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Autore: Be_Yourself    17/03/2023    0 recensioni
NOTA: nonostante la storia sia una sorta di AU di un'altra mia fanfiction, può tranquillamente essere letta anche senza conoscere l'altra, dato che ognuna delle due storie è completamente a sé.
***
E se nell’epoca di oggi le lotte tra le nobili famiglie italiane del Rinascimento non avessero cessato di esistere, ma si fossero soltanto spostate in altri ambiti? Se il desiderio di conquista e potere avesse assunto altre forme e dato vita a battaglie meno sanguinose ma ugualmente spietate e sleali?
Lorenzo de’ Medici, rettore di una delle università più prestigiose d’Italia fondata dalla sua stessa famiglia, si ritrova a dover fronteggiare gli ignobili sotterfugi di Sisto della Rovere, rettore dell’università di Roma, che farebbe di tutto per impedire al rivale di partecipare al più importante concorso nazionale in ambito accademico, un concorso che stabilisce quali siano le migliori università d’Italia, con indubbi vantaggi per i vincitori.
Forse Leonardo da Vinci, abile artista sempre al passo con i tempi, ed Emilia Rinaldi, capace di scoprire i segreti di chiunque, potrebbero essere la sola speranza di Lorenzo per contrastare i subdoli piani di Sisto.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3


L’idea di Leonardo per la sera della festa aveva fatto un tale successo che da giorni tutti non parlavano d’altro, e il nome del ragazzo era stato prontamente inserito nella lista di coloro che avrebbero partecipato al concorso nazionale. Una grande soddisfazione, certo, ma anche un impegno non da poco, dato che avrebbe dovuto ideare e realizzare, entro sei mesi, un progetto estremamente innovativo.
Ma il suo successo era stato notato ben al di fuori delle mura dell’università, giungendo fino a Roma, un po’ grazie ai social, ma soprattutto grazie ad un informatore di cui tutti erano ignari…
Girolamo Riario scese dal treno una volta giunto alla stazione di Santa Maria Novella, meta del suo viaggio.
Non era mai stato a Firenze prima, non ne aveva avuto motivo, Roma era bella, la città eterna la chiamavano, così piena di vita e di storia che difficilmente a lui era venuto il desiderio di visitare altre città. Inoltre, fare il turista non era proprio da lui, infatti non si perse troppo ad osservare i palazzi storici e le chiese che incontrava sul suo cammino mentre si dirigeva verso l’hotel che aveva prenotato.
Era lì per un motivo e non aveva intenzione di perdere tempo inutilmente. Suo zio, Sisto Alessandro della Rovere si aspettava dei risultati concreti, perciò aveva deciso di mandarlo lì a trattare personalmente con Lorenzo de’ Medici, e lui non lo avrebbe deluso.
Lasciò il piccolo trolley da viaggio nella stanza e, dopo essersi dato una rapida sistemata, si diresse direttamente all’Università de Medici.
Non aveva un appuntamento, né aveva provveduto ad annunciare in alcun modo il proprio arrivo, ma era certo che il rettore lo avrebbe ricevuto senza esitazione una volta saputo chi volesse parlare con lui. E così fu.
Lui e Lorenzo si salutarono con la fredda cortesia tipica di due persone che non nutrono alcuna stima o rispetto l’una per l’altra, ma che sono comunque intenzionate a mostrare una parvenza di educazione.
«Perciò l’ex senatore della Rovere ha mandato nientemeno che suo nipote, nonché suo segretario, a trattare direttamente con me. Confesso che sono quasi lusingato» disse Lorenzo con tono beffardo.
Girolamo si lasciò sfuggire una smorfia di fastidio appena percettibile, ma non perse la sua abituale calma «Questioni di tale importanza non possono certo essere lasciate a chiunque» rispose «Parlerò francamente, signor de’ Medici. Come sa, mio zio è interessato ad una… unione, diciamo così, tra le vostre università, ed è inutile negare che la cosa sarebbe vantaggiosa soprattutto per la de Medici».
«Sul serio? Beh, allora mi illumini su quali sarebbero questi vantaggi, perché tutto quello che vedo io è il nome della mia famiglia che viene cancellato dalla stessa istituzione che ha fondato» ribatté Lorenzo, con lo stesso tono beffardo usato poco prima.
L’altro dovette fare un enorme sforzo per non rispondere in modo sgarbato a quel tono beffardo e a quell’atteggiamento ostile.
«Ovviamente nessuno vuole portarle via l’università della sua famiglia, lei continuerebbe ad essere il rettore, sebbene sotto il nome e le direttive dell’Università Santa Sede» risponde sempre in tono calmo e formale «Riguardo i vantaggi…beh, l’università di mio zio ha stipulato accordi e gemellaggi con molte università italiane, e anche con alcune università estere, per non parlare del fatto che abbiamo molti più studenti e con una miglior preparazione. Per noi sarà una passeggiata vincere il concorso nazionale, al contrario di voi, che ora non potete contare più neanche sull’appoggio dell’università di Milano».
