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Autore: Orso Scrive    12/03/2023    1 recensioni
Alan Knight, agente dell’Interpol, prosegue l’inseguimento dei due ladri d’antichità, Smith e Fournier, che era quasi riuscito ad acciuffare in Egitto. La sua caccia lo conduce tra le cupe foreste dell’Africa Nera, luoghi selvaggi e inesplorati, che celano insidie misteriose…
(Storia scritta nel 2017)
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TERZO

 

La notte trascorse tranquilla e senza che alcun incidente arrivasse a disturbare i due viaggiatori; ogni tanto, un ruggito lontano o altri strani versi, simili a volte ad urla, altre a risate isteriche, ridestavano Knight dal suo sonno agitato, nel quale, spossato per le fatiche degli ultimi giorni, ripiombava dopo pochi istanti. Nessun animale, comunque, si avvicinò al loro campo rischiarato dal fuoco acceso e, a parte i suoni della natura, poterono dormire entrambi senza pensieri.

Era ancora buio quando si risvegliarono e iniziarono ad imbandire qualche cosa per fare colazione; mentre mangiavano alcune banane raccolte da un albero che cresceva nei pressi, il cielo si tinse di viola a oriente e, nel momento in cui ripresero a seguire il fiume, i caldi raggi del sole già alto attraversavano le fronde della verzura tutto attorno, creando giochi di luce nell’aria immobile.

Pagaiarono senza sosta fino a mezzogiorno. A quel punto, stancati dalla calura opprimente, si concessero una breve pausa per ristorarsi, dopodiché ricominciarono immediatamente la loro navigazione. La monotonia del paesaggio tutt’attorno era interrotta, di quando in quando, dall’aprirsi di una radura tra le piante, dall’elevarsi di qualche roccia lungo il corso d’acqua oppure dall’apparizione di qualche animale, specialmente gazzelle o bufali neri, venuto al fiume per dissetarsi.

Tra di loro scambiavano pochissime parole.

Mugambi, come già detto, era un uomo silenzioso e, se anche notava dei segni del passaggio dei due fuggiaschi, se li teneva per sé, senza avvertire la necessità di comunicarne la presenza a Knight. Il quale, dal canto suo, era perduto nei propri pensieri; non faceva altro, quasi, che immaginare il momento in cui avrebbe finalmente catturato i due ladroni, stringendo loro le manette ai polsi e mettendo così la parola fine a un estenuante inseguimento che durava da ormai troppo tempo. Aveva voglia di fare ritorno a casa propria, di mettersi un po’ tranquillo e di prendersi un periodo di meritato riposo; l’idea della calma che lo avrebbe atteso, quando avesse fatto rientro in patria, lo spronava a remare ancora più forte.

Nel tardo pomeriggio, quando già le ombre tendevano ad allungarsi, giunse alle loro orecchie un rumore indistinto, che si fece via via più forte mentre avanzavano. Per quanto sembrasse assurdo, sembrava che, da qualche parte nella foresta, fosse in corso una grande festa e che un gruppo di persone ubriache stesse ridendo sguaiatamente. Subodorando un pericolo, Mugambi deviò velocemente verso riva, saltò a terra e tirò in secca la barca.

«Che cosa succede?» domandò Knight, allarmato.

«Non lo so» bisbigliò l’altro, facendogli segno di tenere la voce bassa ed al contempo puntando lo sguardo attentissimo in direzione della fonte del rumore.

Dal loro punto d’osservazione, tuttavia, non poterono scorgere nulla, poiché alberi, rampicanti e cespugli celavano ogni cosa ai loro sguardi. Tuttavia, gli strani suoni erano adesso molto vicini, non dovevano distare più di venti metri.

«Arma il tuo fucile e seguimi» ordinò sbrigativamente il nero, dopo aver preso una vecchia carabina da caccia che teneva nella canoa.

Silenziosamente, si avviarono a piedi in direzione di quelle strane strida, decisi a scoprire che cosa fosse a provocarle. Entrambi avvertivano una tensione crescente, specialmente Knight, a cui era immediatamente tornato in mente il povero Robert Park.

Dopo aver aggirato un palmizio e aver strisciato per passare sotto ad alcuni rami bassi, i due uomini si trovarono a contemplare, al riparo di un albero del burro le cui frasche si allungavano fino a terra, uno spettacolo veramente inaudito.

Dinnanzi a loro, si ergeva un’antica casa colonica in rovina, costruita in legno e in pietra, ormai priva del tetto e completamente invasa da rampicanti ed alberi, probabilmente edificata da qualche europeo del secolo precedente. In mezzo alle sterpaglie e alle rovine dell’edificio, saltellavano e gridavano numerose scimmie. Ma la cosa più stupefacente era che, nel cortile di fronte all’abitazione, strettamente legati a un palo sormontato da alcuni teschi umani, gli sguardi terrorizzati puntati sulle scimmie che gli danzavano attorno come pazzi invasati e gli abiti ridotti quasi a brandelli, c’erano Smith e Fournier.

