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Autore: Princess Kurenai    17/03/2023    0 recensioni
[RenKaza | Rengoku Lives | Found Family]
Riaprì le mani chiuse a pugno, provando a lasciar scivolare via la tensione, e prese infine un profondo respiro.
Il fischio che lo aveva reso sordo fino a quell'istante svanì lentamente, permettendogli di sentire il silenzio della casa spezzato da un nuovo rumore, improvviso e inaspettato.
Akaza si irrigidì e il suo sguardo si puntò subito verso il fusuma che fungeva da ripostiglio della camera, e dal quale erano ormai udibili dei versi soffocati.
Si accostò all’anta scorrevole e, con attenzione, la aprì. Un piccolo ammasso di lenzuola si mosse sotto il suo sguardo - ormai più incuriosito che arrabbiato come qualche momento prima -, e infine un forte pianto iniziò a riempire la stanza.
Un neonato.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hakuji/Akaza, Kyoujurou Rengoku, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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As Soothing As Snow

Capitolo 13
Actions speak louder than words


»--•--«

“Noi ti aspetteremo, figliolo. Non arrenderti.”

Fu con quelle parole, lontane ma al tempo stesso vicine, che Akaza iniziò a riprendere coscienza del proprio corpo. Si sentiva confuso, e soprattutto troppo debole per riuscire a comprendere realmente che cosa stesse accadendo e dove di trovasse, ma gli sembrò quasi di svegliarsi da un bellissimo sogno.

Galleggiava in un tiepido limbo che lo faceva sentire leggero e al sicuro, rassicurato da un affetto quasi incondizionato. 

Era la prima volta che sentiva quel senso di libertà, senza la costante e opprimente presenza di qualcuno all'interno del suo corpo.

Certo, respirando gli sembrava di avvertire il fastidioso odore di glicine che gli causava un po' di bruciore ai polmoni, ma… il calore che lo stava abbracciando era piacevole.

Il demone cercò di rimettere in ordine gli ultimi avvenimenti, ma si rese conto di non averne memoria. Almeno non in quel momento, nel quale tutte le piacevoli sensazioni che lo stavano facendo sentire leggero erano macchiate dalla confusione.

«Non desidero brandire la mia nichirin contro di te, Shinazugawa. E ti chiedo cortesemente di riporre la tua, in quanto siamo in un luogo di riposo ed è presente una bambina.»

Akaza si irrigidì nel sentire e nel riconoscere quella voce: era Kyojuro.

Un sentimento simile alla gioia gli esplose in petto, ma al tempo stesso sentì anche una strana apprensione nel rivolgere i suoi pensieri al Pilastro della Fiamma.

Che cosa stava succedendo? 

Quel quesito sembrò aiutarlo a scacciare via parte della nebbia che gli stava tenendo nascosti gli ultimi avvenimenti della sua vita.

Era stato convocato da Muzan, e in qualche modo il suo padrone aveva scoperto di Kyojuro. Lo avrebbe ucciso se Akaza non lo avesse trasformato in un demone o ucciso a sua volta. E il demone era andato dal Pilastro per metterlo in guardia.

Si irrigidì senza volerlo.

Aveva tradito Kibutsuji Muzan?

Akaza sentì un vago senso di nausea per quel pensiero, trovandolo impossibile. Non avrebbe mai tradito il suo padrone: come avrebbe potuto?

Eppure gli sembrò una menzogna, perché per Kyojuro e Koyuki l’avrebbe fatto.

Lo aveva promesso. Sarebbe diventato il più forte di tutti e avrebbe protetto Koyuki e Kyojuro.

«Siete tutti impazziti! È fottutissimo un demone! Perché lo state proteggendo?» 

Strillò una voce nuova, carica d’ira e disgusto. Akaza non ne conosceva il possessore, ma riconobbe subito il pianto che superò con forza qualsiasi altra voce.

Koyuki.

Quella persona stava facendo piangere la sua bambina urlando in quel modo, e Akaza non poté non sentirsi infastidito.

Cercò istintivamente di muoversi, ma il suo corpo gli sembrò pesante, in netto contrasto con la leggerezza che aveva provato al suo risveglio.

Gli sembrava di sentire i muscoli addormentati, e anche di avere i polsi bloccati da qualcosa. Era una sensazione nuova, ma anche familiare sotto un certo punto di vista, perché provava un intorpidimento simile a quello causato dalle torture di Muzan.

Akaza era abituato a sentire ossa e muscoli riformarsi dopo le torture, ma in quel momento quella sensazione sembrava essere molto più forte.

«Tranquilla Koyuki, Shinazugawa non è cattivo… deve solo abbassare la voce,» riprese Kyojuro con tono dolce. Stava cercando di calmare il pianto della bambina, così come Akaza lo aveva visto e sentito fare tante altre volte.

«Shinazugawa-san, ci sono delle persone ricoverate in questa struttura che hanno bisogno di riposare,» si intromise una nuova voce femminile.

«Tra cui un cazzo di demone al quale va tagliata la testa!»

«Akaza-kun al momento non è un pericolo. Siamo pronti a giurarlo insieme a Rengoku-san!» aggiunse una seconda voce femminile, un po' più acuta.

Per un istante, Akaza provò quasi un sentimento di stizza nel sentirsi definire 'non un pericolo', ma le sue attenzioni continuarono ad essere tutte per il pianto di Koyuki che non accennava a placarsi, nonostante Kyojuro stesse continuando a parlarle con tono dolce e rassicurante.

Il demone tentò ancora una volta di muoversi, ma il suo corpo non rispose ai suoi ordini. Frustrato, cercò di concentrarsi e di capire che cosa lo stesse tenendo bloccato.

La sensazione di libertà si intrecciava con la debolezza. Gli sembrava quasi di avere fame, come se nel suo corpo mancasse qualcosa, ma al tempo stesso non avvertiva il bisogno di affondare i denti nella carne umana.

Non riusciva a comprendere i messaggi del suo corpo, ma iniziò finalmente ad avvertire sia il peso delle palpebre chiuse che dei suoi arti, adagiati su quello che sembrava essere un morbido materasso.

Stava recuperando la sensibilità su tutto il corpo, e con essa anche i suoi ricordi sembrarono essere in grado di abbandonare quasi del tutto la nebbia che li aveva protetti fino a quell'istante.

Ricordava tutto.

La discussione con Kyojuro e la punizione di Muzan.

Il suo passato. La sua identità.

Suo padre, Keizo e Koyuki.

Ricordava poi Muzan e la convocazione al Castello dell’Infinito. L'ordine del suo padrone… la paura e infine la sua decisione.

Akaza ricordava di aver raggiunto Kyojuro e di aver iniziato a parlare con l'intenzione di fornire al Pilastro della Fiamma più armi possibili per sopravvivere e vincere quella guerra contro i demoni… e ricordava infine di aver pronunciato il cognome di Muzan, pronto ad affrontare la sua sentenza di morte.

Eppure… si trovava su un letto, nella stessa stanza di Kyojuro e Koyuki. Non era morto.

I battiti del suo cuore aumentarono rapidamente.

Che cosa era successo? Kyojuro e Koyuki erano ancora in pericolo: doveva fare qualcosa.

«Siete dei folli! Che cazzo vi passa per la testa?!» urlò la voce maschile e la bambina pianse più forte.