Quella volta Lorenzo non riuscì a trattenere una risatina di scherno «Che premura da parte di suo zio, preoccuparsi così tanto per le sorti della mia università» disse sarcastico «Ma – e credo che troverete i miei dubbi legittimi – se davvero siete convinti di poter vincere il concorso, perché cercare così ardentemente di togliere la mia università dai giochi? Io credo, signor Riario, che suo zio tema la de’ Medici, perché forse, nonostante ciò che avete detto, i nostri studenti sono più capaci dei vostri».
«Oh io non ne sarei così convinto» ribatté il romano, senza trattenere una nota di rabbia nella voce «Fate come credete, Lorenzo, ma vi assicuro che mio zio ha molti modi per ottenere ciò che vuole».
Quella era una minaccia in piena regola, ma Lorenzo non volle accogliere la provocazione «Adesso avrei del lavoro da sbrigare. Magari la prossima volta avrebbe potuto inviare un’e-mail e risparmiarsi questo viaggio. Sa, forse suo zio non se ne è accorto, ma siamo nel Ventunesimo secolo».
Senza ribattere più nulla, Girolamo uscì dallo studio del rettore.
Sicuramente Sisto non sarebbe stato contento dell’esito di quella conversazione, ma in realtà il proprio compito lì non era ancora concluso. C’erano tanti modi per convincere qualcuno a cedere.
Ovviamene aveva saputo di quello studente, Leonardo da Vinci, e della sua favolosa invenzione che rivelava un prodigioso talento. Ora doveva solo trovarlo e convincerlo a lasciare la de’ Medici per andare a studiare a Roma, ma quella seconda parte era certo che non sarebbe stata un problema: l’Accademia Santa Sede era una delle più esclusive università d’Italia, e lui gli avrebbe offerto anche una cospicua borsa di studio. Chi mai avrebbe rifiutato?
E se anche lo avesse fatto, lui avrebbe comunque trovato un modo per indurlo ad accettare.
La provvidenza volle che, proprio mentre controllava sul cellulare le informazioni che Lucrezia Donati gli aveva inviato, per capire dove potesse trovare Leonardo da Vinci a quell’ora, una ragazza gridò poco distante dal lì proprio quel nome.
Girolamo si voltò nella direzione da cui era arrivata quella voce e notò un ragazza dai capelli scuri striati con varie ciocche pastello correre verso un ragazzo.
«Razza di zuccone, hai dimenticato il libro in aula studio» stava dicendo lei mentre gli porgeva un grosso tomo, probabilmente di architettura, a giudicare dalla foto sulla copertina.
Erano ad appena pochi metri di distanza, e non è che la ragazza stesse parlando a bassa voce, perciò Girolamo  riusciva senza difficoltà a sentire cosa si stessero dicendo.
«E tu dovresti essere lo studente più talentuoso della de’ Medici? Sei sempre così distratto che mi sorprende che la tua idea per la festa non sia esplosa ammazzando qualcuno» continuò lei.
Sì, ora non c’erano dubbi, quel ragazzo era proprio il Leonardo che lui stava cercando.
Lui rise, probabilmente divertito dall’atteggiamento dell’altra «Oh Emilia, è sempre bello vedere quanta fiducia tu abbia in me».
L’altra sospirò e scosse la testa con aria rassegnata «Vedi di non dimenticare anche il cervello da qualche parte. Io adesso devo andare al laboratorio di giornalismo. Ci vediamo più tardi» detto ciò, si allontanò, sparendo oltre un ampio portone.
A quel punto Girolamo si avvicinò al ragazzo e, sorridendo con aria cordiale, lo salutò «Salve! Tu sei Leonardo da Vinci? Il ragazzo che ha ideato quel meraviglioso spettacolo di cui tutti parlano.
L’altro lo guardò stralunato per qualche istante, poi fece un sorrisetto «Sì, sono io» rispose, con l’aria di chi si era sentito rivolgere quella domanda già decine di volte negli ultimi giorni.
Il romano allungò la mano «Io sono Girolamo Riario, piacere di conoscerti».
Leonardo esitò qualche istante, quasi con diffidenza, poi sembrò rendersi conto che non sarebbe stato educato non stringergli la mano, così ricambiò la stretta «Piacere… mio…?!».
«Sono qui per conto dell’Accademia Santa Sede, l’università di Roma. Il tuo recente successo è giunto fino a noi. Un semplice studente che con ben pochi mezzi riesce ad ideare uno spettacolo di tale portata tecnologica è qualcosa che non si vede tutti i giorno».
