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Autore: Be_Yourself    04/03/2023    0 recensioni
NOTA: nonostante la storia sia una sorta di AU di un'altra mia fanfiction, può tranquillamente essere letta anche senza conoscere l'altra, dato che ognuna delle due storie è completamente a sé.
***
E se nell’epoca di oggi le lotte tra le nobili famiglie italiane del Rinascimento non avessero cessato di esistere, ma si fossero soltanto spostate in altri ambiti? Se il desiderio di conquista e potere avesse assunto altre forme e dato vita a battaglie meno sanguinose ma ugualmente spietate e sleali?
Lorenzo de’ Medici, rettore di una delle università più prestigiose d’Italia fondata dalla sua stessa famiglia, si ritrova a dover fronteggiare gli ignobili sotterfugi di Sisto della Rovere, rettore dell’università di Roma, che farebbe di tutto per impedire al rivale di partecipare al più importante concorso nazionale in ambito accademico, un concorso che stabilisce quali siano le migliori università d’Italia, con indubbi vantaggi per i vincitori.
Forse Leonardo da Vinci, abile artista sempre al passo con i tempi, ed Emilia Rinaldi, capace di scoprire i segreti di chiunque, potrebbero essere la sola speranza di Lorenzo per contrastare i subdoli piani di Sisto.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2


L’anno accademico era appena iniziato, ma da quando Lorenzo de’ Medici aveva annunciato la sua idea di tenere una festa in maschera in occasione della sera di halloween, tutta l’università era in fermento. In particolare gli studenti dei laboratori direttamente coinvolti nell’organizzazione, perciò l’intero mese di ottobre fu stressante per gran parte degli studenti, che dovevano destreggiarsi tra studio, lezioni e laboratori.
«Per iniziare in allegria il nuovo anno accademico ha detto?» borbottò Emilia parlando con Giuliano de’ Medici, fratello del rettore, studente e creatore del laboratorio di teatro e recitazione di cui anche lei faceva parte.
«Certo! Cosa c’è di meglio del farsi in quattro tra lezioni, studio, laboratori e l’organizzazione di questa pagliacciata per tenere alto l’umore?» continuò la ragazza con tono scocciato ed irrispettoso, mentre tirava fuori dallo sgabuzzino una scatola di nastri e piante finte da usare per decorare il cortile dove si sarebbe tenuta la festa.
Giuliano la guardò con espressione strana, come se fosse indeciso se mostrarsi più offeso o più sorpreso «Non credo sia bello che tu parli male di mio fratello con me».
Lei alzò un sopracciglio con aria quasi di sfida «Perché? correrai a riferirglielo? Non che mi importi. Parlerei male di lui anche davanti a lui».
L’altro la fissò per alcuni istanti, poi sospirò con fare quasi rassegnato mentre prendeva un altro scatolone, ma stava sorridendo, perché dopotutto neanche lui condivideva le idee del fratello, il più delle volte, e poi conosceva Emilia da un anno ormai, e aveva capito che quella spaventosa ma affascinante ragazza era fatta in quel modo… e, dopotutto, a lui piaceva.
Ma Emilia non era la sola ad avere il suo bel da fare per quella festa, anche Leonardo passava quasi tutto il suo tempo libero a lavorare al suo progetto per lo spettacolo finale della serata. Un progetto che, a quanto pareva, doveva restare un segreto, dato che non aveva detto a nessuno a cosa diavolo stesse lavorando.
«Speriamo che quel tuo amico, Leonardo, non faccia disastri, a quanto so non è un tipo molto affidabile» disse Giuliano mentre iniziava a montare alcuni pannelli sul palco che avevano allestito e che per l'occasione avrebbe ospitato un concerto gentilmente offerto dalla band del laboratorio di musica.
Emilia lo osservò, un sorriso impertinente dipinto sulle labbra «Non credo sia bello che tu parli male di mio fratello davanti a me».