«Shh… va tutto bene, Koyuki. Per favore, Shinazugawa. Stai spaventando la bambina. Cerca di calmarti, così potremo spiegarti tutto!»

«Kyo…»

Akaza cercò di pronunciare il nome del Pilastro ancor prima di potersene rendere conto, ma la voce gli morì in gola e venne sovrastata da quella dell'altro uomo.

«Una spiegazione? È un demone!»

Akaza aprì di nuovo la bocca, sforzandosi di parlare.

«Kyojuro…»

Gli faceva male la gola ma il peso del nome di Kyojuro era piacevole e familiare sulla sua lingua. Continuando a sforzarsi, riuscì ad aprire gli occhi e a puntarli su un soffitto in legno a lui sconosciuto.

«Kyojuro…» ripeté ancora il demone, schiarendosi la voce e riuscendo finalmente a utilizzare un tono più alto.

L’atmosfera nella stanza sembrò farsi più tesa, e il demone avvertì subito la presenza del Pilastro della Fiamma accanto a sé.

«Akaza!»

Inclinò il capo di lato, cercando Kyojuro con lo sguardo. Aveva in viso un'espressione preoccupata ma anche sollevata.

Sembrava stare bene, e la bambina era con lui.

«Come stai?» gli chiese subito il Pilastro, allungando una mano per toccargli il viso.

Era una strana carezza, ma Akaza non poté non spingere il volto contro il palmo caldo e ruvido del Pilastro. Era piacevole, e sembrava quasi in grado di far scomparire ogni dubbio e paura.

«Rengoku!» esclamò ancora la voce maschile che aveva fatto piangere Koyuki. Era carica di apprensione e rabbia, e Akaza provò il forte desiderio di metterlo a tacere in qualche modo.

«Tu… stai bene?» chiese invece provando ad alzarsi.

Il suo corpo non rispose al comando - era frustrante, non gli piaceva mostrarsi così debole -, quello però lo portò ad avvertire qualcosa sui suoi polsi. Erano pesanti e pizzicavano, ma non era ancora in grado di comprendere che cosa li stesse tenendo bloccati.

«Sei tu quello che ha cercato di suicidarsi!» ribatté Kyojuro, allontanando la mano per riprendere ad accarezzare la schiena di Koyuki che non accennava a calmarsi.

Il Pilastro non sembrava arrabbiato. Tuttavia, data la situazione del tutto anomala, Akaza non era comunque certo di riuscire a poter interpretare né le sensazioni che sentiva provenire dal Pilastro né tanto meno le sue.

Di una cosa però si sentiva certo: aveva fallito.

Non era riuscito a uccidersi per proteggere Kyojuro e Koyuki. Se ci fosse riuscito, non si sarebbe svegliato su quel letto.

Perché non riusciva mai a fare niente di buono?

Perché continuava a fallire ogni volta che voleva proteggere le persone a lui care?

Un brivido frustrato lo scosse da capo a piedi e fece una smorfia.

«Mi dispiace…» riuscì a dire, ma le sue parole vennero praticamente sovrastate da altri insulti provenienti dalla persona che non aveva ancora un volto. Ne avvertiva però lo spirito combattivo, forte e impetuoso: era uno dei Pilastri.

Koyuki, in risposta al Pilastro Rumoroso, strillò ancora.

«Shinazugawa-san! Calmati! Stai terrorizzando Koyuki-chan!» si intromise con più decisione una delle due voci femminili.

Il pianto della bambina riuscì in qualche modo a superare il senso di colpa e la sensazione di essere un fallimento che si erano stretti attorno allo stomaco di Akaza.

 Tentò di muoversi per poterla prenderla in braccio come ogni volta che la sentiva piangere.

Il suo movimento generò nuova tensione nell'aria, ma lo ignorò per dedicare tutte le attenzioni a Koyuki. Gli importava solo della bambina e di nessun’altro in quel momento.

«Koyuki…» il nome della bambina sulla sua lingua era piacevole come quello del Pilastro.

Si sforzò di piegare le braccia per sollevarle verso la piccola, e un rumore di catene attirò la sua attenzione.

Solo in quel momento si rese finalmente conto che erano delle manette quelle che sentiva ai polsi. I bracciali di ferro delle manette pendevano poco sotto le sue mani e una catena, con pochi anelli, le teneva unite dandogli poco spazio per muovere le braccia.

Non era certo di sapere come potesse essere possibile, ma riconosceva nel loro tocco sia il glicine che il ferro delle katane degli Ammazza Demoni.

Rivolse uno sguardo confuso a Kyojuro che, a sua volta, assunse un’espressione dispiaciuta.

«Mi dispiace, Akaza… ma era necessario.»

La bambina intanto, attirata dalla voce del demone, aveva iniziato a contorcersi e a tendere le braccia verso Akaza.

«Dammi solo un momento, Koyuki,» cercò di calmarla Kyojuro. Era chiaramente diviso tra il dover dare delle spiegazioni e il tenere la piccola, e il demone aveva la certezza che ci fosse molto altro sotto.

«Papa!»

Lo strillo di Koyuki fece sobbalzare il Pilastro, e lo stesso Akaza pensò di aver sentito male. Era abituato alle continue lallazioni della bambina ma quella sembrava una parola vera e propria.

«Papa! Papa!» continuò a ripetere insistentemente Koyuki, cercando in ogni modo di andare da Akaza.

«… è la prima parola di Koyuki-chan!» esalò, estasiata, una delle due voci femminili. 

Le guance di Kyojuro si erano tinte di rosso e le sue labbra si erano piegate in un sorriso imbarazzato. Sembrava quasi che quanto fosse appena accaduto fosse più importante della situazione assurda nella quale si trovavano, e Akaza non poté fare a meno di raccogliere tutte le sue forze - non erano tante in quel momento, ne era consapevole - per cercare di rompere quelle dannate manette che gli stavano impedendo di prendere in braccio la bambina.

Sentì un fremito di nervosismo nei presenti e anche un fastidioso dolore ai polsi, e non poté non provare un piacevole sollievo quando il ferro che stava avvolgendo la sua carne cadde scomposto sul letto, ormai inutilizzabile.

Solo in quel momento, finalmente libero, Akaza poté sollevarsi sui gomiti fino a mettersi seduto - ogni movimento gli sembrò meccanico e quasi legato, come se il suo corpo non gli appartenesse del tutto.

«Ti avrei liberato!» esclamò Kyojuro quasi esasperato, ma Akaza non gli prestò troppa attenzione perché i suoi occhi erano fissi su Koyuki che lo stava chiamando.

«Papa! Papa!»

Stava chiamando proprio lui.

Tese di nuovo le braccia, e il Pilastro non poté far altro se non piegarsi un poco per permettergli di prendere la bambina, che si aggrappò al corpo del demone strillando.

«Koyuki…» la chiamò ancora, provando non poco sollievo nel sentire il familiare peso della piccola tra le braccia. «Sono qui… calmati…»

Nascose il viso tra i capelli scuri di Koyuki e, chiudendo gli occhi, si permise di sospirare - anche se gli sembrò in realtà di aver ripreso a respirare dopo un’eternità.

Accarezzò la nuca e la schiena della bambina, facendosi avvolgere dal suo familiare e piacevole profumo. 

“Puoi scegliere, Hakuji. Puoi scegliere, perché non è troppo tardi,” come un sussurro Akaza sentì una voce lontana, quasi un ricordo che andò a mischiarsi a una consapevolezza che sentiva ben radicata in tutto il suo essere.

