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Autore: Lartisteconfuse    22/03/2023    1 recensioni
Katsuki fa degli strani incubi su un morente sconosciuto dai capelli verdi. Ha questi incubi da quando ha memoria, ma cosa succederebbe se un giorno il ragazzo dai capelli verdi apparisse davvero nella sua vita?
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Masaru Bakugou, Mitsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Momento di spammare un'ennesima vecchia piccolina oneshot dal mio archivio aahha
Spero vi piaccia e se volete ditemi i vostri pensieri <3


 

Un urlo agghiacciante svegliò Mitsuki e Masaru Bakugou di soprassalto. Con uno scatto entrambi si misero seduti sul letto, cercando di schiarire la mente ancora addormentata. Le urla continuavano a riecheggiare tra le mura della casa.

Masaru sospirò. “Ci penso io” disse alzandosi e facendo cenno alla moglie di tornare a dormire. 

Con un tonfo Mitsuki si lasciò ricadere sul letto, lo sguardo fisso al soffitto, mentre intanto sentiva con orecchie vigili, i movimenti fuori dalla camera da letto. 

Masaru spalancò la porta della camera del figlio e si precipitò verso di lui.

Per come si stava muovendo, Katsuki avrebbe rischiato di farsi male e il padre lo afferrò per le braccia, scuotendolo leggermente. “Katsuki, Katsuki! è solo un sogno, svegliati!”

Con un piccolo singhiozzo, Katsuki aprì gli occhi leggermente e vide l’ombra inconfondibile del padre sopra di lui. Si girò dall’altra parte avvolgendosi nelle coperte. “Va via vecchio” borbottò. 

“Katsuki, ne devi parlare.”
“No.”
Masaru gli posò una mano tra i capelli biondi e notò come alcune ciocche fossero appiccicate alla pelle per il sudore. Con uno scatto Katsuki schiaffeggiò via la mano del padre. “Non mi toccare e va via!”
“Non parlare così a tuo padre!” Entrambi si girarono a vedere Mitsuki sulla soglia della camera, che guardava il figlio con quel suo caratteristico cipiglio arrabbiato che Katsuki aveva ereditato. 

Katsuki non rispose, si rigirò per dare a tutti e due le spalle e si accucciò ancora di più nella coperta.

Ripensò al sogno, o meglio all’incubo: era sempre lo stesso, da anni, e non riusciva a capire come uscirne. Non aveva mai detto cosa sognava, a nessuno, nemmeno ai suoi genitori o allo psicologo che era costretto a vedere perchè avere incubi praticamente tutte le notti, senza un apparente motivo da quando ne aveva memoria, non era molto normale.

A quanto i suoi gli avevano detto, solo quando era piccolo aveva accennato a qualcosa riguardo i sogni: tanto sangue, una persona morta e un dolore indescrivibile.
Ma in realtà c’era di più. Con il trascorrere degli anni i dettagli si erano aggiunti e aveva un quadro della situazione abbastanza chiaro: Il mondo non era quello che lui viveva, era diverso e lui era una sorta di supereroe. Aveva un compagno a cui sapeva di volere molto bene, insomma, era più che certo lo amasse. Anche lui era un supereroe e combattevano insieme. Solo che non erano infallibili. Ogni notte vedeva gli occhi verdi sempre pieni di vita del suo compagno spegnersi, il sorriso sporco di sangue che gli rivolgeva era sereno, dolce.

“Ci rivedremo Kacchan” gli mormorava prima di chiudere gli occhi per sempre. E Katsuki rimaneva a fissarlo, mentre la vita abbandonava anche lui, ma non gliene importava più di tanto. Ciò che lo spaventava e lo terrorizzava era perdere quella persona così importante per lui, vederla spegnersi davanti ai suoi occhi ed essere troppo debole per poterla salvare.

Il dolore fisico non era nulla in confronto a quello che provava nel cuore. 

