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Autore: Bodominjarvi    28/03/2023    1 recensioni
Provenivano da due paesi distanti e anche da due decenni differenti, ma le loro storie erano quantomai analoghe...Travagliate e senza nessun lieto fine all'orizzonte. Loro non vivevano...Sopravvivevano. Era un condizione che ormai avevano accettato entrambi da tempo.
Ambientata durante e post Tekken 7.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jin Kazama, Kazuya Mishima, Nina Williams, Sorpresa, Steve Fox
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Non riusciva a smettere di fissarla, completamente sgomento. Cosa diavolo stava farneticando? Rientrare in Giappone significava cacciarsi nei guai di proposito, quell'affermazione non aveva senso. A che scopo rischiare così tanto?
 
"Nina...Sei impazzita?" le disse con tutta la schiettezza di cui era capace. "Ti rendi conto di cosa mi hai appena detto?"
 
"Steve, devi ascoltarmi! Lo so che sembra assurdo, ma dobbiamo tornare là. Devo aiutarlo a fermarlo. Non possiamo aspettare..."
 
"Aiutare chi a fermare cosa? Nina!!!"
 
Ma la bionda non lo ascoltò. Si era già fiondata al piano di sopra, aperto una valigia e iniziato a buttare dentro vestiti alla rinfusa.
 
"NINA!" urlò il ragazzo, afferrandola per le spalle e scrollandola. "DEVI RIPRENDERTI, STAI VENEGGIANDO!"
 
"Tu...Tu non..." ma fu incapace di ribattere di fronte allo sguardo duro e severo del figlio, totalmente identico al suo.
 
Si accasciò a terra, tenendosi il capo tra le mani, mentre le parole di Jun le rimbombavano ancora nella testa.
 
"Sei l'unica speranza…Segui e ascolta il tuo cuore, sempre."
 
Per la seconda volta in vita sua si ritrovò in preda al panico, totalmente incapace di mettere assieme le idee in un ragionamento coerente. Jun le aveva affidato un compito terribilmente difficile, ma non le aveva minimamente spiegato come fare. Era davvero sufficiente che Jin la vedesse viva e vegeta per recuperare la sua forza e sconfiggere suo padre una volta per tutte? Steve si rese conto di averle letteralmente sbraitato in faccia in un momento di palese debolezza e si sentì terribilmente in colpa. Si accucciò accanto a sua madre, cercando di farla ragionare.
 
"Mi dispiace Nina, non volevo urlare. Ma devi capire che quanto stai dicendo è assurdo. Per quale motivo ti è saltata in mente una cosa del genere?"
 
La donna tirò su col naso, scuotendo la testa amareggiata.
 
"Non mi crederesti mai..."
 
"Bhe, provaci! Ti sei svegliata nel cuore della notte e hai acceso la televisione sul notiziario senza nessun motivo logico apparente. Penso di averti dato prova delle mie capacità di comprensione." le disse con ovvietà.
 
Il dover scendere a patti col fatto che mostri, diavoli e geni malvagi esistessero non fu facile, soprattutto senza averci avuto a che fare in prima persona, ma Steve era disposto ad ascoltarla ancora una volta.
 
"Sono mesi ormai che faccio sempre lo stesso sogno tutte le notti…"
 
"Lo stesso sogno? E perché non me ne hai mai parlato?"
 
"Perché io stessa non avevo idea di cosa volesse dire. Era solo un insieme informe di contorni sfuocati, oscurità e desolazione, ma solo di recente ha preso forma e solo stanotte ho capito tutto quanto."
 
"Cosa hai capito?"
 
"Chi c'era dietro e cosa volesse dirmi. Mi è apparsa in sogno la madre di Jin, Steve! E non era un sogno qualsiasi, lei era perfettamente cosciente e mi ha messa al corrente di quanto sta succedendo in Giappone "
 
Il biondo rimase allibito.
 
"Jun Kazama? Ma come è possibile? Mi avevi detto che è morta anni fa, uccisa da quel mostro..." esclamò.
 
Nina sospirò e pazientemente, ma con una certa urgenza nella voce gli spiegò per filo e per segno il suo sogno e la conversazione avuta con Jun, cercando di non omettere nemmeno il più piccolo dei dettagli. Parlò senza sosta per diversi minuti, ripetendo più e più volte i passaggi più salienti. Steve la ascoltava in silenzio e sebbene fosse palese che stesse cercando di mantenere un'espressione neutra, il suo sguardo tradiva un certo scetticismo.
 