Non aveva fallito nel suicidarsi, realizzò.

Aveva scelto di combattere, e una delle ragioni era lì tra le sue braccia.

Tremò e si morse le labbra. Per un momento desiderò lasciarsi travolgere da quelle sensazioni e anche lasciarsi andare ad un pianto liberatorio, perché non aveva fallito. Aveva deciso di combattere e di proteggere chi amava.

Aveva ancora una possibilità!

Tuttavia la tensione di quella stanza e il senso di pericolo, gli impedirono di abbassare ulteriormente le sue difese.

«Che cazzo significa?» la voce maschile che aveva urlato fino a qualche minuto prima riattirò infatti la sua attenzione.

Era più bassa, quasi incredula, ma non per questo meno disgustata, e suo malgrado Akaza si costrinse finalmente a rivolgere uno sguardo alle persone presenti in quella stanza.

Come aveva già intuito si trovava circondato dai Pilastri, e istintivamente strinse di più a sé la bambina che tra le sue braccia aveva smesso di strillare e piangere - singhiozzava ancora, ma era chiaramente più rilassata.

«Va tutto bene, Akaza,» dichiarò Kyojuro restando accanto a lui.

Era calmo ma la sua posizione era ugualmente tesa e protettiva. Nonostante ciò, il demone non poté fare a meno di continuare a lanciare occhiate d’astio ai presenti.

Non aveva bisogno di parlare per rendere la sua minaccia credibile: dovevano solo provare ad avvicinarsi alla sua bambina.

«Fantastico! Sembra che il nostro Akaza si sia ripreso alla perfezione!» esclamò una delle due donne presenti, battendo le mani davanti al viso.

Il suo sorriso era tirato e per niente amichevole, e per qualche motivo diede quasi i brividi ad Akaza.

«Voi siete impazziti!»

Finalmente il demone poté dare un volto anche all’uomo che non aveva fatto altro che urlare e far piangere Koyuki.

Non poteva negare di riconoscere in lui un notevole spirito combattivo - se Kyojuro era paragonabile al fuoco, l'altro Pilastro sembrava quasi una tempesta -, ma Akaza non si lasciò intimorire.

«Comunque, desidero essere chiara,» riprese la donna che aveva parlato poco prima, e che il demone riconobbe solo in quel momento come il Pilastro degli Insetti.

L'aveva intravista in passato, quando aveva spiato Kyojuro mentre era ricoverato in quel nosocomio per Ammazza Demoni, e dal suo esile corpo proveniva un forte odore di glicine.

La donna si stava rivolgendo direttamente a lui, e Akaza ricambiò con uno sguardo cupo. Doveva essere sincero: non sapeva che cosa stava succedendo.

Sapeva di aver deciso di combattere, ma non sapeva come fosse riuscito a sopravvivere alla maledizione di Muzan. Inoltre, era circondato dai Pilastri, ma per quanto l’atmosfera fosse tesa nessuno sembrava intenzionato a decapitarlo.

Certo, il Pilastro Rumoroso che aveva urlato fino a quel momento aveva la sua katana sfoderata, ed era giustamente ostile, ma non lo aveva attaccato.

Sembrava chiaro, oltre che inspiegabile, che Kyojuro e le altre due donne lì presenti fossero pronte a fermare il loro compagno se necessario.

Era davvero strano, e Akaza si sentiva ancora troppo confuso per poter dare delle vere e proprie conclusioni.

«Sembra che tu sia particolarmente legato a Rengoku-san,» proseguì il Pilastro degli Insetti. «Per questo vorrei che avessi ben chiara la situazione: al primo scherzo, la persona che ne pagherà le conseguenze sarà Rengoku-san.»

Akaza aggrottò le sopracciglia, spiazzato da quell'affermazione.

Le minacce non lo sorprendevano - anzi, era sorpreso dal fatto che fossero solo minacce - ma non comprendeva perché quella donna avesse messo in mezzo Kyojuro.

«Cosa?»

«Tutti in questa stanza vorrebbero tagliarti la testa o vederti bruciare al sole, ma Rengoku-san è pronto a giurare sulla sua vita per te. Quindi spero che tu possa comprendere la situazione nella quale ti trovi, e come potrebbe andare a concludersi!» il sorriso era ancora presente sul volto della donna e aveva usato un tono fintamente amichevole.

«Perché i miei errori dovrebbero gravare sulla vita di Kyojuro?» ringhiò irritato, ma la mano del Pilastro sulla sua spalla riuscì quasi subito a placarlo.

«Akaza…»

«La tua parola per noi non ha un gran valore,» spiegò il Pilastro degli Insetti. «Ma ci fidiamo di Rengoku-san, anche se ha deciso di stringere un legame con un demone.»

«Non indorare la pillola Kocho!» esclamò il Pilastro Rumoroso che ancora aveva in mano la sua katana. «State solo ritardando la condanna! Che cazzo volete fare? Fingere che Rengoku possa tenersi un demone come animaletto domestico come se nulla fosse?»

«Shinazugawa-san… prima di parlare di condanna non sarebbe meglio aspettare di parlare con Oyakata-sama?» pigolò subito dopo l’ultima donna che Akaza, nonostante la crescente tensione e l'irritazione per essere stato definito 'animaletto domestico', riuscì a riconoscere dal profumo.

Lo aveva sentito una volta a casa di Kyojuro. Si chiamava Kanroji Mitsuri, ed era stata l'allieva del Pilastro della Fiamma.

«Perché far saltare entrambe le teste quando possiamo solo liberarci del demone? E Rengoku potrebbe ritirarsi, lasciare il ruolo di Pilastro senza dover morire per il suo cazzo di tradimento!»

Koyuki frignò di nuovo a causa della voce un po’ troppo alta del Pilastro, e Akaza trovò nel peso della bambina sulle sue braccia l’unica cosa che gli stava impedendo di attaccare l’Ammazza Demoni. Non gli piacevano né la sua voce né le cose che stava dicendo - forse anche perché aveva ragione: la sua presenza era un pericolo per Kyojuro.

«Sono pronto ad affrontare le conseguenze,» dichiarò però il Pilastro della Fiamma, stringendo con più decisione la mano sulla spalla di Akaza. «Mi dispiace se ho deluso le vostre aspettative e se ho tradito la vostra fiducia, ma non intendo abbandonare Akaza.»

Il demone lo guardò e strinse le labbra. Era davvero sopravvissuto, decidendo di combattere, solo per vedere Kyojuro morire per mano dei suoi compagni? Non poteva accettarlo.

Sentì una familiare rabbia stringergli lo stomaco.

«Dovete solo provare ad avvicinarvi a Kyojuro e a Koyuki,» sibilò senza neanche rendersene conto, dando voce ai suoi pensieri e timori.

La tensione aumentò ulteriormente nella stanza e la bambina si lamentò in risposta.

«Akaza!»

Il demone guardò Kyojuro senza nascondere il suo nervosismo e l’astio verso gli altri Pilastri.

«Sei un loro compagno! E sei sicuramente il loro miglior guerriero!» esclamò come se fosse un dato di fatto. «Preferiscono prendere in considerazione di ucciderti o di esiliarti al posto di tentare di vincere la guerra contro Muzan? E tu saresti davvero pronto a morire per me? E chi si prenderebbe cura di Koyuki? Non posso permetterlo, Kyojuro!»