Quasi non riuscendo a credere ai propri occhi, Knight esclamò: «Mi prenda un colpo! Quei due sono gli uomini che sto inseguendo!»

Mugambi gli fece segno di tenere il tono basso per non farsi udire, poi aggiunse, bisbigliando in maniera quasi incomprensibile: «Te l’avevo detto che, entro oggi, saremmo riusciti a raggiungerli. Evidentemente si erano rifugiati in questa vecchia catapecchia per potervi trascorrere la notte, ma sono stati sorpresi.»

«Ma da chi? Chi è stato a legarli in quel modo?» domandò Knight, incredulo.

«Chi? Lo stai vedendo da te.»

Il poliziotto scrutò la guida come se fosse impazzita, poi scosse il capo, spingendo all’indietro la bombetta per grattarsi la fronte.

«Le scimmie? Non diciamo sciocchezze. Un primate non può fare questo.»

Il congolese indicò il cortile. «Giudica da te.»

In quel momento, infatti, come obbedendo a un comando repentino, tutte le scimmie simisero di urlare e di prodursi in quel loro strano balletto e si radunarono in fila davanti al palo a cui erano legati i due sventurati furfanti. Sembravano in attesa di qualcosa.

Un’attesa che, comunque, non durò a lungo. Dal vano che un tempo aveva ospitato la porta principale della casa, emerse un’altra bestia, molto più grossa delle altre. Questa nuova scimmia doveva essere alta quasi due metri, e pesare almeno centoventi chili, perlomeno a giudicare dalla muscolatura possente delle zampe e del petto. Immediatamente, lo scimmione cominciò ad agitare le braccia, emettendo versi striduli e gutturali, come se stesse tenendo un vero e proprio discorso alle compagne.

«Impossibile…» mormorò Knight.

Eppure, in quel momento, una scimmia, quasi avesse ricevuto un altro ordine, si staccò dal gruppo e, raccolto da terra un pugnale che era stato sottratto ai due uomini, si avvicinò con aria minacciosa al palo. Sembrava più che mai decisa a sgozzarli. Smith e Fournier, atterriti da quella visione, iniziarono a urlare disperatamente, invocando soccorso.

«Se me lo raccontassero, non potrei mai crederci…» grugnì Knight. Il suo naturale aplomb inglese, in quel momento, era decisamente a rischio. «Ma da quando ho messo piede in questo continente ne ho viste di cotte e di crude, talmente tante che potrei quasi scriverci un libro!»

«Questo, un tempo, fu il regno delle scimmie giganti» gli ricordò Mugambi, calmo e serafico. «I primati obbediscono loro. Significa solamente una cosa: quei mostri stanno tornando dalle profondità delle foreste in cui furono cacciati nei secoli passati.»

«Regno o no, quei dannati animali vogliono uccidere quei ladri, senza badare minimamente al fatto che io abbia attraversato mezzo mondo per prenderli miei prigionieri e affidarli al giudizio di una corte!» sbottò l’agente dell’Interpol, imbracciando il fucile e prendendo la mira. «Non posso permetterlo!»

Detto questo, premette il grilletto e, con un colpo estremamente preciso, fece saltare il coltello dalla zampa della scimmia, ormai giunta vicinissima ai due sventurati farabutti.

Urlando come se fossero impazzite, incitate dalla grande scimmia che doveva essere il loro capo, le altre bestie si gettarono subito verso il punto da cui era provenuto lo sparo, ma Knight fu rapido a correggere la mira e iniziò a bersagliarle, subito imitato da Mugambi, che gli diede man forte con la sua vecchia ma efficace carabina. Ferite e spaventate da quell’attacco inaspettato, con le scariche di fucileria che rimbombavano tutto attorno, le scimmie cessarono la corsa e si dispersero urlando in ogni direzione, come fece pure anche il grosso primate che li guidava. In breve le loro grida furono lontane e, nel giro di qualche istante, ogni rumore cessò.

Quando la calma fu totale, Knight si decise a uscire dal suo nascondiglio e, seguito da Mugambi, che non smetteva un solo momento di guardarsi attorno per scongiurare nuovi assalti, si avvicinò velocemente ai due uomini, mezzi svenuti per la paura.

Il primo a riconoscerlo fu Smith.

«Knight!» esclamò, sollevando il capo. «Alan Knight! Non sono mai stato tanto felice in vita mia di rivedere un poliziotto!»

Senza una sola parola, l’agente dell’Interpol abbassò la canna del fucile all’altezza dei loro stomaci.

«Ehi!» protestò Fournier. «Non avrà mica intenzione di ucciderci dopo averci salvati da quelle belve impazzite?!»

«Semplice precauzione» borbottò Knight, accennando al fucile. «Adesso, Mugambi vi slegherà. Questo arnese mi serve solo per assicurarmi che non cerchiate di fare scherzi.» Il poliziotto assunse un cipiglio autorevole. «Signori, è mio dovere informarvi che, nel nome della legge, siete dichiarati in arresto. Avete il diritto di rimanere in silenzio. Da questo momento in avanti, ogni cosa che direte potrà essere utilizzata contro di voi in tribunale. Avreste anche diritto a un avvocato ma, vista la situazione in cui ci troviamo, in questo momento non credo possiate trovarne uno. In ogni caso, fino a quando non avremo raggiunto un penitenziario, sarete miei prigionieri, e come tali vi diffido dal tentare alcunché.»

