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Autore: Orso Scrive    19/03/2023    1 recensioni
Alan Knight, agente dell’Interpol, prosegue l’inseguimento dei due ladri d’antichità, Smith e Fournier, che era quasi riuscito ad acciuffare in Egitto. La sua caccia lo conduce tra le cupe foreste dell’Africa Nera, luoghi selvaggi e inesplorati, che celano insidie misteriose…
(Storia scritta nel 2017)
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO OTTAVO

 

Camminando in fretta, bruciarono le tappe e, in un paio d’ore solamente, furono in vista del villaggio.

Non appena ebbero raggiunto il margine del grande spiazzo nel cui centro sorgeva l’insieme fortificato delle capanne, però, si resero conto che qualcosa di tragico doveva essere accaduto.

Da oltre le palizzate, infatti, si levava un fumo denso, non quello allegro ed invitante dei fuochi accesi per cucinare, bensì quello di parecchi incendi distruttivi; le porte, inoltre, erano divelte e l’erba tutto attorno era schiacciata come se fosse stata calpestata da centinaia di piedi.

I due guerrieri, atterriti da quella funesta ed inaspettata visione, spiccarono immediatamente una corsa disperata verso il loro villaggio, ignorando le voci di Mugambi e Knight che gridavano di fare attenzione e di essere prudenti. Il poliziotto ed il congolese, tuttavia, non vollero abbandonare i loro compagni e tennero loro dietro di gran carriera.

Appena ebbero varcato i resti delle porte del villaggio, i quattro uomini si resero istantaneamente conto che, durante la loro assenza, s’era compiuta una tragedia di immani proporzioni: molte capanne erano state abbattute, altre date alle fiamme, e numerosi corpi inerti giacevano in ogni dove. I due guerrieri, a quella vista, caddero in ginocchio ed iniziarono a piangere e ad urlare sconsolatamente, mentre Knight e Mugambi, imbracciati i fucili, si slanciarono in direzione della piazza principale.

Il palazzo reale, ormai, era ridotto in cenere, le vampe lo avevano già consumato completamente, mentre quello in cui avevano trascorso la notte stava lentamente finendo di bruciare. Knight si domandò se Smith e Fournier fossero ancora lì dentro.

«Ma che cosa è successo, qui?» mormorò il poliziotto, osservando la devastazione e la carneficina che li circondavano da ogni lato. Improvvisamente, i suoi occhi allenati scorsero un leggero movimento ad un angolo della piazza. Si precipitò in quella direzione e, sotto una pila di detriti fumanti, trovò un uomo mortalmente ferito, ormai prossimo ad andarsene. Era Nagwazi.

L’anziano guerriero, riconoscendo il poliziotto, sussurrò con estrema fatica alcune parole, poi reclinò il capo e chiuse gli occhi per sempre. Per fortuna, Mugambi non aveva mai abbandonato il fianco dell’agente di polizia e poté rapidamente tradurre le parole dell’abitante della foresta.

«Le scimmie, sono state le scimmie giganti. Non quelle che abbiamo affrontato noi giù al fiume, ma proprio quelle giganti, uguali a quella che incitava gli scimpanzé a venirci addosso. Li hanno attaccati all’improvviso, senza che nessuno se ne rendesse conto. Non hanno fatto neppure in tempo ad organizzare la difesa e molti dei guerrieri sono caduti uccisi prima ancora di poter imbracciare le armi, mentre altri si sono dispersi nella foresta per trovare scampo. Parecchi, poi, insieme alle donne ed ai bambini, sono stati fatti prigionieri e condotti nel fitto delle boscaglie. Tra loro, c’era anche il re Wamkulu Koposa.»

Mugambi chinò il capo, sconvolto. Gli ultimi resti dell’antico e fiero popolo guidato dal sovrano giunto dal meridione, erano stati spazzati via, dalla furia scatenata delle loro mortali nemiche. Alla fine, a quanto pareva, le scimmie giganti avevano vinto la loro guerra: adesso, avrebbero potuto rinforzarsi senza essere contrastate in nulla e, una volta tornate potenti come nei tempi antichi, chi le avrebbe più potute fermare? Avrebbero nuovamente sconvolto con il loro terrore quelle regioni, avrebbero ridotto per la seconda volta in schiavitù gli abitanti delle savane, compresa la tribù di Mugambi. Il solo pensiero lo terrorizzava.

«E Smith? E Fournier?» urlò Knight, come impazzito. «Ti ha detto che cosa ne è stato, di loro?» Non gl’importava niente delle scimmie, adesso. Aveva in mente solo il fatto che i suoi due prigionieri potessero essere stati trucidati da quelle bestie. Sconvolto, si guardò attorno, come per poterne individuare i cadaveri nel mezzo di tutto quel soqquadro. Ma la rovina era ovunque, gli ci sarebbero voluti giorni interi, per riuscire a rintracciarli. E se, poi, non fossero morti, ma fossero stati presi con gli altri e portati schiavi nelle foreste? Non poteva permetterlo!

