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Autore: Sharon Johanson    19/03/2023    1 recensioni
“Sono sicuro di quello che dico. Non mentirei. Mai.”
“Satoshi, rifletti. Tokyo è immensa. Ci sono tante persone che possono assomigliarmi. Il mio ragionamento vale per chiunque.”
“Quanti ragazzi che ti assomigliano possono chiamarsi proprio Geto Suguru?”
“Tanti. È un nome abbastanza comune. Tokyo è abitata da quasi 14 milioni di persone.”
Genere: Drammatico, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geto Suguru, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo due ore di viaggio, il rumore dell’automobile che percorreva l’asfalto diventò quasi inesistente. Nonostante lei non fosse ancora arrivata, poteva già vedere la Tokyo Sky Tree.

Era strano ritornare a Tokyo. L’aveva lasciata quando era ancora una bambina e invece adesso stava per iniziare l’ultimo anno delle scuole medie. 

Troppi ricordi -indesiderati ma così preziosi- si accumularono dentro di lei. 

Non sapendo cosa fare, chiuse gli occhi e prima ancora che potesse sperare di addormentarsi in fretta, la sua mente aveva già iniziato a viaggiare indietro. 

Lei odiava pensare al passato. Se lo faceva, era inevitabile che tutti i pensieri riguardassero lui. 

Suo fratello maggiore.

Suo fratello che era la persona migliore che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita. Suo fratello che era il suo migliore amico. Suo fratello che era l’unica persona che potesse davvero capirla, sempre lui, l’unico e il solo. 

Suo fratello che sparì, proprio il giorno in cui i suoi genitori morirono. 

Quando il semaforo impose di fermarsi, l’uomo che stava guidando si girò per un momento verso di lei.

“Non ti avevo mai vista così malinconica, Hitomi. È l’effetto di Tokyo o solo la prima fase dell’adolescenza?”

Lei aprì di poco gli occhi. Non era la situazione giusta per dire quello che pensava, quindi decise di parlare di un argomento casuale, il primo che le venne in mente.

“Non avresti dovuto obbligarmi a fare il test di ammissione per una scuola così difficile. Se perderò un anno la colpa sarà solo tua, Hayato.”

Lui rise. “Non esagerare! Come hai fatto in così poco tempo a diventare drammatica? Di solito sei più positiva.”

“Sono solo realista.”

“Non sarà difficile! Dovresti ringraziarmi, sai? Ti ho fatto scegliere questa scuola perché ci sono diversi club di arti marziali, ti divertirai.”

“Hm. Questi club rispettano la tradizione, non ammetteranno mai uno stile misto come il mio.”

“Sai cosa fa rima con adolescente? Polemica. Hitomi, fidati di me, non sarà un problema. Uh? Però ora che me lo fai notare non avevo mai visto un mix di arti marziali. Lo hai visto da qualche parte? O ti ha insegnato qualcuno?” 

Mio fratello. 

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Il nuovo appartamento era un po’ diverso da quello precedente. 

Il dettaglio più interessante per Hitomi -e il più trascurabile per Hayato- era certamente la visuale. 

Fu proprio il panorama che la circondava a darle un senso di pace.

Oltre ad esserci gli edifici più alti che avesse mai visto, si poteva addirittura intravedere il Monte Fuji. Sebbene la visuale fosse così bella da essere quasi ipnotica, gli occhi di Hitomi, senza che neanche se ne accorgesse, furono catturati dal cielo notturno. 

Se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa. Chi aveva detto questa frase? Non se lo ricordava. 

Ma forse, da qualche parte, anche suo fratello stava guardando le stelle.   

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Erano passati tre mesi da quando Hitomi aveva incominciato l’ultimo anno.

Le cose banali come lo studio, stavano procedendo per il verso giusto.

E con una nuova amicizia in particolare stava andando troppo bene. 

Questa volta la sua camera era davvero un casino. Il pavimento era interamente ricoperto dai vestiti e dalle coperte, non c’era un solo centimetro libero. 

Sopra il letto, due corpi nudi ancora estasiati da quello che avevano appena finito di fare continuavano ad avvolgersi. 

“Ad Hayato verrebbe un infarto se ti vedesse così.” 

“Indubbiamente. Ma sarebbe divertente vedere la sua reazione.”

Il ragazzo annuì. Accoccolarsi sul petto di lui era diventata la più piacevole delle abitudini.

“Hitomi?”

“Cosa c’è, Satoshi?”

“Non so come chiedertelo… mh… no, forse questo non è nemmeno il momento giusto. Lascia perdere.”

“Ora sono curiosa. Parla.” 

“Credo di aver visto una cosa che forse non dovevo notare. Però so solo che ora voglio saperlo.”

“Stai dicendo troppi forse. Continua.”

“Chi è… Suguru?” 

Lei si mise a cavalcioni e lui spalancò gli occhi e la bocca.

“Aspetta, sei arrabbiata? È la prima volta che ti vedo così. Non mi riesco ad avere paura di te, il tuo seno dista un centimetro da me.”

“Hai ragione. Questo non è decisamente il momento. Sono confusa, Satoshi.”