Katsuki, però, sapeva che se avesse detto agli altri che questi erano gli incubi che lo tenevano sveglio la notte, sarebbe stato preso per pazzo, più di quanto già non lo era ritenuto. 

Già si immaginava le espressioni dei suoi genitori se avesse tirato fuori la storia di supereroi che combattono fianco a fianco per poi morire insieme. Se fosse stato in loro nemmeno lui avrebbe potuto prenderlo sul serio.

Per questo preferiva stare zitto.

“Tornate a dormire” disse ai suoi genitori dopo un lungo momento di silenzio teso. “Non ci sta nulla da dire.”
“Vuoi un bicchiere d’acqua?” domandò a quel punto suo padre.
“Se ti fa stare meglio sì”
Masaru sbuffò una risata e si alzò.

***


Katsuki stava seduto nella sala d’attesa dello studio del suo psicologo. Era una stanza abbastanza scialba, vuota, con qualche rivista posta sul tavolino per ingannare l’attesa.
Era da solo, come quasi sempre.
Poi la porta d’ingresso si aprì. D’istinto Katsuki si voltò verso la fonte del rumore e si pietrificò: sulla soglia c’era un ragazzo che lo guardava con gli occhi verdi spalancati, la bocca semiaperta in un’espressione di sorpresa. 
I due si guardarono in silenzio per quella che sembrò un’eternità, nessuno dei due sembrava voler rompere il contatto di sguardi.
“T-tu-” balbettò lo sconosciuto. 
“Ci conosciamo?” fu la domanda diretta di Katsuki. Aveva il cuore a mille, non era possibile. 
“E-ecco, no. Non penso, però-"
Katsuki sospirò. “La finisci di balbettare? è snervante!”
“Sì! Scusa Kacchan!”
Silenzio. 
Ora Katsuki era più che certo che il suo cuore era prossimo a uscire fuori dalla gabbia toracica e, al guardare l’altro, sembrava quasi che stesse per svenire. 
Lo sconosciuto, anche se tanto sconosciuto per Katsuki non era, fece dietrofront e scappò via dallo studio. Katsuki si alzò pronto per andargli dietro e urlargli contro, cosa? nemmeno lui lo sapeva, ma aveva bisogno di urlargli addosso. 
"Bakugou, ciao." La voce del suo psicologo lo fermò proprio mentre stava per uscire. Si voltò a guardarlo. 
"Che stai facendo?" domandò l'uomo. "Vuoi andare via?" 
In tutta risposta Katsuki chiuse la porta con una spinta. "Un suo paziente è appena scappato" disse. 
Lo psicologo gli rivolse uno sguardo sorpreso. "Un mio paziente? Tu sei l'ultimo della giornata. Chi era?" 
Katsuki alzò le spalle. "Non lo so. Era bassino, capelli verdi e ricci, lentiggini su tutta la faccia e occhi grandi, verde brillante." 
L'uomo scosse la testa, perplesso. "Non mi sembra di conoscere nessuno che rispecchi questa descrizione."
"Mah, forse si è confuso" commentò Katsuki fingendo normalità per non far vedere quanto in realtà era rimasto scosso da tutto quello che era accaduto.
Non vi erano dubbi, quel ragazzo era proprio lo stesso che sognava da una vita e lo aveva pure chiamato Kacchan. Impossibile avere tutte quelle coincidenze con uno sconosciuto a cui nemmeno aveva rivelato il suo nome. 
Katsuki dette una leggera spallata allo psicologo avviandosi verso lo studio. "Su, sbrighiamoci." 

