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Autore: Dreamer47    19/03/2023    1 recensioni
È il 2005.
Sam e Dean sono ancora all'oscuro dei piani di Azazel.
Le loro giornate sono intrise di mostri e di streghe, vogliono ancora trovare John ed uccidere l'assassino di Mary, quando una ragazza incontrata per caso entrerà a far parte della loro vita.
Hunters' legacies non è solamente la storia dei fratelli Winchester, ma anche quella di Abby Harrison, una giovane ragazza dal cuore spezzato e dal destino turbolento il cui unico scopo è la vendetta.
Insieme, riusciranno ad ottenere ciò che vogliono più di ogni altra cosa.
Genere: Erotico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Hunter's Legacies
Capitolo 53




La luce filtrò dalla grande finestra presente nella stanza e colpí la sua schiena nuda, sfiorandole la pelle e scaldandola. 
Abby si stiracchiò sul letto e si chiese come mai non avesse sentito la sveglia, sicura che quella mattina avesse fatto più tardi del solito. 
Ma era così rilassata che non le importava neanche. 
E poi non c'era nulla di cui si dovesse occupare.
Allungò una mano dalla parte opposta del letto per cercare Edward perché aveva una voglia matta di riprendere dal punto in cui quella notte si fossero interrotti, ma sfiorò unicamente le lenzuola vuote. 
Abby si voltò e sollevò il viso alla ricerca dell'uomo con cui ormai dividesse il letto da qualche settimana, e si sedette sul materasso portandosi il lenzuolo al petto mentre sbatteva gli occhi per mettere a fuoco la stanza attorno a sé, ma di Edward non c'era alcuna traccia. 
Aggrottò le sopracciglia e raccolse la lunga maglia di Edward dei Led Zeppelin dal pavimento che le arrivasse a metà coscia e la indossò, affrettandosi a sollevare i lunghi capelli per farli scivolare sulla schiena. 
Uscì dalla stanza e raggiunse il salotto, ma lo trovò vuoto, silenzioso e ordinato. 
Abby si morse il labbro e decise che avrebbe cercato Edward solamente dopo aver bevuto almeno un bicchiere di latte freddo, ma roteò gli occhi e maledí se stessa per non aver messo il latte nel frigo. 
Così sospirò e aprí la porta dell'appartamento dopo aver indossato i suoi pesanti scarponi, scendendo al piano di sotto per frugare nel frigo della cucina e versarsi un lungo bicchiere di latte.
Attraversò la porta che l'avrebbe portata al locale che trovò già invaso dalla luce del sole, segno che le finestre fossero state aperte e che Edward fosse già sceso ad aprire il locale. 
Si avviò a grandi fino a giungere al bancone e aggrottò le sopracciglia per il silenzio tombale che iniziava ad incutere, rendendosi conto di non aver portato con sé neanche un'arma e di essere mezza nuda. 
Ma proprio quando stava per uscire a cercarlo fuori, lo vide perfettamente seduto a gambe incrociate sulle tegole del pavimento della sala più luminosa. 
Teneva gli occhi chiusi, le mani sulle ginocchia ed un'espressione serena sul viso, i capelli legati in un codino alto.
Se ne stava a petto nudo e con indosso dei pantaloncini neri, ed Abby indugiò con lo sguardo sul suo corpo scultoreo, frutto del duro lavoro. 
Nonostante fosse ancora distante da lui, Abby era perfettamente in grado di vedere le cicatrici sparse sul suo corpo: quella all'addome era sicuramente quella che aveva richiesto più tempo per sanarsi, sembrava essere stata fatta con un corpo sottile come una pallottola ma decisamente più devastante. 
Lasciò scivolare lo sguardo sulle braccia ed anche lì non si contavano neanche le ferite ormai rimarginate che avevano lasciato il segno sulla sua pelle. 
Si chiese quanta amarezza e sofferenza avesse dovuto ingoiare a forza per andare avanti, ed Abby sospirò appena: avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, fargli capire che avrebbe potuto parlarle e liberarsi di quel peso. 
Ma Edward era sempre molto riservato e criptico per quanto riguardasse il suo vecchio lavoro: le aveva raccontato tutto della sua vita, si era messo completamente a nudo per lei, eppure ogni volta che Abby faceva qualche domanda sulla sua vita da Marine, Edward si chiudeva a riccio e cambiava discorso. 
Abby aggrottò le sopracciglia e bevve un abbondante sorso di latte mentre lo osservava rimanere perfettamente immobile, tanto da sembrare una statua. 
Accennò un sorriso perché non sapeva che Edward fosse un tipo da meditazione e forse non lo aveva mai sentito sgusciare dal letto per farlo; non voleva disturbarlo, così si mosse il più silenziosamente possibile verso il bancone ed iniziò a frugare alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, tornando al frigo della cucina e trovandovi all'interno il cartone della pizza che fosse avanzata la sera prima, e gli occhi le si illuminarono per la gioia. 
Tornò nuovamente oltre il bancone, rimanendo a distanza da Edward per non infastidirlo ma sedendosi su una delle sedie e sollevando gli scarponi sul tavolo; aprí il cartone ed iniziò a mangiare la sua pizza, gustandola morso dopo morso forse con un po' troppa enfasi, dato il modo in cui Edward avesse aperto gli occhi e l'avesse guardata con un piccolo sorriso sulle labbra. 
"Non volevo disturbarti, scusami" disse Abby dopo aver mandato giù il boccone ed aver riso divertita, mentre l'uomo continuò con la sua meditazione. 
Finí il primo trancio di pizza e decise di mangiarne un secondo deliziandosi di quei sapori, per poi sollevarsi dalla sedia con aria innocente e raggiunse Edward che ancora cercasse disperatamente di ultimare ciò che considerasse la sua valvola di sfogo. 
Abby si sentí infastidita perché la stesse deliberatamente ignorando, così sorrise divertita e si chinò per abbracciarlo dalle spalle,  trovandolo sudato e subito capí che oltre alla meditazione, quella mattina Edward si fosse anche allenato. 
Sorrise divertita e si chiese dove trovasse tutte quelle energie. 
Edward aprì definitivamente gli occhi e sospirò rumorosamente, voltando il viso di poco verso di lei e sollevando un sopracciglio mentre la guardava fintamente in cagnesco. "Menomale che non volevi disturbarmi". 
Abby mise su un'espressione fintamente dispiaciuta, portandosi la mano destra alle labbra e guardandolo con aria desolata, ma durò solamente per un attimo dato il modo in cui scoppiò a ridere divertita. "Mi spiace, ma la voglia di infastidirti era più forte di me". 
Edward rise divertito e la prese fra le braccia, portandosela davanti e facendola sedere sulle sue gambe aperte, avvicinandola a sé dai fianchi. "Dovresti meditare anche tu, sai rossa? Ti rilasserebbe". 
Guardò nei suoi occhi sforzandosi di tenere un'aria seria, ma presto sorrise compiaciuta perché per la prima volta nella sua vita si sentiva davvero bene. 
Era già rilassata, sciolta, felice. 
Gli sfiorò il viso barbuto con una carezza e sollevò un sopracciglio guardandolo con aria di sfida. "Ho in mente altre idee per rilassarmi. Se sei fortunato ne condividerò con te una o due". 
Il sorriso di Edward si allargò pienamente mentre guardava nei suoi occhi azzurri e rise divertito, chinandosi a baciarle le labbra in maniera tutt'altro che casta ed Abby chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, avvolgendogli le braccia al collo. 
"Andrew arriverà da un momento all'altro".
Aprí gli occhi nell'udire la sua voce profonda e rauca, ed Abby sentí il suo cuore battere più velocemente mentre lo guardava e si sentiva investita da una moltitudine di emozioni che non credeva avrebbe mai potuto provare per qualcuno all'infuori di Dean. "Beh, allora dobbiamo sbrigarci". 
Edward rise divertito e la sollevò di peso facendo ridere anche la ragazza che istintivamente si strinse più a lui, e l'adagiò sul bancone mentre si chinava su di lei a baciarla per poi lasciare vagare le mani sul suo corpo fasciato unicamente dalla lunga maglietta. 
Si affrettò a sbottonare i suoi pantaloni e sicuramente non avrebbero perso neanche un altro istante, quando Abby sentí Edward irrigidirsi sotto le sue mani e si staccò velocemente da lei.
Abby aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa, mentre ancora entrambi avevano il fiato corto nato dal forte desiderio che provassero l'uno per l'altra e dai baci passionali che si fossero scambiati. "Che c'è?". 
Edward scostò il cartone di pizza in maniera arrabbiata, affrettandosi ad indicare degli opuscoli che vi fossero sotto. La guardò con sguardo accusatore e quando Abby capì a cosa si riferisse, sospirò e scosse la testa lentamente. "Ed, io..". 
"Come aiutare un veterano? I cinque consigli per alleviare i sintomi da PTSD". Edward lesse ad alta voce il titolo di quell'opuscolo e sgranò gli occhi sentendosi totalmente arrabbiato, guardandola con occhi sgranati e furiosi. "Credi che abbia bisogno di aiuto?!". 
Abby rimase immobile nonostante Edward avesse alzato il tono della voce fino a farle male ai timpani, e lo guardò con aria seria e labbra serrate; qualche giorno prima era rimasta da sola al locale poiché Andrew e Edward erano andati a sbrigare delle faccende con i fornitori, ed Abby aveva iniziato a sfogliare le pagine virtuali di alcuni giornali alla ricerca di qualche caso nelle vicinanze a cui dedicarsi che non richiedesse troppo tempo. 
Quando una pubblicità sull'arruolamento militare aveva attirato la sua attenzione ed aveva iniziato ad informarsi sempre di più, fino a mettersi in contatto con alcuni centri che aiutassero gli ex soldati che avessero combattuto per il Paese. 
"Si, Edward. Penso che tu sia una persona fantastica ed io amo stare con te, ma hai una grande rabbia dentro che certe volte ti annebbia la mente: ho visto il modo in cui blocchi le risse qui dentro e finisce sempre con te che prendi in pugni in faccia qualcuno perché non riesci a controllarti!". 
"Tu non hai la minima idea di che parli". L'uomo rise nervosamente e lasciò la presa su di lei e strappò gli opuscoli con un veloce gesto delle mani, allontanandosi da lei e vanificando tutti i progressi che avesse fatto con la meditazione quella mattina. 
Abby scese dal bancone e gli andò dietro, avvicinandosi a lui e prendendogli una mano per fermarlo. "Hai ragione: non ho nessuna idea di ciò che hai passato. Ma posso provare ad aiutarti se me lo permetti". 
"Smetti di parlare!". Edward si voltò a guardarla con aria ancora più furiosa rispetto a prima stringendo i pugni con forza, ed Abby era sicura che il suo cuore stesse battendo velocemente nel suo petto per l'agitazione e l'ansia: quel comportamento stonava parecchio con l'Edward sempre calmo e rilassato con cui ormai passasse tutte le sue giornate. 
Rimase immobile come a dimostrargli che non avesse paura di lui, dato il modo in cui fosse teso e sembrasse davvero una montagna da scalare, ed Abby gli prese una mano fra le sue accennando un sorriso. 
Gli si avvicinò e si portò la mano sulla guancia, sfiorandogli il braccio e poi la guancia mentre Edward continuava a guardarla con aria furiosa. "Va tutto bene". 
Ma l'uomo scosse la testa e non sciolse la sua espressione, rimanendo sempre contratto e molto teso; tirò via la mano dalla guancia morbida della ragazza, nonostante tutto ciò che volesse era rimanere insieme ad Abby e lasciarsi stringere in un abbraccio caldo. "No, non va bene per niente". 