“Questa la chiami… confusione? Io lo chiamo essere arrabb- ahia! Perché mi hai pizzicato la guancia?”

“Come sai quel nome? Parla.”

Lui sospirò. 

“Durante la pausa pranzo ti è caduto un accendino dalla tasca. Mi sono chiesto a cosa possa servirti un accendino, so per certo che tu non fumi. Poi ho visto quel nome inciso e mi sono domandato ‘chi diavolo è Suguru?’” 

“Mio fratello maggiore.”

“Cosa? Sul serio?”

“Sul serio.” Lei si sedette sul bordo del letto e con calma iniziò a rivestirsi.

“Non sapevo che avessi un fratello, non mi hai mai parlato di lui.”

Lei si fermò. “Forse lui è. Lui… è…” Sembrava che Hitomi non riuscisse a comporre la frase. 

“Lui è…?”

“Ti ricordi quando ti avevo detto che mia madre e mio padre non ci sono più per colpa di un incidente. Lo stesso giorno nii-san sparì. All’improvviso.”

“È davvero…”

“Assurdo.”

“Sì, voglio dire… quando una persona decide di andare via, lo fa per scappare o nascondersi, credo.”

“So che non saprò mai la verità sul perché mio fratello ha deciso di andare via quel giorno. Ma continuerò sempre a sperare che lui sia vivo, non posso fare altro.” 

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“Non riesci a muoverti bene perché non respiri correttamente. Ricorda: nelle arti marziali controllare la respirazione è fondamentale, Hitomi. Prova di nuovo.”

“Non ce la faccio, nii-san.”

“Non è impossibile. In poco tempo sei arrivata lontano. Pensa, se io avessi la tua età mi batteresti.” 

“Lo dici solo per farmi un complimento. Questa mossa è troppo complicata! Odio dover saltare di continuo.”

“Hitomi. Ascoltami. Devi solo avere più fiducia in te stessa. So che puoi farcela.” 
 

Era da tanto tempo che non sognava i suoi ricordi.

Non provò nemmeno ad aprire gli occhi. Voleva solo riaddormentarsi e vederlo di nuovo. 

Alla fine solo i suoi sogni potevano aiutarla. 

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“Sono sicuro di quello che dico. Non mentirei. Mai.”

“Satoshi, rifletti. Tokyo è immensa. Ci sono tante persone che possono assomigliarmi. Il mio ragionamento vale per chiunque.”

“Quanti ragazzi che ti assomigliano possono chiamarsi proprio Geto Suguru?” 

“Tanti. È un nome abbastanza comune. Tokyo è abitata da quasi 14 milioni di persone.”

“Okay, hai ragione. Ma tutto quello che mi hai raccontato su di lui coincide con quel monaco. Ho fatto vedere una tua foto alle amiche di mia madre e indovina? Erano sconvolte dalla vostra somiglianza.” 

“Quindi: le amiche di tua madre credevano di essere state maledette da una specie di entità maligna perché continuavano a vedere cose spaventose. Grazie a delle conoscenze in comune scoprono l’esistenza di un monaco dai super poteri che aiuta -a pagamento- chi è in difficoltà. Mio fratello non farebbe mai questo. Lui è la persona più gentile che conosca.”

“Lo ammetto, è una storia strana, però non potresti essere più contenta? O almeno curiosa? Voglio dire, c’è una piccola possibilità che lui sia vivo e stia bene. Come hai sempre sperato.”

“La maggior parte dei monaci che sostengono di guarire o di avere dei poteri sono solo dei truffatori esperti.”

“Non cambiare discorso, per favore. Cosa vuoi fare, Hitomi?”

“Non riuscirei più a dormire se non andassi a controllare.”

“Lo sapevo, lo sapevo! Chiedo a mia madre di inviarmi posizione del tempio, forse ci metteremo un’ora per arrivare.”

“Satoshi?”

“Sì?”

“Grazie.” 

.

.

Lei e Satoshi ci misero più tempo del previsto per arrivare. Il tempio si trovava in una zona ben nascosta. 

E… la porta principale era chiusa. 

Ma Satoshi che fin da subito aveva già notato una vecchia finestra aperta, decise di arrampicarsi ed entrare all’interno. 

“Perché l’hai fatto? Potevamo ritornare domani. Se ci scoprono saranno guai seri. Ci scambieranno di sicuro per dei ladri.” 

“Non volevo tornare indietro dopo aver corso una maratona per trovare questo tempio e nemmeno tu. Se stiamo attenti e parliamo a bassa voce… non ci capiterà niente di brutto. Dobbiamo solo dare un’occhiata. Non mi sembri nemmeno preoccupata.”

Il corridoio era davvero grande e poco illuminato.

“Hitomi? Forse in questa stanza non c’è nessuno.” Sussurrò lui mentre continuava a sbirciare dallo spioncino. 

“Beh, da qualche parte bisogna iniziare.”

“Amo questa versione di te.”

Prima che Hitomi potesse allungare la mano verso la maniglia, si sentirono delle voci. 

“Merda.” Dissero entrambi. 