***

Katsuki pensó a quel ragazzo per il resto della settimana e stranamente, gli incubi si affievolirono. 
Non si presentavano più ogni notte, ma saltuariamente e anche se non erano più incubi, nei suoi sogni il ragazzo dai capelli verdi era sempre presente. 
Sorrideva, parlava tanto, lo guardava con ammirazione, si commuoveva, lo abbracciava e Katsuki era certo che lo avesse anche baciato, solo che non se lo ricordava mai. 
Un lunedì mattina la situazione divenne ancora più strana. 
Katsuki era seduto al suo banco, a guardare fuori dalla finestra con sguardo annoiato, in attesa che la professoressa si presentasse. 
"Buongiorno ragazzi, da oggi avrete un nuovo compagno, Midoriya Izuku." 
Al sentire quel nome così familiare ma sconosciuto allo stesso tempo, Katsuki si girò e vide il soggetto dei suoi tormenti che se ne stava in piedi accanto alla cattedra con un'espressione imbarazzata e decisa allo stesso tempo. 
Midoriya si presentó nuovamente, salutandoli e poi prese posto al banco vuoto dietro Katsuki. 
"Ciao" gli bisbiglió passandogli accanto. 
Katsuki non riuscì a proferire parola, troppo sorpreso per la piega che aveva preso quella mattinata. 
Con il trascorrere dei giorni Katsuki aveva capito una cosa di Midoriya: era insistente e niente lo avrebbe fatto desistere da qualunque tipo di obiettivo che si era prefissato. 
Quel ragazzo gli orbitava intorno praticamente sempre, gli chiedeva i compiti, spiegazioni, informazioni e più Katsuki cercava di essere sgarbato con lui più l'altro sembrava divertito.
Inoltre aveva iniziato a chiamarlo Kacchan ogni volta, mai dalla sua bocca aveva sentito pronunciato il suo cognome. No, sempre quello snervante Kacchan. 
In classe tutti avevano notato come il nuovo arrivato avesse preso in simpatia il solitario e scontroso Bakugou e le battutine erano arrivate subito. 
"Si può sapere cosa vuoi da me?" domandò all'improvviso Katsuki, urlando quella domanda in mezzo alla strada. La scuola era finita e Midoriya gli stava trottando dietro parlando del più e del meno.
"Non capisco cosa intendi Kacchan."
Katsuki dovette contare fino a dieci per non urlare ancora più forte. "Perché mi stai sempre appiccicato? Non hai una casa a cui tornare?" 
"Sì, ma…" 
"Allora vacci, non mi seguire, vai via!" 
"Speravo di poter passare del tempo con te. È venerdì, non abbiamo scuola domani. Perché non andiamo da qualche parte." 
"Chi ti dice che io voglia uscire con te?" 
Midoriya si fece serio di colpo e questo spaventò Katsuki. Non aveva mai visto quell'espressione sul volto dell'altro. 
"Guardami Katsuki" disse con tono serio. 
Katsuki sobbalzò sia per il tono usato che per il fatto che quella era la prima volta che Midoriya lo aveva chiamato per nome. 
Involontariamente fece come gli aveva detto: guardò il ragazzo intensamente, avvertendo come il respiro gli si stesse diventando sempre più affaticato.
"Per quanto ancora vuoi continuare così?" domandò Midoriya. 
"C-così? Così come?" domandò Katsuki con voce tremante. 
"A fingere."
Katsuki sbarrò gli occhi e fece un passo indietro, spaventato. "Non so di cosa parli."
"Non ti mancano gli altri?" domandò con una punta di rabbia Midoriya, facendo un passo in avanti. "Perché tu a loro manchi. Kirishima, Kaminari, Todoroki, il professor Aizawa, i tuoi genitori…" 
"I-I miei genitori? Che stai dicendo? I miei genitori mi vedono tutti i giorni e… e chi sono gli altri?"
"Kacchan sono vivo." Il tono di Midoriya era cambiato di nuovo, sembrava essere sull'orlo delle lacrime, il volto trasfigurato in una smorfia sofferente. "Sono vivo e mi manchi terribilmente. Ti devi svegliare." 
Katsuki si afferrò la testa tra le mani, immagini di persone che non conosceva continuavano a passargli davanti agli occhi, un tripudio di colori, sorrisi… 
Guardò Midoriya dritto negli occhi, lo stava guardando disperato. "Ti prego Kacchan, torna da noi." Gli tese la mano, Katsuki la guardò a lungo, ma rimase fermo. 
"Tu sei morto" proferì, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. "Sei morto." 
"No, Kacchan, sono vivo e sei vivo anche tu ma ti devi svegliare." Midoriya si protese ancora di più, avvicinando la mano tesa a Katsuki. 
"Ho bisogno di sentirti chiamarmi ancora Deku" disse, aprendosi in un sorriso malinconico e bagnato dalle lacrime. "Mi avevi detto che ogni volta che avrei teso la mano tu l'avresti afferrata." 
Quello sembrò colpire nel profondo Katsuki, che con gesto insicuro allungò il braccio e racchiuse la mano di Midoriya nella sua. 
La mano di Midoriya era calda e confortevole e solo in quel momento Katsuki notò le cicatrici che ne occupavano la superficie.
Il volto di Midoriya si aprì in un grande sorriso, gli occhi ancora un po' umidi per le lacrime. 
"Grazie Kacchan, ora torniamo a casa." 