"Pensi che io sia impazzita, non è vero?" sbottò quando suo figliò non riuscì a trattenere l'ennesimo sopracciglio alzato.
 
"No, Nina, non lo penso. " sospirò paziente. "E ti dirò di più, per quanto tutto questo suoni assurdo, io ti credo. Ma non puoi assolutamente raccattare due cose e precipitarti nel pericolo come se niente fosse, a maggior ragione esponendo ai rischi anche i tuoi figli, di cui uno ancora in fasce. Sono certo che in battaglia non avresti mai e poi mai agito di pancia senza un piano ben preciso."
 
Quelle parole ebbero il potere di placare il suo panico come una doccia fredda e finalmente bloccarla per farla ragionare. Era vero. Se la G. Corp era seriamente sulle sue tracce non poteva assolutamente correre in aeroporto come se niente fosse, nonostante i documenti falsi rischiava di venire identificata comunque. Dovevano muoversi diversamente, inoltre il piccolo Keiichi costituiva purtroppo un ostacolo in caso di fuga, aveva ancora troppi bisogni da soddisfare in continuazione.
 
"D'accordo." sospirò cercando di mettere in ordine le idee e dar loro una coerenza. "Cerchiamo di capire come abbandonare l'Irlanda anche se temo che sarà necessario farlo via nave e poi di identificare i paesi ancora liberi da quei bastardi per prendere un volo."
 
"Vado a prenderti il portatile." disse Steve, lasciandola da sola.
 
Era incredibile che la stesse assecondando in quella follia, ma come poteva sapere che la guerra era scoppiata nel momento stesso in cui la notizia è stata comunicata per la prima volta in Irlanda, perfettamente in punto col fuso orario? Erano immagini in tempo reale quelle che venivano trasmesse, perciò Jun Kazama le era veramente apparsa in sogno. Ma cos'è che sua madre avrebbe dovuto fare esattamente? E soprattutto, domanda ancora più spinosa e importante: che ruolo avevano lui e suo fratello in tutto questo? Fiducioso che presto avrebbe capito come muoversi, consegnò il PC alla donna, che immediatamente lo accese e iniziò ad iniziò a tamburellare le dita sulla tastiera come un martello.
 
"Non sapevo fossi anche un hacker..." commentò scrutando lo schermo.
 
"Ho dovuto imparare ad esserlo e non sono nemmeno una delle migliori. Fortunatamente ricordo ancora tutte le chiavi di accesso e le procedure per occultare il proprio indirizzo IP e per infiltrarmi sui vari portali del governo." rispose senza staccare gli occhi dal monitor.
 
Steve rimase a fissarla e ad appuntare nomi di paesi, aeroporti, coordinate geografiche e ogni cosa che la bionda gli dettasse per minuti interi, che divennero ore. Superato il momento iniziale di totale smarrimento era tornata ad essere la stoica e organizzatissima Nina Williams, la cui fama la precedeva per metodicità, precisione ed efficacia. Anzi, sapendo quanto fosse alta la posta in gioco, era ancora più concentrata e determinata a trovare una via di fuga. Nemmeno Keiichi poteva permettersi il lusso di essere una distrazione in quel momento, infatti ci pensò il fratello maggiore a nutrirlo con del latte in polvere e cambiarlo: sapeva che quella della bionda non era negligenza, ma solo puro istinto di sopravvivenza che per la prima volta in vita sua estendeva su altre persone, oltre che sé stessa. Non poteva, né doveva fallire.