Parlò con voce calma e pacata, scuotendo la testa e guardandola un'ultima volta negli occhi prima di superarla e dirigersi verso l'uscita. 
Abby lo osservò indossare una maglietta a mezze maniche e la sua giacca a vento, mettere le scarpe distrattamente e prendere le chiavi della sua Jeep, prima di uscire nel parcheggio pronto ad andare via lasciando la ragazza piena di rammarico a sospirare. 


Sorrise con una grande felicità mentre fissava lo schermo del suo telefono, sentendo il cuore battere molto velocemente nel petto. 
Dan le aveva appena mandato una foto di Mary che teneva il piccolo Nathan fra le braccia, mentre Silver stringeva la bambina. 
Abby sorrise e sfiorò lo schermo, sentendo però gli occhi diventare lucidi perché le dispiaceva terribilmente perdersi certi momenti importanti di sua figlia. 
Posò il telefono con un sospirò e pensò che presto il weekend sarebbe arrivato e sarebbe stato il suo turno di passare quei giorni con Mary. 
Si voltò con aria scocciata ad osservare i tanti cacciatori che avessero invaso il locale e avessero iniziato ad ordinare come se fossero dei selvaggi, è Abby osservò il modo in cui Andrew stesse provando a destreggiarsi fra i numerosi ordini e le varie richieste dei clienti, così si rimboccò le maniche e decise di fare il possibile per supportarlo. 
Iniziò a colmare bicchieri di birra e di qualsiasi cosa desiderassero i clienti, ringraziando di aver fatto quel tipo di lavoro quando era una ragazzina che le desse una certa scioltezza nel lavorare, mentre lanciava qualche occhiata di tanto in tanto in giro per il locale alla ricerca di Edward, che ancora non fosse tornato da quella mattina. 
"Voglio un Bourbon, subito". 
Abby incrociò lo sguardo di Andrew, che sollevò un sopracciglio nel sentire il tono imperativo che avesse usato Rose; le sorrise fintamente e le riempí il bicchiere con ciò che avesse ordinato, aspettando che pagasse prima di porgerglielo. 
Prese i soldi con un sorriso e li depositò in cassa, quando la donna dalla parte opposta del bancone si schiarí la gola e scosse la testa. "Non è quello che ti ho chiesto. Ho detto liscio, tu hai messo il ghiaccio". 
"No, non l'hai detto". Abby sollevò di nuovo lo sguardo verso di lei e la guardò con aria divertita, avvicinandosi in silenzio nella sua direzione e togliendo con le dita i tre cubetti di ghiaccio che avesse sprecato nel suo bicchiere con un gesto rozzo ma liberatorio, porgendole nuovamente il bicchiere come se nulla fosse. 
Non ascoltò nemmeno le sue lamentele e proteste, volgendo lo sguardo verso Andrew e facendo spallucce, mentre il ragazzo se la rideva e spariva in cucina. 
Si mise ad asciugare i bicchieri puliti dato che tutti i clienti avesse un bibita fra le mani, ed Abby si limitò ad aiutare come meglio poteva mentre la sua mente volgeva verso Edward e si chiedeva dove fosse e come stesse. 
"Tu ti credi perfetta, eh?". 
Abby aggrottò le sopracciglia e si voltò appena per capire con chi stesse parlando Rose, notando che il suo sguardo adirato fosse rivolto verso di lei; si volse completamente nella direzione della ragazza e mise le mani contro i fianchi, sospirando con un'espressione adirata. "Di che stai parlando?". 
Rose la guardò con grande ilarità, sorridendo e scuotendo la testa mentre ancora teneva fra le mani il bicchiere di Bourbon che avesse ordinato ma che non avesse ancora bevuto. "I cacciatori guardano a te ed ai tuoi amici Winchester con ammirazione: siete voi ad aver sconfitto Lucifer, a scongiurare un'Apocalisse dopo l'altra. Raccontano storie leggendarie, eppure si dimenticano di aggiungere che siete sempre stati voi quelli a causare ogni catastrofe che si è abbattuta su questo mondo". 
Scosse la testa e la guardò con enorme fastidio, voltandosi in silenzio per tornare nuovamente ad asciugare i bicchieri perché non aveva nessuna voglia di iniziare una conversazione insieme a lei.
Passò l'asciugamano all'interno del boccale quando sentí Rose ridere divertita alle sue spalle, ottenendo nuovamente la sua attenzione. "Chissà come reagirebbero tutti se sapessero la verità sull'Oscurità: sei stata tu a trovare l'incantesimo per liberarla, pur di togliere il Marchio di Caino dal tuo amore Dean". Rose abbassò il tono della voce quel tanto che bastasse per permettere ad Abby di sentirla, lasciando che per gli altri cacciatori la sua voce venisse sovrastata dalle note della canzone rock che qualcuno avesse messo al vecchio jukebox. "Chissà come reagirebbe Edward sapendo che rimani con lui solamente perché Amara e Dean hanno questo strano feeling che li unisce per via del Marchio".
Abby rimase sul posto immobile, in silenzio mentre sentiva il cuore accelerare e pompare tutta la sua rabbia in ogni fibra del suo essere; improvvisamente le mani iniziarono a pruderle e tutto ciò che avrebbe voluto fare Abby era proprio di togliere quel ghigno malefico e soddisfatto di Rose, che si scostò i capelli biondi sulla schiena e fece spallucce divertita. "E tu come sai tutte queste cose?". 
Rose sorrise più ampiamente e si morse il labbro inferiore, ridendo divertita mentre si prendeva gioco di lei con lo sguardo. "Perché ho cacciato in Ohio la settimana scorsa: le persone morivano per via di una maledizione, il bacio della morte. Ho incontrato Sam e Dean, ma non ti racconterò nulla su com'è andata la caccia perché sono sicura che presto saprai cos'è successo. Quello che non ti diranno è cos'è successo dopo la caccia". 
Abby sentí un nodo stringerle la gola mentre la sentiva parlare, perché anche se non conosceva la storia sapeva cosa stesse per dire Rose.
Istintivamente si portò le braccia al petto incrociandole sotto il seno, prendendo un lungo respiro mentre la esortava con glo sguardo a proseguire il suo racconto. "Dì quello che hai da dire e falla finita". 
Rose accennò un altro sorriso diabolico e divertito e fece spallucce, mordendosi ancora il labbro ed sporgendosi verso di lei sul bancone. "Diciamo solamente che Dean ha un problema con l'alcol: mi ha offerto da bere una, due, tre.. Non ricordo più quante volte. E mentre eravamo al bar e si sbronzava, mi ha raccontato così tante cose che.. Wow! Adesso ti conosco meglio di quanto pensi, Abigail Harrison. Dean mi ha raccontato le cose più interessanti su di te e su Mary, prima di sistemarsi i pantaloni mentre usciva dalla mia stanza e mi ringraziava perché non si divertiva così da anni. Chissà come reagirebbero i cacciatori se sapessero di Mary, della sua vera identità e di come lei..". 
La presa ferrea della mano destra di Abby si strinse attorno al collo di Rose, che cercò di parare quel colpo e di liberarsi, ma Abby era stata più veloce. 
Con la mano sinistra le bloccava le mani e con la destra le faceva mancare il respiro, avvicinandosi al viso della bionda mentre la guardava con gli occhi iniettati di sangue e l'aria più furiosa che avesse mai messo su. 
"Devi essere folle per aver provato a minacciarmi usando mia figlia". Abby strinse la presa sul suo collo e la vide dimenarsi agitata perché le mancava l'aria e non respirava più, mentre guardava nei suoi occhi con puro odio ed il chiacchiericcio attorno a loro si fosse drasticamente ridotto perché si erano tutti soffermati ad osservarle con aria incuriosita. "Puoi essere stata a letto con Edward quando non lo conoscevo e con Dean lo scorso weekend, questo non mi riguarda. Puoi odiarmi perché sono sempre qui con Edward. Ma non puoi nominare Mary in un bar pieno di cacciatori! Non devi mai più di parlare di lei, sono stata chiara?!". 
Rose cercò di liberarsi, di divincolarsi dalla sua presa ma la stretta di Abby era equiparabile a quella di una tenaglia stretta attorno al collo e più si muoveva, più lei stringeva. 
"Abby! Fermati subito!". La voce di Andrew alle sue spalle giunse alle sue orecchie facendole riprendere contatto con la realtà, facendole capire che non fosse accaduto nulla di grave e che Mary stesse bene. 
Ma Rose era andata troppo oltre, aveva minacciato la sua bambina ed Abby aveva giurato che avrebbe distrutto qualsiasi minaccia si fosse messe fra lei e Mary.
"Lasciala subito ed esci di qui! Edward ti aspetta sul retro!". 
Il suo istinto le diceva di dover chiudere quella faccenda subito, di dover uccidere Rose all'istante perché l'aveva detestata dal primo istante e per come si fosse appena comportata, ma questa non l'avrebbe resa diversa dai mostri a cui dava la caccia da tutta la vita o da Syria. 
Con un grande sospiro ed una grande forza di volontà, Abby lasciò la presa sulla donna diventata quasi cianotica e la vide accasciarsi sul bancone ed iniziare a tossire forte, mentre i suoi polmoni recuperavano aria. 
Abby la guardò negli occhi per l'ultima volta con uno sguardo eloquente, intimandole di non tornare mai più altrimenti sarebbe andata fino in fondo, ed Andrew si precipitò ad aiutarla per quanto limitatamente potesse. 
Ignorò gli sguardi confusi e curiosi dei cacciatori che avrebbero attribuito quell'aggressione alla gelosia, ma ad Abby non importava: che pensassero ciò che volessero. 
Si voltò verso la cucina e l'attraversò a grandi passi fino a giungere alla porta sul retro per uscire dal locale nella fredda notte che la fece rabbrividire. 
Si guardò attorno alla ricerca del suo bartender di fiducia e quasi iniziò a pensare che Andrew avesse solamente voluto attirata fuori per farle lasciare la presa su Rose, quando mentre camminava sul retro poco illuminato si scontrò con qualcosa di duro che la fece sobbalzare e quasi cadere, se solamente due braccia forti non l'avessero sorretta. 
Abby sollevò lo sguardo verso Edward che sembrava essere magicamente apparso dal nulla e si massaggiò la guancia che avesse sbattuto mentre scuoteva la testa e lo guardava in cagnesco. "Dannazione, dobbiamo smettere di incontrarci così". 
"E tu dovresti iniziare a guardare dove cammini". Edward la guardò con ilarità e sembrò tornare esattamente l'uomo con cui Abby avesse diviso il letto fino a quella mattina, prima della loro litigata. 
Si sporse verso di lei per stringerla in un abbraccio altamente possessivo e forte, respirando il suo profumo direttamente dal suo collo. 
Si beò di quel contatto e avrebbe solamente voluto sparire con Edward al piano di sopra e dimenticare il locale per tutta la notte; eppure Abby scosse la testa e sollevò lo sguardo verso di lui con aria seria e distaccata, lasciando che intendesse che non sarebbe facilmente passata sopra al modo in cui avesse reagito Edward quella mattina. 
L'uomo la guardò con aria più seria ed annuì perché neanche lui aveva intenzione di lasciar correre ciò che fosse accaduto, così le sfiorò la testa con un movimento delicato e sospirò. "Avevi ragione stamattina: sono me stesso fin quando mi arrabbio e perdo il controllo ed in quei momenti tutto ciò a cui penso è la guerra, solo che non è facile per me ammetterlo e parlarne". 
Abby ascoltò in silenzio mentre guardava nei suoi occhi dispiaciuti e seri, annuendo poi e facendo spallucce: la rabbia che avesse provato qualche istante prima verso Rose, dispiacere sentito per Edward per tutto il giorno e la preoccupazione che gli fosse accutl qualcosa insieme al resto delle emozioni negative di quella giornata sparirono dal suo cuore e Abby si sentí incredibilmente vicina a lui. "Parlamene".