Giuliano spalancò gli occhi «Lui è…? Aspetta, non è possibile, non avete lo stesso cognome… almeno non mi sembra» la sua espressione si fece pensierosa. Evidentemente non ricordava il cognome di Leonardo… o quello di Emilia.
Lei rise divertita per l’espressione dell’altro «Non siamo fratelli, ma siamo cresciuti insieme praticamente per tutta la vita fino ai sedici anni, perciò è come se lo fossimo».
L’espressione fintamente pensierosa che si dipinse sul volto dell’altro aveva un che di comico «Quindi come devo comportarmi? Se voglio chiederti di uscire devo preoccuparmi che tuo fratello tenterà di uccidermi, oppure posso stare tranquillo?».
Emilia lo guardò con espressione tra il rassegnato e lo scocciato «Non puoi proprio rassegnarti all’idea che io non voglia uscire con te? Devi proprio farti tutte le agazze di Firenze?».
«Oh no, non direi. So che quello è il tuo obiettivo» ribatté lui irriverente, riferendosi al fatto che Emilia, da quando era arrivata lì un anno prima, aveva già guadagnato un certo numero di conquiste tra le ragazze dell’università e non solo «Perciò non vuoi uscire con me perché, vista la mia fama di donnaiolo, io per te rappresento la concorrenza?».
L’altra non riuscì ad impedirsi di scoppiare a ridere «Sì, possiamo dire che è così. Basta che tu smetta di provarci con me».
L’altro alzò le mani in segno di resa, poi continuarono ad allestire il palco in silenzio, mentre gli altri membri del laboratorio di teatro si occupavano di decorare il resto del cortile.

 
La sera della festa infine arrivò, e finalmente Da Vinci si decise a riemergere dalla sua fossa... espressione calzante considerato il fatto che aveva optato per un costume da zombie.
Emilia lo guardò con aria di estrema disapprovazione «Pensavo fosse accuratamente specificato, nell’articolo sul giornale e nei volantini, che il dress code per la serata dovesse essere sobrio, elegante e soprattutto privo di eccessi» disse togliendo per un attimo dagli occhi la maschera di pizzo e piume così da osservare meglio l’amico.
Beh, tecnicamente stava indossando quello che poteva definirsi un completo adatto alla serata: camicia rossa, una sottile cravatta nera, pantaloni anch’essi neri e scarpe classiche. Solo che la cravatta era allentata e stropicciata, così come era stropicciata anche la camicia i cui primi tre bottoni non erano stati abbottonati, per non parlare poi dei capelli scarmigliati e del trucco che l’altro aveva usato per far apparire il suo volto cadaverico come quello di un morto.
Leonardo fece spallucce e si stampò in volto la sua solita espressione indolente «Ma è halloween! Che gusto c’è a fare una festa in maschera in questo giorno se poi devo vestirmi come un impiegato ad una festa aziendale».
Emilia sospirò con fare rassegnato, ma non poté impedire ad un sorriso divertito di spuntarle sulle labbra «Sei sempre il solito…».
Rimise la maschera e, insieme a Leonardo, si avviò verso il cortile interno, i tacchi a spillo delle scarpe che ticchettavano ad ogni passo. Lei indossava un abito completamente nero, lungo e stretto, con uno spacco sul lato destro della gonna che arrivava fino a metà coscia; le spalle nude esposte senza alcun timore all'umidità della sera, con soltanto una cascata di riccioli a fare da debole barriera contro il freddo. Unica nota di colore nel suo abbigliamento di quella sera erano le ciocche dalle tenui tonalità di verde, viola e azzurro sulla frangia dei suoi capelli castano scuro.
Nico e Zoroastro erano già ad aspettarli all'arco che consentiva l’ingresso al cortile.
Il primo indossava dei semplici pantaloni blu scuro, una camicia bianca e una giacca azzurra, sugli occhi portava una semplice maschera dello stesso colore della giacca.
