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Autore: Duevite    24/03/2023    0 recensioni
Siamo nel Settembre 2022 quando un ragazzo si trasferisce a Salem con la sua famiglia.
In questo paese si trova un famoso giardino chiamato "Il giardino delle querce" visitabile dagli abitanti del quartiere tramite delle chiavi speciali.
In questo giardino incontrerà una persona speciale, la quale gli farà vivere il periodo più bello della sua vita, ma anche il peggiore.
Questa avventura lo porterà a scrivere la sua storia dopo numerosi anni dal suo incontro, da solo, con solo i suoi ricordi e 30 lettere.
(Se aveste voglia di lasciare una recensione, ne sarei molto grat*)
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati sei anni da quel giorno.
Io mi ero diplomato ed ero andato alla Delta State University a Cleveland dove mi laureai in letteratura inglese con il massimo dei voti.
Il mistero della morte di Heaven mi accompagnò per tutto il mio viaggio.
Quando fecero l’autopsia sul suo corpo scoprirono che morì di un attacco di cuore, un po’ strano per una ragazza di 18 anni in piena forma, ma non c’era nessuna traccia di colluttazione o altro, non era stata toccata da niente e da nessuno.
L’unica cosa che riuscii a scoprire fu che quel giardino veniva chiamato il giardino delle streghe per un motivo.
Salem era conosciuto come il paese delle streghe, e quel giardino era il loro cimitero.
Ogni volta che una strega moriva, veniva seppellita lì con un seme di quercia.
Quando l’albero cresceva si legava al corpo della donna insieme alla sua anima.
La quercia al centro era la strega madre, che comandava tutte le altre.
Mary Sibley.
Era esattamente il 4 settembre del 2028 quando parcheggiai la mia macchina davanti casa dei miei a Salem, ormai nemmeno la definivo più casa mia.
Spensi il motore e feci un lungo sospiro.
Non avevo il coraggio di affrontare quella giornata.
Scesi dalla macchina e mi guardai intorno, in quel momento arrivò una folata di vento e mi sembrò di sentire perfettamente il profumo dei capelli di Heaven, o della sua bellissima pelle candida, i miei occhi si riempirono di lacrime, le lasciai scivolare come se nulla fosse.
La mia vita da quando Heaven era morta ormai non era più la stessa.
Entrai in casa dei miei genitori facendomi una forza disumana.
Mia madre era in cucina con una tazza in mano che aspettava agitata, mio padre era seduto sullo sgabello con la gamba che ballava.
Il profumo di legno della casa mi entrò nelle narici, così come le immagini di tutti i momenti vissuti lì.
Mi venne un nodo alla gola che cercai di buttare giù mentre lasciai la valigia nell’ingresso vedendo le due chiavi del giardino attaccate al portachiavi.
Mi voltai verso di loro e andai ad abbracciare entrambi.
“Oh Adam…”
Disse mia mamma con una voce strozzata.
Io li strinsi forte a me lasciando scivolare altre lacrime dai miei occhi.
Sciolsi l’abbraccio dopo un po’ e mio padre mi asciugò le lacrime sorridendo appena.
“Sarà molto dura eh…”
Dissi io cercando di smorzare la tensione.
Durante il pranzo parlammo di tutto meno che di Heaven o del giardino.
Mi stavo trasferendo a New York e avevo trovato lavoro in una casa editrice molto semplice che non mi chiedeva di scrivere un libro in tre giorni dal nulla.
Mi stavo lentamente sistemando ma non avrei più avuto nessuna ragazza.
Il solo pensiero di toccare una persona che non fosse lei, o di costruire qualcosa che non fosse con lei mi faceva girare la testa.
Quando finii di aiutare mia mamma a sistemare tutto li guardai entrambi e sospirai.
“Io… Credo di dover andare dal padre di Heaven.”
“Ovvio Ad, ci avevamo già pensato noi.”
Io sorrisi e li salutai.
Mi avviai verso casa sua molto lentamente.