Edward si irrigí mentre ancora la teneva stretta a sé deglutí a fatica mentre un pesante macigno si posizionò all'altezza del petto, impedendogli quasi di respirare mentre i ricordi dei giorni più bui della sua vita continuassero a scorrere davanti ai suoi occhi. 
"Non ti piacerebbe sapere che persona fossi un tempo: le cose che ho fatto capitanando l'armata speciale sono indicibili". 
Abby sorrise in maniera dolce e intenerita, scuotendo la testa e sospirando lentamente. "Non mi importa di chi eri, Edward. Mi importa solamente di chi sei adesso". 
Abbassò lo sguardo per qualche istante e prese un lungo respiro, prendendosi il suo tempo per trovare le parole adatte per poter descrivere ciò che avesse vissuto nonostante fosse fin troppo titubante perché non ne aveva mai parlato con nessuno, ma quando tornò ad incrociare gli occhi azzurri di Abby capí che fosse pronto a tirar fuori tutto ciò che passato unicamente con lei e grazie a lei. 
"Ti ho accennato di Peter, il padre di Andrew e di come sia morto per salvarmi. Ciò che non ti ho detto è che avrei potuto salvarlo". 
Abby aggrottò le sopracciglia davanti a quella confessione e lo sentí sospirare rumorosamente, per poi sciogliere la presa su di lei e voltarsi per darle le spalle e camminare nervosamente per sul retro. 
"L'obiettivo dell'attacco ero io e gli aggressori se ne sono andati subito dopo aver sparato perché credevano di avermi preso, invece Peter si era messo in mezzo per salvarmi. Quando se ne sono andati e sono rimasto solo con lui, Peter aveva così tante ferite e perdeva molto sangue..". Sussurrò Edward con un filo di voce, scuotendo la testa mentre il rumore degli spari che squarciavano l'aria e delle urla tornarono a tormentarlo. 
Prese un lungo respiro e si costrinse a mandarle via, rimanendo di spalle perché non aveva il coraggio di guardare Abby negli occhi. "Avrei dovuto tamponare le sue ferite, bloccare l'emorragia e chiamare l'elisoccorso, ed invece sono rimasto lì spaventato a morte come un bambino a guardare il mio migliore amico morire". 
Ascoltò in silenzio e gli diede il tempo per poter esprimere ciò che sentisse con totale calma e senza sollecitazioni, ed Abby gli si avvicinò di qualche passo per sfiorargli la schiena con dolcezza mentre cercava le parole adatte che potessero alleviare le sue sofferenze. "Eri sotto shock, Edward. Non sei stato tu a premere il grilletto e..".
"È come se lo avessi fatto. Ho ucciso io il capo degli uomini che sono venuti a cercarmi per vendetta".
Edward si voltò nella sua direzione con uno sguardo supplichevole, chiedendole silenziosamente di dirgli che fosse l'uomo peggiore del mondo, il mostro più terribile che avesse mai incontrato, ma Abby scosse la testa ed accennò un sorriso di forte ammirazione, sfiorandogli la guancia con delicatezza. "Eseguivi soltanto gli ordini, era il tuo lavoro". 
"Tu non hai idea di quello che c'è in questi posti: bambini imbottiti di tritolo che venivano sacrificati per uccidere più Marines possibili, i corpi dilaniati dei miei uomini". Edward guardò nei suoi occhi e scosse la testa, sentendo gli occhi pizzicare e mordendosi nervosamente l'intero delle guance. "E Peter era così solare nonostante tutto, era l'unico che mi permetteva di affrontare tutto quell'orrore, quella paura e quella violenza. E quando è morto, io..". 
Si affrettò ad avvicinarsi di più a lui, sfiorandogli anche l'altra guancia e prendendo il suo viso fra le mani, parlando in maniera lenta e calma. "Dillo. Se sei pronto, dillo".
Edward sapeva a che cosa si riferisse anche se non avessero mai parlato. Sapeva che Abby avesse capito e centrato il punto della situazione.
Tirò su col naso e sentí delle lacrime solitarie ma cariche di dolore scivolargli lungo le guance barbute e infrangersi contro le mani della ragazza, a cui venne da piangere nel vedere attraverso i suoi occhi tutto il dolore che ci fosse dentro di lui. "Ho perso tanti uomini durante il mio lavoro, ma mai nessuno come Peter. Io non sono speciale, non sono più intelligente di chiunque altro e non ho doni particolari: non meritavo di vivere più di Peter, che aveva un bambino di solamente nove anni ad attenderlo. Perché mi ha salvato? Io non meritavo questa seconda chance, io non..".
Abby si sollevò sulle punte e lo strinse forte in un abbraccio al quale Edward si aggrappò con tutte le sue forze, stringendolo con dolcezza al suo petto e sfiorandogli la testa per consolarlo mentre lo sentiva sfogarsi contro la sua pelle. 
Edward si era lasciato andare a quelle confessioni solamente perché spinto dal forte sentimento che lo legasse ad Abby, piangendo sulla sua spalla mentre la ragazza lo cullava dolcemente per calmarlo. 
"Sono sicura che Peter abbia deciso di salvarti perché ti voleva bene nello stesso modo in cui tu ne volevi a lui. E non vorrebbe vederti sprecare questa possibilità di essere finalmente felice insieme a suo figlio".
Sollevò lo sguardo verso i suoi occhi: nella sua vita Edward, si era sempre considerato orgoglioso, con un grosso ego ed una forte arroganza.
Non aveva mai permesso a nessuno di piegarlo, neanche quelle rare volte in cui era stato catturato dal fuoco nemico e gli avevano lasciato addosso tutte quelle cicatrici proprio per il suo atteggiamento riluttante al cedimento. 
Ma mentre guardava nei suoi occhi Edward si sentiva trasparente e chiaro come un cristallo o uno specchio d'acqua. 
Per la prima volta nella sua vita si era messo totalmente a nudo nelle mani di un'altra persona, che stava lentamente rimettendo insieme i pezzi dentro di lui. 
Si asciugò le guance e aggrottò le sopracciglia mentre la guardava con aria sorpresa. "Hai ragione, rossa. E da oggi in poi inizierò ad onorare appieno il suo sacrificio e sarò l'uomo che Peter voleva che fossi e l'uomo che sarà per sempre in debito con te".
Abby sorrise sentendosi fiera di lui e gli strinse le mani con cui le stesse sfiorando le guance, sollevandosi sulle punte per depositare un casto e piccolo bacio sulle sue labbra, e Edward la strinse più a sé come se fosse la sua personale boa che gli impedisse di affondare nel suo personale mare di devastazione ed afflizione. 
La ragazza si stava per scostare per dire qualcosa, quando un'improvviso nodo alla gola le fece sgranare gli occhi e portare le mani alla porzione di pelle che le facesse male.
Sgranò gli occhi e provò a parlare, ma non riusciva a dire una singola parola e si spaventò tanto da agganciarsi alla sua giacca guardandolo con aria confusa e impaurita. 
"Che c'è che non va, Abby?". 
Edward aggrottò le sopracciglia e le prese il volto fra le mani per studiare il suo sguardo in preda al panico, ma la ragazza non riusciva più a dire neanche una parola.
E poi tutto accadde così velocemente che Edward non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo: Abby cadde sulle ginocchia come se le avessero mandato una scarica elettrica lungo i nervi delle gambe facendola crollare a terra, ed iniziò a tossire sempre più forte fino a sputare e vomitare sangue misto a saliva.
Edward sgranò gli occhi e scosse la testa, afferrandola dalle braccia e tirandola su in piedi, ma Abby non aveva più forza di reggere se stessa e si accasciò contro di lui mentre altri conati di vomito le risalivano lungo la gola. 
Nonostante il panico iniziale, Abby si tenne alla sua camicia e lo guardò sperando che riuscisse a capire cosa ci fosse che non andava. 
"Ro..se..mi..sta..facendo..qualcosa..Ro..se..Ro..se".
Edward sgranò gli occhi e non capí cosa cercasse di dirgli, ma poi prestissimo i neuroni del ragazzo si attivarono insieme e capí cosa volesse dire. 
L'aiutò a scivolare lungo la parete del locale, facendola sedere a terra ed intimandole di stare seduta e di non accasciarsi, prima di scoccare un bacio fra i suoi capelli ed entrare velocemente nel suo bar. 
Ripercorse la cucina fino ad arrivare al bancone, dove incontrò presto lo sguardo di Andrew che sorrise nella sua direzione e gli si avvicinò velocemente, mentre Edward faceva vagare lo sguardo sui cacciatori presenti che lo salutarono felici non appena lo videro. 
"Spero tanto che tu e Abby abbiate risolto i vostri problemi, perché altrimenti dovrai pagarmi il doppio turno dato il modo in cui mi avete abbandonato entrambi per fare chissà cosa sul retr-..". 
"Stà zitto!". Edward lo guardò in cagnesco e ruggí nella sua direzione, stringendo la mano attorno alla sua maglietta ed avvicinandosi di più a lui. "Rose, dimmi che sai dov'è andata". 
"È appena uscita dal locale qualche minuto fa con uomo che la stava aiutando dopo che Abby l'ha aggredita. Perché ti interessa?". 
Ma Edward smise di ascoltarlo ed estrasse il suo fucile da sotto il bancone e lo scavalcò con un unico salto, mentre tutti i cacciatori lo guardarono con aria incuriosita e stupendosi che l'uomo non si fermasse a scambiare quattro chiacchiere come avesse sempre fatto. 
Corse letteralmente fuori dal locale spintonando chiunque si mettesse sulla sua strada e si mise a girare per il parcheggio, caricando l'arma con proiettili antistrega mentre la rabbia cresceva nuovamente dentro di sé. 
Camminò per un minuto buono, fino ad avvicinarsi all'unico posto in cui Rose avrebbe potuto svolgere ciò che stesse facendo, ed infatti la trovò nello spiazzale adiacente al locale, che generalmente fosse sempre pieno zeppo di macchine dei clienti del bar. 
Udí la voce di un uomo di colore sulla quarantina intento a ripetere una serie di frasi in probabilmente latino, davanti ad un fuoco che ardesse mentre le lingue frastagliate delle fiamme blu si alzassero sempre più alte ad ogni frase. 
L'uomo teneva fra le mani la collana con un ciondolo a forma di croce che Abby avesse ereditato da suo padre e Edward si chiese come avesse fatto Rose a strappargliela dal collo dato che Abby non se ne separasse mai; Rose se ne stava in piedi accanto a quell'uomo, continuando a gettare delle polveri nel fuoco di tanto in tanto che lo facessero scoppiettare ed aumentare di intensità. 
Nessuno dei due si accorse di Edward, fin quando tolse la sicura del fucile e lo sollevò alto verso entrambi.  "Lasciate andare Abby immediatamente o vi riduco ad un colabrodo". 
Rose sussultò e lo guardò con aria accigliata e quasi furiosa, perché detestava il modo in cui Edward si fosse legato alla nuova ragazza e non capiva cosa ci trovasse in lei, oltre ad un bel faccino e ad un terribile carattere che fosse risaputo in tutto il mondo dei cacciatori. 
Edward si avvicinò con aria perentoria, puntando il fucile nella direzione dell'uomo che ancora recitasse le sue litanie magiche e che stesse lentamente condannando Abby a morte. "Se non la lasci, ti sparo in testa". 
"Fa' pure: così non ci sarà nessuno in grado di fermare la magia e la tua amica morirà".
