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Autore: Orso Scrive    17/03/2023    1 recensioni
Alan Knight, agente dell’Interpol, prosegue l’inseguimento dei due ladri d’antichità, Smith e Fournier, che era quasi riuscito ad acciuffare in Egitto. La sua caccia lo conduce tra le cupe foreste dell’Africa Nera, luoghi selvaggi e inesplorati, che celano insidie misteriose…
(Storia scritta nel 2017)
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTIMO

 

 

Nella tarda mattinata, dopo aver consumato un lauto pasto, che fu loro servito da alcune sorridenti ragazze, Mugambi e Knight, in compagnia di due guerrieri, si misero in cammino. Il poliziotto, prima di partire, si raccomandò molto con Nagwazi, facendosi promettere che la sorveglianza su Smith e Fournier non sarebbe mai stata allentata.

Ripercorrere il sentiero già seguito il giorno precedente, questa volta, fu decisamente più agevole, poiché la luce solare del mattino illuminava molto meglio lo stretto percorso su cui avanzare, mostrandone in anticipo le eventuali insidie che avrebbero potuto rallentare il cammino. Oltre a ciò, il fatto che il congolese e l’inglese, questa volta, fossero riposati e rinfrancati permise di procedere assai più celermente, tanto che, dopo sole tre ore di marcia, il gruppetto giunse in vista della casa in cui, un tempo, avevano vissuto lo sventurato Tumbili ed i suoi genitori.

«Eccoci qui» annunciò Mugambi, fermandosi ai margini della boscaglia, avendo intenzione di dare un’occhiata alla zona, prima di addentrarsi nel cortile di pietra, sul lato opposto del quale scorreva lentamente il fiume. Tutto sembrava tranquillo, adesso, e non c’era più alcuna traccia delle folli scimmie del giorno addietro: il loro unico ricordo, ormai, era il palo sormontato da crani a cui erano stati legati i due ladri. Quindi, rivolgendosi ai due guerrieri, spiegò che avrebbero dovuto attraversare lo spiazzo e, fatto questo, seguire per un certo tratto la riva, dove avrebbero presto rinvenuto la loro canoa.

Uno dei guerrieri fece un segno affermativo con la testa, scambiò qualche parola con il compagno e, rapidissimo, scomparve tra i cespugli ed i rami bassi che li attorniavano da ogni lato. L’altro, invece, con un’agilità estrema, iniziò ad inerpicarsi lungo il fusto di un alto albero di acacia, dal quale, disturbato, si alzò in volo un malaconoto rosso e verde.

«Che diamine stanno combinando?» sbottò Knight, spiazzato da quel bizzarro comportamento.

«Stanno sondando la zona» spiegò Mugambi. «Prima di uscire allo scoperto, vogliono accertarsi che la scimmie non si trovino più nei dintorni, pronte a tenderci un agguato.»

«E salire sopra un albero a che cosa servirebbe?» domandò il poliziotto, con scetticismo.

Mugambi alzò le spalle, come a dire che lui, proprio, non ne sapeva nulla. Poi, però, aggiunse: «Immagino che le lotte secolari tra loro e le scimmie li abbiano portati ad affinare i metodi per rilevarne la presenza.»

«Sì, probabilmente hai ragione…» borbottò Knight, alzando lo sguardo per cercare di vedere che cosa stesse facendo il guerriero arrampicatosi sull’albero, ma non poté riuscire a scorgerlo, attraverso l’intrico dei rami.

I due uomini rimasero silenziosi, in attesa che accadesse qualche cosa. All’improvviso, il rumore di un ramo spezzato li fece voltare verso destra ma, dalla vegetazione, non emerse alcunché. Entrambi, con ancora negli occhi le immagini della sera precedente, si sentivano parecchio nervosi a rimanere fermi in quel luogo; ed il loro nervosismo aumentava di momento in momento, a causa del prolungarsi dell’assenza dei due guerrieri. Avrebbero di certo preferito sbrigarsi a recuperare le armi ed andarsene in fretta, anziché restare immobili nell’attesa che, magari, i primati li assalissero alle spalle.

«Dove saranno finiti?» borbottò Knight ad un certo punto, con l’impazienza nella voce.

«Ne so quanto te» replicò Mugambi, inquieto. «Ma una cosa la so per certa: questo luogo non mi piace affatto. Perché non raggiungiamo la canoa e non ce ne torniamo indietro?»