«Oh!» Leonardo ritrasse la mano quasi scottato e la diffidenza nel suo sguardo divenne ancora più palese. Pareva quasi che stesse trattando con il diavolo in persona ma non avesse alcuna intenzione di lasciarsi ammaliare dalle sue promesse.
Girolamo non si lasciò scoraggiare da quell’atteggiamento «Sisto Alessandro della Rovere, il rettore dell’università, sarebbe ben felice di averti tra i suoi studenti» disse con tono sicuro «Penso tu sappia quanto rinomata ed esclusiva sia la nostra università. Disponiamo di corsi di studio all’avanguardia ed un’invidiabile archivio con volumi inediti che appartengono alla famiglia della Rovere da secoli, e la cui consultazione è consentita soltanto agli studenti della nostra università».
Leonardo ora lo fissava con un sopracciglio inarcato «Perciò, proprio come un serpente, mi state offrendo il frutto proibito per convincermi a passare dalla vostra parte?».
Girolamo rise per quella scelta di parole, trovandola sinceramente divertente «Se proprio ti piace vederla così, potremmo dire che hai ragione» rispose «Ma questa non è mica una guerra, non devo convincerti a passare dalla parte di nessuno, solo offrirti un’opportunità».
«Beh, visto l’imminente concorso nazionale, tecnicamente, lo è» ribatté Leonardo, il tono saccente.
«Oh, è così che la vedete voi fiorentini?».
«È così che la vedete voi romani, a quanto pare. Altrimenti tu non saresti qui a cercare di convincermi a cambiare università» Leonardo iniziava a spazientirsi «Comunque ora devo andare. Riferisci pure a Sisto che non ho intenzione di stravolgere la mia vita per venire a Roma, non importa quanto esclusiva sia la sua università» concluse per poi allontanarsi a grandi passi.
Girolamo digrignò i denti mentre guardava l’altro sparire in un’aula.
Quella giornata si era rivelata un vero fiasco, Sisto sarebbe stato ancor più contrariato di quanto si sentisse lui in quel momento. Ma non tutto era perduto. Non sarebbe andato fin lì senza avere almeno un altro piano di riserva.
Se non poteva ottenere con le buone ciò che voleva, lo avrebbe fatto con le cattive.
 
 
Leonardo stava cercando di tirar fuori qualche idea per il concorso nazionale, ma niente, il vuoto totale. Tutte le geniali idee che aveva di solito sembravano aver deciso di farsi un giro da qualche altra parte in quel periodo.
Inoltre non smetteva di pensare alla conversazione avuta un paio di giorni prima con quel ragazzo, Girolamo Riario. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quel loro incontro gli aveva messo addosso una strana inquietudine, come se avere un emissario di Sisto in giro per Firenze non lo facesse stare tranquillo.
… Diamine, iniziava davvero a pensare a tutta quella faccenda nei termini di una guerra. Neanche fossero nel Rinascimento e Sisto stesse cercando di assoggettare al suo volere l’intera Firenze.
Sbuffando accartocciò il foglio pieno di scarabocchi che aveva davanti e lo gettò via. Si disse che doveva smettere di pensare a quella situazione, era ridicolo ed irrazionale preoccuparsi così tanto per una cosa del genere, e lui aveva bisogno di concentrare tutte le proprie energie per farsi venire qualche nuova idea.
Ma non ora. Per il momento aveva soltanto bisogno di staccare la mente da tutto.
Erano le sei di sera di un venerdì e l'università era quasi completamente deserta. Leonardo uscì dall’aula studio in cui si era rinchiuso nelle ultime ore e andò dritto in quella di giornalismo, dove sapeva che avrebbe trovato Emilia intenta a revisionare l’edizione del giornale del prossimo lunedì.
«Dovresti iniziare a farti pagare visto l’impegno che ci metti per questo giornale» commentò Leonardo, entrando nell’aula in cui era rimasta soltanto Emilia.
«Mi ripagano in crediti universitari, che per uno studente sono il bene più prezioso» rispose lei divertita, rivolgendo un cenno di saluto all’amico, per poi tornare a fissare lo schermo del PC che aveva davanti, esaminando con aria dubbiosa un articolo su una nuova mostra agli Uffizi.
«A te com’è andata? Ti è arrivata qualche miracolosa illuminazione?» gli domandò.
Leonardo sedette su una delle sedie presenti nell’aula, sbuffando sconsolato «Niente di niente. La mia mente è completamente vuota» rispose, per poi fare un gesto con la mano come a dire che non importava, che non voleva pensarci «Comunque sono qui perché volevo sapere se ti va di venire con me e gli altri al pub Artist, stasera».