Akaza sentì l’ex allieva di Kyojuro emettere un verso acuto e apparentemente senza senso, ma decise di ignorarla per continuare a tenere gli occhi puntati sul Pilastro della Fiamma.

Non era Kyojuro a dover morire, l’unico a meritare la morte era lui.

«Tu eri pronto a morire per me,» gli fece presente Kyojuro, e Akaza aggrottò le sopracciglia.

«È diverso,» ribattè, ma sapeva benissimo quanto il Pilastro potesse essere testardo, infatti Kyojuro gli rivolse un piccolo sorriso.

«C’è una piccola speranza, e non voglio rinunciarvi senza cercare di combattere!» gli fece presente.

Akaza scosse il capo. Perché dovevano morire entrambi quando bastava la sua morte a risolvere tutto?

Non poteva accettarlo, doveva fare qualcosa per evitare che fosse Kyojuro a pagarne le conseguenze.

Abbassò lo sguardo su Koyuki che si era di nuovo calmata e lo stava guardando con i suoi occhioni giganteschi e innocenti.

Perché Kyojuro non comprendeva che lei era più importante?

«Koyuki… lei deve essere la nostra priorità,» mormorò.

«La avrà se non ci sarà più speranza,» lo rassicurò il Pilastro, e Akaza strinse le labbra, ma qualsiasi commento - da parte sua o da parte degli altri Ammazza Demoni - morì nell’esatto momento in cui qualcuno iniziò a bussare alla porta della stanza.

«Shinobu-sama?»

Una voce femminile spinse il Pilastro degli Insetti ad accostarsi alla porta per aprirla.

Akaza si irrigidì. Non si era reso conto della presenza di altre persone, e quella sensazione gli fece provare una strana e fastidiosa sensazione di nausea.

Non si era ancora ripreso del tutto dagli effetti della maledizione di Muzan - in realtà non sapeva neanche come si fosse ripreso -, e i suoi sensi sembravano ancora intorpiditi da quell’assurda e anormale debolezza.

Ciononostante, riuscì a mantenere la calma mentre sulla porta apparivano due persone. La prima era una ragazzina con la divisa degli Ammazza Demoni coperta da una tunica bianca, e la seconda una donna dai capelli bianchi e l’espressione tranquilla. Non sembravano due guerriere.

«Ho accompagnato Amane-sama…» dichiarò la ragazza nervosa, lanciando delle occhiate all’interno della stanza con la chiara intenzione di allontanarsi il più in fretta possibile - infatti le bastò un cenno del Pilastro degli Insetti per darsi alla fuga.

I Pilastri si mostrarono palesemente sorpresi davanti alla donna, e fu il Pilastro Rumoroso a farsi avanti, parlando con tono stranamente educato e composto.

«Amane-sama, ti chiedo di stare indietro. Non è sicuro.»

La donna non apparve minimamente preoccupata, ma era chiaro che sapesse benissimo chi fosse ricoverato in quella stanza, infatti i suoi occhi color lavanda si posarono subito su Akaza prima di spostarsi, dopo qualche istante, sugli altri Pilastri.

«Non preoccupatevi,» dichiarò con voce calma ma autoritaria. «Sono giunta qui su richiesta di Oyakata-sama. Ha convocato una nuova riunione dei Pilastri e mi ha chiesto di interloquire con Rengoku-sama e con il demone prima di predisporre il trasferimento di quest'ultimo per la riunione.»

Quell'affermazione generò diverse reazioni. Dallo stupore dei Pilastri fino alla strana calma che invase l'animo di Akaza.

«Ma Amane-sama…»

«Shinazugawa-sama, se lo desideri puoi iniziare ad avviarti verso il Quartier Generale,» aggiunse la donna. «Himejima-sama è già arrivato e sta tenendo compagnia ad Oyakata-sama.»

Quell’affermazione causò nel Pilastro un leggero moto di stizza.

«Preferisco rimanere in zona,» rispose senza nascondere il suo nervosismo.

«Sarà un piacere per me averti come scorta, allora,» concluse Amane. «Ora devo chiedervi di lasciarci soli.»

Quella richiesta causò altra inquietudine nei presenti, ma per qualche motivo ad Akaza sconosciuto accettarono ugualmente quella richiesta, e uno a uno i Pilastri lasciarono la stanza.

Il demone non poté non mostrarsi sorpreso per lo scambio di parole al quale aveva appena assistito, e soprattutto dalla calma della donna. Ispirava sicurezza e forza in un certo qual modo.

«Amane-sama, vuoi accomodarti?» domandò Kyojuro non appena la porta della stanza venne chiusa, porgendo alla donna una sedia. Il Pilastro della Fiamma era teso e non sembrava essere in grado di calmarsi.

«Ti ringrazio, Rengoku-sama,» rispose Amane, sedendosi in modo composto ed elegante sulla sedia a pochi metri dal letto sul quale Akaza era seduto con Koyuki in braccio.

Gli occhi della donna si posarono subito sul demone, e Akaza non poté fare a meno di mettersi un po' più dritto.

Non sentiva alcun pericolo provenire dalla donna, non lo stava minacciando né sembrava detestarlo apertamente. Era in realtà indecifrabile, ma istintivamente il demone sentiva di doverla in qualche modo rispettare.

«Il mio nome è Amane Ubuyashiki,» si presentò, e Akaza grazie a quella semplice frase riuscì finalmente a darle un'identità.

Era la moglie del capo degli Ammazza Demoni. La famiglia che per anni Kokushibo aveva cercato di sterminare per ordine di Muzan.

«Io sono… Akaza…» rispose il demone, lanciando un’occhiata a Kyojuro che era tornato al suo fianco.

«Ho sentito parlare di te, in termini poco lusinghieri,» riprese Amane. «Eppure questa notte sono giunte delle notizie… di difficile comprensione, soprattutto dopo l'annuncio della morte della Sesta Luna Crescente. Comprenderai che abbiamo subito pensato ad una pronta ritorsione di Kibutsuji Muzan.»

Il demone dovette annuire suo malgrado. Era ovvio che il suo arrivo alla Casa delle Farfalle potesse essere stato visto come un attacco. Non aveva neanche cercato di celare la sua presenza perché aveva avuto ben altre priorità.

«Amane-sama… Akaza non aveva nessun intento malvagio quando è giunto qui,» dichiarò il Pilastro per mettere subito in chiaro la situazione. «Posso comprendere che sia apparso come un attacco, ma le sue intenzioni non erano maligne. Posso giurarlo. Akaza era pronto a rinunciare alla sua stessa vita, e ci ha fornito delle informazioni vitali che possono permetterci di sconfiggere Kibutsuji Muzan.»

«Oyakata-sama è al corrente della situazione,» rispose Amane con tono paziente e comprensivo. «Ha fatto un sogno questa notte, prima che arrivassero dei corvi per avvisarci su quanto stava accadendo in questo luogo.»

«Che tipo di sogno, Amane-sama?» ripeté Kyojuro interessato.

Al contrario di Akaza, ancora troppo spiazzato sia dalle parole della donna che dal suo atteggiamento pacato, il Pilastro non sembrava particolarmente sorpreso. 

«Oyakata-sama ha visto la luna piena colorarsi d’oro e infrangersi in tre pezzi e cadere come neve su un paesaggio invernale,» iniziò a raccontare. «Ha poi visto la primavera nascere sotto la neve, prendendo l’aspetto di un fiore dai petali blu.»