Ascoltò Rose parlare e ridere di lui e della sua preoccupazione per Abby, vedendola avanzare verso di lui con un sorriso sicuro che non le avrebbe mai fatto del male. Edward la guardò con rabbia, stringendo i pugni mentre ancora impugnava la sua arma. "Ti conosco Rose: non avresti fatto tutto questo solamente perché ti ho respinta l'altra sera, quindi dimmi perché lo stai facendo". 
Rose rise come una bambina viziata e si portò le mani alle labbra con un gesto infantile, continuando ad emettere dei fastidiosi ridolini mentre lo guardava con divertimento. "Avrò una ricompensa più grande dopo che l'avrò uccisa. Ho trovato qualcuno che mi apprezza per quello che sono, al contrario di te".
Edward la guardò con ilarità ed indicò l'uomo che finalmente si fosse fermato dal ripetere quelle frasi e lo stesse guardando con un sorriso compiaciuto, dando un po' di tregua ad Abby. "Questo tizio sarebbe l'uomo che ti apprezza? Facendoti rubare la collana di Abby per ucciderla in questo modo da vigliacchi?". 
Rose strinse i pugni e lo guardò in cagnesco, puntando i piedi sempre in modo poco immaturo; sbuffò aria dal naso e scosse la testa, fulminandolo con lo sguardo. "No, lui è soltanto uno dei tanti servitori del nostro Signore e Padrone". 
Edward dischiuse leggermente la bocca per la sorpresa, mentre il suo cuore batteva più velocemente cercando di capire il vero significato dietro alle strane e confuse parole di Rose. "Di che stai parlando?". 
"Lui è tornato: è uscito dalla gabbia e vuole ottenere la sua vendetta su Abby. Mi ha chiesto solamente di consegnargliela e quando gliela porterò, mi darà ciò che ho sempre sognato". 
Vide il sorriso sul volto di Rose diventare più ampio e felice, rasserenandosi e facendogli l'occhiolino tornando a ridere felice e contenta. 
Quando Edward alternò lo sguardo sull'uomo alle spalle di Rose, vide i suoi occhi neri nonostante il buio della notte e subito mise insieme tutti i pezzi e capí cosa stesse succedendo e cosa Rose stesse cercando di dirgli. 
Scosse la testa e li guardò entrambi in cagnesco, mentre l'istinto prese il sopravvento su di sé e lo trasformava nel solito soldato che diventasse durante le cacce. "No, io non credo!". 
Sollevò il fucile per poi premere il grilletto verso l'uomo alle spalle di Rose, che cadde a terra fra atroci tormenti prima di fare di nuovo silenzio e cessare di esistere. 
Rose gridò e puntò gli occhi su Edward guardandolo con timore ed indietreggiando, mentre si chiedeva come avesse fatto a fabbricare dei proiettili in grado di uccidere i demoni. Sollevò le mani in segno di resa e scosse la testa, deglutendo a fatica. "Non uccidermi, ti prego". 
Edward soffiò aria dal naso con rabbia, avanzando ad ogni passo che Rose si allontanasse e guardandola con aria furiosa. "Non avresti dovuto provare ad uccidere Abby. Lei è la mia felicità: non avresti dovuto provare a portarmela via". 
Scosse la testa e sussurrò un paio di scuse terribili, dicendogli che fosse stata Abby ad iniziare quella lotta con lei ma Edward non l'ascoltò nemmeno, fino a quando l'asfalto sotto i piedi di Rose si esaurí e sentí iniziare il bosco alle sue spalle. "Se mi uccidi, le dimostrerai di essere ancora l'assassino che eri un tempo. Il sicario che veniva pagato dal nostro Paese per uccidere i capi delle fazioni rivali. Non sei cambiato, Edward? Pensavo che non fossi più quella persona".
Strinse i pugni e l'odio che provava dentro di sé, crebbe a dismisura mentre la guardava con occhi infuocati dalla rabbia. 
Edward era così tremendamente preso dalla collera, che sollevò il fucile verso la testa di Rose e provò dentro di sé il forte desiderio di premere il grilletto ed ucciderla per ciò che aveva fatto ad Abby. 
Ma Edward la vide iniziare a tremare ed a piangere mentre lo supplicava di risparmiarla, e presto vide il sangue di Abby che ancora imbrattasse le sue mani. 
Rose doveva pagare per ciò che le avesse fatto, questo gli suggeriva ogni fibra del suo essere. 
Eppure una piccola parte di sé ripensò a ciò che avesse detto ad Abby poco prima: voleva essere migliore, voleva essere diverso dall'uomo che fosse tornato dalla guerra. 
Così scosse la testa con rassegnazione e sospirò rumorosamente, abbassando la sua arma e continuando a guardare Rose in cagnesco. 
Pensa alle parole di Abby di non sprecare questa seconda possibilità che Peter gli avesse regalato, così decise di fare ciò che non avrebbe mai fatto prima di conoscere Abby. Lasciò andare Rose. 
"Se ti rivedrò ancora qui, giuro che non esiterò e ti ucciderò". 
La donna sgranò gli occhi e respirò velocemente in preda al panico: senza dire nulla, si voltò verso il bosco buio e tetro ed iniziò a correre fra la vegetazione pur di allontanarsi il più velocemente possibile dal locale e da Edward.
L'uomo tirò un respiro di sollievo e scosse la testa, osservando il demone che giacesse a terra senza vita e sollevò un sopracciglio mentre lo osservava, ripensando alle parole di Rose. 
Edward aveva capito che Lucifer fosse tornato e che volesse Abby morta, e sapeva che non avrebbe smesso di provarci fin quando non ci sarebbe riuscito. 
Scosse la testa e spostò il corpo sul ciglio della strada, decidendo che se ne sarebbe occupato dopo. 
Tornò in fretta verso il locale, osservando i curiosi che lo avessero seguito per capire cosa ci fosse che non andava: nessuno però fece domande, limitandosi ad una lunga occhiata confusa. 
Attraverso il bar e rimise il suo fucile a posto, trovando Andrew dietro il bancone a guardarlo con aria confusa. "Cos'è successo, Ed?". 
L'uomo scosse la testa ed accennò un sorriso amaro, scompigliandogli i capelli e sospirando rumorosamente per poi voltarsi gli altri cacciatori e guardarli con aria seria e perentoria. "Il locale è chiuso da adesso: prendete le vostre cose e andatevene, zoticoni. E non preoccupatevi di saldare il conto, stasera offre la casa". 
I cacciatori espressero il loro assenso all'ultima frase, dicendogli che lo avrebbero perdonato solamente perché gli avesse offerto da bere e Edward li guardò indossare nuovamente le proprie giacche prima di uscire dalla porta del locale. 
Mandò a casa anche Andrew dedicandogli un sorriso più ampio, ma non aspettò che il locale fosse vuoto prima di tornare sul retro. 
Attraversò la cucina a passo svelto ed uscì, trovando Abby nello stesso punto in cui l'avesse lasciata con il viso e la maglia sporchi di sangue. 
Le sfiorò il viso con dolcezza ed Abby aprí gli occhi, guardandolo con aria sfinita ed incredibilmente debole ed a giudicare da tutto il sangue che avesse perso, era proprio un miracolo che fosse ancora viva. 
"Andrà tutto bene adesso. Mi prenderò cura di te". 
Abby respirò a fatica e sollevò una mano per prendere la sua, accennando un sorriso e reggendosi a lui con forza. "Ne ho passate di peggiori". 
La testa le girava, si sentiva così debole che non avrebbe saputo mettere due passi in fila e questo lo sapeva, eppure si tenne forte al petto di Edward e si sollevò, retta dalle forti braccia dell'uomo. 
Abby riusciva a percepire le sue ferite interne che avessero causato quelle emorragie, che si stessero lentamente rimarginando. 
E sapeva che ciò volesse solamente significare una cosa. 
Guardò nei suoi occhi e vide il modo in cui le stesse nascondendo qualcosa, così Abby sospirò mentre si teneva ancora a lui e lo guardò con occhi supplichevoli di dirle la verità. "È tornato, non è vero? Lucifer è uscito dalla gabbia? Lo sento". 
Edward avrebbe voluto negare per tranquillizzarla, permetterle di rimettersi in forze e poi dirle tutta la verità, ma non riuscí a mentire mentre guardava nei suoi occhi tristi e sfiniti. "Si, Lucifer è tornato. Ma lo fermeremo, te lo prometto. Non ti farà mai più del male". 
La vista di Abby si annebbiò ulteriormente e perse definitivamente i sensi crollando sul petto di Edward, che prontamente l'afferrò impedendole di cadere. 
La prese fra le braccia e la strinse al suo petto, baciandole la testa con un sospiro. "Andrà tutto bene, rossa. Ti proteggerò". 


Quando aprí gli occhi, la linea sottile sul parquet delineata dal sole che entrasse dalla finestra non era più così marcata e forte, segno che fosse ormai pomeriggio inoltrato. 
Provò a mettersi più dritta e ad appoggiare la schiena alla spalliera, ma la testa le faceva male e pulsava forte. 
Abby si guardò attorno con aria ancora parecchio stanca e decise che sarebbe scesa dal letto, così si scoprí velocemente e poggiò i piedi a terra. 
Si mosse in silenzio verso la porta ed uscì dalla stanza, muovendosi fino a raggiungere il salotto dell'appartamento ed è lì che vide Edward: se ne stava in piedi con il corpo rivolto verso la finestra ed Abby riuscì ad osservare la sua espressione seria e preoccupata dal riflesso sulla finestra.
Ricordava perfettamente cosa fosse accaduto la sera precedente, stranamente aveva ancora la sensazione che il suo corpo non fosse del tutto guarito dopo il modo in cui Rose avesse tentato di ucciderla con la magia ed in più sapeva che Lucifer fosse tornato: doveva immaginare che Edward dovesse essere preoccupato. 
"Sono così contento di vederti in piedi". 
La voce di Edward uscì con un sussurro e subito si voltò per stringerla forte contro il suo petto, piegandosi su di lei per baciarle la testa con dolcezza. 
Abby accennò un sorriso e si appoggiò al suo petto, lasciandosi andare a quell'abbraccio così intimo che quasi la commuoveva. 
"Quando ho pensato che fossi in pericolo e ti ho vista sanguinare, io..". 
Abby emerse dal suo petto e sollevò il viso nella sua direzione, scuotendo la testa e sollevando le mani fino alla sua direzione per prendergli il viso fra le mani mentre lo guardava con aria rassicurante. "Non è la prima volta che una strega prova a farmi fuori. Non preoccuparti". 
Edward annuì in silenzio e si chinò sul suo viso per colmare la distanza fra i loro volti con un bacio casto e dolce che fece battere il loro cuore più velocemente, stringendola più vicina a sé perché aveva avuto una grandissima paura di perderla. 
Guardò nei suoi occhi azzurri e sentí qualcosa che non aveva mai provato per nessuno, qualcosa che gli faceva sentire le budella contorcersi, il cuore impazzire, che gli faceva venire voglia di raccontarle la storia dietro ad ogni più piccola cicatrice, voglia di proteggere la sua vita a costo della sua. 
Abby si distaccò per prima, abbassando il volto e respirando pesantemente mentre si torturava le mani e mise un po' di distanza fra loro, spostandosi verso la finistra con occhi tristi e bassi. 
Sospirò lentamente mentre raggiungeva il davanzale e vi si appoggiava, incrociando le braccia al petto e facendo spallucce mentre parlava con voce bassa e roca. "La favola è finita Ed: devo tornare al bunker, devo proteggere Mary e devo decisamente rispedire Lucifer in gabbia. Di nuovo". 