L'altro invece era vestito interamente di nero, fatta eccezione per la cravatta color oro e la maschera tempestata di brillantini dorati. Alto com'era e vestito in quel modo, con quella maschera così luminosa, da lontano sarebbe potuto passare per un palo della luce, e quando rimase a fissare Emilia con lo sguardo da stoccafisso e la bocca spalancata rischiò davvero di inghiottire qualche moscerino.
Emilia li salutò entrambi con un cordiale «Buonasera, ragazzi» ignorando completamente il fatto che Zoroastro la stesse guardando come se non avesse mai visto una donna in vita sua.
Dopo averli salutati, Nico prese ad osservare Leonardo con un cipiglio contrariato, esprimendo il suo disappunto sul fatto che l'amico avesse il vizio di esagerare ogni volta.
Terminate le ramanzine e riportato Zoroastro ad una realtà diversa dalle curve sinuose di Emilia, l'allegro gruppetto si incamminò verso il luogo della festa, dove la maggior parte degli studenti era appena arrivata e dove l'orchestra del laboratorio di musica aveva già cominciato a suonare.


Alcune persone avevano cominciato a ballare nel piccolo spazio davanti al palco, altre semplicemente se ne stavano ai margini del cortile chiacchierando amabilmente, mentre qualcuno si stava già scolando uno dietro l'altro diversi bicchieri di alcolici. Il gruppo di studenti del laboratorio di cucina continuava a vantarsi di quanto fossero eccellenti gli stuzzichini che avevano preparato per quella sera e cercavano di invogliare tutti ad assaggiarli, ma Emilia aveva qualche dubbio sul fatto che quelli lì fossero capaci di creare qualcosa di commestibile.
Ovunque si girasse, la ragazza vedeva gente mascherata elegantemente vestita, eppure non riusciva a trovare l'unico zombie in quella marmaglia. Leonardo era sparito... di nuovo, e proprio sotto il suo naso.
A cosa era servito chiedergli di farle da cavaliere se poi appena arrivato spariva?! D'accordo, lo aveva fatto solo per evitare discretamente gli inviti di altri ragazzi che avrebbero potuto provarci con lei, e soprattutto per tenere a distanza Giuliano, ma proprio per questa ragione Leonardo le sarebbe dovuto restare appiccicato come una cozza sullo scoglio.
E invece adesso era da sola, un po’ nascosta dietro una delle colonne che circondavano il cortile.
«Ma dove diavolo è sparito? Avrebbe almeno potuto avvisare» borbottò tra sé e sé mentre si passava le mani sulle braccia nude, pentendosi di non aver portato almeno uno scialle.
«Hai l'aria di una che ha bisogno di qualcosa di forte» Zoroastro apparve nel suo campo visivo tenendo in mano due bicchieri con dentro qualcosa di non ben definito e di uno strano azzurro pallido.
Ne porse uno ad Emilia, che lo afferrò, ma senza bere, limitandosi a guardare con aria dubbiosa quel drink dall’aria molto alcolica e molto poco salutare.
«Grazie del pensiero, ma… non amo i superalcolici» rispose facendo una smorfia «E poi come faccio ad essere certa che non ci hai messo dentro qualcosa che ti consenta di approfittarti di me?».
Il ragazzo sospirò e prese un paio di sorsi dal proprio drink prima di rispondere «Non sono il tipo che fa certe cose, non mi approfitto delle ragazze che non sono nel pieno delle loro facoltà mentali. Per non parlare del fatto che, se lo facessi con te, Leonardo probabilmente mi ucciderebbe e getterebbe i miei resti nell’Arno»
Un sorriso inquietante apparve sulle labbra di Emilia «Oh ma non ci sarebbe bisogno di lui, perché appena ritrovate le mie facoltà mentali sarei io stessa a farti a pezzi» lo disse in un tono quasi dolce, ma Zoroastro capì che non scherzava affatto e gli si gelò il sangue nelle vene.
