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Autore: lo_strano_libraio    18/03/2023    0 recensioni
E se Stranger Things fosse ambientato durante la Guerra Dei Trent’anni? (1618-1648)
Le vicende dei protagonisti di Hawkins trasposte (ma differenti allo stesso tempo 😉), in un villaggio della campagna tedesca, durante uno dei conflitti più grandi e sanguinosi mai avvenuti. Il sottosopra si intreccerà con le vicende storiche che hanno attraversato questo piccolo paesino, entrato nella storia.
Genere: Guerra, Horror, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dr. Brenner, Dr. Brenner, Jim Hopper, Joyce Byers, Maxine Mayfield, Mike Wheeler
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 2- La scomparsa di William Bayern 

 

Nota autoriale: in questo capitolo alcuni personaggi diranno cose che urterebbero la sensibilità di certe persone al giorno d’oggi. Confido nella vostra capacità di contestualizzare la storia, che è ambientata nel’600, durante la stramaledetta guerra dei trent’anni. In fondo alla storia troverete anche una piccola rubrica dove vi spiegherò alcuni riferimenti storici presenti nel capitolo, che non tutti potrebbero capire.

Grazie per la vostra attenzione, buona lettura!

 

La scuola parrocchiale di Lützen era gestita da Padre Scott Von Clark, il simpatico e sorridente sacerdote del paese. La riforma di Lutero aveva portato in auge l’importanza dell’alfabetizzazione dei fanciulli. Insegnare loro la corretta interpretazione della Bibbia poi, li avrebbe resi meno influenzabili dai sermono eretici dei pastori protestanti. 

Mike, Lucas e Dustin si incontrarono come ogni mattina alle porte della canonica. Notarono fin da subito l’iniziale assenza di Will, che usualmente era il primo ad arrivare, desideroso di conoscenza com’era. Pensarono però che fosse probabilmente malato, non dandogli così troppa importanza. 

In compenso, il posto del loro amico venne occupato da una nuova arrivata: il gruppetto vide infatti sfilare sbuffando davanti loro una ragazzina dai capelli rossi, che non avevano mai visto prima d’ora. Essendo Lützen un paesino, si conoscevano tutti. Così la rossa si vide addosso occhiate curiose di cui avrebbe fatto volentieri a meno. 

I suoi abiti erano un po’ più eleganti di quelli di una contadinotta, ma meno curati di una figlia di mercanti. In effetti, il vestito blu scuro e dalla gonna larga che indossava le era stato regalato da Neil, durante il saccheggio di una cittadina protestante, quando erano entrati tutto assieme in una casetta elegante del borgo, che poteva appartenere benissimo a un borghese come un mercante o un notaio. Uscendo prima degli altri dall’edificio, si imbatté nella precedente proprietaria, una ragazzina della sua età, che era corsa indietro per cercare di salvare almeno qualcosa dal saccheggio. Vedendo Maxine contenta come una pasqua, col suo vestito in mano intenta a scuoterlo al sole per liberarlo dalla polvere, scoppiò in un pianto furioso:

“Ehi! Ridammelo, è mio! Non è giusto!”

Per tutta risposta, Max fece sfogo della sua solita delicatezza dandole uno schiaffo così sonoro da farla cadere per terra. 

“Non è giusto, dici? Vedila così: è un risarcimento per quello che voi protestanti mi avete portato via.”

“Ma io neanche ti conosco!”

“Allora lascia che mi presenti: Maxine “Fearbach Max” (Mad Max in gaelico irlandese), Mayfield. Non fare quello sguardo da cane bastonato, non ti servirà più quando brucerai all’inferno nel girone degli eretici, brutta sgualdrina luterana!”

La fanciulla corse via mentre Max la guardava sorridendo, considerando questa una rivincita per cos’era accaduto in terra natia. Certo, vivendo in costante erranza il vestito si sgualcì in fretta, ma non importava: averlo sottratto dalle mani di una luterana era l’importante. 

