipitò a spiare attraverso le persiane. Vide Neil entrare in auto, avviare il motore e sparire dalla sua vista. Rilassò i muscoli del corpo e del viso, ed emise un sospiro. "Bastardo." sibilò, quasi fra sé e sé.
"È andato via?"
"Sì. Stavo morendo d'ansia."
"Scusa ma... non hai mai invitato un amico a casa tua?"
"Sì in realtà. Infatti mi sento un coglione."
Steve deglutì, scuotendo la testa. "Perché... dici quelle parole? Tipo «finocchio». Non dovresti."
"Cerco di proteggerci. Se davanti a lui mi comporto così, da «cafone», come dici tu, non sospetterà."
"...ah. Sì, capisco. Però è triste..."
"Questa è la vita, suppongo." mormorò Billy con cinismo, stringendosi nelle spalle. Chiuse le tende meglio che poté, e controllò ossessivamente che non si vedesse nulla. Poi si avvicinò di nuovo al divano.
Steve credette che il ragazzo avrebbe iniziato a spogliarsi; invece lo vide sdraiarsi su un fianco sfiorandogli la coscia coi capelli, ancora concentrato sulla partita. Rimase a guardarlo, indeciso sul da farsi, e gli tornò alla mente ciò che era accaduto giorni prima; era evidente che Billy avesse un bisogno sfrenato d'affetto fisico. Allungò una mano timida, e accarezzò i ricci del giovane, il quale apparve impassibile, e per diversi minuti continuò a seguire la partita in verticale, in silenzio, senza ritrarsi né protestare. Il lieve ronzio del televisore divenne di colpo meno interessante.
"Vieni qui." Steve gli sollevò il capo e lo adagiò sul proprio grembo. Continuò ad accarezzarlo sulla guancia, sul collo, sulla spalla; poi prese a fargli un grattino sulla nuca e giù, lungo il braccio. Una bizzarra sensazione mista fra tenerezza e qualcosa di indistinto si impadronì di lui, e lo fece sorridere suo malgrado. "Di là c'è... solo Max, giusto?"
"Sì..."
"Ma vi «spostate insieme»? Fammi capire."
"Sì. Se io sto qualche giorno con mio padre, lei viene quasi sempre con me, poi torniamo da Susan." Fece un risolino.
"Wow. È diventata la tua ombra, in pratica." Steve scese a grattargli la schiena.
Il più giovane chiuse gli occhi, con aria rilassata. "Senti... s-se stai facendo questo per scusarti per martedì... non ce n'è bisogno." mormorò.
"Non lo faccio per quello."
"Hm, e perché allora?"
"Perché mi va."
"Di certo molto etero da parte tua." bofonchiò Billy. Gli infilò la mano sotto l'orlo dei pantaloncini il tanto che bastava per accarezzarlo poco sopra il ginocchio, piano piano.
Steve notò con sorpresa che non c'era nulla di sessuale in quel gesto: solo tenerezza e intimità. Si schiarì la gola, e per qualche istante smise di coccolarlo, nel tentativo di raccogliere il coraggio per parlare. "Uh, a tal proposito, sai... ho parlato con Robin."
"Ah..." Billy si mise supino, in modo da guardarlo. "E cosa ha detto?"
"Che potrei essere... bisessuale."
Il biondo apparve scettico. "Bi che...?!"
"Sì, è stata anche la mia reazione all'inizio. Poi mi ha detto che pure Vickie lo è. Sai, la sua ragazza. È tutto normale."
"Ma com'è possibile, scusa?"
"Lo è, ed è l'unica spiegazione. Mi piacciono le ragazze. Ma anche tu mi piaci... e non mi sembri una ragazza." disse, con più semplicità del previsto.
L'altro sbatté le ciglia, mentre la frase «ma anche tu mi piaci» gli rimbombava in testa. Di certo non poteva essere un altro scherzo, perché Steve era uno che non ripeteva quasi mai gli stessi errori: gli aveva raccontato di quando da bambino era caduto camminando all'indietro e aveva deciso di camminare solo in avanti. Decise comunque di reprimere la voglia di rispondere con qualcosa di dolce, e scoccò un sorrisino furbo al pensiero di una delle loro primissime conversazioni. Si mise a imitare la sua voce: "«Oooh, se io fossi gay mi piaceresti e ti inviterei a uscire. Oh, Billy, sei proprio bellissimo.»"
