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Autore: Justice Gundam    30/03/2023    1 recensioni
Il Confine dell'Oceano, un gruppo di rigogliose isole nelle vicinanze del Primo Continente. Un gruppo di coloni, facenti parte di una spedizione del Regno di Estania, in cerca di un luogo dove iniziare la loro nuova vita. Gli avventurieri che vegliano su di loro e mantengono la sicurezza. Ma una minaccia terribile incombe su di loro: un esercito di insetti giganteschi e creature insettoidi è apparso all'improvviso e minaccia l'incolumità degli abitanti. Una manciata di esperti, maghi e combattenti saranno gli unici in grado di proteggere i coloni del Confine dell'Oceano da questa mostruosa invasione...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 11 - Coloni in fuga

 

Il mattino seguente, il sole che brillava sopra le rovine di quello che fino al giorno prima era stato il villaggio di Pasiega sembrava quasi beffardo mentre illuminava quel panorama desolante. Molti edifici erano stati dati alle fiamme, molti erano stati abbattuti dalla furia cieca degli insetti giganti che erano scesi sulla cittadina come un flagello. Le stradine del villaggio erano ricoperte di sangue e dei pezzi di coloro che avevano perso la vita nello scontro, e i pochi superstiti catturati erano stati legati e condotti fuori dalle rovine di Pasiega, chiaramente destinati ad essere niente più che schiavi e bottino di guerra. Persino molti degli insettoidi sembravano a disagio nel muoversi in mezzo a quello spettacolo desolante.

Nel giro di mezza giornata, Pasiega aveva cessato di esistere.

Un tosculi dall'aspetto particolarmente arcigno e crudele, il corpo chitinoso ricoperto di piastre di colore blu cobalto, con un'antenna mozzata e gli occhi compositi che si muovevano vividi mentre scandagliavano i rimasugli della colonia, si fece avanti tra le case distrutte, forse ancora alla ricerca di qualche ultima sacca di resistenza da stroncare. Uno sdrucito mantello porpora svolazzava dietro di lui ad ogni passo, e in una mano teneva una lunga asta da combattimento, un capo della quale era stato intagliato in modo da assomigliare alla testa di un insetto mostruoso. Al suo passaggio, gli insettoidi supersiti si mettevano sull'attenti in segno di rispetto, tranne quelli feriti troppo gravemente per stare in piedi.

Il potente tosculi negromante Kadox avanzò nelle strade devastate di Pasiega, indifferente allo spettacolo di morte e distruzione che lo circondava. Finalmente, giunse alla piazza principale della ex-colonia, dove un gruppetto di insettoidi armati lo stava attendendo con ansia. Kadox si fermò davanti a loro - un altro tosculi, un uomo-mantide molto più alto degli altri con una corazza nera dalle sfumature grigie... e un'altra creatura che ricordava uno scarafaggio grande come un uomo che si reggeva in piedi sulle zampe posteriori e teneva tra le mani una lunga lancia dalla punta gocciolante di un denso liquido giallastro.

I tre insettoidi graduati deglutirono nervosamente prima che lo scarafaggio bipede prendesse coraggio e cominciasse a fare il suo rapporto con voce un po' esitante. "Potente Kadox, comandante..." esordì infine lo scarafaggio umanoide con una voce stranamente melodica. "Siamo... lieti di comunicarle che l'attacco a Pasiega ha raggiunto l'obiettivo che ci eravamo proposti. C'è stata resistenza, e abbiamo perso più soldati di quanti ci saremmo aspettati, ma il risultato finale è stato la rotta dei colonizzatori e il controllo completo della zona."

"Bene. Un buon risultato." rispose Kadox, serrando i suoi occhi compositi con aria non troppo convinta. "Ma... mi sembra di capire che alcuni gruppi di coloni sono riusciti ad allontanarsi."

"Purtroppo sì, comandante Kadox." disse l'altro tosculi, un insettoide alto circa un metro e venti con un esoscheletro rossastro che lo faceva assomigliare ad una formica rossa gigantesca. Quando Kadox spostò la sua attenzione su di lui, il tosculi rossastro si schiarì la voce e proseguì. "Siamo riusciti ad individuare due gruppi di umanoidi che si allontanavano dal villaggio assediato, ognuno dirigendo in una direzione diversa. Nel corso della battaglia non c'era tempo di inseguirli, ma non appena avremo la sicurezza che tutto sia sotto controllo, ci assicureremo di ritrovare entrambi i gruppi e neutralizzarli. Sempre che i pericoli dell'isola e i nostri agenti indipendenti non svolgano il lavoro per noi."

Kadox annuì severamente. "Iniziate il prima possibile." affermò. "Finchè questa colonia non sarà stata soggiogata in una maniera che il potente Echthrois riterrà soddisfacente, non possiamo permetterci di sottovalutare quei superstiti. Date loro una caccia spietata, ed assicuratevi che non rimanga più nessuno a cercare vendetta."