***

Katsuki aprì gli occhi, ma li richiuse subito, accecato dalla forte luce bianca che lo sovrastava. Mugugnó qualcosa e questo portò qualcuno a mettersi sopra al suo viso, riparandolo dalla luce. 
"Kacchan!" La voce squillante di Deku gli riempì le orecchie. 
"Cazzo ti urli, Deku" rispose e avrebbe voluto urlare ma gli mancavano le forze. Era già tanto che era stato capace di parlare. 
Deku ridacchiò. "Sempre il solito Kacchan" commentò con un tono pieno di affetto. Katsuki aveva ancora gli occhi chiusi, ma li aprì quando sentì la mano calda di Deku scostargli i capelli dalla fronte e poi scendere per accarezzargli una guancia. 
Rosso si specchiò nel verde. 
"Cosa è successo?" domandò in un sussurro. 
"Tu cosa ricordi?" chiese di rimando Deku, senza mai smettere di accarezzare la guancia di Katsuki. 
Katsuki aggrottò la fronte, pensieroso. "È tutto molto confuso." 
"Immagino. Sei stato incosciente per più di un mese."
Questo stupì Katsuki e tacitamente spronó Deku a continuare a parlare. 
"C'è stata una battaglia con dei Villain, abbiamo rischiato grosso. Pensavo di morire" iniziò e a Katsuki venne in mente l'immagine di Deku morente, che lo salutava prima di chiudere gli occhi. Di getto le sue dita strinsero il tessuto dei pantaloni di Deku. 
"Va tutto bene Kacchan," si premurò di rispondere l'altro. "Sto bene, mi sono svegliato in ospedale due settimane dopo e mi hanno detto che eri in coma. I medici però non capivano perché non ti svegliassi, eri già completamente guarito, ma continuavi a rimanere incosciente. Con gli altri ci è venuto in mente di cercare qualcuno che avesse un quirk capace di sondare la mente delle persone. Con un po' di fatica e anche grazie all'aiuto di alcuni eroi abbiamo trovato una donna che poteva fare al caso nostro e così sono stato spedito nella tua mente per riportarti tra noi."
"Dio, nemmeno quando dormo mi lasci in pace."
Deku scoppiò a ridere e si chinò per baciare le labbra secche di Katsuki. "Non ti libererai mai di me" mormorò. "Ora ti prendo un bicchiere d'acqua e vado ad avvisare gli altri e Kacchan, non ti azzardare ad arrenderti un'altra volta." 
Deku lasciò la stanza e Katsuki rimase solo. Si osservò intorno, riconoscendo il panorama fuori dalla finestra. Da fuori la porta sentì un insieme di voci a lui molto familiari e sorrise leggermente, era quello il posto giusto. 
   
 
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