«E abbandonare tutto quanto?» chiese Knight, sorpreso. «Dimentichi che ho promesso a Wamkulu Koposa di armare i suoi uomini…»

«Non hanno bisogno dei tuoi fucili» proruppe la guida. «Non ne hai a sufficienza per armarli tutti e, inoltre, posseggono già le loro armi, le quali si sono sempre rivelate efficaci nella lotta alle scimmie. Il sovrano ha accondisceso che tu gliele consegni solo per farti contento, dato che ti dimostravi tanto impaziente di ricambiare la sua ospitalità. Ma a loro, le armi da fuoco, non servono. Io dico, invece, di fuggire da questa foresta maledetta, fintanto che siamo in tempo.»

Mugambi, il silenzioso ed audace congolese, in quel momento appariva realmente spaventato ed inquieto; evidentemente, contemplare il cortile di pietra, adesso con la consapevolezza dell’eccidio avvenutovi anni addietro e sapendo quali patimenti avrebbe potuto subirvi la sera precedente se non fossero giunti i guerrieri della foresta in loro soccorso, gli aveva risvegliato remote paure. Knight dovette ammettere con se stesso di non essere meno irrequieto, rispetto alla sua guida. Ma riuscì a celare i propri sentimenti, dicendo: «Non possiamo andarcene adesso. Hai scordato, forse, perché io mi trovi qui?»

«Per catturare i due ladri» rispose Mugambi.

«Esatto, i due dannati ladroni che sono rimasti al villaggio. Prima di andarmene, dovrei quantomeno tornare a recuperarli, non credi?»

«Ma se, invece, li lasciassimo per sempre prigionieri al villaggio? Non sarebbe la stessa cosa?»

«No, certo che no! Hanno anche loro dei diritti, cosa credi? Devo condurli di fronte ad una corte di giustizia, la quale emetterà un verdetto contro di loro. E, poi, solamente quando li saprò rinchiusi tra le quattro, solide ed inespugnabili mura di un qualunque penitenziario della vecchia Europa, avrò finalmente la certezza di non vederli scomparire per l’ennesima volta.»

Mugambi gettò una nuova occhiata, quasi rassegnata, verso il cortile e le rovine della casa poco discoste. Non sembrava essere molto convinto. Evidentemente, il ritrovarsi immischiato in una faccenda che riguardava le antiche storie, le più terribili, narrate dai vecchi della sua tribù, non faceva parte dei suoi piani, quando aveva accettato di guidare l’europeo lungo il fiume. Tuttavia, aveva dato a Knight la sua parola d’onore che lo avrebbe seguito ovunque avesse deciso di andare e che, a lavoro finito, lo avrebbe ricondotto al villaggio; di certo, non intendeva rimangiarsela proprio adesso.

«Allora, aspetteremo» disse, con voce calma. «Appena i due guerrieri ci diranno che non ci sono pericoli, recupereremo le armi, le porteremo al villaggio nella foresta e, quando avrai insegnato a quegli uomini ad adoperarle, ce ne andremo, conducendo con noi i due ladri.»

Knight sorrise.

«Così mi piaci, Mugambi!» esclamò.

Attesero per un’altra, interminabile, decina di minuti; nonostante all’apparenza si mantenessero quieti, dentro di sé sentivano entrambi crescere l’apprensione per la loro sorte e per quella dei due guerrieri. L’istinto di sopravvivenza gridava loro di lasciar perdere tutto e fare ritorno alla canoa. Era davvero difficile, in quel momento, riuscire a reprimerlo.

Ad un certo punto, tuttavia, un fruscio li avvisò dell’avvicinarsi di qualcuno e, dall’ombra, apparve finalmente uno dei due guerrieri, che scambiò rapidamente qualche parola con Mugambi.

«Via libera» annunciò la guida, con un lungo sospiro di sollievo. «Ha perlustrato le boscaglie per un buon tratto e non vi è traccia di potenziali pericoli.»

«E quello che s’era arrampicato sull’albero?» chiese Knight.

Come se avesse inteso le sue parole, il guerriero emise un leggero fischio, simile al verso di un qualche animale e, dall’alto delle fronde, gli rispose subito un identico richiamo. Il fiero abitante dei boschi disse due parole, che Mugambi tradusse: «Anche le cime degli alberi sono al sicuro. Mentre noi ci daremo da fare, comunque, lui resterà lassù per guardarci le spalle. In caso di pericolo, emetterà un suono come quello che abbiamo appena udito.»

«Bene, andiamo» rispose il poliziotto, che non ne poteva più di restare fermo.

