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Autore: Orso Scrive    22/03/2023    1 recensioni
Dal 1963 a oggi, ci sono state due costanti irrinunciabili: la minaccia della guerra atomica e i Nomadi. Sulla prima non ho voce in capitolo. Ma sui Nomadi, qualcosa da dire ce l’ho pure io. Insomma, quest’anno compiono sessant’anni. Sessant’anni suonati, è proprio il caso di dirlo! Ho pensato, allora, di scrivere dei brevi racconti – in certi casi, poco più che semplici pensieri – ispirati ad alcune delle loro canzoni. È il mio personale tributo a questo gruppo musicale che, con le sue note, mi ha accompagnato in pratica da sempre.
Per dirla a modo loro, come sempre, sempre Nomadi!
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ALA BIANCA

(1971)

 

Sui tuoi capelli biondi giocava il vento e poi

un volto sconosciuto ha giocato i giorni miei…

 

 

Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Era un giorno d’estate, uno di quei giorni che sembrano non avere mai fine. Quei giorni in cui il dì e la notte non sono altro che meri formalismi, in cui le ore non significano più nulla, e si aspetta l’alba per poter vedere ancora una volta il tramonto.

L’aria ti scompigliava i capelli, quel giorno. È questa la prima immagine che ho di te. Tu che mi vieni incontro con la brezza del mare che scompiglia quei capelli biondi, che gioca con l’oro prezioso della tua chioma. Poi vennero i tuoi occhi chiari, la tua pelle soltanto un poco abbronzata, fasciata in quel bikini rosso legato sopra la nuca.

Eri scalza e i tuoi piedi nudi scomparivano tra la sabbia e la spuma del bagnasciuga. Non so nemmeno io che cosa mi prese. Restai imbambolato a guardarti camminare nella mia direzione, perso nella contemplazione della mia dea appena sorta dalle acque marine.

Ti ho mai detto che ti consideravo una dea? Forse avrei fatto meglio a dirtelo. Forse avrei fatto meglio a dirti tante cose, cose che non trovai mai il coraggio di confessarti. Come il fatto che io, quella volta, mi fossi davvero innamorato di te.

Ricordi? E come dimenticare… stavo mangiando il gelato. Ma chi se ne ricordava più? Però me ne ricordai quando la panna e il cioccolato del cornetto mi si sciolsero addosso, sporcandomi tutto il petto e colandomi fin sul costume verde.

Ecco, credo che sia questa la prima immagine che tu hai di me: un idiota che, come un bambino, si è sbrodolato con il gelato.

La tua risata mi entrò nel cuore. Così come la tua voce, quando ti affrettasti a scusarti, a dirmi che non volevi ridere di me…

E poi fummo in acqua, a giocare tra le onde, e quella giornata fu la prima di tante, di quelle settimane spensierate che non ho mai dimenticato. Hai trasformato quei miei giorni noiosi e inutili in un gioco bellissimo, in qualcosa che mi è rimasto nel cuore…

Ma non sono stato capace di dirti la verità, di farti comprendere che cosa provassi nel cuore… e ora, quando vorrei dirtelo, è troppo tardi, e tu sei andata via… non mi restano che i fantasmi di quei giorni indimenticabili.

Sei stata fugace come un’ala bianca volata via nel cielo blu di un giorno d’estate, ma il lampo con cui mi hai sfiorato è rimasto nel mio cuore…

Eppure… eppure io lo, l’estate tornerà. Tornerà ancora, come sempre. E forse tornerai anche tu, e ti ricorderai di me, e di quei giorni e del sole che vegliava il nostro gioco d’amore…

 

E di colpo torna il sole se ritorni tu.
Non ho il tempo di fermarti,

ala bianca vai…

 

   
 
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