Satoshi provando aprire la porta, notò con orrore che era chiusa a chiave. Fecero più attenzione possibile per non fare nessun tipo di rumore e allontanarsi in fretta. 

Continuando a camminare, si imbatterono in una porta decorata -scorrevole- più grande rispetto a tutte le altre, attirava l’attenzione. 

Ed era semiaperta. 

Senza pensarci troppo entrarono.  

Era una stanza ampia e luminosa -forse anche troppo-, l’arredamento era sorprendentemente semplice. 

“A giudicare dal pavimento rialzato verso quella parte è possibile che siamo arrivati nella sala delle udienze.” 

“Stai leggendo anche tu quello che c’è scritto? ‘Morte agli stolti. I deboli vanno puntiti. Ama i più forti’. Di nuovo merda.” 

“Quale persona normale scriverebbe e appenderebbe certe cose? ‘I deboli vanno puniti?’. Siamo capitati nella tana di un sadico.”

“È davvero inquietantesi, cos-…?! Hai sentito? Sta arrivando qualcuno.” 

Senza dire nient’altro, lui prese il polso di Hitomi, si nascosero rapidamente dentro l’unico armadio presente. 

Ora siamo fregati sul serio. Fu la prima cosa che lei pensò in quel momento.

L’unica fortuna era quella di riuscire a vedere bene cosa succedeva all’esterno.  

Quando la porta si aprì del tutto, gli occhi di Hitomi si spalancarono.

 Il suo cuore iniziò a battere forte da farle male e a stento riusciva a controllare il respiro. 

Satoshi le coprì la bocca con una mano per aiutarla a calmarsi. 

Anche lui era agitato e il fatto di aver capito dalla sorprendente somiglianza chi fosse quel ragazzo che indossava la kesa, lo turbò ancora di più.

Quindi Geto Suguru era vivo. Ed era davvero il monaco di quel tempio. 

Non era da solo: c’erano una donna e un uomo di mezza età. 

“Geto, sei un bastardo! So che sei stato tu a maledirmi. Esorcizzami, fallo, dannazione!” Quell’uomo era disperato, tremava, il sudore gocciolava sul pavimento, a causa della rabbia, la sua faccia era completamente rossa.

Non è possibile Non è possibile Non è possibile

“Manami, a quanto tempo risale l’ultima donazione che ha fatto Yamamoto-san?

Domandò pacatamente il ragazzo.

“Sto controllando. Risale a… sei mesi fa. Quindi Yamamoto non dona da tanto tempo.” 

“Ah, ho capito. Immagino che tu abbia finito i soldi. Quindi sei arrivato alla fine. Le scimmie come te non durano più di qualche mese. Non potevo aspettarmi più di tanto da una scimmia.” 

Non è possibile Non è possibile 

“S-scimmia? Geto, tu-“  

Non è pos-

Improvvisamente l’uomo emise un urlo mostruoso. Come se qualcuno lo stesse tirando nel modo più violento possibile, i suoi arti si contorsero, poi si arrivò presto in un punto dove le braccia si strapparono lontane da lui, generando un fiume di sangue.

Suguru continuando a rimanere rilassato e impassibile, pulì con un dito alcuno schizzi di sangue che gli erano arrivati in faccia. 

Hitomi e Satoshi stavano provando con tutte le loro forze a non urlare.

Dannata scimmia incapace persino di vedere le maledizioni.”

“Il vero Geto è ritornato.”

“Per il momento lasciamo qui il cadavere. Andiamo, la nostra famiglia ci sta aspettando.” 

Le lacrime scendevano ininterrottamente.

Che aspetto poteva avere un cuore distrutto? Ora Hitomi lo sapeva.

 

 

 

 

 

note dell’autrice🦋

*La kesa è il nome giapponese della veste dei monaci buddhisti. In Jjk 0, è l’abito che Geto usa più di frequente.

Questa fanfiction è un piccolo esperimento che ho sempre voluto fare in quanto adoro Jjk e ritengo che Geto, insieme a Gojo, siano personaggi super interessanti su cui soprattutto scrivere.

Mi rendo conto che su Efp siamo rimaste solo io e me. Purtroppo ci sono pochissimi scrittori e/o lettori ed è davvero un peccato vista la voglia di leggere, di inventare e di scrivere che solo le fanfiction ti possono dare. Se questo sito si aggiornasse, forse, potrebbe diventare un po’ più popolare, come ai vecchi tempi. Comunque, per i pochi che se lo stessero domandando: Hitomi, Hayato e Satoshi sono personaggi di mia invenzione; canonicamente Suguru dovrebbe essere figlio unico. Questa storia (che potete trovare su Ao3 ma in inglese) avrà più capitoli ma la mia velocità di aggiornare dipenderà giustamente anche dal riscontro che riceverò -se mai dovessi riceverne-. In ogni caso ringrazio in anticipo a tutti coloro che sono rimasti e apprezzeranno. Giusto per specificare: Hitomi ha 15 anni e in Giappone, gli studenti che frequentano l’ultimo anno delle scuole medie, cioè la terza media, hanno la stessa età di Hitomi, perché quando iniziano la prima media hanno circa 13 anni.

  
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