«Dobbiamo inseguirle!» gridò, in preda alla rabbia. «Dobbiamo liberare i prigionieri!»

Mugambi lo guardò come se gli fosse dato di volta il cervello.

«Non possiamo farcela, siamo solamente in quattro» borbottò. «Finiremmo coll’essere sopraffatti molto facilmente.»

Il poliziotto scosse la testa e fece un cenno ai due guerrieri, che nel frattempo avevano iniziato a vagare in maniera sconsolata tra le rovine, affinché li raggiungessero. Poi, disse a Mugambi: «Spiega loro che cosa è accaduto, poi digli che, con molta prudenza, vadano alla ricerca di quelli che si sono dispersi e li radunino tutti qui. Qualche scampato lo troveremo di sicuro e, con i fucili e le pistole, potremo metterci in caccia senza farci troppi problemi.»

Mugambi sembrò dubbioso, poi, però, disse: «L’attacco delle scimmie ha messo in pericolo anche la mia tribù, forse non per l’immediato, ma di certo per l’avvenire. Sono pronto a rischiare la mia vita, per garantirne la libertà e la sicurezza future!»

I due guerrieri, ricevute tutte le informazioni, si misero immediatamente all’opera per rintracciare i loro compagni; anche Mugambi andò con loro, per aiutarli. Knight, invece, si mise a sedere sopra un masso, osservando lo scempio che gli presentava di fronte ovunque volgesse lo sguardo. All’improvviso, si vergognò di se stesso: per un momento, infatti, aveva voluto andare all’inseguimento di quel branco di scimmie giganti solamente per potersi accertare della presenza fra loro dei due ladri; del resto, invece, non gli era più importato nulla, quasi come se avesse dimenticato che i guerrieri lo avevano salvato da una fine orribile, il giorno precedente, offrendogli poi ospitalità e cure. No, non poteva correre dietro alle scimmie solamente per recuperare Smith e Fournier - ammesso, ovviamente, che fossero realmente stati rapiti e non giacessero, invece, lì da qualche parte, ormai morti. Doveva, al contrario, fare qualcosa per ricambiare i favori ricevuti, per potersi sdebitare appieno con il popolo della foresta e con il suo re. Insomma, avrebbe liberato coloro che erano stati tratti prigionieri oppure, se non fosse giunto in tempo per farlo, li avrebbe perlomeno vendicati. Il poliziotto si sentiva pronto a farlo, adesso. Non aveva più il timore di quelle remote foreste equatoriali, anzi le avrebbe sfidate senza più alcuna remora ed avrebbe fatto giustizia, giustizia per il re Wamkulu Koposa, per Nagwazi, per Tumbili e la sua famiglia, per il loro popolo, finanche per il senno perduto di Robert Park.

Il poliziotto rimase seduto su quella pietra, assorto nei propri profondi pensieri, per circa una mezz’ora. Trascorso questo tempo, gli si presentarono di fronte i due guerrieri e Mugambi, conducendo con sé altri cinque uomini, di cui uno gravemente ferito, e quattro donne.

«Non siamo riusciti a rintracciare altri superstiti» spiegò Mugambi. «Sono tutti propensi ad armarsi ed a seguirci, ma dubito che questo guerriero ci sarà di grande aiuto» aggiunse, accennando all’uomo ferito, il quale doveva essere sorretto da due compagni per potersi mantenere in piedi.

«Lo medicheremo e lo lasceremo qui con una delle donne perché si prenda cura di lui» sentenziò Knight. «Il loro compito sarà anche quello di rintracciare eventuali altri superstiti e, se ci riusciranno, di sistemare alla meglio il villaggio e le fortificazioni, in maniera che siano pronti ad accogliere tutti quelli che riusciremo a riportare indietro. Mugambi, oltre ai nostri due, disponiamo di tre fucili e di tre pistole. Anzi, quattro pistole, visto che ne ho una anche io. Distribuisci le armi ai nostri amici, poi spiegheremo loro come fare ad utilizzarle.»

Mentre una delle ragazze si occupava di curare il ferito, Mugambi consegnò le pistole ed i fucili ai sei guerrieri, mentre le donne, che avrebbero a loro volta preso parte alla spedizione, s’accontentarono di armarsi di archi e frecce. Come il poliziotto aveva previsto in precedenza, i guerrieri si rivelarono molto lesti nell’apprendere come fare ad utilizzare le armi da fuoco e, così, in meno di un paio d’ore, il drappello, composto da Knight, Mugambi, sei guerrieri e tre donne, fu pronto per partire. Il guerriero ferito e la giovane che sarebbe rimasta con lui li salutarono, colmandoli di benedizioni, poi gli undici cacciatori di scimmie si misero in marcia, senza sapere quale sorte avrebbe riservato loro l’avvenire.

 

   
 
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