Le prime luci ambrate segnalarono l'arrivo dell'alba filtrando attraverso il tendone color porpora del salotto. Era stata una nottata estenuante per tutti, ma il riposo era ben lontano. Nina era riuscita ad organizzare un percorso per lasciare il paese e rientrare in patria, tenendo conto di tutte le variabili ostili del caso: truppe, controlli, perquisizioni. Avrebbero raggiunto l'Inghilterra in traghetto, da lì si sarebbero recati in Finlandia, passando per la Danimarca. Avrebbero quindi preso un treno per San Pietroburgo e poi guidato fino a Mosca, dove li attendeva il volo per Tokyo. Gli aspettavano giorni di viaggio durissimi e interminabili, ma era l'unico modo per abbassare drasticamente le probabilità di venire intercettati dalla G. Corporation. Ciò che la preoccupava di più era eludere i controlli in uscita dall'aeroporto di Haneda, ma sperava che i documenti falsi e i soliti travestimenti sarebbero stati sufficienti. Il saper contraffare passaporti e carte d'identità col tempo era diventata un'altra voce nel suo curriculum e grazie alle risorse della Mishima Zaibatsu era riuscita a imparare piuttosto bene il mestiere. Si augurò con tutto il cuore che filasse tutto liscio e che sarebbero arrivati a destinazione sani e salvi. Tuttavia un dubbio la colse alla sprovvista come un fulmine a ciel sereno: aveva passato ore e ore a studiare un piano d'azione quanto più infallibile possibile, considerando tutti i pro e contro, e d'un tratto si sentì incredibilmente stupida a non aver calcolato un fattore cruciale. Osservò con attenzione Steve, che giocherellava con la penna, tamburellandola sul tavolo e mordendo il tappo di tanto in tanto, poi il suo sguardo si spostò su Keiichi, che si era riaddormentato nel suo passeggino dopo il lauto spuntino. Aveva parlato e pensato al plurale per tutto quel tempo, ma non le era passato per la testa di chiedere al diretto interessato cosa ne pensasse. Doveva esserle andato di volta il cervello.
 
"Quindi, ricapitolando..." sospirò il biondo, stancamente. "La nave per l'Inghilterra salpa nel tardo pomeriggio, quindi dobbiamo partire di qua per raggiungere il porto al massimo per le 10:00, considerando le code e gli esodi, anzi, facciamo per le 9:00 e...Nina?"
 
Si interruppe di fronte all'espressione costernata della donna che sembrava essersi tramutata in una statua di sale.
 
"Mi hai sentito? Che succede adesso?" chiese allarmato.
 
"N-on...Non posso." mormorò con la voce rotta dall'angoscia.
 
"Cosa non puoi?" le domando, scuotendo il capo.
 
"Perdonami, sono una stupida!" esclamò, nascondendo il viso tra le mani.
 
"NINA? Che ti prende, parla per l'amor del cielo!!!!"
 
Si alzò e rapidamente fece il giro del tavolo, accucciandosi accanto a sua madre, il cui corpo non riusciva a smettere di tremare.
 
"Non so cosa mia sia preso! Ho passato tutta la vita a pensare a me stessa, ma ora non posso. Non esisto più solo io, capisci?"
 
"Che vuoi dire?"
 
"Che non posso, non devo e soprattutto non voglio che tu e Keii corriate pericoli. Non ti ho chiesto nulla e vi ho coinvolti in una missione suicida che nemmeno vi riguarda. Che razza di madre sono, se non penso a proteggere in primis la mia famiglia?"
 
Steve sbarrò gli occhi, udendo quelle parole. Non tanto per la veridicità di quelle affermazioni, quanto per la preoccupazione sincera che traspariva. Era veramente in pena per loro. E aveva ragione, era priorità di qualsiasi genitore proteggere i propri figli da ogni minaccia. Eppure loro erano diventati una famiglia e Steve si era ripromesso che niente e nessuno li avrebbe separati.
 
"È vero, proteggerci è la tua priorità. Ed è esattamente ciò che stai facendo, con tutti i rischi annessi e connessi."
 
"Steve, la mia è una missione suicida, non..."
 
"Oh Nina, per favore!!! Hai sentito la televisione no? La guerra è riscoppiata ed è di nuovo su scala mondiale! Non esiste angolo su questa Terra che si possa considerare al sicuro, se devo andare all'altro mondo preferisco farlo cercando di lottare, non fuggendo. E no, non hai bisogno di chiedermi nessun' opinione, perché ho già deciso di seguirti ovunque. Ne ho voglia? Onestamente? NO! Ho altre alternative? Sì, le avrei, mi basterebbe prendere Keiichi con me e rinnegarti, d'altronde risulterei anche credibile. Ho intenzione di farlo? NO! Ho intenzione di abbandonarti, lasciarti sola, rischiare di perderti di nuovo? Porca puttana, NO! Quindi, come vedi, non ho molte altre alternative."
 
Seguì un silenzio carico di tensione. Nina non avrebbe mai pensato molte cose nella vita, in primis di diventare madre di due figli. Ma ancora di più, che uno dei due le ricordasse in modo spaventoso suo padre Richard, per forza d'animo, determinazione, coraggio e attaccamento alla famiglia. Lo aveva perso perché voleva proteggere lei ed Anna a tutti i costi. Steve era disposto a fare altrettanto, nonostante tutto. Il cuore continuava a martellarle nel petto, così forte da sembrare di essere sul punto di esplodere. Non avrebbe mai voluto ritrovarsi in una simile situazione, ma non aveva alternativa. Steve Fox era un uomo adulto e aveva già scelto. Non sarebbe mai riuscita a fargli cambiare idea.
 