Edward ascoltò le sue parole in silenzio, respirando lentamente ed annuendo mentre osservava le sue spalle curve e aveva idea che sul suo viso si fosse dipinta un'espressione triste e dispiaciuta. 
Capiva ciò che Abby gli stesse dicendo, ma Edward sapeva che ci fosse qualcos'altro che la tenesse in agitazione. Così si avvicinò alla ragazza fino a giungere alle sue spalle, incrociando il suo sguardo riflesso sul vetro della finestra. 
"Stai cercando di dire che cambierà qualcosa fra noi quando tornerai al bunker?".
"No!". Abby scosse la testa e si voltò immediatamente verso di lui, rispondendo senza nessuna esitazione mentre lo guardava negli occhi con sincerità. Prese le mani di Edward fra le sue ed accennò un sorriso per tranquillizzarlo, perché sapeva che la sua paura fosse che rivedendo Dean dopo tutto quel tempo, Abby sarebbe tornata da lui. "Come puoi pensarlo? Se dipendesse da me, non lascerei mai questo bar, se potessi. Voglio ancora stare con te: tornare al bunker non cambierà ciò che sento per te". 
Edward cercò di nascondere il sospiro di sollievo ed il fatto che avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo che Abby si fosse presa per rispondere, e scosse la testa accennando un sorriso e scostandole i capelli dal volto con una carezza dolce e intima. "Non ti lascerò affrontare tutto da sola: starò accanto a te, ti aiuterò a fermare Lucifer". 
"No, potresti morire. Non sai di cosa Lucifer sia capace e..". 
"Non importa". 
"A me si!". Abby alzò il tono della voce e lo guardò in cagnesco, liberandosi della sua presa mentre lo fulminava con lo sguardo. "L'ultima volta che è entrato nella mia vita, ha distrutto la mia famiglia. Sam è saltato in un cazzo di buco nel terreno per chiuderlo in gabbia, Dean è quasi morto insieme a suo fratello. Mi ha quasi uccisa ieri sera usando Rose, vuole vendicarsi per quello che gli ho fatto. Non è un demone qualunque, è Lucifer. E potrebbe fare del male anche te, ed io non potrei sopportare se ti fac-..".
Edward l'aveva raggiunta con un balzo per zittirla con un bacio sulle labbra, prendendole il viso fra le mani per poi stringerla in un forte abbraccio. 
La guardò con dolcezza e sciolse quella stretta, accennando un sorriso e sfiorandole il viso con delicatezza. "Non c'è niente che tu possa dire che mi farà cambiare idea. Andrò dove andrai anche tu: fine della storia".
Lo sguardo carico d'amore con cui Edward la costrinse ad abbassare il proprio, scuotendo la testa ed appoggiando la testa sul suo petto per nascondere gli occhi umidi. 
Edward era testardo almeno quanto lei ed Abby sapeva che ormai avesse deciso. "Sono ancora molto stanca, mi sento debole". 
Edward sorrise e le depositò un tenero bacio fra i capelli, passandole un braccio attorno alle spalle ma reggendola saldamente, mentre la conduceva nuovamente verso il grande letto che padroneggiasse la stanza a fianco il salotto. 
La mise sotto le coperte e si stese accanto a lei, permettendole di appoggiare la testa nell'incavo del suo collo mentre le carezzava i capelli ed aveva la convinzione dentro di sé che non avrebbe mai permesso a nessuno di farle mai più del male. 





Sbatté le palpebre un paio di secondi e chiuse la bocca per non fare rumore, mentre le mani le tremavano pressando con forza la ferita sul fianco che continuava a sanguinare parecchio. 
Stava rannicchiata dietro al bancone del locale di Edward e respirava a fatica, mentre sentiva il pavimento scricchiolare sotto il peso dell'uomo che avesse riconosciuto immediatamente quando qualche istante prima fosse entrato nel bar. 
"Sapevo che se si vuole una cosa fatta bene, tocca sempre farla da sé. Per questo sono venuto a cercarti personalmente". 
La ragazza ritrovò la lucidità e si diede alla ricerca delle armi che solitamente Edward nascondesse sotto al bancone, ma lui non aveva mai avuto a che fare con angeli o arcangeli, quindi non vi erano altro che fucili con pallottole di sale e spranghe di ferro contro gli spettri. 
Scosse la testa e vide la sua lama angelica giacere a terra che le fosse scivolata durante la colluttazione, ma che fosse decisamente troppo lontana per far sì che lei potesse arrivarci senza esporsi troppo.
"Abby, Abby, Abby. Ragazza mia. Dove sei, cara?". 
"Chi è questo pazzo?".
Abby udí il bisbiglio di Andrew rannicchiato al suo fianco, che la guardasse con aria confusa e spaventata: decisamente non aveva mai voluto che Andrew scoprisse in quel modo la verità sul vero lavoro di Abby e Edward. E decisamente non aveva mai voluto metterlo in pericolo. 
"È il diavolo". Sollevò una mano imbrattata del suo stesso sangue e gliene prese una fra le sue stringendola forte ed accennò un sorriso dispiaciuto, mentre si avvicinava a lui e sussurrava al suo orecchio con tono imperativo. "Passa dalla cucina ed esci dal retro, subito!". 
Andrew sgranò gli occhi e scosse la testa con aria sicura, guardandola come se quella fosse l'idea peggiore di sempre. "No Abby! Non ti lascio qui da sola con quello psicopatico che ha ucciso la metà dei nostri clienti!".
Abby sospirò rumorosamente e lasciò scivolare lo sguardo sul corpo del cacciatore che avesse provato a fermare Lucifer, ma che fosse stato schiacciato come una formica e scaraventato aldilà del bancone mentre l'arcangelo continuava ad uccidere gli altri presenti.
Fu per difendere uno dei cacciatori che Abby venne colpita al fianco proprio da Lucifer, che l'aveva guardata come se avesse finalmente trovato ciò che stesse cercando e che bramasse di più al mondo. 
"Non fare lo stupido: io me la caverò. Ma tu devi uscire di qui e devi cercare Edward, lui saprà cosa fare. Va' Andrew, ti prego".
Gli occhi del ragazzino divennero così lucidi che le sue emozioni si condensarono in un paio di lacrime che solcarono le sue guance, e si sporse con le braccia verso Abby per stringerla in un abbraccio stretto. 
La ragazza lo allontanò e lo guardò con aria severa, perché sentiva i passi di Lucifer farsi sempre più vicini ed aveva paura per l'incolumità di Andrew, il quale guardò Abby negli occhi e poi la sua ferita al fianco, ed annuì silenziosamente prima di scattare oltre la porta della cucina lasciando Abby completamente da sola con Lucifer. 
"Questo posto è davvero fantastico, capisco perché hai lasciato i due Winchester! Anche io pagherei per stare in un posto simile!" esclamò l'arcangelo muovendosi oltre il bancone ed osservando le pareti del bar abbellite da numerosi oggetti musicali. 
Lucifer si mosse lentamente e si sporse oltre il bancone, osservandolo completamente vuoto e capendo che Abby si fosse silenziosamente spostata. 
Scosse la testa e si sistemò il lungo trench beige che il suo tramite Castiel indossasse, muovendosi nuovamente per il locale fino a raggiungere il vecchio jukebox. 
Lo sfiorò con le dita e lesse un paio di titoli per poi trovarsi completamente senza voglia di perdere tempo nella scelta, e selezionò una canzone casuale sentendo le note musicali diffondersi per tutto l'ambiente. 
"Comunque non puoi sfuggirmi, Abby: l'ultima volta eri così ansiosa di stare con me, che non hai pensato alle conseguenze del rituale".
Abby stava provando a sgattaiolare fuori dal locale mentre udiva le parole dell'arcangelo, ma presto lo sentí voltarsi nella sua direzione e la ragazza si paralizzò sul posto. 
Stavano ai due lati opposti del locale, perché Abby aveva quasi raggiunto l'uscita e Lucifer stava vicino al bancone, ma in pochissimi istanti i loro sguardi si incrociarono. 
Lucifer piegò le sue labbra in un sorriso divertito mentre guardava nel suo azzurro ed Abby sgranò gli occhi, deglutendo a fatica mentre indietreggiava fino a schiacciarsi contro la parete. 
"Ho sognato questo momento ogni giorno, da quando sono tornato nella gabbia: sognavo di te e di come mi sarei vendicato per avermi ingannato". 
Abby smise persino di respirare mentre continuava a comprimere la ferita all'addome dalla quale continuava a perdere molto sangue e scosse la testa, mentre lo guardava avanzare lentamente, scansando i cadaveri dei cacciatori che avesse ucciso precedentemente. 
"Ti sei legato a me, Lucifer: se mi uccidi, cosa ne sarà di te?". 
Lucifer fece una smorfia col viso arricciando il naso e la guardò in cagnesco, stringendo i pugni con rabbia. "So che non posso ucciderti, ma io mi voglio divertire e tu puoi guarire velocemente: posso condannarti ad una sofferenza eterna per farti pagare il tradimento". 
"So che puoi farlo. Per questo ti chiedo di lasciarmi esprimere un ultimo desiderio, prima". Abby deglutí a fatica e scosse la testa parlando con voce tremante, guardandolo con un'espressione seria e spaventata ed osservando il modo scocciato con cui avesse annuito e le avesse fatto segno di andare avanti e parlare. 
Così la donna accennò un sorriso sicuro di sé e lo guardò in modo sereno e tranquillo, facendogli l'occhiolino. "Va' all'inferno!". 
Abby concluse il sigillo che avesse disegnato sulla parete del locale alle sue spalle col suo stesso sangue mentre intratteneva Lucifer parlando, toccando il sigillo per l'ultima volta ed osservando una grande luce bianca riempire la stanza fino a farle male agli occhi; Lucifer non ebbe neanche il tempo di capire cosa avesse fatto Abby, che venne invaso dalla stessa luce e venne trasportato in un posto lontano, lasciando il locale seppur temporaneamente. 
Quando rimase da sola all'interno del bar, Abby si tenne alla parete e sentí la vista annebbiarsi perché le forze stavano iniziando a venirle meno. 
Aveva perso troppo sangue e non aveva la più pallida idea di dove fosse il suo telefono, non avendo così neanche la possibilità di chiedere aiuto.
Così strinse la mascella e si fece coraggio, muovendosi lentamente fino alla porta del locale per uscire nel posteggio e raggiungere la sua auto; proprio prima di uscire, Abby si voltò ad osservare i cacciatori morti ed insanguinati che Lucifer avesse ucciso e le sfuggirono un paio di lacrime mentre pensava che fosse tutta colpa sua. 
Sarebbe dovuta andare via e lasciare il locale la stessa sera in cui Rose aveva cercato di ucciderla, invece era rimasta insieme ad Edward per ripristinare le forze.
Si avviò sul portico esterno e scese i pochi scalini con una grande lentezza, sentendosi così confusa ma sicura che da lì a breve avrebbe perso i sensi. Almeno fin quando vide arrivare nella sua direzione la sua Hyundai azzurra ed aggrottò le sopracciglia perché doveva essere un miraggio: Andrew uscì dalla macchina e si affrettò a raggiungerla, afferrandola dalle braccia e sostenendola. 
Adesso che era sicura che nulla di brutto sarebbe potuto accadere, Abby si lasciò guidare da Andrew dentro la sua stessa macchina e lo osservò metterle la cintura mentre guardava con aria seriamente preoccupato la ferita al fianco. 
"Devo portarti immediatamente in ospedale". 
Abby sgranò gli occhi e si sporse verso la sua direzione, che stava per fare il giro e far partire la macchina, ma Andrew venne bloccato dalle mani deboli della donna che lo trattennero. "No, niente ospedale". 
"Ma morirai". 