L’altra smise per un attimo di correggere l’articolo sugli Uffizi per poter guardare Leonardo, il sopracciglio sinistro inarcato in un’espressione a metà tra lo scettico e il divertito «Degli studenti di arte che si incontrano al pub Artist? La cosa è voluta o non ci avete fatto caso?».
Lui sorrise divertito «Beh, siamo a Firenze, è piuttosto difficile trovare qualcosa che non abbia riferimenti all’arte o alla storia» rispose «Ma no, non lo abbiamo fatto apposta. La nostra amica Vanessa lavora lì nel weekend, perciò, siccome non può mai uscire con noi per questo motivo, andiamo noi da lei».
«Oh, dici Vanessa Moschella? La conosco, viene al laboratorio di teatro» rispose Emilia, poi guardò l’altro con aria maliziosa e divertita «E so che tu e lei avete avuto una mezza relazione, prima che tu partissi per il tuo viaggio in giro per il mondo».
Leonardo mise su un’espressione fintamente innocente e fece spallucce, come a dire “che ci posso fare? Cose che succedono”.
Emilia rise di gusto, poi riprese a fare le ultime correzioni all’articolo «Comunque ci sono per stasera» rispose mentre chiudeva tutti i programmi e spegneva il computer «A che ora?».
«Alle nove» rispose l’altro.
Uscirono dall’aula e si avviarono verso l’uscita, parlando di quanto fosse faticoso per Leonardo dover prendere ogni volta i mezzi pubblici per tornare a casa dall’università, e viceversa, visto che l’unico appartamento libero abbastanza decente che aveva affittato insieme a Nico e Zoroastro era piuttosto lontano dal centro, e quanto invidiasse Emilia per il suo grazioso appartamento a pochi passi dall’università, affacciato direttamente sulla cupola del duomo.
Emilia era ricca di famiglia, molto ricca, si sarebbe potuta permettere qualunque cosa. Non che lui fosse povero, suo padre era abbastanza facoltoso e non lo lasciava certo senza soldi, anche se per lo più lo ignorava, ma comunque non era così ricco da potersi permettere di comprare un appartamento come quello di Emilia, e quando lui e gli altri erano tornati dal loro viaggio, con l’anno accademico ormai alle porte, era stato praticamente impossibile trovare un appartamento in affitto nei pressi dell’università.
«Oh maledizione!» sbottò Emilia all’improvviso, quando erano ormai quasi arrivati all’uscita.
«Sì, lo so, è triste che io non sia riuscito a trovare un appartamento in centro, ma non è necessario prenderla così tanto a cuore» disse Leonardo, scherzoso, pur sapendo benissimo che non era a quello che Emilia si stava riferendo.
«Ma no, ho dimenticato la giacca nell’aula di giornalismo» rispose lei «Aspettami qui, torno subito».
«E poi sarei io lo zuccone che rischia di dimenticarsi anche il cervello, eh?» le gridò lui dietro, in tono irriverente, mentre l’altra già stava correndo su per le scale.
In risposta, Leonardo si guadagnò un dito medio alzato.
Emilia corse più rapida che poteva, dando per scontato che a quell’ora di venerdì nessuno fosse più in università, ma quando svoltò l’angolo che l’avrebbe portata nel corridoio in cui c’erano le aule dei vari laboratori, andò a scontrarsi con un ragazzo.
Barcollò indietro e molto probabilmente sarebbe caduta se questi non l’avesse prontamente sorretta cingendole la schiena.
«Stia attenta, signorina».
Signorina? Ma da dove era uscito quel tipo? Da un romanzo dell’Ottocento?
Lei aprì gli occhi, che per istinto aveva chiuso aspettandosi un imminente impatto con il pavimento, e si ritrovò a fissare quelli grandi e scuri del ragazzo.
Non aveva idea di chi fosse, ma la prima cosa che pensò fu che era affascinante. Molto affascinante.
«Chiedo scusa. Non pensavo ci fosse qualcuno» disse mentre l’altro scioglieva quella stretta tra loro. Notò altri dettagli di lui, come il fatto che fosse vestito interamente di nero e che il suo abbigliamento era leggermente più elegante di quello della maggior parte degli studenti. Che fosse un professore? No, non sembrava nemmeno così tanto più grande di lei da poter essere un professore.
Decise di non pensarci troppo e si congedò in fretta, riprendendo la propria strada verso l’aula di giornalismo
Recuperò in fretta la giacca, e si accorse che lo schermo del PC era acceso. Strano, era certa di aver spento tutto, forse era stata solo una svista.
Quando uscì dall’aula per tornare da Leonardo, lo sconosciuto era già sparito. Non lo vide nemmeno sulla strada verso l’uscita.
  
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