Prese nuovamente il bicchiere dalle mani dell’altra, lo portò alle labbra e bevve alcuni sorsi «Visto? Niente di cui preoccuparsi» disse per poi porgerle nuovamente il bicchiere.
Emilia sembrò finalmente convincersi ed assaggiò un paio di sorsi di quel drink dallo strano colore «Davvero buono!» esclamò, senza nascondere una certa sorpresa «Che cos’è?».
«Non ne ho idea!» rispose l’altro facendo spallucce e mettendo su un’espressione da schiaffi «Ho chiesto al tizio dell’open bar di mescolare insieme vari alcolici che mi ispiravano, ma non so davvero cosa ci ho fatto mettere dentro».
Emilia spalancò gli occhi, poi afferrò il bicchiere di Zoroastro poco prima che questi prendesse un altro sorso, guadagnandosi uno sguardo di protesta.
«Evitiamo di sentirci male, d'accordo?» disse, svuotando il contenuto di entrambi i bicchieri in un vaso per i fiori lì vicino.
«Credo di essere abbastanza grande da poter decidere da solo cosa bere» protestò Zoroastro incrociando le braccia al petto con aria offesa.
Anche lei incrociò le braccia al petto e lo guardò con aria quasi di sfida «Non ti terrò la testa mentre vomiti quell'intruglio».
«Nessuno te lo ha chiesto» ribatté ancora lui, ma un angolo delle sue labbra si piegò in un sorrisetto. Doveva ammettere che si divertiva a discutere con Emilia.
Lei aprì la bocca per dire qualcos’altro, ma poi restò in silenzio, lo sguardo fisso in un punto oltre la spalla di Zoroastro.
«Merda» borbottò prima di voltarsi come per non farsi vedere da qualcuno.
Zoroastro rimase interdetto e diede uno sguardo alle proprie spalle, dove una ragazza dai lunghi riccioli biondi stava fissando insistentemente nella loro direzione.
«Perché quella ragazza ci fissa?» domandò confuso.
«Perché qualche mese fa sono andata a letto con lei, e da allora è diventata un tormento, è convinta che il nostro sia vero amore e tutte quelle stronzate là»
«Ooooh! Capisco…» disse, senza riuscire a trattenere un certo divertimento nella voce. Oh quante volte era capitata anche a lui una cosa simile
«Quella tua aria divertita mi irrita» rispose lei lanciandogli un'occhiata torva.
Lui ridacchiò, poi guardò ancora alle proprie spalle «Comunque ti conviene pensare a qualcosa» disse con aria impertinente «La tua bella biondina sta venendo dritta dritta qui… e non sembra per niente felice».
Emilia emise uno sbuffo esasperato. Non sapeva più come spiegare a Giada... no, Giulia... o forse era Giorgia? Insomma, qualunque fosse il nome di quella biondina lei non sapeva più come spiegarle che tra loro non c'era nulla.
Dannazione, era stata solo una notte e neppure si conoscevano, che cosa pretendeva? Non poteva sperare che ogni persona per cui aprisse le sue lunghe gambe da modella poi si gettasse ai suoi piedi giurandole amore eterno.
Le venne un'idea, probabilmente la più malsana della sua esistenza, ma non aveva importanza, in quel momento contava soltanto togliersi da quella scomoda situazione.
Si voltò verso Zoroastro, gli afferrò la cravatta e, con un movimento rapido e deciso fece scontrare le loro labbra.
Dopo l’iniziale sorpresa che lo aveva reso immobile come una statua di sale, il ragazzo si decise a ricambiare il bacio. Posò le proprie mani sui fianchi di Emilia, saggiando la morbidezza delle sue curve e si spinse un po' di più contro quel corpo snello ma morbido. Accarezzò con la lingua il labbro inferiore della ragazza, sentendo il sapore del lucidalabbra alla ciliegia, e stava per approfondire ancora di più quel contatto tra loro, quando la magia finì.