Con prudenza, lasciò il relativo riparo dei cespugli che lo avevano celato fino a quel momento ed entrò nel cortile di pietra. Aveva immaginato di venire immediatamente assalito da centinaia di quelle scimmie urlanti e rabbiose ma, invece, non accadde nulla e poté continuare ad avanzare in tutta tranquillità. Per maggiore sicurezza, tuttavia, armò il cane del suo fucile e lo strinse fino a farsi sbiancare le nocche, gettando occhiate guardinghe a destra ed a sinistra. Mugambi ed il guerriero lo seguirono quasi subito, certi che non sarebbe potuto accadere loro nulla di male.

Rapidamente, i tre uomini attraversarono il cortile di pietra, senza badare ai resti dell’antica casa, e si gettarono nuovamente tra i cespugli fittissimi, avanzando fino in prossimità del fiume, le cui acque producevano un dolce e gorgogliante suono nel loro scorrere pacato. Nel giro di pochi minuti, furono in vista della spiaggia dove avevano tirato in secca la canoa; Knight, percorrendo gli ultimi metri, era stato assalito dal timore che le scimmie potessero aver trovato e distrutto l’imbarcazione con tutto il suo carico. Fortunatamente, non fu così.

Ogni cosa era ancora in ordine, proprio come l’avevano lasciata, salvo per qualche foglia caduta dalle piante soprastanti. Mugambi, spostate un paio di coperte e la cassa dove tenevano i viveri ed il pentolame, trasse dal fondo della canoa un involto di pelle conciata, che dispiegò sulla riva. Conteneva tre fucili Winchester, tre revolver, l’occorrente per la pulizia delle armi e svariati pacchetti di munizioni. In aggiunta alla vecchia carabina di Mugambi, al fucile che Knight stringeva tra le mani ed alla pistola che aveva infilata nella fondina, costituivano un arsenale piccolo ma che, comunque, si sarebbe potuto dimostrare efficace per tenere testa alle scimmie.

«Non è molto» ammise il poliziotto, richiudendo la sacca e mettendosela sulle spalle. «Ma per cominciare è sufficiente, immagino. Addestrerò i guerrieri migliori ad utilizzarli e, poi, per il futuro, potrà provvedere la tua tribù, Mugambi, a vendere nuovi fucili a quegli uomini.»

«Non abbiamo mai commerciato con i guerrieri della foresta» spiegò il congolese. «Però, potremmo iniziare a farlo.»

«Bene. Adesso…»

Ma Knight non poté continuare il proprio discorso, poiché venne interrotto dal levarsi di un fischio, come quello precedentemente emesso dal guerriero, il quale si allarmò subito e, afferrata con entrambe le mani la lancia che aveva portato con sé, assunse una posizione di difesa.

«Che cosa succede?» bisbigliò il poliziotto.

Mugambi ripeté la frase al guerriero, il quale rispose con una sola parola.

«Scimmie!» urlò atterrita la guida. Il guerriero gli rivolse un segno eloquente, per ordinargli di stare in silenzio.

«Calma, Mugambi, calma» lo invitò Knight, anche se senza riuscire a celare un tremito nella propria voce.

«Prendiamo la canoa e andiamocene!» scongiurò l’altro.

Ma Knight fu fermissimo nel replicare: «No, mai! Prima devo andare a recuperare Smith e Fournier! Se tu non te la senti, ti concedo di allontanarti da qui e di portarti al sicuro più a monte. Ti chiedo solo di tornare, ogni giorno per una settimana, nei pressi di questa riva, fino a quando non mi vedrai arrivare. Se, trascorsi i sette giorni, non mi avrai ancora veduto, potrai considerarti libero da ogni obbligo verso di me e tornare al tuo villaggio.»

Mugambi guardò con aria decisamente desiderosa l’agile canoa che, in breve tempo, lo avrebbe condotto lontano da quelle rovine infestate da scimmie impazzite. Poi, però, si rivolse a Knight, dichiarandosi per la seconda volta pronto a seguirlo ovunque, anche a costo di rischiare la propria vita.

«Andiamo, allora» ordinò Knight. «Restare qui in attesa che le scimmie ci trovino non mi pare una buona idea. Io direi di iniziare a correre, raggiungere l’altro guerriero e, poi, filarcela via, anche a costo di farci scoppiare i polmoni per lo sforzo. Domanda al nostro amico se è d’accordo.»

Mugambi rivolse la richiesta al guerriero, il quale annuì.