"D'accordo." disse con voce ferma. "Ma ad una condizione."
 
"Sentiamo." incalzò.
 
"Ho abbastanza esperienza per valutare le singole situazioni e fiutare i pericoli. So come cavarmela, e farò di tutto per proteggervi. Ma mi devi giurare, qui davanti a me e ora, che se ti dirò ti prendere Keiichi e scappare, tu lo farai. Se ti dirò di abbandonarmi e mettervi in salvo, tu lo farai. Non provare a disobbedirmi, sicuramente è la mia testa che vogliono una volta che si renderanno conto che sono ancora viva. La tua sola ed unica priorità sarà quella di proteggerti e prenderti cura di tuo fratello. Sono stata chiara?"
 
Il tono perentorio non ammetteva repliche di sorta. Steve soppesò le parole di sua madre, fortemente combattuto. Osservò prima lei, poi il suo amato fratellino, ancora pacificamente addormentato e poi di nuovo lei. Le sue parole erano vere, lui poteva avere più possibilità di salvarsi, anche se avrebbe preferito morire, che lasciarla sola. Sapeva anche quanto fosse testona e che non sarebbe mai scesa a patti. Ma lui era sangue del suo sangue e testardo tanto quanto. Si limitò quindi ad annuire, guardandola dritta negli occhi. Si sentì male nel mentirle così spudoratamente, ma era una bugia a fin di bene. Quelle condizioni non poteva accettarle, ma per il momento doveva fare buon viso a cattivo gioco. Tuttavia sembrò convincerla, e ciò che accadde dopo ebbe dell'incredibile: lentamente Nina si alzò in piedi e per la prima volta, lo strinse a sé in uno stretto abbraccio. Fu un contatto caldo, rassicurante e disperato allo stesso tempo, come se in quell'attimo stesse cercando con tutta sé stessa di comunicargli i suoi sentimenti come non era mai stata capace di fare. E ci riuscì, Steve li percepì tutti. La strinse a sua volta, mentre una lacrima gli sfuggì dagli occhi e gli rigò dispettosamente la guancia. In quell'abbraccio entrambi racchiusero tutti loro stessi, consci di quanto erano riusciti a costruire e di quanto rischiavano di perdere. La bionda lo sciolse dopo qualche istante e il pugile notò che anche lei aveva gli occhi lucidi.
 
"Molto bene allora. Prepariamo le valige e diamoci una mossa."
 
Il viaggio verso l'inferno stava per cominciare.
 
~
 
 
Un altro rombo. Un'altra scossa. La terra non voleva smettere di tremare sotto quell'assedio di fuoco e colpi, il fumo era così denso e scuro da risucchiare dentro le sue spire tutta la luce e rendere l'aria irrespirabile. Le urla dei civili erano ormai scomparse, soppresse dallo scoppio di proiettili e ordigni che distruggevano le loro vite. C'erano dolore e disperazione in quell'inferno, c'era distruzione e morte, eppure qualcuno ne gioiva. Kazuya non stava più nella pelle e la sua poca pazienza nell'aspettare una ripresa del figlio era finita. Non gli importava più di distruggere il pianeta, se ciò significava riprendersi ciò che gli spettava, ormai era schiavo del suo perverso obiettivo e niente e nessuno l'avrebbe più fermato dal conseguirlo. Sapeva che era solo questione di tempo prima che Jin, volente o nolente, si facesse il vivo, era ben conscio che avrebbe sopportato un'apocalisse del genere solo fino ad un certo punto. Si era divertito a fare il grande e lo sbruffone, scatenando una guerra col solo intento di risvegliare Azazel e sconfiggerlo, convinto di portarsi dietro la sua stirpe, quando in verità era poco più che un ragazzino ancora schiavo delle sue emozioni e dei suoi patetici ricordi. Abbassare la guardia quella notte con Jun era stato uno degli errori più gravi che sentiva di aver commesso, la nascita del loro figlio era stato un autosabotaggio in piena regola. Ma avrebbe trovato una soluzione ai suoi sbagli, avrebbe rimesso a posto le cose come avrebbero dovuto sempre essere. Jun era morta. Quel bastardo di suo padre era morto. Akuma era stato distrutto. Quel piccolo parassita era l'ultimo ostacolo al compimento del suo malefico progetto che cercava di portare a termine da tutta la vita. Non si sarebbe arrestato davanti a niente, nemmeno alla morte stessa. Era ad un passo dal divenire persino più potente di essa. Il diavolo fatto uomo osservò compiaciuto quello scenario di devastazione, con un sorriso sadico a distorcergli il volto. L'occhio rosso brillava di una luce maligna e sempre più accesa. Ormai l'atto stava per compiersi...
 
