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Autore: oscar 82    29/03/2023    1 recensioni
Arthur non è morto a Camlann. Merlin lo ha salvato e ora i due sono sull'isola di Avalon, in attesa che il Re si riprenda del tutto. Da qui partono i fatti, da qui Mago e Re iniziano il capitolo più importante della loro relazione...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Arthur restò un attimo in silenzio, dopo che sua moglie ebbe terminato di leggere la lettera che portava il sigillo del clan di Artax, poi si voltò verso di lei, pronunciando un secco:
“Così sia”.
 

“Sarai soddisfatto, ora”,

sibilò la Regina.

“Soddisfatto?”

“Andiamo Arthur. Pensavi davvero che la ragazza non si sarebbe legata al dito il rifiuto di Merlin? Artax non è un uomo che incassa facilmente un no, soprattutto se riguarda Koral”. 
 
“Affronteremo la cosa, Gwen. Abbiamo comunque la maggior parte dei clan dalla nostra parte e, cosa più importante, abbiamo con noi il druido più potente di tutti”,
puntualizzò il Re.

“Ma certo”.
“Dubiti forse dei poteri di Merlin?”
“Arthur, non cambiare discorso. Sai benissimo che ti bastava imporgli di accettare quella benedetta proposta”.
“Imporgli? Ti ricordo che Merlin non è più il mio servitore, e non lo avrei fatto comunque, nemmeno se lo fosse stato ancora”.

“Oh, non lo avrei mai detto”,

gli fece eco la donna, sarcastica. 

"Ti faresti tagliare un braccio, pur di non separarti da lui”.

 
Arthur la fissò, l’espressione neutra, distaccata. Era così allenato a quel tipo di discussioni con sua moglie, che oramai non doveva più nemmeno pesare le frasi:

 “Hai ragione. Non voglio e non posso separarmi da lui. Mi sembrava chiaro, del resto, visto che non parliamo d’altro”.
 

Gwen ebbe un moto di stizza:

“Evidentemente non lo è abbastanza. Non è chiaro come possiate agire sconsideratamente, mettendo in pericolo il regno”.

Arthur sgranò gli occhi di fronte all’impudenza della sovrana:

“Fingerò di non aver sentito”,

sibilò.

“Fidati, mi hai sentita”,

sfidò lei. 

“Fermati ora, Gwen. Fermati, ti prego”,

fece Arthur, e la sua voce si abbassò di un tono.
La Regina non lo ascoltò:

“Un ragazzino capriccioso si sarebbe comportato con più senno…”.

“Ho detto basta!”, 

tuonò l’uomo.

“Ti ricordi di chi stai parlando vero? Se non fosse per lui, sarei morto! Sarei morto mille volte! Ha fatto tutto per Camelot, per me!”.

“Quindi adesso la tua sarebbe semplice gratitudine?”,

chiese Gwen con rinnovato sarcarmo.
“No. Non è gratitudine, e mi spiace davvero che tu non capisca, ma sono stanco di provare a spiegare. Il legame che ci unisce è unico, imprescindibile. Deciso dal Fato. Non c’è nulla che lo equivalga e nulla, assolutamente nulla, per cui vi rinuncerei. Non vi rinuncerò”,
concluse il Re, guardandola negli occhi e accorgendosi di aver detto più di quanto voleva. 
 
Era scivolato dalla sua bocca così, sgorgando direttamente da suo cuore, per una volta senza essere filtrato dalla mente. 
Gwen rimase immobile, con gli occhi spalancati. Arthur continuava a sentire le sue parole, l’eco gli ronzava nelle orecchie, ne avvertiva il peso nella stanza, su sua moglie. 
Non disse nulla.
Con un ultimo, glaciale sguardo, la Regina si voltò e si allontanò dalla camera.
 
Arthur sentì il bisogno di appoggiarsi alla scrivania, chiudendo gli occhi e cercando di stabilizzarsi. Non aveva visto Merlin entrare, ma la carezza allarmata della magia lo avvertì comunque.
 
Mio Signore.
 
Aprì gli occhi e agganciò quelli grandi, color oceano, di Merlin.

“Arthur, che succede? Ho incontrato Gwen nei corridoi e…”,

la voce di Merlin era turbata.
Il Re gli passò la lettera:

“Leggi”.

 
Merlin scorse rapidamente la pergamena, mentre un’espressione di rammarico si dipingeva sul suo viso. Sospirò, prima di sussurrare:

“Avrei dovuto immaginarlo. Ho sottovalutato l’orgoglio ferito di Koral, a quanto pare. Avrei dovuto parlare io direttamente con Artax. Avrei…”,

stava proseguendo, ma Arthur lo interruppe:
 

“Merlin. Non ti permetterò di prenderti tutte le responsabilità. Siamo insieme in questa cosa, ricordi?”.