Akaza si irrigidì.

«Un giglio ragno blu,» mormorò quasi senza rendersene conto.

Un lieve lampo di sorpresa e interesse attraverso gli occhi color lavanda della donna.

«Esattamente.»

«Che… che cosa significa?» domandò Kyojuro rivolgendosi direttamente al demone. Sembrava più sorpreso da quel brevissimo scambio di parole che dall’atteggiamento calmo di Amane.

«Muzan… sta cercando quel fiore da secoli,» svelò Akaza, aggrottando le sopracciglia. «Era il mio compito principale trovarlo…»

«Interessante,» concesse la donna, incrociando le mani in grembo. «Conosci il motivo per il quale sta cercando proprio un fiore?»

«Esperimenti, immagino,» rispose il demone. «La verità è che non ha mai condiviso del tutto i suoi piani con le altre Lune Demoniache, avevamo i nostri incarichi e li eseguivamo senza porci domande.»

«Ti ringrazio per la tua onesta,» riprese Amane, senza mostrarsi infastidita dall'assenza di una reale informazione riguardante l'utilizzo del fiore ricercato da Muzan. «Gradirei sentire gli eventi che ti hanno portato a scegliere di abbandonare quell’uomo, Akaza-sama.»

Quel tono di rispetto e gentilezza continuava a non far sentire del tutto a suo agio il demone, ma si sforzò ugualmente di essere sincero quando cercò di rispondere.

«Muzan ha convocato le Lune Crescenti dopo che la Sesta Luna Crescente è morta,» esordì. «Era arrabbiato per i nostri fallimenti e voleva imporre di nuovo la sua autorità sui suoi sottoposti. Temo di essermi comportato in modo anormale ai suoi occhi ed è riuscito a estorcermi un’informazione.»  

«Che tipo di informazione?» domandò Amane, mentre Kyojuro si irrigidiva al suo fianco.

«Ha scoperto che sono interessato a Kyojuro,» ammise Akaza senza alcuna vergogna. «Muzan è superbo. Ha pensato che lo stessi solamente spiando, forse perché è l’unico Pilastro che è sopravvissuto ad uno scontro con me… in ogni caso, mi ha ordinato di trasformare Kyojuro in un demone o di ucciderlo.»

Stava scoprendo che parlare con quella donna, forse grazie alla calma che trasmetteva, era facile.

«Perché non hai ubbidito al suo ordine?»

Akaza esitò per un momento prima di rispondere.

«Perché avevo ricordato chi ero, e avevo fatto una promessa. Devo proteggere Kyojuro e Koyuki.» 

Pronunciò l’ultima frase con decisione e abbassò lo sguardo istintivamente su Koyuki che emise un estasiato: «Papa!»

Akaza sentì il cuore stringersi e le sorrise come se esistessero solo loro due in quella stanza.

«Ti ringrazio ancora,» commentò la donna. «Vorrei poter ascoltare il resto della vostra storia, ma temo di dover rimandare questo discorso. Il mio compito qui si è concluso e posso riferire a Oyakata-sama ciò che ho visto, come mi ha richiesto.»

«Lo comprendiamo, Amane-sama!» rispose subito Kyojuro.

«Oyakata-sama ha espresso il desiderio di incontrare entrambi,» proseguì Amane guardando prima il Pilastro della Fiamma e poi il demone. «Akaza-sama, comprenderai che la situazione non mi permette di condurti da lui a cuor leggero. Per la sicurezza di tutti dovranno essere prese delle precauzioni per il viaggio, Rengoku-sama conosce le procedure. Alla riunione, inoltre, saranno presenti anche gli altri Pilastri, e per questo ti chiedo collaborazione e comprensione.»

«Non ho intenzione di attaccare nessuno,» dichiarò prontamente il demone. «Almeno fino a quando Kyojuro e Koyuki resteranno al sicuro,» precisò.

«Akaza…» sibilò il Pilastro al suo fianco, ma Akaza lo ignorò.

Amane era stata in grado di calmarlo e di placare la sua rabbia e preoccupazione… ma le sue priorità erano e sarebbero rimaste Koyuki e Kyojuro. Quello non lo avrebbe dimenticato.

«Nessuno farà del male alla bambina o a Rengoku-sama. Hai la mia parola e ti ringrazio per la comprensione,» dichiarò Amane, e Akaza non solo si sentì ulteriormente rassicurato da quelle parole ma non provò sospetto. Era estremamente facile fidarsi di lei.

La donna si rivolse poi a Kyojuro, si era fatta più seria e sembrava volere la sua più totale attenzione.

«In un'altra occasione sai bene quale sarebbe stata la condanna. Tuttavia, se le informazioni di Akaza-sama si dovessero rivelare utili, sono certa che vista la situazione Oyakata-sama possa accettare la situazione. Non posso dire lo stesso degli altri Pilastri, ma credo che tu lo comprenda.»

Kyojuro annuì e sorrise.

«Come ho già detto: sono pronto ad affrontare le conseguenze.»

Amane si sollevò dalla sedia e rivolse uno sguardo verso la finestra che era stata preventivamente chiusa con delle pesanti tende.

«Ormai è quasi mattina. Immagino sia fuori luogo chiedervi di raggiungere il Quartier Generale nell'immediato,» commentò. «Vi attenderemo dopo il tramonto.»

Kyojuro balzò in piedi e si inchinò davanti alla donna.

«Ti ringrazio, Amane-sama!»

Akaza sentì quasi il bisogno di imitarlo, spinto da quel senso di rispetto e di fiducia che sentiva provenire dalla donna, ma rimase immobile. Riuscì solamente a piegare il capo in avanti in segno di gratitudine.

Amane accennò un altro sorriso per poi dirigersi verso la porta.

La aprì e le persone che erano rimaste all’esterno, forse cercando di origliare, si fecero indietro. Erano i tre Pilastri che Akaza aveva visto al suo risveglio, ed erano accompagnati da un ragazzino che il demone riconobbe subito grazie agli orecchini con gli hanafuda.

Lo aveva già visto sul treno dove aveva incontrato Kyojuro. Era insignificante ma Akaza ricordò subito un’altro dettaglio: Muzan voleva uccidere proprio quel Cacciatore.

Akaza si accigliò per un momento. Era… un’informazione utile?

«Kyojuro, Muzan vuole quel ragazzino morto,» commentò infatti, attirando su di sé gli sguardi sorpresi di tutti i presenti, compreso quello di Amane, che si era fermata sull'uscio.

«Cosa? Intendi Kamado?»

Il demone annuì e, stringendo le labbra, puntò lo sguardo sul ragazzino.

«Quello che era con te al treno,» spiegò. «Muzan vuole che venga ucciso l'Ammazza Demoni con gli orecchini con gli hanafuda.»

Il ragazzino sobbalzò portandosi le mani alle orecchie quasi incredulo.

«Perché?» domandò ancora Kyojuro. «Forse perché conosce il suo aspetto?»

«No,» Akaza scosse il capo. «Credo… sia legato al passato. Ma non ho dato troppo peso a quest'ordine, Muzan non ha mai amato le domande,» aggiunse trovandosi però quasi infastidito dalla propria ignoranza.

E se quella fosse stata per davvero un'informazione utile?

Magari anche avere più informazioni sul Giglio Ragno Blu e sull’utilizzo che Muzan intendeva farne sarebbe stato importante… ma lui non sapeva nulla.