«Non si preoccupi» bofonchiò Smith, con il fiato corto. «Siamo entrambi troppo stanchi per tentare qualsiasi cosa.»

«Inoltre, non abbiamo alcuna voglia di allontanarci dal suo fucile e da quello del suo amico, sapendo che in giro ci sono quelle furie scatenate» aggiunse Fournier.

Senza rispondere, Knight fece un segno con la testa a Mugambi che, avvicinatosi al palo, si tolse un coltello dalla cintura e tranciò di netto le corde che trattenevano i due uomini. Appena furono liberi, entrambi si lasciarono scivolare a terra, sfiniti.

«Ma che cosa è successo?» domandò il poliziotto, guardandoli mentre a fatica si mettevano a sedere.

Smith, ansimando e massaggiandosi le braccia dolenti, borbottò: «Ieri sera abbiamo trovato questa vecchia casa e abbiamo deciso di passarvi la notte, prima di rimetterci in cammino. Ci eravamo appena addormentati che… che…» non riuscì a continuare, ancora sconvolto.

«…che quelle dannate bestiacce, spuntate fuori da chissà dove, ci sono piombate addosso da ogni parte» continuò Fournier al suo posto. «Avevano sassi e bastoni, ci hanno riempito di botte e, mezzi tramortiti, ci hanno trascinati fuori, legandoci a questo maledetto palo. Poi ci hanno lasciato lì per tutta la notte e per tutto quest’oggi, mentre gozzovigliavano e si ubriacavano con le nostre provviste. Alla fine, sembravano avere tutte le intenzioni di tagliarci la gola e, molto probabilmente, lo avrebbero anche fatto, se non fosse stato per il vostro tempestivo intervento.»

Mugambi guardò Knight con un’espressione atterrita, che mal si addiceva alla sua solita compostezza ed imperturbabilità.

«Adesso sono scappate, spaventate dalla nostra incursione, ma ritorneranno ancora» affermò, con sicurezza. «Andiamocene subito via. Sono nemici che non possiamo combattere.»

«Sì, sì, scappiamo finché siamo in tempo» implorò Smith, cercando di alzarsi in piedi. Allungata una mano, però, Knight lo trattenne.

«D’accordo, faremo subito ritorno alla barca, la metteremo nel fiume e risaliremo la corrente per tornare al villaggio» disse. «Prima, però, Mugambi, voglio che leghi le mani di questi due disgraziati.»

«Sei impazzito?» urlò Fournier. «Se quelle ritornassero, come faremmo a proteggerci, con le mani legate?»

«Basteremo noi due» spiegò il poliziotto, con un’alzata di spalle. «Inoltre, nel caso sia io sia Mugambi venissimo uccisi, potrò almeno avere la soddisfazione di sapere che nemmeno voi due vivrete molto più a lungo di me.»

«Ma…» protestò Smith.

«Niente ma!» sbottò Knight, con i baffi che fremevano. «Vi ho inseguiti per anni attraverso l’Europa, il Vicino Oriente e l’Africa, mi avete fatto sudare sangue con le vostre fughe continue da Londra fino all’equatore, e ora che finalmente vi ho presi non ho alcuna intenzione di correre rischi inutili. Vi conosco, ormai, siete troppo furbi per arrendervi facilmente! Anche adesso, facendovi vedere così deboli e senza forze, potreste star recitando una delle vostre ormai celebri commedie per cercare d’intenerirmi. Non ci casco! Questa volta vi riporterò in Europa, ad ogni costo! Vivi o morti!»

Il tono duro di Knight colpì molto i due briganti, che chinarono il capo con rassegnazione. Mugambi, senza provare alcuna empatia verso il loro misero aspetto, li rizzò entrambi in piedi e, tenendoli immobilizzati con le mani dietro la schiena, li legò così saldamente che non si sarebbero mai potuti liberare senza aiuto.

«E ora sbrighiamoci» disse il poliziotto, appena fu certo che i ladri non sarebbero più potuti scappare. «Mugambi, fai strada verso la barca. Voi, invece, seguitelo, ma senza provare a tentare uno dei vostri soliti giochetti: vi sto dietro, con il fucile pronto. E vi assicuro che, questa volta, non esiterò a ricamarvi un buco nel fondoschiena. Alla storia da imbastire per la corte di giustizia riguardo la vostra uccisione avrò tutto il tempo per pensarci.»

«Sei senza pietà» piagnucolò Smith, avviandosi di malavoglia dietro al congolese.

«Poche storie. Io…»

Ma Knight non poté terminare la frase perché, in quel momento, strida scimmiesche cominciarono a levarsi in ogni direzione, molto acute, rabbiose e, soprattutto, vicine.

«Sono loro!» urlò Mugambi, impaurito. «Corriamo!»

 

 
   
 
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