 
Merlin scosse la testa:
“No Arthur, non capisci. Questo potrebbe dividere i clan e portare a una battaglia, magari armata. Era proprio quello che volevo evitare, che dovevamo evitare”,

concluse con tono disperato. La paura serpeggiava già nella sua voce, quella stessa paura che da un anno cercava di mettere a tacere ogni volta che i ricordi di Camlann riaffioravano.
Il sovrano lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di sé.

“Combatteremo, se ce ne sarà bisogno. Non ho dimenticato come si fa, sai”,

cercò di stemperare la tensione.

“E ho te al mio fianco. Ho visto quanto sei potente. Non sono spaventato”,

concluse.
 
Io sono terrorizzato, invece. Non posso perderti ora. Merlin respirò profondamente per scacciare l’angoscia.
 

“Non dovevo decidere in base a ciò che voglio io. È sbagliato. Il destino trova sempre la sua strada. Non dovevo farmi condizionare… dai miei sentimenti”,


fece, in un soffio.

“Dovevo agire con maggiore cautela”,

terminò, abbassando la testa.
 
Il Re gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo:

“Un saggio giovane, anni fa, mi disse che un Sovrano infelice rende il suo regno debole”.
“Io non sono il Re”.
“No ma…Mi sembra di ricordare che il Re non abbia dato la benedizione al matrimonio, perché non ne era felice”.
 

Merlin si perse nel tocco caldo, tenero di Arthur. Per un attimo chiuse gli occhi, desideroso solo di sentirlo, muovendo un altro passo verso di lui. L’aria era densa intorno a loro. Poteva ascoltare, nel silenzio, il battito veloce del suo stesso cuore.
 
“Mi dispiace per quello che ho detto quel giorno, quando sono tornato dalla dimora di Artax. E anche per quello che ho detto sul giorno delle tue nozze. Non…”,

deglutì, lo sguardo di Arthur profondo che scavava nella sua anima.
“Ci sono cose che è meglio tacere”,
sussurrò, appena udibile. 
 
Il Re continuava a guardarlo come abbagliato, senza lasciare il suo viso.

“Oh, lo so bene”,

ribatté, anche lui così piano che fu appena un fruscìo.
 
Ci sono tante cose da dirti, così tante, che ho sempre rimandato.
 Che non riuscirò mai a ripagare i tuoi sacrifici per me. 
Che non ne sono degno.
 Che sei così potente, glorioso e io sono solo un Re e non capisco come tu possa amarmi così totalmente, incondizionatamente come fai. Come fai, Merlin?
 
La mente di Arthur rincorreva le parole mai dette. Il solito  nodo piantato in gola gli impediva di tirarle fuori. Scalpitavano per uscire, dopo anni di repressione. 
Diglielo. Diglielo.
 
Fu la voce di Merlin a scuoterlo dai suoi pensieri.

“C’è una cosa che devo fare. Un posto in cui devo tornare”, 

fece lo stregone, rompendo così la bolla in cui si erano rifugiati.  La perdita del calore del tocco di Arthur gli provocò una lieve fitta di dolore. 
 

“Certo. Ti accompagno”,

rispose il Sovrano.
 
Merlin sorrise, dolce e lieve.

“Non puoi. Devo andare da solo. È un posto magico. Vorrei davvero che tu venissi con me, ma sarebbe troppo, per te”. 

Un lampo di delusione attraversò il bel viso del Sovrano, che tuttavia annuì:

“Va bene. Sai che mi fido di te”.
“Però posso mostrartelo”,

aggiunse Merlin, sempre con lo stesso sorriso. 
Protese le mani e i suoi occhi si illuminarono d’oro, scintillanti, travolgenti.
 
Arthur sussultò. Davanti a lui, sfavillante, l’immagine di una miriade di cristalli, bianchi e puri come diamanti, che emanavano una luce così forte che per un attimo dovette distogliere lo sguardo, quasi acceccato. Era sopraffatto da tanta maestà.
 
Con un gesto di Merlin, la visione sparì.

“Meraviglioso”,

mormorò, emozionato, Arthur.

“Si chiama Caverna di Cristallo. É la fonte più potente di magia. È da lì che ti ho parlato la notte di Camlann. Quando… Che c’è?”,

si interruppe, notando il modo in cui Arthur lo guardava.
 

“I tuoi occhi. Sono ancora d’oro puro”.
“Non è la prima volta, Arthur”.
“Mi affascinano sempre. Come la prima volta”,

ammise, a voce roca.
Merlin distolse lo sguardo, arrossendo appena. 
 

“Vai, allora. Ma fai in fretta. Perché al tuo ritorno, sono io che devo portarti in un posto”,

disse Arthur, schiarendosi la voce e riacquistando compostezza.
 
Merlin lo fissò intensamente per un momento, quasi a voler memorizzare la sua immagine. 

“Come ordinate, mio Signore”,

e rapido si avviò, per raggiungere  l’uscita del castello.
 
 
 
 
 
 
  
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