A ogni passaggio per un centro abitato l’armata si dava alla baldoria del saccheggio, comprendendo anche le famiglie dei soldati al seguito come la sua. Gli capitò un giorno, di trovare un’altra di quelle case di gente facoltosa, che scappando di tutta fretta avevano lasciato la tavolata piena di leccornie per una cena coi fiocchi: bollito con mostarda, uva sotto spirito, strudel appena sfornati e strane verdure provenienti dalle Americhe chiamati “peperoni”. Si erano fiondati sull’abbondante pasto, ancora caldo, strafogandosi in allegria, concedendosi qualcosa di decisamente migliore del cibo da campo a cui erano abituati. Poi come di consueto, passarono a svaligiare le camere, alla ricerca di bauli nascosti contenenti preziosi: un autentico momento famigliare seicentesco! 

“Secondo voi chi sarà?” Chiese Mike.

“Boh…ma è carina!” Sorrise Dustin.

“Già…” aggiunse Lucas.

“O signore, ma vi sentite?! Non sapete nemmeno da dove sia sbucata e già gli sbavate dietro. Padre Scott vi definirebbe dei lussuriosi.” Protestò ironico Mike. 

Proprio in quel momento la nuova arrivata passo davanti loro. Gli sguardi di lei e il ragazzo etiope si incrociarono, in quello di lei c’era stupore non avendo mai visto prima d’ora un nero. 

“Ehi, ciao!”

“Ciao…”

Ora i due si fissavano in silenzio, mentre gli amici di Lucas li guardavano imbarazzati. Lui sorrideva come un ebete, essendo il primo approccio in vita sua a una ragazza, mentre lei analizzava perplessa le sue peculiari caratteristiche anatomiche. Dopo un po’, Max ruppe lo stallo ed entrò nella canonica.

“Già mi ama!”

“Vedrai, con quei capelli rossi si scoprirà che è una strega che ti ha fatto un malocchio!” Mike concluse la frase facendosi il segno della croce.

“Una strega dici? No no, é un angelo.”

“Sei una causa persa.” Rispose Dustin. 

Ora erano seduti ai loro banchi, tranne la nuova ragazza, che stava affianco a Padre Clark in attesa di essere presentata. 

“Dustin, rullo di tamburi!” Il ragazzino incominciò a picchiettare sul banco con le dita, mimando il suono dello strumento.

“Diamo un caloroso benvenuto alla nostra nuova compagna di gregge, direttamente dalle verdi colline d’Irlanda: Maxine!”

“É Max.”

“Come?”

“Maxine é il mio nome, nessuno però mi chiama così, ma Max.”

“Va bene.”

“E comunque non vi consiglio di affezionarvi troppo a me, sono solo di passaggio e sono venuta qui oggi perché il mio patrigno voleva starsene da solo con mia madre stamani.” Un risolino si diffuse per la sala, soltanto Max non rideva.

“Non si sa mai, cara Max. Le vie del signore sono infinite! Ora prendi posto.”

La rossa si sedette sbuffando: non nascondeva a nessuno che non sarebbe voluta essere lì.

“Bene ragazzi, oggi vi parlerò delle parabole di Gesù. In particolar-“ Non poté finire la frase che la porta si spalancò furiosamente. Sulla soglia, un ansimante e visibilmente scosso sceriffo Hopper. Il suo sguardo incontrò brevemente quello del pastore, per poi cadere sui tre amici di Will.

“Voi tre! Nella sacristia, devo farvi delle domande. Ora!”

Le risposte che ricevette alla domanda:

”avreste un idea su dove possa essere finito Will Bayern?” Furono caotiche, confuse e accavallate una sull’altra. 

“Uno alla volta!” Urlò infine, esausto l’omone. 

“Eravamo a casa di Mike” prese la parola Dustin “Will ci aveva portato il libro di demonologia del vecchio Woham.”

“Demonologia? Che ci faceva con un tomo del genere?” 