Steve spalancò gli occhi. "Questa me la paghi cara, pezzo di..." Cercò di fargli il solletico sui fianchi, ma venne afferrato per il polso e si divincolò.
"Beh adesso possiamo finalmente lanciarci i piatti in segno d'amore." Billy gli diede un finto pugno sul petto.
"...tu me ne hai già lanciato uno, quando ci siamo picchiati. Non te lo ricordi?"
Billy corrugò la fronte.
"Anzi, me l'hai sbattuto in piena faccia, quel caspita di piatto. Per la precisione... qui." Steve si indicò una minuscola cicatrice.
"Ah, cazzo, sì! Adesso ricordo!" Billy esplose in una risata fragorosa.
"Cos'hai da ridere? Mi avevi fatto malissimo."
Billy smise di sghignazzare e sollevò il busto, abbastanza da arrivare al suo livello. Gli stampò un bacio delicato sulla guancia, esattamente dove il ragazzo aveva indicato la cicatrice. "Fa ancora male?" sussurrò, con tono suadente.
Steve rimase immobile, e poi lo guardò, stupito dall'effetto che gli aveva fatto quel gesto così semplice. "Uh... n-no." farfugliò, stando allo scherzo.
"Bene." Billy sollevò le sopracciglia, e si rimise composto. "Comunque... il fatto che sei... bisessuale. Giusto?"
"Sì..."
"...significa che... uh, in ogni caso... significa che in futuro... potresti stare con un uomo." Smise di guardarlo, pur di non far trapelare quel barlume di speranza che gli si era acceso dentro.
Il più grande si umettò le labbra. "Uhm... diciamo che..."
"Cosa?"
Steve lo fissò in quelle meravigliose iridi blu, con un sospiro triste. "Diciamo che il mio sogno è di... avere una famiglia numerosa. Cinque o sei cucciolotti di Harrington. E andare in giro con loro, portarli in gita nel fine settimana... magari in California. Andare a surfare."
Billy fece un sorrisetto vagamente malinconico, ripensando a quando andava in spiaggia con sua madre. "Ti ricordi che io sono californiano e so surfare, vero?"
"...tu sai surfare?!"
"Eccome, e anche piuttosto bene. Potrei insegnarlo a tutti i cinque o sei piccoli di Harrington." Riprese la birra, un po' a disagio. "Ovviamente sto scherzando, eh. Capisco che intendi." aggiunse.
Steve si immaginò la scena in modo piuttosto vivido: Billy con gli occhiali da sole, il costume da bagno e la tavola da surf, l'ombrellone, il rumore delle onde, e un mucchio di bambini mezzi insabbiati che li seguivano e ridevano. In qualche modo, quell'immagine gli trasmise una pace immensa. Emise un altro lieve sospiro. "Sì, so che stai scherzando. Non preoccuparti."

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17 Settembre 1986

05:50


Ecco lo Starcourt Mall. Ma lo era veramente? Con che coraggio era entrato lì dentro dopo ciò che era successo? Forse non era davvero lo Starcourt Mall. A tratti sembrava quasi un altro luogo. Quell'insegna blu e rossa c'era prima? Che c'era scritto? Dei caratteri indecifrabili. E l'orologio aveva troppe lancette, e ticchettava così forte che pareva essere ovunque. Il suono di un pendolo. E quello a destra non era il luogo di lavoro di suo padre? Che c'entrava? Ancora il pendolo. Cos'erano quelle luci in alto? Ancora il pendolo. Si voltò per fuggire, ma le gambe non funzionavano: erano bloccate. Almeno urlare? No, non poteva. Apriva la bocca ma non usciva nulla. Perché non riusciva né a urlare né a muoversi? Un dolore acuto si propagò in tutto l'addome, mentre veniva afferrato dal mostro. "Te lo meriti." diceva una voce indistinta. "Meriti solo questo. Il mostro sei tu." Era suo padre a parlare. No. Adesso era sua madre. Ancora il pendolo. Un fuoco d'artificio in pieno volto lo fece svegliare di soprassalto urlando, tutto sudato e ansante. Billy riprese fiato e fissò lo stanzino in cui doveva dormire adesso che abitavano nel Trailer Park con uno sguardo assente, la bocca ancora semi aperta. Cercò con la mano la bottiglia sul comodino, e bevve qualche sorso d'acqua. Tremava così tanto che gliene cadde un po' sulla maglietta.