Come poteva aiutare e tenere Kyojuro vivo senza informazioni utili?

«Ti ringrazio anche per questa informazione, Akaza-sama,» rispose Amane piegando un poco il capo in segno di ringraziamento, poi si rivolse al Pilastro Rumoroso che stava lanciando delle occhiatacce poco amichevoli all'interno della stanza. «Shinazugawa-sama, gradiresti accompagnarmi al Quartier Generale? Dopo il tramonto si terrà la riunione con i Pilastri, ma immagino che prima vogliate discutere della situazione tra di voi. Per il momento, vi assicuro che Akaza-sama gode della mia fiducia.»

Il Pilastro si irrigidì.

«Con tutto il rispetto-» esordì ma la donna, senza mai perdere il controllo, gli impedì di parlare.

«Anche Oyakata-sama desidera incontrare Akaza-sama,» aggiunse.

Il Pilastro sembrò voler controbattere e rifiutare, ma alla fine annuì.

«Sì, Amane-sama,» rispose a denti stretti.

«Vi raggiungerò a breve,» dichiarò subito dopo il Pilastro degli Insetti. «In quanto testimone oculare posso raccontare quanto è successo…»

«Sarebbe davvero gradito, Kocho-sama,» assentì Amane con tono comprensivo, e senza aggiungere altro si allontanò insieme al Pilastro Rumoroso - il quale lanciò un'ultima occhiataccia ad Akaza.

I due Pilastri rimasti, accompagnati dal ragazzino, entrarono nella stanza, e solo quando la porta venne chiusa alle loro spalle Kyojuro si concesse un sospiro quasi sollevato.

Non era del tutto rilassato, ma sembrava aver superato una prova molto importante, e Akaza poteva comprenderlo: le parole della donna - della moglie del capo degli Ammazza Demoni -, erano state rassicuranti anche per lui.

Ma non solo, lo avevano portato ad una condizione mentale di calma. Continuava a sentire il corpo debole, ma al tempo stesso non sentiva ira o altri sentimenti negativi. Al contrario: Akaza si sentiva pronto ad affrontare un altro interrogatorio.

Non era da lui, ne era consapevole, ma dall'altra parte la reputava anche una cosa positiva, perché era chiaro che il futuro di Kyojuro dipendesse da lui e dal suo comportamento.

Akaza doveva essere irreprensibile e dimostrarsi pronto alla collaborazione per aiutarlo, e l'aver parlato con Amane lo aveva messo in una condizione di pace. Come se la speranza fosse reale e non solo un sogno.

«Immagino… sia andata bene?» commentò l'ex allieva del Pilastro della Fiamma, avvicinandosi al letto ma restando ugualmente a distanza.

«Diciamo di sì,» assentì Kyojuro, concedendosi un sorriso. «Se le informazioni di Akaza si riveleranno veritiere… può esserci qualche speranza.»

«Alcune sono sicuramente veritiere,» tagliò corto il Pilastro degli Insetti. Per un momento il sorriso della giovane donna scomparve, lasciando spazio ad un'amarezza che Akaza sentiva di conoscere bene.

Erano il dolore della perdita e la sete di vendetta, sentimenti che il demone sapeva di aver provato sulla sua stessa pelle e che, in qualche modo, avevano caratterizzato anche il suo comportamento sin dalla trasformazione in demone.

«Shinobu-chan…»

«Un demone alto. Biondo. Occhi color arcobaleno. Marchio simile a una macchia di sangue sui capelli,» enunciò il Pilastro degli Insetti. «La Seconda Luna Crescente, il demone che ha ucciso mia sorella. Posso confermare che le informazioni che Akaza ci ha dato sul suo conto sono veritiere.»

L'odio verso Douma era quasi palpabile, e per un momento Akaza sentì quasi di volerla mettere in guardia per impedirle di cercare un combattimento diretto contro di lui. Pur non provando un legame o simpatia verso di lei, il demone non poteva evitare di volerla proteggere. Era istintivo, provava quella stessa sensazione verso tutte le donne.

«Douma è più forte di me,» disse infatti guardandola negli occhi, lasciando che fosse quello sguardo a parlare per lui.

La giovane donna si mostrò inizialmente sorpresa, ma alla fine sorrise.

«Non sempre bisogna essere forti fisicamente per uccidere qualcuno,» rispose con un lampo di malizia e sicurezza negli occhi che causò un brivido in Akaza. Non era certo si trattasse di timore o eccitazione, ma di certo si sentì incuriosito da quell'affermazione e dalle promesse rinchiuse in quello sguardo.

«In ogni caso… ti ringrazio ancora Kocho. Senza di te e Kanroji forse non sarei qui. E ringraziò anche te, giovane Kamado, nonostante la tua situazione ti sei mostrato pronto a giurare con la tua vita per me e per Akaza. Questo tuo gesto non sarà mai dimenticato,» dichiarò Kyojuro, spostando la discussione per alleggerire la tensione.

Le due donne sorrisero, mentre il ragazzino arrossì visibilmente, imbarazzato dalle parole accorate del Pilastro della Fiamma.

«Avresti fatto lo stesso per noi, Rengoku-san!» dichiarò l'ex allieva di Kyojuro.

«Temo comunque di dover interrompere queste piacevoli chiacchiere,» riprese la parola il Pilastro degli Insetti. «Perché prima di raggiungere il Quartier Generale ho bisogno di raccogliere altre informazioni.»

Gli occhi della donna si erano di nuovo puntati su Akaza, e il demone sostenne lo sguardo senza distoglierlo.

Era apertamente ostile nonostante il sorriso in volto, e per quanto la sua mente gli stesse suggerendo che sorrideva come Douma, dall'altra parte Akaza non poteva neanche non notare quanto fossero in realtà diversi quei sorrisi.

Douma scimmiottava quelle espressioni di gioia perché era come un guscio vuoto. Quella donna invece sembrava piena di rabbia, e quel sorriso era solo una maschera, volta a proteggersi.

Era interessante, doveva ammetterlo. Sotto un certo punto di vista gli ricordava anche il sorriso di Kyojuro: quello falso che gli aveva visto tante volte indossare dopo ogni discussione con suo padre.

Il Pilastro degli Insetti si avvicinò al letto. Profumava di glicine e Akaza non poté non notare anche un vago odore di sangue. Era leggero ma non per questo meno… intenso. Sembrava sangue marechi, e Akaza era certo che fosse addosso a quella donna.

«Allora, Akaza, ammetto di essere sorpresa. Il fatto che non ci sia stato bisogno del nostro intervento quando siete rimasti soli con Amane-sama, ti fa guadagnare credibilità,» dichiarò con calma.

«Cosa vuoi sapere donna?» tagliò corto Akaza.

L’odore di glicine lo infastidiva un poco, e quello del sangue invece lo confondeva, cercò comunque di ignorare entrambi per concentrarsi. Sapeva di dover rispondere a più domande possibili se voleva raggiungere il suo obiettivo e evitare che Kyojuro morisse per un motivo stupido come il cercare di proteggerlo.

Doveva collaborare.

«Mi chiamo Kocho Shinobu, e sono il Pilastro degli Insetti,» si presentò lei. «E vedo che non vuoi perdere tempo. Generalmente ti chiederei quanti umani hai ucciso e divorato… ma credo di poter essere anche io più diretta: la tua alimentazione

Akaza si aspettava quella domanda, doveva essere sincero. Era ovvio che prima o poi sarebbe giunto quel quesito, d'altro canto anche Kyojuro aveva mostrato interesse e timore verso quell'argomento quando ancora si stavano conoscendo.