“Will sta dipingendo San Giorgio contro il drago per il conte. Il libro gli serve per conoscere e rappresentare meglio queste creature, ci sono anche i draghi!” Rispose al suo posto Mike.

“Ma soprattutto il demogorgone!”

Hopper a sentire quel nome si paralizzò all’istante. Sembrava sul punto di iniziare a tremare come un bambino impaurito dai racconti della nonna sull’uomo nero, per far obbedire i nipotini. 

“Hop…tutto a posto?” Chiese Lucas. 

“Si…parlatemi di questo demogorgone.”

“Will ci ha detto che è figlio di Giove. Venne buttato nelle viscere della terra dal padre per l’orrendo aspetto, finendo per covare il male e il peccato per millenni. Ora si è alleato con Satana e aspetta di uscire dalla sua prigione per vendicarsi sulla razza umana.” Disse Dustin. 

Hopper rimase in silenzio, contemplando quelle parole. 

“Ma non siamo sicuri se si sia inventato qualcosa per arricchire il racconto, perché al contrario di lui, noi non sappiamo leggere.” Aggiunse Lucas.

Ancora nessuna risposta dall’uomo, che ormai fissava a vuoto il muro sulla loro destra. La faccenda iniziava a farsi inquietante. 

“Hop…perché ci stai facendo queste domande? Will sta bene?” Chiese Mike.

“Ragazzi…William Bayern é scomparso.”

“Come?!” I tre rimasero basiti, nessuno si perdeva mai in un posto come Lützen. Will, non viveva neanche troppo fuori il paese. Ora che Mike osservava meglio lo sceriffo, iniziò a notare qualcosa di strano: i suoi abiti avevano tagli in più punti, come se fosse stato aggredito da un animale; ma ancora più inquietanti erano le macchie rosse che aveva sparse qua e là sulla camicia. 

“Ma…ma quello è sangue?”

“Hopper lanciò uno sguardo ai suoi vestiti, rendendosi conto solo ora dello stato in cui versavano.

“Ragazzi, devo andare. Ma voi rimanete qui: Lucas, tuo padre interrogherà tutti i ragazzi.” Non servirono le implorazioni dei tre amici per sapere qualcosa in più, Hopper si fiondò all’uscita come se il diavolo stesso lo stesse rincorrendo. Chissà, forse era proprio così…

Visto che il padre di Lucas non poteva interrogare i ragazzi tutti assieme, e anche se loro tre avevano già dato la loro versione dei fatti furono costretti a rimanere lì fino a quando non avesse finito, Mike e Dustin iniziarono a fare delle ipotesi sulla scomparsa di Will. Secondo il primo, l’amico, inquietato dalla storia del demogorgone e dai rumori del bosco, si era perso nella vegetazione e si era addormentato in qualche cespuglio. Qualche taglialegna lo avrebbe trovato probabilmente nel pomeriggio e sarebbe divenuta una storia da ripescare per quando lui li avrebbe presi in giro di nuovo, per essersi spaventati per le storie di mostri dei suoi libri. Secondo Dustin invece, Will era stato rapito da uno di quei mercenari appena giunti in paese e sarebbe giunta a casa di Joyce una richiesta di riscatto a breve.

“Oh per favore, ma se sono una famiglia di contadini! Avrebbe avuto senso se avessero rapito me o te; cioè, i nostri hanno soldi da parte, ma loro campano grazie all apprendistato di Will, praticamente.”

“Ma forse lo sanno e quindi si aspettano che il vecchio Woham paghi per loro. D’altronde, non vorrà mica perdere un così talentuoso apprendista, no?”

“Hmmm. Tu cosa ne pensi Luc-“ Mike si interruppe nel vedere che l’amico stava parlando con la stregetta pel di carota, in fondo alla sala. “Oddio…”

“Non ti credo!” Esclamò Max.

“È tutto vero: questi cani che ridono si chiamano “iene” e da dove provengo, sono animali domestici quanti i cani spinoni qui.”