«Bene. Mugambi, prepara il tuo fucile e stai pronto a sparare contro ogni cosa che si muove. Al mio segnale, partiremo.»

Il poliziotto attese qualche secondo ancora, per accertarsi che la vecchia carabina di Mugambi fosse pronta a fare il suo dovere, poi guardò negli occhi i suoi compagni e sibilò: «Ora!»

Senza curarsi di fare silenzio, iniziarono a correre attraverso i cespugli, ferendosi il volto e le mani contro i rami contorti e spinosi. In un attimo, furono nel cortile di pietra, all’apparenza ancora deserto. L’illusione, tuttavia, durò pochissimi istanti, poiché da ogni direzione iniziarono a sbucare scimmie rabbiose ed inferocite; dovevano essersi mantenute abilmente nascoste, durante la perlustrazione dei due guerrieri, per poi poter attaccare all’improvviso. Di sicuro, se l’uomo rimasto di guardia in cima all’albero non si fosse reso conto in tempo della loro presenza, avvertendo gli altri tre di cominciare a fuggire, sarebbero riuscite ad accerchiarli e, allora, sarebbe stato troppo tardi per provare a scappare.

Le scimmie, quindi, erano estremamente furenti per il fallimento del loro piano di assalire di nascosto le vittime; a guardarle, mettevano spavento, poiché sembravano sprizzare rabbia da ogni singolo pelo che copriva i loro corpi. Quello che colpì maggiormente l’attenzione, però, fu la vista del comandante di quella strana brigata, un primate di razza sconosciuta, decisamente più grosso di un gorilla e, soprattutto, infinitamente più idrofobo e intelligente. Sembrava quasi che impartisse ordini, indicando i tre uomini ed incitando con alte strida le sue truppe a fermarli.

Knight e Mugambi, questa volta, non si fecero cogliere di sorpresa. Sapendo esattamente in quale direzione andare, aprirono il fuoco in direzione della foresta, colpendo le scimmie che provenivano da quella parte e facendosi strada con audacia tra i nemici. Al loro fianco, il prode guerriero attese di avere qualcuno di quegli scimpanzé a portata di mano, prima d’iniziare a mulinare la lancia con agilità per riuscire ad abbatterli. In loro aiuto, dall’alto delle fronde cominciarono a piovere le frecce scoccate dall’altro guerriero. Non appena ebbero varcato il confine della foresta, l’uomo che era salito sopra gli alberi si lanciò in basso, precipitando a sorpresa sulle scimmie ed abbattendone numerose.

«Presto, presto!» gridò Knight, incitandolo a raggiungerli. Il guerriero non se lo fecero ripetere e, liberatosi con pugni e calci di un paio di primati decisamente tenaci, fu lesto a mettersi all’inseguimento dei tre compagni, che già correvano per porre maggiore distanza possibile fra sé e le scimmie.

In un modo o nell’altro la scamparono tutti e, dopo un quarto d’ora di corsa, poterono fermarsi, sfiniti e senza fiato, in una piccola radura. Il poliziotto, più provato degli altri, tutti uomini assai robusti ed abituati a muoversi celermente in quei luoghi impervi, sedette sopra un masso, respirando profondamente per riuscire a reprimere il fiatone, avvertendo in bocca il sapore ferroso del sangue per lo sforzo esagerato a cui s’era sottoposto.

«Siamo riusciti a seminarle?» borbottò, stringendosi il petto dolorante per la mancanza d’ossigeno.

Prima di rispondergli, Mugambi si mise a sedere in terra, con le gambe incrociate sull’erba secca e polverosa, mentre i due guerrieri, a cui fu sufficiente una piccola pausa per rimettersi completamente in forma, andarono a piazzarsi di sentinella ai margini della radura. Uno dei due disse qualche cosa nella sua lingua, che Mugambi tradusse in fretta: «Per ora, siamo al sicuro, ma non possiamo concederci troppo tempo, per riposare, poiché non sappiamo se ci stiano inseguendo oppure no. Se lo stessero facendo, potrebbero raggiungerci da un momento all’altro.»

Knight si sentiva le gambe molli e tremanti; era davvero fuori forma, per quanto riguardava la corsa. Temeva che, se avesse ripreso a correre, non sarebbe riuscito a reggere troppo a lungo. Nonostante questo, però, riuscì a sollevarsi ed a dire con grande determinazione: «Riprendiamo la nostra marcia, allora. Ci riposeremo quando saremo al sicuro dietro alle palizzate del villaggio.»