«Ho promesso a Kyojuro che non avrei più ucciso nessuno,» rispose senza esitare, continuando ad ignorare l’odore di sangue marechi che sentiva provenire dalla donna.

«Così ci ha riferito anche Rengoku-san, ma comprenderai che non possiamo basarci solo sulla sua o sulla tua parola. Quindi: come ti stai nutrendo?»

«… al momento non sto mangiando. Ma avevo intenzione di rubare dei cadaveri o del sangue,» ammise il demone, cercando di non guardare in viso il Pilastro della Fiamma.

«In questo momento, hai fame?» chiese senza mezzi termini.

Akaza trattenne quasi il respiro, come se inspirare ancora l’odore del sangue potesse cambiare qualcosa.

Aveva fame?

Non ne era certo. Sentiva l’assenza di qualcosa all’interno del suo corpo, lo sentiva debilitato e gli sembrava che potesse essere ‘fame’ ma al tempo stesso non lo era.

«Sì,» si costrinse ad ammettere seppur non sicuro delle sue stesse parole, cercando poi di articolare meglio la sua risposta. «Ma non si tratta della solita fame. Non sento il bisogno di mangiare, sento però una debolezza simile.»

«È possibile che sia per il sangue che ha perso?» chiese Mitsuri, forse cercando di venirgli in aiuto.

Shinobu annuì pensierosa e forse anche un po’ sorpresa per la sua risposta, Kyojuro invece sembrò quasi sul punto di balzare in piedi.

«Sono disposto a continuare a nutrirlo con il mio sangue!»

«Non ho intenzione di prendere il tuo sangue, Kyojuro!»

«È stato il mio sangue a salvarti!» ribatté il Pilastro della Fiamma, ma ancora prima che Akaza potesse chiedere delle spiegazioni - che cosa era successo mentre era privo di sensi? -, Kocho riprese la parola.

«Non puoi sottoporti ad un altro prelievo così presto. È debilitante per il corpo,» dichiarò diretta a Kyojuro. «Per tornare a noi: Kanroji-san potrebbe avere ragione. Hai perso molto sangue e quello che ti ha donato Rengoku-san è servito solo ad accelerare la tua guarigione. Non posso escludere questa ipotesi.»

Il demone annuì, seppur non convinto. La giovane donna non si fermò e, scostando l’haori dal fianco, mostrò una piccola bottiglietta piena con un denso liquido rosso.

Era il sangue marechi. 

«Per evitare… incidenti ti fornirò del sangue prima che tu venga portato da Oyakata-sama,» dichiarò, prendendo la boccetta.

Per un solo momento Akaza fu tentato dall’accettare quell’offerta ma non si mosse. Il peso della bambina tra le sue braccia lo aiutò a mantenere il contatto con la realtà, ricordandogli la sua unica priorità.

«Non ho intenzione di bere del sangue davanti a Koyuki,» rispose, suscitando un lampo sorpreso negli occhi del Pilastro degli Insetti.

«Kocho…» esordì Kyojuro. «Era un test, vero?»

Shinobu gli rivolse un sorriso e chiuse la boccettina con un tappo di sughero.

«Esattamente e sembra che Akaza lo abbia superato a pieni voti,» annunciò con un pizzico di soddisfazione.

«Ho abbastanza autocontrollo,» commentò il demone, incerto se sentirsi sollevato o meno. «Comunque la mia dieta è sempre stata… contenuta,» aggiunse.

Una volta Kyojuro lo aveva paragonato al demone che stava con gli Ammazza Demoni. Gli aveva detto che il suo allenarsi per diventare più forte, senza doversi costantemente nutrire, era simile al continuo dormire di quell'altro demone.

Gli era sembrata una spiegazione sensata.

«Andiamo avanti. C’è un’altra questione che temo non possa essere rimandata: la maledizione. Come funziona?»

«Muzan impedisce ai demoni di pronunciare il suo cognome, immagino per timore che vengano rivelate informazioni sul suo conto,» rispose subito Akaza.

Non si era mai realmente interessato al funzionamento della maledizione, sapeva che era una condanna a morte sicura, ma non i meccanismi o perché esistesse.

"Morte sicura, tranne che con me," pensò distrattamente.

«Ogni demone ha in corpo una discreta quantità del suo sangue,» continuò. «Questo gli permette di convocarci quando vuole, e se è abbastanza vicino anche di vedere con i nostri occhi. In genere utilizza questo legame solo con le Lune Demoniache, non si cura molto dei demoni inferiori. Si tratta quasi di un patto di sangue

«Quindi in questo momento potrebbe vedere quello che sta accadendo?» chiese Shinobu, e Akaza poté sentire chiaramente la tensione crescere nella stanza.

La paura era palpabile, e poteva comprenderlo.

«Solo quando è abbastanza vicino,» ripeté. «E deve essere presente il legame, quel patto di sangue. Non so come, non ricordo che cosa è accaduto dopo che sono venuto qui per parlare con Kyojuro, ma so per certo che… che Kibutsuji Muzan non abbia più alcun potere su di me.»

Venne scosso da un brivido nel pronunciare il nome completo del creatore dei demoni, e anche gli stessi Pilastri li presenti sobbalzarono… ma non accadde nulla.

Era certo delle sue parole, sapeva che pronunciandolo non sarebbe accaduto nulla, ma non poté non sentire il sollievo all’idea di essersi liberato di quel peso.

«Gradirei che non facessi più simili scherzi,» commentò Kyojuro, incapace di nascondere il proprio nervosismo.

«Non credo di essere nella posizione per dimostrare le mie intenzioni solo a parole,» ribatté Akaza subito dopo.

«Esattamente,» confermò il Pilastro degli Insetti. «Prendendo sempre per veritiere queste tue affermazioni, si può dire che tu sia riuscito a trovare un modo per sconfiggere le cellule di Muzan nel tuo corpo. I tuoi occhi ne sarebbero quindi una conferma.»

«I miei occhi?»

«Non hai più i kanji,» gli spiegò Kyojuro, mostrandosi a sua volta sorpreso, come se si fosse reso conto in quel momento del dettaglio appena indicato dall'altro Pilastro.

Akaza si guardò attorno alla ricerca di una qualsiasi superficie riflettente. Non era un dettaglio importante e credeva alle parole di Kyojuro ma… aveva quei kanji nei suoi occhi da secoli.

Erano il simbolo del suo legame con Muzan, e anche se era certo di averlo spezzato, gli sembrava quasi assurdo non avere più i kanji che lo classificavano come la Terza Luna Crescente.

«Non hai idea di come sei riuscito a sconfiggere la maledizione? Potrebbero farlo anche altri demoni?» domandò il Pilastro dell’Amore.

Akaza, distolto dalla sua ricerca, esitò un momento prima di rispondere. Aveva già detto di non avere memoria, ma il suo corpo ricordava qualcosa.

Un abbraccio e delle parole di incoraggiamento, e il suo desiderio di proteggere Koyuki e Kyojuro.

Abbassò lo sguardo sulla bambina che, grazie alla calma della stanza, si era finalmente riaddormentata.

Lei e Kyojuro erano l’unica ragione. Erano la sua famiglia.