"Ho detto di no, ragazzino! Devi portarmi da mio fratello senza fare i capricci: Dan chiamerà Anael, mi aiuteranno. Ma devi anche avvisare Edward, promettimi che lo farai!".
Andrew la guardò in cagnesco, chiedendosi perché fosse sempre così testarda e scuotendo la testa, così sbuffò e si affrettò a fare il giro dell'auto salendo dal lato guidatore, chiedendosi cosa potesse fare il fratello di Abby in più rispetto ad un dottore al pronto soccorso; accese il motore e corse il più velocemente possibile nella direzione che Abby gli avesse indicato prima di abbandonarsi contro il sedile e perdere i sensi. 



I rumori giungevano alle sue orecchie in modo ovattato, ma riusciva a percepire che le voci che sentisse attorno a sé fossero spaventate e preoccupate. 
Abby cercò di aprire gli occhi e di guardarsi attorno, ma tutto ciò che sentiva erano un paio di mani ruvide che sostituivano le sue nel pressare la ferita all'addome. 
Non sapeva se stesse ancora sanguinando, ma sapeva che le persone attorno a sé fossero tutte preoccupate e si stessero dando da fare per permetterle di sopravvivere alla ferita. 
"Cos'è successo?".
Dan. 
Avrebbe voluto sorridere e dire a suo fratello che andasse tutto bene, che si sarebbe ripresa, invece la voce non accennava ad uscire dalle sue labbra. 
"Anael! Lascia qualsiasi cosa tu stia facendo e porta il tuo culo piumoso qui: Abby è in pericolo di vita, ha bisogno di te".
Dean. 
Abby ascoltò la sua voce dopo tanto tempo e sentí il cuore battere più velocemente per lui.
O forse batteva così forte nel tentativo di pompare il poco sangue rimasto in giro per il corpo e soddisfare tutti i distretti tissutali. 
"Ma che diavolo è successo?".
Sam. Abby sentí la preoccupazione nella sua voce, mentre le sue mani le pressavano la ferita ed iniziava a ricucirle la pelle. 
"Un tizio col trench è entrato al locale e ha ucciso tutti, ma voleva Abby. Si è presa una pugnalata per salvare un cliente, ma quell'uomo era troppo forte". 
Andrew.
Anche se teneva gli occhi chiusi, Abby immaginava le espressioni su ognuno dei presenti. 
Sapeva che Sam tenesse le labbra strette mentre con l'ago perforava la sua pelle per chiudere quella brutta ferita; immaginava che quella di Dean fosse piegata in un'espressione seria e furiosa, in ansia di ricongiungersi con il suo amico Castiel e di salvarlo dalla possessione di Lucifer.
Sapeva che Dan fosse invece ad occhi sgranati, scuotendo la testa mentre la guardava con terrore di perdere sua sorella, ed Andrew lo immaginava sotto shock per tutto ciò che aveva visto quel giorno. 
Il ragazzo era anzi riuscito a portarla al bunker molto più velocemente di quanto pensasse e l'aveva portata giù dalle scale in ferro battuto, dove Dan l'aveva strappata dalle sue braccia per sdraiarla sul grandissimo tavolo della sala centrale. 
Il bunker: era l'unico luogo in cui Abby si sarebbe potuta sentire protetta, l'unico dove sarebbe potuta sopravvivere in qualche modo. 
Sentí Andrew chiedere che cosa stesse accadendo ma nessuno prestò caso al ragazzo del tutto confuso e spaventato, così Abby si sforzò di aprire gli occhi ed  di guardare nella direzione del ragazzo al suo fianco, guardandolo con aria suppliche. "Va tutto bene, Andrew. Starai bene. Ma devi chiamare Edward.. Devi dirgli di non tornare al locale. Subito". 
Andrew annuí e le strinse forte una mano fra le sue, sforzandosi di sorriderle con dolcezza per non farle capire quanta paura avesse: non era tanto per l'essere stato in pericolo di vita o per aver visto i cacciatori morire davanti ai suoi occhi, piuttosto era per le sensazioni che avesse provato quando aveva visto Abby venire pugnalata e perdere tutto quel sangue. 
Abby non era Edward, non si prendeva cura di lui da anni, non gli aveva dato un tetto, un lavoro ed un'auto per far colpo sulle ragazze. 
Abby aveva iniziato a frequentare il locale assiduamente negli ultimi tre mesi, non c'era stata per la maggior parte della vita di Andrew.
Però il ragazzo non aveva fatto altro che affezionarsi ad Abby in un modo indicibile: era l'unica figura femminile che si curasse di lui, che lo canzonava quando sbagliava qualcosa e che gli facesse una carezza quando prendeva un bel voto a scuola. 
Abby dal primo momento si era interessata alla sua vita ed aveva provato in tutti i modi a dargli dei suggerimenti per guidarlo, data la sua giovane età.
Ed Andrew era inevitabilmente finito ad associarla alla figura materna. 
La sua vera madre era morta quando lui era soltanto un bambino, Andrew non ricordava neanche cosa volesse dire averne una. 
Ma con Abby al suo fianco, stava finalmente iniziando a capire come si comportasse una madre. 
E adesso che la vedeva pallida e sporca di sangue, Andrew sentiva dentro di sé una terribile paura di perderla. 
Strinse la sua mano un'ultima volta e si allontanò dai tre uomini che stessero chiudendo la ferita e chiamando a gran voce Anael, e si allontanò di qualche passo per prendere il suo telefono e chiamare Edward. 
"Ma che diavolo è successo?". 
Abby spostò lo sguardo dal ragazzino a Dean che le avesse posto la domanda con un tono terribilmente spaventato, avanzando di qualche passo verso di lei. "Lucifer.. Deve aver trovato il modo di uscire dalla gabbia ed è venuto a cercarmi".
Abby si aspettava una reazione di sgomento, di vederli saltare letteralmente sul posto a quel nome perché non poteva essere vero, ma invece vide l'intesa fra i tre uomini che le fece sollevare un sopracciglio e guardarli con aria incredula.
Scostò con aria infastidita le mani di Sam dalla sua pelle, che ormai avesse dato l'ultimo punto e stesse mettendo un grosso cerotto sulla ferita. Si sollevò a sedere sul tavolo e li guardò tutti e tre in cagnesco. "Voi lo sapevate? Sapevate che fosse tornato?". 
"È complicato, Abby. Noi.." iniziò Sam avvicinandosi e sospirando rumorosamente, cercando di spiegare ciò che fosse accaduto ma la ragazza non lo fece finire. 
"Lucifer, l'ex storico di Syria, viene liberato e non avete pensato che potesse provare ad attaccarmi?" chiese Abby guardandoli tutti e con aria furiosa e ritrovando improvvisamente le forze; si soffermò con lo sguardo su suo fratello, che sospirò e scosse la testa. "Sono tua sorella, Dan: avresti dovuto chiamarmi immediatamente!".
"Non prendertela con lui, noi siamo stati occupati e..".
Abby interruppe velocemente anche Dean che rimase a guardarla un po’ più lontano rispetto al fratello, con le braccia conserte ed un'espressione dura sul volto. 
Abbassò la sua maglietta insanguinata e si sedette sul tavolo, facendo scivolare il suo sguardo furioso fino a lui mentre lo osservava con espressione più dura. "E se ci fosse stata Mary con me, mmh? Se Lucifer avesse preso anche nostra figlia?!". 
"Ma Mary é sempre stata qui, quindi..". 
Lo guardò con aria incredula e scosse la testa rimanendo incredula e senza parole, ed Abby scese dal tavolo col corpo ma rimanendo seduta, sospirando per poi alternare lo sguardo adirato fra i tre uomini.
"Che è successo? Almeno puoi dircelo, Abby?" chiese Sam con tono calmo e pacato, accennando un sorriso facendo un passo avanti. 
Abby si voltò ad osservarlo e si prese dei momenti per rispondere, pensando alle aggressioni che avesse subito in meno di ventiquattro ore e sospirò. "Ha mandato qualcuno per farmi catturare ieri sera e stamattina è venuto di persona al locale di Edward per trascinarmi all'inferno per vendicarsi di ciò che gli ho fatto: ecco cos'è successo, Sammy" rispose Abby gemendo per il male che le arrecasse quella ferita e scendendo definitivamente dal tavolo. Barcollò tenendosi alle sedie che costeggiassero il tavolo per raggiungere Dean e strappargli fi mano la bottiglia di Scotch che stringesse, bevendone alcuni lunghi sorsi per far diminuire il dolore. 
I due Winchester si scambiarono un'occhiata eloquente e sospirarono scuotendo la testa, fin quando Dean fece qualche passo avanti attirando l'attenzione di Abby che sollevò lo sguardo verso di lui, cercando di capire cosa volesse. "Come hai fatto a sfuggirgli?". 
Abby sospirò e scosse la testa, allontanandosi dal ragazzo di qualche passo e fece spallucce mentre si sedeva su una delle sedie di legno del tavolo, gemendo appena per la ferita. "Perché l'ho ingannato, come sempre". 



"Sapete del ritorno di Lucifer da una settimana e non avete minimamente pensato di raccontarmelo, senza contare che ha anche preso possesso del corpo di Castiel..". 
Abby si mosse nervosamente per la sala centrale dopo essersi fatta una doccia e cambiata con dei vestiti che avesse fortunatamente dimenticato al bunker e dopo aver messo qualcosa sotto i denti per recuperare le forze, e si avvicinò al mobile bar per versarsi un lungo bicchiere di Whisky, chiudendo gli occhi per qualche secondo e sentendosi tremendamente stanca. 
Si voltò nuovamente verso la sala e si avvicinò al tavolo per sedersi sulla sedia, appoggiando i piedi al legno scuro del tavolo e gustandosi sorso dopo sorso quel liquido alcolico che la stava già aiutando a stare meglio, fin quando sentí lo sguardo di Dean puntato su di lei e la ragazza fece vagare il suo fino ad incontrare gli occhi verdi di Dean che non aspettassero altro. 
Abby mandò giù il superalcolico che ancora stesse bevendo e rimase per qualche istante in silenzio, a guardarlo. "Cosa c'è adesso?".
Il ragazzo fece spallucce e accennò un sorriso amaro, sedendosi dalla parte opposta del tavolo e sospirando rumorosamente. "Perché hai smesso di rispondere alle mie chiamate, Abby?". 
"Tu sai perché". 
La sua risposta fu molto sintetica ed Abby gli riservò uno dei suoi sorrisi più finti, continuando poi a bere qualche sorso del suo bicchiere, per poi sporgersi appena per afferrare la bottiglia dal mobile alle sue spalle, riempiendosi per la seconda volta un bicchiere. 
Mentre si muoveva e beveva, Abby continuava a sentire il suo sguardo indagatore su di lei come se Dean fosse alla ricerca di qualcosa dentro di lei. "Come ti senti?". 
"Come una che è stata appena torturata da Lucifer". 
Dean strinse la mascella e scosse la testa, mantenendo lo sguardo su di lei e sospirando rumorosamente guardandola anche un po' in cagnesco. "Sai che detesto quando fai così, vero?". 
"Oh si".
Rimasero per qualche istante a fissarsi negli occhi ed Abby si rese conto che nonostante fossero passati tre mesi dall'ultima volta che lo avesse visto e avesse parlato con lui, nulla fosse cambiato dentro il suo cuore, che prese a battere più veloce nel suo petto dal primo momento in cui fosse entrata nuovamente in quel bunker; Dean non riuscì che pensare la stessa cosa mentre la guardava e accennava un sorriso amaro, ripensando al modo in cui il loro rapporto si fosse drasticamente interrotto la sera del primo appuntamento con Edward di più di tre mesi prima ormai. 