“Hai mai incontrato il re Salomone?” 

“Oh cielo, voi europei siete fissati von questa storia: me lo chiedono tutti! In Etiopia non c’è nessun re Salomone; il nostro re si chiama Negus e quello attuale è Alam Sagad Fasilsdas!”

“Se lo dici tu…non è che vi è proibito parlarne del re Salomone agli stranieri?” La ragazza abbozzò un sorriso, facendogli l’occhiolino.

“Santi numi! Se non posso convincerti, credi a quel che vuoi. Piuttosto, parlami dell’Irlanda. Non ne so molto.” L’umore di Max cambió radicalmente nel giro di qualche attimo. Lo sguardo si abbassò, triste; sembrava che solo sentir nominare la terra natia l’avesse incupita.

“Non me la sento veramente…” Lucas si sentiva in colpa di aver tirato fuori un argomento che evidentemente, le faceva tornare in mente ricordi dolorosi.

“Ehi, scusami. Non volevo.”

“No, tranquillo. Non è colpa tua.” Lucas voleva sollevarle il morale, per vedere di nuovo quel suo raggiante sorriso. Così combinò quella, che tra gli ubriaconi in taverna, viene definita una sonora cavolata. 

“Ti confido una cosa, perché mi voglio fidare di te.” Lei sembrava interessata. 

Lucas si avvicinò al suo orecchio e iniziò a sussurrarle qualcosa:

“Mike, lui…protestante…ma tutti lo sanno che…e quindi fanno finta di niente…” mentre le parole le attraversavano la testa, gli occhi di Max si riempivano di stupore.

“Davvero?!”

“Eh già!” Improvvisamente Max si incamminò verso Mike con un sorriso sardonico stampato in volto, mentre il diretto interessato la guardava avvicinarsi perplesso.

“Ehi, aspetta, che fai?” Protestò Lucas.

Quando ella giunse di fronte a Mike, si mise i pugni sui fianchi e iniziò a canticchiare con tono ironico:

“Bastardo protestante, bastardo protestante, bastardo protestante! Peggio dei giudei, dei turchi infedeli e dei satanassi dell’inferno! La tua anima è più schifosa di quella di un cane con la rabbia! Bastardo protestante, bastardo protestante, bastardo protestante!” 

“Hai finito?” Chiese Mike, col tono più pacato possibile per non sembrare impressionato dalla goliardica trovata bardesca di Max. 

“Hmm vediamo…ah no, ne ho ancora una: se Gesù diceva che è più facile per un cammello passare la capocchia di uno spillo, che per un ricco entrare in paradiso; io dico che è più facile che il tuo merdoso Re D’inverno diventi Sacro Romano Imperatore, che un ricco protestante come te entri in paradiso!”

“Il Re D’inverno non è il mio re, soltanto perché la mia famiglia è protestante. Non siamo neanche luterani, ma anglicani! Veniamo dall’Inghilterra!”

“Ah, ancora peggio! Quindi pensi che gli irlandesi come me vadano sterminati per rubare la nostra terra?”

“Ma no! Ti conosco solo da stamani! E la mia famiglia non è ricca come il conte, se ci tieni a saperlo.”

“Ma se Lucas mi ha detto che tuo padre è un mercante, che sta in mezzo ai cattolici soltanto per fare soldi.” Mike si girò scioccato verso l’amico che nel frattempo stava sudando freddo, per la piega che aveva preso la situazione. 

“Cosa?! Sei stato tu a dirgli queste cose?!”

“Si, ma non pensavo che avrebbe reagito così!” Lucas si rivolse verso Max “guarda che te l’ho confidato solo perché sapessi che puoi fidarti di me, non perché insultassi Mike. Siamo amici da tempo e ti giuro che non è come pensi tu.”

Ora Max iniziava a sentirsi in colpa: effettivamente Mike non sembrava uno di quei zelanti eretici che le avevano portato via tutto. Inoltre, se viveva in mezzo alla gente di Lützen ed era amico di Lucas, che sembrava un tipo a posto, non doveva essere poi così male.