Emilia aveva interrotto il bacio in modo tanto brusco come lo aveva iniziato, una volta resasi conto che la scocciatura bionda non era più nei paraggi. Scostò le mani di un imbambolato Zoroastro dai propri fianchi e gli diede una pacca sulla spalla.
«Devo dire che baci bene. Spero tu non ci sia rimasto male per quello che ho fatto, è stata l'unica cosa che mi è venuta in mente in quel momento. Ci si vede» così dicendo si incamminò verso il tavolo adibito ad open bar a prendere qualcosa che non fosse un intruglio indefinito di superalcolici.
Zoroastro rimase a fissarla andare via con quella sua camminata sensuale e sicura che avrebbe fatto perdere la testa a chiunque. Non ci era rimasto male, aveva capito fin da subito il motivo di quel bacio, ma non per questo si sarebbe fatto scappare l'occasione di goderselo. Gli era piaciuto, e anche tanto.
Si leccò le labbra, dove poteva ancora sentire il sapore del lucidalabbra alla ciliegia mischiato a quello della ragazza.
 

Leonardo si sentiva un po' in colpa, aveva promesso alla sua cara Emilia di farle compagnia quella sera, ma appena arrivato aveva preferito controllare che tutto fosse pronto e in ordine per lo spettacolo di fine serata che lui aveva così accuratamente ideato.
Era importante, quel progetto avrebbe potuto concedergli un biglietto diretto per il concorso nazionale, e forse anche portarlo a vincere.
Una volta controllato che tutto fosse al proprio posto, era tornato alla festa in cerca di Emilia, ma poi si era imbattuto in due magnetici occhi color smeraldo nascosti dietro un'elegante maschera nera e rossa finemente decorata. Quegli occhi lo osservavano insistenti, lo scrutavano comunicandogli un tacito invito che era anche una piacevole promessa, e il ragazzo si ritrovò a domandarsi se la proprietaria di quei magnifici occhi fosse consapevole del fatto che lui l'avesse riconosciuta.
Lo scambio di sguardi si interruppe quando la ragazza vestita da fenice si spostò verso la pista da ballo insieme al proprio accompagnatore, il lungo abito che svolazzava intorno al suo corpo come fiamme vive.
Da quel momento in poi ciò che accadde fu quasi di poca importanza per Leonardo, passò il resto della serata chiacchierando con alcuni compagni di corso, bevendo, assaggiando qualche stuzzichino vegetariano, ma con lo sguardo cercava continuamente la ragazza fenice, era così distratto che quasi non sentì nemmeno i complimenti del rettore riguardo l'idea che gli aveva presentato quella mattina per concludere in bellezza l'intrattenimento della serata.
E quando arrivò il momento del suo spettacolo, che lasciò tutti a bocca aperta, lui quasi non ci fece neppure caso, a stento udì i complimenti dei suoi amici, troppo preso da colei che già settimane prima aveva catturato la sua attenzione e che quella sera gli aveva fatto capire di ricambiare.
Forse fu a causa dell'alcol che gli aveva annebbiato un po’ la mente, forse fu a causa del magnetismo di quegli occhi verdi che lo avevano completamente rapito. Fatto sta che poco dopo, senza nemmeno sapere come, si ritrovò in un vecchio ufficio ormai in disuso, con il corpo nudo di Lucrezia Donati contro il proprio, e i loro appena accennati sospiri di piacere a riempire la stanza.
Bruciarono in fretta come il fuoco che sembrava lambire l'abito della ragazza, e si ritrovarono stretti l'uno all'altra su quella vecchia scrivania cigolante e polverosa.
Leonardo allungò una mano verso la maschera che la donna aveva tenuto per tutto il tempo e fece per toglierla, ma lei gli afferrò il polso fermandolo.
«Credi che non ti abbia riconosciuta, Lucrezia?» disse sorridendo, e a quel punto lei si lasciò spogliare anche della maschera.
Si baciarono ancora, e ancora, e ancora, fino a lasciarsi travolgere nuovamente dalla passione.
 
 
  
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