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Autore: xwaterice    26/03/2023    7 recensioni
Il 13 luglio del 1789 Alain perde il suo amico più caro e, al tempo stesso, riceve in dono un simbolo incommensurabile.
“Eterno André. Eterna Oscar. Eterni nella folgore della loro Rivoluzione.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: in questo scritto il significato di folgore si discosta da quello olimpico per abbracciare un po’ quello buddhista di ‘vajra’ (fulmine e diamante), simbolo di potere e indistruttibilità come l’amore di Oscar e André… di cui Alain diventa testimone.
Colgo anche l’occasione per ringraziare la gentilissima Aaeru che ha revisionato il testo dandomi più che una grande spinta emotiva, e miei amici A. e I. per il continuo supporto!
Grazie per la lettura,
Lucrezia.


_____
 

Ultimo quarto di cremisi

Teneva in mano la folgore: un regalo di cui amò l’immenso calore che tentava di lenire l’atrocità del gelo della sera che, rigorosa, aveva invaso il corpo di André.
Ad Alain sembrò di galleggiare nello stretto di due terre che gli abissi avevano separato, ma poi unito e sommerso nell’interludio di quella Francia sospesa tra due ere; la prima stava svanendo così come la luna si accingeva a diventar nuova, cremisi di sangue che zampillava rutilante dalle camere del suo cuore obbligato alla fermezza. 

Quella folgore era dannatamente sacra, scottava.
Chissà com’erano stati nella loro giovinezza? S’immaginò il piccolo André tra le tende rosee della reggia di un generale e vide la minuta Oscar nel fiore della sua irruenza e caparbietà. Un siparietto avvincente che non tardò a fargli accennare una risata. L’avrebbe comandato a bacchetta e di buon grado il suo amico avrebbe risposto, non di certo come lui e i suoi fedeli compagni che avevano digerito a fatica quel nobile scherzo tra militari. Menomale che c’era stato André al guinzaglio della donzella travestita, un impiccio in meno!
La mente lo riportò ai primi incontri con quel ragazzo nascosto sotto i suoi stessi ciuffi corvini; cosa poteva mai fare un finto damerino per le bettole di Parigi? Non aveva una famiglia da cui tornare, un posto caldo in cui stare? Soldi più di lui forse doveva averne per vestirsi anche meglio di lui e non tener conto, a differenza sua, dei liquori richiesti. Una persona del genere doveva per forza avere un grande dolore da dimenticare o da sopportare; capo chino e sguardo vuoto sul boccale pieno, siamo tutti in lotta nel turbinio incessante della vita. Fortuna dell’essere umano, anche il più pesante degli affanni può diventare piuma con un gradevole compagno di bevute, una rissa tra sconosciuti e qualche bella donna… ma quell’uomo sembrava non interessarsi di fanciulle ben disponibili. Non che Alain sapesse, quantomeno, e nulla che lui avesse voglia di raccontare nonostante di tempo sembrasse averne parecchio nella solitudine dell’essere introverso. Lo stesso scorrere dei giorni gli aveva dimostrato che André, nel tormento di quell’amore non corrisposto, era tutto tranne che un ordinario cagnolino. Quel suo unico occhio verdemare aveva il dono di saper versare più di un poeta, e più la sua visione andava sparendo, più la sua iride diventava così tersa da potergli leggere attraverso, passando oltre la lente focale e capovolgendosi nella nitidezza del suo essere profondamente e ammirevolmente sciocco.
Quanta forza nello sgomento di quell’animo paziente? Alain l’avrebbe protetto nel merito del non aver mai ceduto anche quando non si ha più niente da perdere e nella contezza che tal proposito fosse ben lungi dall’esser qualità sua. André non era solo un innamorato bendato: era un rispettabile compagno di vita, e di quelli che la bontà sola renderebbe spropositatamente ricchi di lingotti di sole e pepite di buona ventura, quelli che metterebbero in fuga persino i mariti che di vero potevano vantare solo d’aver firmato l’attestato della menzogna.

La folgore lo feriva facendolo sentire sconosciuto che fa l’amico.
Non volle indagare mai sul suo occhio perduto e accettò sinceramente di tacere il verdetto sul restante.
«Cos’hai fatto a quell’occhio?»
«Nulla di importante».
Non era affar suo…
«Avrei potuto perdere qualcosa di molto più prezioso senza permettere che nulla potesse cambiare, Alain».
…ma forse avrebbe voluto lo fosse.
Gli disse anche di lasciare perdere quella donna che era solo da ammirare; quando lo trovò, difatti, piegato come un salice stillante in armeria, si rese conto di non esser stato poi così matto a pensare che per quella donna avrebbe dato di sé stesso molto di più senza chiedere nulla in cambio, mai, e in silenzio, sempre. Gli fu comunque lampante, a priori, che quel consiglio fosse stato tanto ignorato quanto non richiesto.

La folgore gli lacerava il palmo nel dolore di aver perso il suo alleato più caro, ripensando alla meraviglia di saper gioire per la felicità d’altri e, al contempo, di piangere per la stessa, abbracciandolo nella sua perdita più grande.

Scavava profondamente e lo lasciava attonito testimone dell’assoluta, e più falsa, noncuranza di quella donna che si svelava tradendosi di giorno in giorno. Da cosa sta sfuggendo, comandante?
Avrebbe voluto fare di più per quel saldo scudo di elegante diversità tra le baracche. Sfugga pure!
Solo André avrebbe potuto amarla in quel modo così follemente tormentato e tanto più ostinato e presuntuoso di lei. Si stancherà, comandante Oscar.
Solo lui era in grado di spogliarla dell’orgoglio di quell’uniforme e forse l’aveva già fatto proprio nella disperazione di quella supplica lanciata a mezza voce. È già stanca.
Alain si trovò pure obbligato a dover rettificare il suo stesso suggerimento quando si rese conto che la Oscar tratteggiata dal mirino d’amore di André corrispondesse all’ancora più veritiero comandante dell’unità B: non sarebbe mai stata capace di vendere un suo soldato e, in cambio, avrebbe dato sé stessa per salvare quegli uomini insolenti che pure l’avevano contestata. E per salvare lui.
Si sentì piccolo nel luccichio del sorriso del suo amico tra i soldati che da stolto divenne scaltro, si sentì pietra nel candore della donna tra i fucili che aveva appena iniziato a capire il mondo.

Nell’oscurità sostituì la folgore con un pennello.
Dipinse di una pregiata tonalità lui. Uno.
Dipinse di altre lei. Tre.
Amaro aggiunse infine la sfumatura della sposa senza anello che con lui era già andata via. Tredici.

La riprese in mano e presto pianse per quanto furono i fucilieri sui bastioni. Sette. 
Bruciava ancor di più essere il detentore del loro sentimento.

Anni dopo la folgore lo avrebbe guarito cosciente della loro fortuna di non aver mai vissuto l’eclissi del futuro lo stesso giorno in cui, imperioso, è nato. Ottantanove.

Non la lasciò più andare perché eternamente li avrebbe ricordati.

Eterno André.
Eterna Oscar.

Eterni nella folgore della loro Rivoluzione.
 
_____
 

[Avevo in testa un fotogramma dell’episodio 39 in cui si vedeva la luna… che in realtà non è mai esistito! Ci sono rimasta abbastanza male quindi, alla fine, quell’ultimo quarto di luna cremisi l’ho disegnato io.]

 
   
 
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