“Ok…magari non sarai un bastardo come immaginavo, ma rimani un eretico. Coraggio Lucas, andiamo a vedere i fiori nel giardino.” E con questo prese il ragazzo sotto braccio, incamminandosi verso l’uscita. Lucas si voltò verso Mike mentre camminava per sussurrargli un: “Scusa!”

Mike e Dustin si guardarono confusi. 

“Quella strega lo sta plagiando…” disse a denti stretti Mike.

“Ah le ragazze, ci fregano dai tempi di Eva…” concluse Dustin. 

Nel frattempo, a casa Bayern l’umore era grigio per ovvi motivi. Brocket, l’affittuario dei loro campi, aveva permesso a Joyce e Johnathan di non lavorarli quel giorno ed andato a porre le sue condoglianze. Il figlio maggiore aveva trascorso tutta la mattinata insieme a lui e altri uomini offerirsi volontari a passare al setaccio i campi, in cerca del fratellino ma senza risultati. Più passavano le ore, meno speranze rimanevano di trovarlo, o trovarlo almeno vivo. Oramai Johnathan era l’unico che non si aspettava di trovare il suo cadavere dilaniato dalle bestie del bosco; ma nonostante, tirava avanti confidando nella provvidenza divina. 

Ora sua madre stava piangendo sulla spalla di Nancy Wheeler e sua madre Karen, venute a farle visita. 

“Coraggio, sono sicura che lo troveranno.” La consolava quest’ultima. 

“Oooh lo spero davvero…” 

La porta si aprì. Johnathan, sudato e ansimante era sulla soglia. Sua madre gli lanciò un occhiata con occhi speranzosi, ma lui abbassò lo sguardo e scosse il capo. Joyce affondò di nuovo la testa sulla spalla di Nancy e ricominciò a piangere.

“Il mio bambinooooo…”

Johnathan si avvicinò, lNancy lo prese per mano, pronunciando sottovoce:

“Mi dispiace…” Lui rispose facendo un cenno col capo, mentre una lacrima gli rigava il viso. 

Dalla porta fece la sua comparsa anche Hopper.

“Ti scongiuro Hop, dimmi che hai trovato Will!” Lui avrebbe voluto dirgliene di cose, ma non poteva raccontargli di aver assistito al massacro di sei soldati la sera prima, giunti in soccorso al generale Wallenstein, per difenderlo da un demonio talmente orribile che a stento se ne ricordava l’aspetto, tranne che aveva un aspetto umanoide con due braccia e due gambe. La creatura era misteriosamente scomparsa dopo il breve scontro, lasciando tutti allibiti e terrorizzati. Don Brennero aveva perso una mano, tranciata di colpo da uno degli artigli della bestia, e ora stava sistemandosi al suo posto una delle sue diavolerie scientifiche: una mano di metallo, in grado di muoversi come una vera. Finito il lavoro, si guardò intorno.

“Undé, Undé! Dov’è finita mia figlia?!”

“Signore, è scomparsa insieme al demonio. Si è messa tra me e lui quando si è lanciato contro il generale.” Rispose Annibale Gonzaga. 

“Oh no! Ha usato i suoi poteri per portarlo via da qui…mi ninã…”

“Signor Brennero, sono sicuro che vostra figlia stia benissimo visti i suoi poteri. È capace di difendersi meglio di tutti i presenti qui. Le devo la vita, è un eroina.” Disse Wallenstein, chinandosi per guardare negli occhi il lord spagnolo. 

“Eroina?! È solo una bambina! Non dovrebbe affrontare certe cose; tutto questo è assurdo! Dovremmo chiamare l’inquisizione, degli esorcisti!” Protestò Hopper: in quanto sceriffo non poteva ignorare qualcosa del genere, e gli sembrava che i presenti avessero perso la bussola dalla leggerezza con cui ne parlavano. Quella ragazzina era stata costretta a torturare mentalmente un uomo e poi ad affrontare un mostro dell’inferno, c’era qualcosa di profondamente sbagliato in questo. 