In questo periodo di totale assenza fra di loro, Dean non aveva dormito per nulla bene, svegliato continuamente dai suoi sensi di colpa per come avesse gestito le cose e per averle fatto del male la sera in cui Mary avesse lanciato l'SOS fantasma: Dean aveva incubi riguardanti quella sera, sognava Abby sconvolta e con le lacrime agli occhi urlargli contro che non avrebbe mai voluto innamorarsi di lui, e tutte le notti Dean faceva ciò che non avesse fatto nella vita reale. 
Le impediva di uscire dalla porta di casa per raggiungere Edward, dicendole quanto anche lui l'amasse. 
Era uno strano meccanismo di autodifesa o uno di puro masochismo, dato che Dean cercava di rimediare alle sue azioni tutte le notti; aveva provato a contattarla mte volte durante quei lunghi tre mesi, ma Abby non aveva mai risposto alle sue chiamata delineando un netto distanziamento fra di loro. 
E anche quando Dean chiamasse con il telefono di suo fratello, Abby non rispondeva. 
Non andava più al bunker a prendere Mary, ma lasciava che Dan portasse la nipote a casa di sua madre o al locale di Edward, perché Abby non voleva proprio incontrarlo. 
Dean sospirò rumorosamente e fece spallucce, muovendosi nervosamente sulla sedia mentre tornava a guardare nei suoi occhi azzurri e vi leggeva dentro migliaia di muri che Abby avesse tirato su per tenerlo lontano dal suo cuore. "Ho avuto modo di riflettere molto in questo periodo e voglio scusarmi con te, anche se so che non valgono molto per te. Ma voglio che tu sappia che se potessi tornare indietro, io..".
Interruppe il flusso delle sue parole quando Abby abbassò il viso e si lasciò andare ad una leggera risata nervosa, scuotendo la testa e portandosi il bicchiere alle labbra per bere distrattamente qualche sorso. 
Quando tornò a guardarlo, Dean se ne stava con le sopracciglia aggrottate ed un'espressione interrogativa sul volto lasciando intuire che non capisse perché Abby si stesse comportando in quel modo, così la ragazza sorride nervosamente e lo guardò con aria seria e anche un po' furiosa. "Se potessi tornare indietro non distruggeresti la nostra relazione e non andresti a letto con chiunque, come per esempio con Rose?". 
Dean sgranò gli occhi e la guardò con labbra dischiuse, mentre una grande espressione confusa gli si disegnava sul volto, e scosse la testa mentre la guardava. "C-come sai di Rose?".
Abby sollevò le sopracciglia e bevve qualche altro sorso di Scotch svuotando il suo bicchiere, per poi abbandonarlo sul tavolo e guardare Dean mentre le sfuggiva un'altra risata totalmente nervosa. "Perché l'ha mandata Lucifer: lei ha cacciato con voi, si è fatta invitare a bere qualcosa con te perché voleva che le spifferassi tutto sulla nostra vita mentre entrava nel tuo letto. E quando è uscita, è venuta a cercare me insieme ad un demone che è arrivato a tanto così dall'uccidermi, dopo aver minacciato di esporre Mary. Ma non preoccuparti, ci ha già pensato Edward a chiudere la bocca di Rose e del demone per sempre".
Dean la guardò con sopracciglia aggrottate ed occhi sgranati, rimanendo in silenzio a metabolizzare le sue parole con rammarico: ormai viveva di rimpianti da un pezzo e per una volta che aveva trovato una ragazza carina con cui passare il tempo e divertirsi un po', si era rivelata essere un messaggero di Lucifer. 
Non sopportava lo sguardo con cui Abby lo stesse guardando: la donna era turbata, arrabbiata ed anche delusa mentre gli riservava un'occhiata furiosa. 
Eppure il suo cuore batteva più velocemente mentre lo guardava negli occhi. 
Dei colpi frenetici alla porta interruppero la loro conversazione e si voltarono immediatamente verso l'ingresso: Abby scosse la testa e distolse lo sguardo da Dean, alzandosi a fatica dalla sedia mentre sentiva lo sguardo dell'uomo seguirla e non perderla mai di vista. 
I due ragazzi videro Sam e Dan impugnare la loro arma antiangelo con aria sospettosa, salendo le scale velocemente senza fare troppo rumore. 
Abby roteò gli occhi a quella vista e scosse la testa, appoggiandosi al tavolo della sala principale mentre li osservava con un sorriso divertito. "Non é necessario, ragazzi". 
Serrò le braccia al petto mentre aspettava, sentendo Dean avvicinarsi alle sue spalle e guardarla con sopracciglia aggrottate perché gli sfuggiva quello che invece fosse palese per Abby. 
Sam scambiò un'occhiata con Dan e al tre spalancò la porta, per poi puntare le lame verso chiunque vi fosse dall'altro lato della grossa porta in ferro battuto in cima alle scale. 
Edward guardò i tre uomini e le armi puntate contro di sé con aria confusa e sollevò un sopracciglio rimanendo sorpreso e basito per qualche momento, perché non era certamente quella l'accoglienza che si aspettasse. 
"Edward, sono qui..". 
L'uomo superò i due cacciatori senza nemmeno sforzarsi, passando fra loro e dando una spallata ad entrambi, e quando si appese dalle scale ed incrociò i suoi occhi, Edward non notò neanche che Abby fosse incredibilmente vicina a Dean nonostante i mesi di separazione. 
Edward presto scese quei gradini velocemente fino a quando raggiunse la ragazza e le prese il viso fra le mani, guardandola con aria spaventata. "Ma che diavolo è successo? Andrew mi ha chiamato e ho fatto prima possibile. Mi avete fatto morire di paura". 
Abby accennò un sorriso debole e scosse la testa, sfiorando gli avambracci posti ai lati del suo viso e fece spallucce. "Sto bene, davvero".
"Lascia che sia io a giudicarlo: Andrew parlava di una ferita e che hai perso troppo sangue".
Edward le sfiorò i fianchi e le sollevò la maglia scura che avesse indossato apposta per non mettere in evidenza le eventuali perdite di sangue, e sfiorò l'enorme cerotto che le coprisse la pelle ricucita dal poco. "Dannazione".
La donna accennò un sorriso leggermente divertito nonostante le facesse male ogni parte del corpo e fece spallucce, avanzando di più verso di lui e distraendolo dall’ispezionamento del suo viso perché sicura che Edward avesse già notato i graffi sul viso e lo zigomo leggermente gonfio. "Ti spiegherò tutto, ma prima devi decidere cosa raccontare ad Andrew: ho risposto in modo molto evasivo alle sue domande, ma vuole delle risposte su quello che ha visto".
Edward sospirò sonoramente e scosse la testa, mentre si domandava come avrebbe potuto spiegare quel mondo ad Andrew, che nel corso degli anni aveva sentito tante di quelle storie dai cacciatori ubriachi da dover essere preparato a quella verità. 
Annuí in silenzio e la strinse in una presa delicata e gentile per non farle male, respirando il suo profumo e ringraziando il cielo che fosse viva. "Dov'è Andrew?". 
"L'ho piazzato a cucinare con Mary: la cucina è in fondo al corridoio, prima porta a destra" rispose velocemente Abby sorridendo e beandosi di quel contatto con Edward, ma sentendo lo sguardo adirato dell'uomo alle sue spalle scavarle la schiena.
Sciolse l'abbraccio e guardò negli occhi preoccupati ma sereni di Edward, che le sfiorò il viso con le mani e si chinò su di lei per unire le loro labbra e baciarla con estrema dolcezza, ed Abby ricambiò quel bacio mentre pensava a quanto amassasse il modo in cui Edward si prendesse cura di lei. 
Sciolse il contatto e si inoltrò nel corridoio per raggiungere Andrew e rispondere alle sue domande, ed Abby sospirò con un sorriso felice sulle labbra che scemò quando incrociò lo sguardo serio di Dean, che sollevò un sopracciglio e la guardò con aria critica. "Edward è davvero molto premuroso. Forse anche troppo: non lo sa che non sei fatta di cristallo e che ne hai passate di peggiori?". 
Abby guardò il maggiore che parlò con voce sprezzante e quasi infastidita, ed incrociò le braccia sotto al seno restituendogli la stessa occhiata che lui le stesse riservando. "Si prende cura di me e vuole proteggermi: sei infastidito perché a Edward viene naturale e non deve impegnarsi duramente tanto quanto facevi tu?". 
La ragazza lo vide sollevare le sopracciglia e scuotere la testa in modo molto serio dopo essersi ammutolito, ed in quel momento Abby desiderò di rimangiarsi le parole appena pronunciate perché lo aveva ferito. 
Dean abbassò lo sguardo e si voltò per non lasciarle a disposizione i suoi occhi e si avvicinò al primo tavolo vicino le scale, appoggiandosi ad esso con la schiena e serrando le braccia al petto. 
Sam si schiarí la gola ricordando ai due che non fossero soli e che Mary potesse sentire qualsiasi discussione potesse iniziare da un momento all'altro, ed si ammutulí anche Abby voltando il viso nella direzione del corridoio. 
Dan le si avvicinò e si assicurò che sua sorella stesse bene, carezzandole i capelli e stringendola in un abbraccio perché felice che stesse bene, quando Dean sospirò rumorosamente attirando la loro attenzione. 
Decisamente non poteva sopportare di rimanere nello stesso luogo in cui si trovasse Edward senza scatenare un'altra rissa fra loro, così si sollevò dal tavolo ed Abby non si aspettò il modo in cui Dean la guardò con aria gelida e quasi arrabbiata, per poi afferrare la sua giacca di pelle marrone abbandonata sulla sedia ed indossarla con uno scatto, mentre si dirigeva velocemente verso il corridoio in modo scocciato. "Porto Mary a prendere un gelato fuori". 


La strinse forte a sé attraversando la sala centrale del bunker mentre sentiva la ragazza fra le sue braccia singhiozzare e tremare: erano entrambe coperte di sangue, così come Sam, Dean e Edward con cui avesse fatto irruzione all'inferno per salvare Anael dalla detenzione forzata di Lucifer, il quale si era dilettato a torturare l'angelo semplicemente per noia, ma badando bene dal chiudere efficacemente Castiel nell'angolo più remoto della sua mente per evitare che provasse ad espellerlo. 
Avevano massacrato i demoni uno dopo l'altro, mentre quelli più furbi erano scappati via quando si accorsero che i Winchester, Crowley, Abby e Edward avessero fatto un'irruzione all'inferno; adesso che era riuscita a riavere Anael con sé, Abby si occupò di rimetterla in sesto così come faceva sempre. 
La portò nella stanza che ormai fosse diventata quella canonica di Anael e le diede dei vestiti puliti, facendola sdraiare a letto e sentendola respirare faticosamente perché le ferite sul corpo le facevano ancora troppo male, inflitte dai demoni solamente per divertimento; Abby si sentí impotente perché non sarebbero bastati degli antidolorifici per alleviare il dolore di Anael, essendo comunque un essere celeste. 
La vegliò fino a quando Abby non la sentí dormire e da ciò la ragazza dedusse che tutta la grazia dell'angelo fosse stata consumata da Lucifero, osservando Anael cadere in un sonno ristoratore come se fosse umana. 
Mentre le carezzava i lunghi capelli biondi puliti e gemeva di dolore per la ferita al fianco, Abby ripensò al modo in cui la situazione avesse preso una piega inaspettata han volta scesi all'inferno: avevano trovato il modo di fare entrare Crowley dentro il tramite che Castiel e Lucifer condividessero, mentre Rowena permetteva al figlio di richiamare Castiel nella sua mente e fargli espellere Lucifer. 