La porta si aprì lentamente, e di lì sbucò la figura minuta di sua sorella, che indossava un pigiama almeno tre taglie più largo di lei. "Billy?"
"Scusa. Ti ho svegliata." gracchiò il ragazzo.
"No no. Non riuscivo a dormire." mentì lei, avvicinandosi con fare cauto.
"Bugiarda." Billy abbozzò un sorriso debolissimo e la sbirciò. "Sto bene, non ti preoccupare. Passerà."
Max salì sul letto, e posò la mano piccola sulla sua. Lui la strinse e la accarezzò con il pollice, con una delicatezza di cui non sembrava essere capace quando fino a un anno prima la afferrava per il polso sgridandola. Rimasero in silenzio a lungo, ad ascoltare i loro respiri irregolari, e il canto degli uccellini delle prime ore del mattino.
"Vuoi raccontarmelo?"
Billy scosse subito il capo in segno di diniego. "Solite cose orripilanti."
"Ti va se dormo qui?"
Il ragazzo si girò verso la sorella, sorpreso. Le luci dell'alba le illuminavano a metà il viso pallido. "Ma no, su, va' a riposare, staresti scomoda."
"Nemmeno io riesco a dormire. Almeno ci facciamo compagnia."
Billy emise un piccolo sospiro. Sollevò una mano in sua direzione con molta lentezza, quasi come se temesse di vederla sobbalzare dalla paura, e le scostò i capelli rossi dagli occhi. "E va bene."
Lei sorrise, soddisfatta, e si nascose sotto al lenzuolo. Non avevano mai dormito insieme, nemmeno quando erano bambini.
"Non è tanto spazioso..." disse lui.
"Lo facciamo diventare spazioso, allora." Max appoggiò il capo del fratello sul proprio petto, e respirò l'odore del suo shampoo.
Billy le circondò la schiena con le braccia. "Sì, in effetti così va meglio."
Lei fece un breve sbadiglio. "Andiamo a giocare domani? Cioè nel senso, oggi. Vabbè hai capito cosa voglio dire." farfugliò.
"Hm hm. Mi stai sconfiggendo troppe volte ultimamente. Devo rimediare."
"Certo che ti sconfiggo. Ricorda che io sono Mad Max: il flagello di Hawkins."
"Il flage-" Billy sghignazzò. "...e poi ti devo accompagnare da Lucas. Giusto?"
"Sì." La ragazzina chiuse le palpebre pesanti e lo accarezzò sulle scapole. Nonostante la posizione poco confortevole e la mancanza di spazio, non ci volle molto affinché entrambi cominciassero a calmarsi e prendere di nuovo sonno: dormire a quelle ore è sempre stato più facile che farlo a notte fonda.
Era pazzesco. Paradossalmente, si sentivano più fratelli in quel periodo che quando i loro genitori stavano insieme. In passato avrebbero pagato oro pur di non dover vivere sotto lo stesso tetto; adesso divenivano più inseparabili ogni giorno che passava.
"Max...?" sussurrò Billy in dormiveglia, la voce attutita dall'enorme pigiama della ragazzina.
"Sì?"
Il ragazzo deglutì. "Grazie... di avermi... perdonato. Io... so che non te l'ho mai detto né dimostrato prima di..." Si bloccò per un pezzo. "...ma ti voglio bene."
Lei lo strinse più forte a sé. Delle lacrime calde le sfuggirono e bagnarono il cuscino. "Anche io."
   
 
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