L’ultima volta che feci quella strada fu quando lessi la lettera e andai a cercarla.
Non sapevo nemmeno cosa dirgli, ma almeno speravo di riuscire a trovare un po’ di conforto e di portarne un po’ a lui.
Arrivai prima di ciò che mi aspettai e suonai il campanello velocemente.
Dopo poco William Scott si palesò davanti ai miei occhi.
Era invecchiato in malo modo, sicuramente la perdita della sua unica e perfetta figlia non aveva aiutato.
Appena mi vide i suoi occhi si illuminarono, improvvisamente mi sembrò di rivedere il bagliore degli occhi di Heaven.
Mi fece un sorriso splendido e si precipitò ad abbracciarmi come non aveva mai fatto.
“Mio caro ragazzo! Che piacere che mi dai! Vieni dentro veloce, ti offro un bel caffè.”
Io accettai sorridendo a mia volta.
Subito mi sentii in colpa, io e suo padre eravamo felici senza di lei, stavamo ridendo senza di lei.
Come mi era venuto in mente?
Entrai di nuovo in quella casa e improvvisamente mi ritrovai catapultato a sei anni prima.
A quando andai per la prima volta a cena a casa loro, a quando ci fu la tempesta, a quando le portai il regalo di Natale.
Si sentiva sempre un buonissimo odore di biscotti appena sfornati e un profumo di lavanda pervadere la casa.
Entrammo in cucina e subito Will si mise a preparare un caffè.
“Allora? So che ti sei laureato a pieni voti e che ti sei trasferito a New York.”
Io mi misi a sedere su uno sgabello e lo guardai sperando che di lì a poco la figura di una più grande ma bellissima Heaven si palesasse davanti a me.
“Sì signor Scott, ho finalmente trovato un appartamento che non richieda la vendita di un rene e ho anche trovato un lavoro ben pagato e abbastanza decente.”
Rimanemmo a parlare per qualche ora, lui mi disse che era finalmente in pensione e stava cercando di godersi gli ultimi anni della sua vita in pace.
Per me era molto giovane ma lui diceva di essere bravo a nascondere la sua vera età.
Mi disse che aveva comprato un cane, un bel labrador marrone che in quel momento era dal veterinario perché aveva mangiato un calzino la sera prima.
Mi sembrò abbastanza tranquillo il che tranquillizzò anche me.
“Hai trovato la tua dolce metà?” Mi chiese improvvisamente dopo un momento di silenzio.
Io spalancai gli occhi e lo guardai stranito.
“No, penso l’avessi già trovata. Non ne esiste più di una, sa?”
Lui mi sorrise intenerito e si alzò, lo sentii andare al piano superiore e fare i passi precisi per andare in camera di Heaven.
Avrei tanto voluto entrarci di nuovo per sapere se ci fosse ancora il suo profumo in quella stanza, o per buttarmi di nuovo su quel letto e dormire abbracciato a lei.
Dopo poco lo sentii scendere e lo vidi con un quaderno in mano, con il quaderno in mano.
Me lo allungò e io lo presi iniziando a tremare.
“Non penso di doverti dire cosa sia. Questo ti appartiene Adam.
Sai avrei voluto dartelo subito, ma il mio lavoro mi ha sempre tenuto lontano da qui anche dopo la morte di Heaven e tu sei giustamente scappato appena ne hai avuto la possibilità.
Non l’ho mai nemmeno aperto, ma me l’hanno dato subito il pomeriggio in ospedale.”
Io fissai il quaderno totalmente terrorizzato da quello che poteva esserci.
Le lacrime si formarono velocemente nei miei occhi e iniziai a vedere tutto offuscato.
Lui mi mise una mano sulla spalla.
“Lei non avrebbe voluto tutto questo, lo sai bene.
Devi andare avanti. Ci sarà sicuramente un’altra persona che ti farà provare le stesse cose.
Adam…”
Io alzai lo sguardo e posai i miei occhi nei suoi.
“Lei non tornerà mai più.”
Ed era esattamente quello il problema, lei non sarebbe mai più tornata.