“Sono d’accordo, c’è un demonio che scorrazza per il mio Feudo! Pronto a trucidare anime cristiane per le strade di Lützen! Esigo che impiegate i vostri uomini per dargli la caccia!” 

“No no no! Il nostro obbiettivo rimane sconfiggere la Lega Evangelica, probabilmente quella creatura se ne andrà da sola, qualsiasi cosa sia.” Rispose per conto di Wallenstein, Poppenheim. 

“Voi siete un codardo! So a cosa state pensando: “tanto tra poco ce ne andremo, lasciamo questo cavillo al piccolo vassallo di campagna.” Ma vi ricordo, che questo è uno stato del Sacro Romano Impero come tutti gli altri!”

“Mi date del codardo?! Stiate attento alla vostra lingua, che potrei esigere onore.” Disse sfoderando la spada l’ufficiale.

“Fermi! Fermi signori. Capisco le vostre paure, ma dobbiamo rimanere uniti.” Intervenne il generale, fermando la mano armata del collega, mentre Hopper faceva lo stesso col conte.

“Poppenheim, lei partirà per Lipsia come prestabilito. Ma impiegherò i miei uomini per cercare Giovanna e cacciare il mostro, lo giuro!”

“Ma se quando sarete partiti non l’avrete ancora ucciso, cosa succederà?” Chiese Hopper.

“Non temete, mi prenderò personalmente carico di questo onere.” Si propose Gonzaga, il duca di Mantova. 

Hopper non era convinto fino in fondo di questo piano, ma era meglio di niente. La sua pistola spingarda non aveva neanche ferito il demone, tantomeno le spade e alabarde dei soldati morti combattendolo. Gli pareva che a questa gente importasse soltanto della guerra, di questioni d’onore, di difendere il loro nome. Quindi ci avrebbe pensato lui a difendere la sua gente, la gente di Lützen.

I ragazzi stavano incamminandosi lanterne, badili e forconi in mano sul sentiero del bosco. Avevano preso la roba dal capanno degli attrezzi della sacristia, dicendo a Padre Clark che li avrebbero utilizzati per esercitarsi a coltivare la terra. “Che credulone! È un brav’uomo, ma ogni tanto dovrebbe fidarsi meno della parola degli altri.” Commentò Mike.

“Guardate cosa gli ho preso dall’ufficio!” Dustin tirò fuori un crocifisso in legno. “Se il Demogorgone si avvicina, glielo punto in faccia e così brucerà grazie allo Spirito Santo!”

“Ehm…non credo che funzioni in questo modo.” Commentò Lucas.

“Già, lo Spirito Santo non è mica un arma.” Aggiunse Max.

“Ma tu cosa vuoi saperne? E poi che ci fai qui? Sei soltanto una ragazza, scommetto che quando vedrai il demogorgone scapperai via tenendoti la sottana. Vai a lavorare a maglia con tua mamma, piuttosto.” Mike non riusciva proprio a digerire che la ragazza si fosse accollata a Lucas, e ora ci fosse il rischio che potesse unirsi al gruppo.

“Guarda che sono più esperta di combattimenti di tutti voi messi assieme: sono una mercenaria! E poi, guarda cosa mi sono portata dietro.” Max estrasse da una tasca nascosta tra le pieghe della gonna un coltellaccio, abbastanza spesso da poterci uccidere un cinghiale.

“Wow! Ma chi te l’ha dato quello?!” Chiese Dustin entusiasta. Essendo figlio di macellai, la vista di coltelli lo fomentava.

“Il mio patrigno. Mi ha anche insegnato ad usarlo.”

“Ma l’hai mai utilizzato veramente?” Chiese piccato Mike.

“Meglio che non ne parli…ma vedrete che stasera ne farò buon uso se incontreremo questo bestione!”