Ciò che non si aspettavano fu proprio la presenza di Amara, contro la quale Lucifer si fosse scagliato con il suo potere e con quello della Mano di Dio, senza però avere alcun effetto; Amara si era portata via il tramite di Lucifer, portando con sé anche Castiel, e non aveva ascoltato neanche Dean che l'aveva supplicata di restituirgli il loro amico. 
Abby rimase seduta sul bordo del letto dell'amica, stringendole delicatamente le mani e sentendo gli occhi pizzicare, ma sobbalzò spaventata e quasi urlò quando sentí una mano sfiorarle la spalla sinistra, e si voltò di scatto. 
"Calmati rossa, sono solo io..". 
La ragazza sospirò rumorosamente e si tranquillizzò, rilassandosi contro il suo tocco ed osservando Edward piegarsi sulle ginocchia fino a raggiungere lo stesso livello di Abby ed insinuandosi fra le sue cosce per avvicinarsi di più e sfiorandole il viso con delicatezza. 
Le scostò alcune lunghe ciocche di capelli dietro la schiena per liberarle il viso e sfiorare la pelle, e quando guardò nei suoi occhi subito Edward capí la grande sofferenza che la sua donna provasse per la sua amica; non ebbe bisogno di dire nulla mentre guardava nei suoi occhi: l'avvolse in uno di quei caldi abbracci che la facevano sempre rilassare e sciogliere, ed Abby si abbandonò completamente a quel contatto affondando il viso sul suo petto e stringendo la sua giacca con le mani. 
Edward la strinse a sé e le baciò i capelli, sfiorandole la schiena con le mani e sospirando insieme a lei. "Vedrai che troveremo il tuo amico angelo e Anael starà bene, sta tranquilla rossa".
Abby scosse la testa e mise un po' di distanza fra di loro e sentí gli occhi pizzicare, sollevando lo sguardo triste fino a incrociare i suoi occhi nocciola e percependo la propria voce spezzata dal dolore e dalla sofferenza. "Come troviamo Castiel? Amara non è esattamente rintracciabile con il GPS e potrebbe ucciderlo mentre tortura Lucifer in qualsiasi momento!". 
Edward strinse la mascella perché detestava vederla così triste e col cuore spezzato, e le prese il viso fra le mani mentre la guardava con aria sicura e fiduciosa, annuendo ed accendendo un sorriso mentre le sfiorava la pelle con dolcezza. "Non so ancora come faremo, ma troveremo un modo, d'accordo? Ti prometto che lo riporteremo a casa". 
Abby sapeva che quelle fossero solamente parole per confortarla e per alleviare un po' delle sue sofferenze, eppure riuscì a parzialmente a tranquillizzarsi e gli sorrise amaramente, sfiorando i suoi capelli mossi e lunghi fino al collo con delicatezza, e non si sorprese quando trovò se stessa a colmare la distanza fra di loro con un lungo bacio a fior di labbra. 
Respirò a fatica e mise quel minimo di distanza fra loro che le consentisse di parlare, ed Abby aumentò il suo sorriso ed intrecciò la mano destra con la sua lunga barba. "Sono così felice che tu sia qui con me". 
Edward accennò un sorriso compiaciuto ascoltando quel sussurro quasi sulle sue labbra, osservando la ragazza che ancora tenesse gli occhi chiusi e fosse totalmente aggrappata alle sue spalle. 
Le sfiorò una guancia, fin quando Abby aprí gli occhi e mise su un sorriso felice. "Non c'è nessun altro posto in cui vorrei trovarmi, se non dove sei tu, rossa". 
Abby appoggiò la fronte alla sua e sospirò, annuendo leggermente e mantenendo su il suo sorriso, mentre sentiva le sue braccia avvolgerle i fianchi e sentendosi immediatamente al sicuro.  
Abby sapeva che fosse unicamente grazie a Edward se il suo cuore fosse nuovamente tutto intero e se non avesse perso la capacità di provare amore; con la sua presenza, Edward le aveva permesso di sentirsi bene come da troppo tempo non fosse più. 
Nonostante fossero molto impegnati con la gestione del locale, le ricerche su Amara che Abby non avesse mai voluto sospendere ed i vari casi standard a cui fossero abituati, Edward non perdeva occasione per ritagliarsi dei momenti di intimità con Abby: la portava fuori a cena, la sorprendeva con degli enormi mazzi di fiori o portando Abby a vedere le sue amate gare di Rally, faceva lunghe passeggiate insieme a lei e Mary. 
Più passava il tempo, più qualsiasi cosa provasse per Edward crescesse giorno dopo giorno, e ciò non poteva far altro che farla sentire felice ed appagata.
Gli sfiorò una guancia e sorrise dolcemente, chinandosi a baciarlo con la stessa dolcezza di prima mentre Edward ricambiava quel contatto. 
La porta si aprì di scatto e rivelò proprio Dean entrare senza neanche aver bussato e subito i due ragazzi ancora avvinghiati sobbalzarono; Abby si scostò da quel contatto intimo con Edward, ed entrambi si voltarono verso la porta trovando il maggiore con aria parecchio sconvolta e dispiaciuta, oltre che sorpresa per ciò che avesse visto, iniziando a pensare che avrebbe dovuto farci l'abitudine. 
"Scusate, io volevo solo controllare Anael, ma torno più tardi.."
"Non è necessario, stavo andando via.." sussurrò Edward con aria seria, mettendosi nuovamente in piedi e dritto con la schiena e guardando la ragazza con aria tranquilla. "Andrew ha preso bene questa storia della caccia, Sam gli sta spiegando di più in che cosa consiste la nostra vita. Ma voglio essere sicuro che abbia metabolizzato tutto quanto, quindi lo accompagno a casa e torno presto qui, va bene?". 
"Ci vediamo dopo, bartender". 
Abby annuì accennando un sorriso e lo vide chinarsi su di lei per darle un rapido bacio a fior di labbra, uscendo poi rapidamente dalla stanza dopo aver scambiato un'occhiata seria con Dean; la ragazza tornò presto a stringere la mano dell'angelo ridotto allo stremo che dormisse nel letto, sentendo gli occhi pizzicare e provando un forte senso di colpa nei suoi confronti. 
Sentí Dean muoversi nella stanza fino a giungere vicino a lei, mentre guardava Anael con il viso deturpato dai colpi che Lucifer e gli altri demoni avessero inferto su di lei, e strinse forte i pugni scuotendo la testa. 
"È tutta colpa mia". 
Dean sollevò un sopracciglio e si sedette sulla sedia accanto ad Abby, voltandosi verso di lei e guardandola con aria confusa. "Di che stai parlando?". 
Abby spostò lo sguardo su di lui solamente per qualche istante, sospirando rumorosamente e facendo spallucce mentre sentiva uno strato lucido condensarsi sui suoi occhi. "Anael veniva a trovarmi di tanto in tanto, ma nell'ultimo periodo non rispondeva più alle mie chiamate. Non ci ho dato troppo peso perché ero troppo distratta dalla mia vita e da ciò che mi preoccupava. L'ho trascurata, l'ho ignorata e adesso lei è ridotta così..". 
Dean osservò le lacrime scivolare lungo il viso delicato di Abby e ascoltò la voce spezzata dal senso di colpa con cui parlasse, e ciò lo ferí più di quanto avrebbe mai potuto ammettere.
Sospirò e si sporse leggermente verso di lei, passandole dolcemente una mano sulla schiena e facendola voltare nella sua direzione per incrociare i suoi occhi e capire cosa stesse pensando dentro quella testa avvolta dalla chioma rossa; Dean  le sorrise e presto appoggiò i gomiti sulle cosce ed inarcò la schiena per piegarsi in avanti, facendo spallucce. "Sai perché non ti ho detto del ritorno di Lucifer? Mi sentivo un po' troppo in colpa. Ha preso il corpo di Castiel, il mio migliore amico, e io non me ne sono neanche accorto: Cas è entrato dentro quella gabbia per proteggerci e ha detto di si per lo stesso motivo. Sembrava sempre il solito vecchio e strambo Cas, ed invece il diavolo era dentro di lui". 
"Cas ha fatto la sua scelta. Non è stata colpa tua, Dean" rispose immediatamente Abby spazzandosi via le lacrime e tirando su con il naso, incrociando di nuovo il suo sguardo e scuotendo la testa. 
Il ragazzo accennò un sorriso amaro e avrebbe potuto dirle che nonostante lo sapesse, sentiva ugualmente il senso di colpa dentro di lui, ma si limitò a fare spallucce e sospirare. "Beh, neanche quello che è successo ad Anael è colpa tua: non potevi saperlo. Non devi sentirti in colpa perché hai avuto bisogno di un po' di normalità e di pace, che hai trovato con Edward e Andrew". 
Abby annuì un po' più convinta e accennò un sorriso, mordendosi il labbro mentre lo guardava e si sentiva nervosa. 
Dean accennò un sorriso e si sporse verso di lei quel tanto che bastava per sfiorarle il viso, impedendo che abbassasse gli occhi. 
Per tre mesi le era stato lontano, non aveva infranto la parola data a sé stesso e non era andato a trovarla neanche una volta. 
L'aveva chiamata spesso, è vero. Ma perché sapeva che Abby non gli avrebbe mai risposto.
Averla di nuovo vicina, gli permetteva di tornare finalmente a respirare: come se avesse tenuto la testa sott'acqua per tre mesi e finalmente fosse riuscito a tirarla fuori. 
Osservava il suo viso arrossato dalle lacrime che avesse versato prima e le sue ciglia che ancora trattenessero delle microgocce, le labbra dischiuse ed il respiro leggermente accelerato, gli occhi azzurrissimi che splendevano come non mai. 
Dean strinse le labbra in un'espressione di disappunto perché non era stato lui a curarle le ferite interne, come sempre aveva fatto. 
Abby era sempre stata sua e non si sarebbe mai allontanata da lui, se Dean non l'avesse spinta a farlo. 
"Mi dispiace per quel che Rose ti ha fatto".
La donna sorrise amaramente ed abbassò lo sguardo, fingendo che sapere che quell'argomento non la toccasse, ma la toccava eccome. 
La faceva soffrire, nonostante dividesse il letto ogni notte con Edward. 
Nonostante lui avesse rimesso insieme i pezzi di lei, nonostante la facesse finalmente stare bene. 
Nonostante Abby provasse dei sentimenti anche per Edward. 
Quando la vicinanza con Dean stava diventando così profonda da essere ormai inadeguata, Abby scansò la sua mano e scosse la testa, alzandosi dal letto per dirigersi verso la porta e mettere spazio fra di loro mentre il suo cuore batteva velocemente nel suo petto. 
Aveva faticato tanto per essere di nuovo felice, non avrebbe permesso a Dean di vanificare i suoi sforzi e la sua storia con Edward. "Vado a vedere cosa fa Mary".
Dean la vide tenere lo sguardo basso e sgattaiolare fino alla porta scappando come se fosse una ladra colta in flagrante sul fatto, ma l'uomo sospirò rumorosamente e si alzò in piedi, richiamandola e guardandola con aria più seria. 
"Dovresti trasferirti di nuovo qui, Abby: potresti stare più vicina a nostra figlia e soprattutto saresti protetta. Amara, Lucifer: ti vogliono morta. Questo bunker è l'unico posto in cui non possono entrare".
Abby lo guardò per un lungo istante sentendo il cuore battere più forte: sapeva che avesse ragione, sapeva che sarebbe stata un bersaglio facile fuori dal bunker. 
Ma sapeva anche di non poter chiedere a Edward di vivere insieme a lui al bunker, quindi sospirò brevemente annuendo in silenzio per poi voltarsi verso la porta ed uscire senza dire una parola, chiedendosi quale fosse la cosa giusta da fare.
 
  
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