«Comprendo,» commentò Shinobu, senza attendere una risposta o forse riuscendo a intuirla. «Per quanto riguarda le cicatrici e i segni dorati? Immagino siano un altro effetto o il risultato del fatto che la maledizione sia stata spezzata.»

Il demone rialzò lo sguardo, mostrandosi apertamente confuso per la seconda volta in neanche due minuti.

«Cicatrici? Segni?»

«Quando hai smesso di venire attaccato dalle… braccia di Muzan,» iniziò Kyojuro. «Hai iniziato a cercare di rigenerarti, e ogni ferita sì è cicatrizzata riempiendosi d'oro…» 

Neanche il Pilastro della Fiamma sembrava certo di quello che gli stava spiegando, e Akaza, sostenendo la bambina con un solo braccio, alzò l'altro per osservare la sua pelle.

Al suo risveglio non aveva pensato al suo aspetto, né si era reso conto di quel dettaglio perché tutte le sue attenzioni erano state per Kyojuro e Koyuki, ma in quel momento non poteva più ignorarlo: c'erano dei segni dorati sul suo avambraccio.

Tre linee abbracciavano il suo avambraccio e, ad ogni singolo movimento, sembravano quasi brillare d’oro attraverso la luce all’interno della stanza. Non erano gli unici, infatti il suo sguardo cadde per un momento su delle piccole cicatrici sulle nocche e sul dorso della mani. Erano segni di piccole ferite, sparsi ovunque sulla sua pelle.

Aprì bocca, quasi affascinato, e riportò le sue attenzioni sulle tre linee d’oro che spezzavano quelle blu notte del suo corpo.

Le conosceva e, inconsciamente, sapeva che avrebbe visto quegli stessi segni - no, tatuaggi - anche sul braccio con il quale stava sostenendo Koyuki.

Sapeva, in qualche modo, che nella sua schiena ci sarebbero state delle cicatrici dorate.

Non sapeva perché fossero apparse, ma ne conosceva la provenienza: erano tutti segni appartenenti ad Hakuji.

«Sembra che anche tu sia sorpreso,» commentò il Pilastro degli Insetti. «Prima ricoprivano il tuo intero corpo e non sembravano avere una logica. Ma quando il tuo corpo si è stabilizzato, sono apparsi questi ultimi segni e si sono fatti più visibili.»

«Non so perché siano apparsi,» ammise il demone, rigirando il braccio e osservando il lieve riflesso generato da quei marchi. «Ma… conosco questi segni.»

«Che cosa rappresentano?»

«Una promessa,» realizzò. Era una frase sciocca, e priva di senso, ma per Akaza - per Hakuji - era importante.

I presenti nella stanza si mostrarono un po’ confusi per la sua affermazione ma Shinobu sembrò non voler perdere tempo.

«Prenderò anche queste informazioni come vere, e mi aspetto di poter fare con te un’altra chiacchierata se Oyakata-sama ti permetterà di vivere,» commentò Shinobu con tono fintamente leggero. «Ora, temo di dovermi mettere in marcia per il Quartier Generale,» aggiunse, lanciando un'occhiata verso la finestra - nonostante le imposte chiuse e protette dalle pesanti tende era chiaro che il sole fosse ormai sorto.

Akaza non poté negare un altro lieve brivido di sorpresa nel rendersi conto di come si era evoluta quella situazione.

Era stato per lo più calmo nel rispondere alle domande che il Pilastro degli Insetti gli aveva posto… ed era andata bene.

Sapeva che non sarebbe sempre stato così fortunato, ma era davvero strano rendersi conto di dover collaborare con chi aveva sempre ucciso.

«Immagino che dirvi di riposare sia inutile. Cercate comunque di non agitarvi troppo, soprattutto tu Kamado-kun,» proseguì la giovane donna, rivolgendosi alle altre persone presenti.

«Sì!»

A quel punto, il Pilastro degli Insetti lasciò la stanza, e Akaza non poté fare a meno di sentirsi leggermente a disagio nonostante la fine dell'interrogatorio.

L'aver risposto a quelle domande lo aveva aiutato, in parte, a non pensare all'immediato futuro, ma in quel momento non poteva continuare a ignorarlo. Anche se Amane aveva detto che era probabile che Ubuyashiki avrebbe accettato la situazione, non vi era ancora una risposta certa e Akaza non voleva attendere… doveva sapere.

«Kyojuro…» mormorò infatti, guardando il Pilastro con un'espressione risoluta. «Voglio andare ora alla riunione.»

Kyojuro sobbalzò.

«Il sole è ormai sorto, Akaza!»

«Sarebbe una follia!» aggiunse il Pilastro dell'Amore.

Il demone strinse le labbra.

«Ci sono tanti modi per muoversi anche alla luce del sole!» ribatté.

«Quanti ne hai provati?» ritorse Kyojuro.

«Nessuno, ma…»

«Non intendo fare esperimenti allora!» decretò il Pilastro della Fiamma.

«Con Nezuko riusciamo a spostarci alla luce del sole…» pigolò il ragazzino con gli orecchini con gli hanafuda, attirando su di sé gli sguardi dei presenti.

«Questo è vero…» assentì Mitsuri.

«Lei ora sta dormendo! Posso… posso prestarti la scatola, Rengoku-san!»

«Scatola? E chi è Nezuko?» domandò Akaza.

«È il demone del quale ti ho parlato in passato,» rispose Kyojuro con un sorriso nervoso. «Sai… desideravo chiedertelo da tempo.»

«Cosa?»

Il Pilastro dell'Amore ridacchiò senza senso e si tappò le labbra con le mani.

«Riesci a mutare aspetto?»

Akaza aggrottò le sopracciglia ma annuì. Era un'abilità che tutti i demoni possedevano, anche se lui non era solito utilizzarla.

«Nezuko, per viaggiare con il fratello alla luce del sole, utilizza una scatola,» spiegò il Pilastro della Fiamma. «E per entrare nella scatola si trasforma in una bambina piccola.»

Il demone lo fissò sorpreso e sentì un improvviso calore salirgli in viso.

«E tu desideravi da tempo di chiedermelo!?»

Kyojuro annuì, mostrandosi a sua volta imbarazzato.

«A volte fantasticavo su come sarebbe stato averti come alleato. E pensavo che sarebbe stato comodo spostarci alla luce del sole come fanno Kamado e sua sorella.»

Quell'affermazione, sincera e priva di malizia, non fece altro se non accrescere l'imbarazzo di Akaza. Kyojuro aveva davvero pensato a quelle cose?

Quel pensiero lo faceva fremere di gioia e di altre emozioni che non era certo di riconoscere, ma in quel momento niente di tutto quello era importante. Per quanto umiliante potesse apparire quella richiesta, pur di assicurarsi che Kyojuro restasse in vita e che non facesse inutili sacrifici, lui lo avrebbe accettato di umiliarsi in quel modo.

«D'accordo,» mormorò distogliendo lo sguardo. «Lo farò, solo per te Kyojuro.»

Il Pilastro della Fiamma, nonostante la situazione non fosse delle più rosee, si illuminò con un ampio sorriso.

«Almeno se le cose dovessero andare male potrò dire di averti visto in miniatura!»

«Rengoku-san! Smettila di fare lo sciocco!» esclamò Mitsuri e per quanto Akaza fosse sinceramente imbarazzato e teso per la situazione, non poté non darle ragione.

   
 
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