“Max!” Una voce calorosa ma furibonda la fece sobbalzare, tanto che per un pelo non le cadde l’arma di mano. 

Un ragazzone con un largo cappello in testa, si avvicinava al gruppo dei ragazzi rossi nel faccione dalla rabbia.

“Dove cazzo eri finita?! Devo sempre prendere le botte da mio padre perché ti perdi in giro!” 

“Ehm…scusa Billy!”

“Chi é?” Chiese Lucas.

“Billy, il mio fratellastro.”

“Ora vieni con me e smetti di rompermi i coglioni almeno per oggi!” Il ragazzone la prese per la mano, trascinandola via di peso.

“Ehi, piano! Mi fai male!” Max si girò un ultima volta verso i ragazzi. “Scusatemi, mi sarebbe piaciuto venire a caccia di mostri insieme a voi. Sarà per un altra volta, ci vediamo prima che parta!” Li salutò con la mano libera. Tutti fecero altrettanto, tranne Mike, che la guardava a braccia conserte.

“Finalmente si è levata di torno. Benedetto sia suo fratello!” 

“Ma smettila, vedrai che diventerete amici anche voi, prima o poi.” Lo ragguagliò Lucas. 

“Ah certo, dopo che mi ha chiamato “bastardo protestante” e tutta quell’altra sfilza di insulti, andremo d’amore e d’accordo. Tanto è solo di passaggio, non vedo l’ora che parta.”

“Se la conoscessi meglio, e lei te, vedreste che c’è del buono in entrambi.”

“Ragazzi, potremmo riprendere il cammino? Siamo qui per cercare Will, giusto!? E si sta facendo buio.”

Il gruppo si immerse quindi nella boscaglia, aveva cominciato a piovere e la luce di faceva sempre più fioca. Mike accese quindi una lampada ad olio, illuminando il cammino col suo giallo e caloroso bagliore. A un certo punto sentirono degli strani rumori, accorsero timidamente al punto da dove provenivano, timorosi ma trepidanti allo stesso tempo di poter trovare Will o il Demogorgone. Ma per loro sorpresa, la luce della torcia di Mike illuminò il viso spaventato di una ragazzina dalla testa rasata. 

 

Curiosità storiche: il “Re Salomone” a cui si riferisce Max, è una leggenda diffusasi in Europa a partire dal medioevo, secondo cui nell’Etiopia cristiana regnasse un discendente del famoso re ebraico, dotato della stessa saggezza è capace di fare miracoli. La cosa buffa è che ai concili e conferenze internazionali che si tenevano in Italia, ai rappresentanti etiopi veniva sempre chiesto a riguardo di questo re, ma ovviamente loro negavano la sua esistenza perché non esisteva davvero. Ma gli europei si convincevano che facessero così perché fosse una loro legge non parlarne con gli stranieri, affinché rimanesse un segreto e nessuno invadesse il loro regno per rapirlo. Proprio come accade nella scena tra Max e Lucas! 

 

Il Re D’Inverno di cui parla invece con Mike fu Federico V Del Palatinato. Il responsabilmente dell’inizio della guerra dei trent’anni e della defenestrazione di Praga. Quando i principi protestanti dell’impero gli proposero una secessione con lui come loro imperatore, accettò subito e lanciò giú dalle finestre del suo palazzo gli emissari imperiali che gli intimarono la resa. Verrà però presto sconfitto nel 1618, alla battaglia della montagna bianca, dovendo anche fuggire da Praga stessa e rimanendo di conseguenza un re vagabondo e senza terra per il resto della vita,costretto a chiedere protezione agli alleati protestanti. Per questo venne definito coll’appellativo canzonatorio di “Re D’Inverno”, perché il suo regno durò praticamente per il solo autunno-inverno del 1618. Confidava nella vittoria perché sua moglie, la principessa inglese Elisabetta Stuart, si fece promettere dal padre rinforzi che non arrivarono mai per le tensioni in terra natia, che porteranno vent’anni dopo alla guerra civile.

   
 
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