Ricominciarono a camminare, questa volta senza correre, pur mantenendo un passo affrettato.

Un guerriero procedeva in testa, uno in chiusura, mentre Knight e Mugambi, quasi affiancati, camminavano nel mezzo, scambiandosi di tanto in tanto la sacca di pelle contenente le armi per sgravarsi a turno del suo peso. Nessuno parlava, per non sprecare ulteriore fiato, anche perché non c’era più molto da dire.

Il poliziotto, ansimando per la fatica della dura marcia, pensava a quante strane vicende gli stesse riservando la caccia ai due ladri d’antichità: prima un incontro con dei folli fanatici egiziani e la mummia rediviva di un antico faraone, poi anche queste scimmie impazzite.

Si domandò se, finalmente, le sue peripezie stessero per giungere alla conclusione o se, invece, il futuro non gli stesse per caso preparando altre bizzarrie in cui imbattersi. D’altra parte, quel polveroso scheletro, nelle profondità oscure della tomba egizia, non gli aveva forse scagliato contro una maledizione per la sua empietà? Come poteva sapere se, adesso, non fosse destinato, per espiare alla sua colpa di averne turbato il sonno millenario, a vagare ancora a lungo, prima di poter tornare a casa e riposare? Ma no. Erano tutte sciocchezze; quella della mummia urlante era stata un’allucinazione collettiva e nulla di più, dovuta probabilmente alla rarefazione dell’aria in quelle strette grotte. Peraltro, la maledizione avrebbe dovuto colpire anche gli altri profanatori della sepoltura, non solo lui; non aveva più saputo nulla di quelle persone, ma immaginò che stessero tutte benissimo. Dovevano essere stata la scarsità d’ossigeno dei cunicoli sotterranei e la suggestione di trovarsi in un luogo inesplorato da millenni ad indurre in tutti loro quella strana ed altrimenti inesplicabile visione.

Non doveva preoccuparsi di simili sciocchezze. Smith e Fournier, ormai, erano saldamente nelle sue mani e non se li sarebbe lasciati sfuggire un’altra volta, questo era ciò che contava davvero. Riflettendoci bene, non aveva neppure bisogno di portarseli appresso fin nel Vecchio Continente. Appena avesse terminato di insegnare ai guerrieri della foresta ad armeggiare con pistole e fucili - e, data la loro grande intelligenza, non ci avrebbero impiegato poi molto tempo ad imparare - avrebbe condotto i due ladri a Leopoldville, la capitale della colonia belga del Congo, e li avrebbe consegnati alle forze di polizia, affinché li facessero scortare in Europa o li consegnassero direttamente ad una qualche corte di giustizia; tanto, anche in Belgio, e di conseguenza in tutte le sue colonie, i due esimi signori erano ricercati per svariati furti e crimini di varia natura, quindi non avrebbe fatto alcuna differenza: se la sbrigassero tra loro le potenze europee, poi, sul decidere dove e quanto a lungo custodirli. In quanto a lui, a quel punto avrebbe finalmente compiuto il suo dovere e se ne sarebbe tornato a casa, infischiandosene di tutto il resto e senza più un solo pensiero al mondo. O, almeno, senza più alcun pensiero fino al successivo incarico che gli fosse stato affidato dall’Interpol.

Ad interrompere queste sue riflessioni, s’intromise Mugambi.

«Se quelle dannate scimmie non abbandoneranno la vecchia casa, come faremo a tornare alla nostra canoa?» domandò il congolese, evidentemente preoccupato, sebbene il tono della sua voce si mantenesse sempre calmo. «Non ci lasceranno attraversare ancora una volta quel cortile, né tantomeno ci sarà facile avvicinarci alla riva compiendo un altro giro, perché di sicuro quelle brutte bestiacce staranno all’erta e faranno di tutto pur d’impedirci qualsiasi movimento. C’è anche il rischio, inoltre, che trovino la barca e l’affondino.»

Knight dovette ammettere di non aver ancora prestato particolari pensieri, a quel problema. Tuttavia, non vedeva il motivo di doversi preoccupare prima del tempo.

«Ci faremo scortare dai nostri amici guerrieri» rispose. «E, se non ritroveremo più la nostra piroga, ne fabbricheremo un’altra o ne chiederemo una in prestito ai guerrieri. Ora non pensiamoci: non serve a nulla fasciarsi la testa prima di essersela rotta.»

Non trovando null’altro da aggiungere, Mugambi rimase zitto ed il gruppetto continuò ad avanzare in silenzio.

 

   
 
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