Si alzò di nuovo dal divano e dopo poco tornò con le chiavi del giardino in mano.
“Tienile tu, tanto io ho già le mie, in ogni caso non ci andavo mai.
So che le chiavi devono averle solo i residenti, ma tu ormai per me sei come un figlio.
Non ho nessun altro oltre a te. So che lei avrebbe voluto le avessi tu.”
Io le presi continuando a piangere come uno stupido.
“M-Mi dispiace molto signor Scott.
Io avrei dovuto proteggerla, sapevo che si stava infilando in una cosa più grande di tutti noi… Non ho fatto niente.
Ero così imbambolato da lei che non mi sono accorto di niente.”
Lui mi abbracciò, un abbraccio paterno, forte e rassicurante.
Io lasciai scorrere altre lacrime e rimanemmo così, in silenzio, per alcuni di minuti.
Rimasi con lui per qualche ora e poi lo salutai con un altro abbraccio.
Mi incamminai verso casa dei miei genitori con il quaderno in mano e le chiavi in tasca.
Arrivato davanti casa mi girai verso sinistra e vidi in lontananza il possente cancello nero.
Feci un respiro profondo e mi incamminai verso il giardino.
Una volta davanti il cancello iniziai a tremare e ad avere un freddo addosso strano.
Aprii lentamente, quasi come se volessi entrare ma allo stesso tempo avessi paura.
Richiusi il cancello alle mie spalle e mi diressi lentamente verso il centro del giardino.
Una volta arrivato davanti alla quercia provai una sensazione strana.
La prima volta che la vidi mi sentii meglio, adesso, dopo tutto quello che era successo appena me la ritrovai davanti l’avrei solo voluta abbattere.
Era sempre lì, che si pavoneggiava, come se fosse l’unica al mondo.
I suoi rami erano sempre più grandi e lunghi, le sue foglie sempre più rigogliose, intatta come se nulla fosse successo.
Le venature della corteccia sembravano formare un sorriso malvagio e maligno che mi fissava con soddisfazione dopo avermi rovinato la vita.
Mi misi a sedere nel nostro solito punto e aprii il quaderno.
La sua bellissima calligrafia mi fece sorridere amorevolmente.
Iniziai a leggere ogni singola pagina.
Mi aveva notato lo stesso giorno che l’avevo vista io e aveva iniziato subito a scrivere di me.
Di come le avevo cambiato la vita, di come l’avevo fatta sentire viva, di come la sua voglia di scoprire qualcosa di nuovo era tornata dal momento in cui mi ero trasferito.
La sua ossessione per la scatola, per le lettere e le foto.
La sua paura che potesse succedermi qualcosa.
Le volte in cui facevamo l’amore.
In due ore mi ero rivissuto tutta la nostra storia.
Fin quando arrivai alla fine del quaderno.
Heaven aveva scoperto la storia delle streghe sotterrate nel giardino.
Quando la trovai al giardino in preda alla paura aveva visto delle lacrime uscire dalla corteccia della quercia, aveva scritto di aver visto un volto nell’albero che la guardava male.
Non aveva scritto altro.
Si era fermata a quel giorno.
Probabilmente avrebbe voluto scrivere qualcosa, magari aveva visto qualcuno, era stata spaventata.
Ma non aveva avuto nemmeno il tempo di scrivere qualcosa.
Era morta sul colpo.
Chiusi il quaderno e guardai quella quercia maledetta.
Sembrava che i sorrisi maligni che avevo visto prima fossero spariti.
Sembrava anche a me che adesso stesse piangendo.
Ma io mi alzai e le voltai le spalle.
Non avrei mai più rimesso piede in quel giardino maledetto.
Tornai a casa velocemente e andai a farmi una doccia.
Mi misi nel mio letto e pensai a quanto la mia vita fosse cambiata in maniera radicale in così poco tempo e a quanto avrei voluto per un’ultima volta stringere Heaven tra le mie braccia e dirle che sarebbe andato tutto bene.
   
 
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