"Vieni fuori, Jin, se hai il coraggio...Ti sto aspettando..."
 
~
 
 
E nascosti in un bunker di massima sicurezza nei sotterranei della Violet System, altri quattro paia di occhi osservavano desolati ed inorriditi il disastro compiersi. Quante persone avevano già perso la vita e quante ancora sarebbero scomparse. Il tempo era scaduto, non poteva più tirarsi indietro. A nulla servirono le suppliche dei suoi compagni, nel tentativo di farlo desistere sul fatto che non fosse ancora pronto, aveva accettato il suo destino e con la morte nel cuore si preparò mentalmente ad affrontare l'ultima battaglia, la più importante e difficile della sua vita. Nessun'altro avrebbe potuto farlo al posto suo.
 
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Ed infine, un altro paio di occhi blu si sbarrarono di fronte all'immagine proiettata su un monitor di un comunissimo PC. Non aveva potuto opporsi alla richiesta categorica del suo capo e aveva passato gli ultimi giorni a cercare in ogni modo di rintracciare sua sorella, ricostruendo i suoi ultimi spostamenti. In cuor suo sapeva che non poteva essere morta veramente, era sempre stata una fuoriclasse nel cavarsela e in ogni caso la buona stella di loro padre non l'avrebbe mai abbandonata. Odiava sua sorella, che sembrava avesse 9 vite come i gatti, ogni volta, anche nelle situazioni più disperate era sempre riuscita a scampare il pericolo. E lei voleva stanarla e consegnarla a Kazuya, per sentirsi fiera di sé stessa per aver portato a compimento la sua missione, per sentirsi importante... Fino ad un secondo prima di vedere quel fotogramma rilevato da una telecamera di sicurezza di una farmacia. L'avrebbe riconosciuta tra mille persone, e dietro mille travestimenti, ma aveva anche riconosciuto l'oggetto che aveva acquistato in quell'occasione, risalente a quasi 9 mesi prima. Non poteva essere vero. No, sua sorella...Impossibile...No. Ed improvvisamente capì tutto quanto. Capì perché il suo capo le aveva affidato quel compito. Capì le sue intenzioni e si rese conto di cosa ci fosse veramente dietro a quella richiesta. E tentennò. Per la prima volta in vita sua, senza nemmeno capire il perché, Anna Williams desiderò proteggere la vita di sua sorella...
 
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Note dell'autrice: ebbene, signore e signori, la mia scorta di capitoli termina ufficialmente qui, e come direbbero gli inglesi "shit is going to hit the fan". Sono bloccata da settimane sul prossimo e la cosa mi innervosisce parecchio perchè i successivi si scriverebbero praticamente da soli, ma giunti a questo punto non voglio buttare giù cose a caso solo per finire prima. Mi ci sono voluti anni per arrivare a questo punto e ora che Tekken 8 è sempre più vicino non mi va di farmi rovinare il gusto di portare a termine questa storia. I personaggi ci sono tutti, le vicende sono delineate, perciò esigo dare a questa mia creazione il finale che merita. E se siete arrivati fino a qua a leggere il frutto delle mie idee e i miei deliri, io vi ringrazio davvero di cuore. Anche se la storia non vi piace, io vi ringrazio comunque. Perchè mai nella vita sono arrivata a scrivere una cosa del genere e già per me è un successo così. Spero vivamente di riuscire a sbloccarmi e continuare a sorprendervi. Un abbraccio a tutti!
Ps: ho aggiornato il capitolo 18 "A Grave Of Fire" perchè l'altro giorno mi sono resa conto di aver completamente ommesso lo scontro finale tra Kazuya e Akuma. Non aveva senso ommetterlo, sebbene abbia riassunto il tutto alla belle e meglio in poche righe, ma non mi andava proprio di lasciare un buco di trama così grossolano. Portate pazienza, non sono una scrittrice, non lo sarò mai, ma sto cercando di fare le cose per bene XD. 
  
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