I tre luogotenenti di Kadox si rimisero sull'attenti con decisione ed un pizzico di apprensione. "Sì... sarà fatto, potente Kadox. Cercheremo di non farceli scappare." affermò l'uomo-mantide dalla corazza nera. Sembrava un thri-kreen, ma a parte le dimensioni maggiori (era alto poco meno di tre metri), aveva un aspetto per certi versi più elegante e raffinato. Al momento, mentre stava in piedi in mezzo alla devastazione provocata dagli insetti giganti e dagli insettoidi, non dava esattamente l'impressione che gli facesse piacere quello che era successo...

"Tsk... non è un po' tardi per pentirsene, Zak-Nakim?" si rimproverò con il pensiero. "Dopotutto... anche tu vuoi che il Dominio di Isthmos torni ad essere quello che era un tempo, no? E non potevamo certo sperare che gli umanoidi comprendessero le nostre ragioni... i nostri signori ci avevano avvertito fin dall'inizio che non c'era possibilità di dialogo tra le nostre razze. I nostri modi, la nostra natura... sono semplicemente troppo diversi dai loro. Detto questo... non mi fa piacere che siano morte delle persone che non ci hanno fatto niente di male, e che probabilmente non sapevano neanche che esistiamo."

Zak-Nakim, il tohr-kreen al comando di un'intera guarnigione di insettoidi del Dominio di Isthmos, si guardò attorno, sempre restando sull'attenti. Alcuni tosculi stavano raccogliendo i corpi degli insetti giganti e degli insettoidi, mettendoli su delle carriole in modo che venissero riportati alla base. Non ci sarebbero state onoranze funebri per loro. I soldati sarebbero stati gettati in una fossa comune e cremati senza tante distinzioni... mentre i corpi degli insetti sarebbero semplicemente diventati cibo per le larve. Tuttavia, ciò che lasciò un po' sorpreso Zak-Nakim fu vedere che i tosculi stavano caricando su un trasporto separato anche i corpi di alcuni soldati di Pasiega - e in particolare, quelli che erano stati divorati soltanto in piccola parte o per nulla dagli insetti giganti. La cosa gli sembrò strana - come mai recuperare i corpi degli umanoidi? A cosa potevano servire? Forse avrebbero fatto anche loro da cibo per le larve?

Scosse la testa e scacciò quel pensiero dalla mente. Il suo compito era obbedire, non fare domande. La loro razza era ormai avviata sul viale dell'estinzione, e l'unico modo per salvarla era affidarsi alla guida dei loro potenti signori. Non poteva lasciarsi prendere la mano dalla compassione o dalla curiosità - la sua lealtà la doveva prima di tutto ai suoi sottoposti e al suo popolo.

"Per adesso cercate con attenzione in tutti gli edifici. Prelevate tutto quello che può essere utile. Cibo, oggetti preziosi, utensili... non mi interessa se sembra inutile, raccattate ogni cosa. Ci occuperemo in seguito di identificarla. E mettete tutto in sicurezza." ordinò Kadox. Mentre i tosculi e gli altri insettoidi si prodigavano per obbedire ai suoi ordini, il tosculi blu raggiunse il carro dove alcuni thri-kreen e un imponente trox si stavano occupando dell'ingrato compito di disporre i cadaveri degli umani e degli umanoidi.

"Bene. Vediamo un po' cosa abbiamo qui..." disse tra sè Kadox, notando che tra i corpi rimasti più o meno interi ce n'erano alcuni piuttosto interessanti... e che avrebbero potuto tornargli molto utili.

 

oooooooooo

 

Pepa tese il suo arco ed uscì con passo sicuro dall'erba alta, guardandosi attorno con attenzione e rimanendo sempre pronta a scoccare una freccia nel caso ci fosse stato qualche pericolo. Per adesso, non sentiva il ronzio assordante degli insetti giganti, nè altro che facesse presagire un agguato... e dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ma senza mai permettersi di abbassare la guardia, la ranger si voltò verso i suoi compagni e il gruppo di profughi che stavano guidando.

"Qui tutto a posto. Presto, prima che la fortuna ci volti di nuovo le spalle." esclamò. Uno sparuto gruppetto di non più di una quarantina di persone, spaventate e confuse, che portavano con sè quel poco che erano riuscite a salvare dall'attacco degli insettoidi. Su un paio di carretti erano raccolte le loro provviste e gli strumenti che avrebbero potuto essere loro utili nel corso del loro cieco arrancare verso una remota speranza di salvezza... e l'unico motivo per cui non avevano ancora ceduto alla disperazione era il fatto che c'erano quei sei avventurieri esperti a proteggerli al meglio delle loro possibilità.

Ogni membro del gruppo aveva reagito a modo suo alla tragedia della fine di Pasiega - e del gruppo, Draig era stato quello più esplicito. Il dragonide barbaro si sentiva come una bomba pronta ad esplodere, riuscendo a malapena a trattenere un cieco furore e un senso di colpa e disprezzo per sè stesso per non essere riuscito a salvare più persone. Un paio di volte, quando il gruppo di rifugiati si era imbattuto in un paio di insetti giganti, questa rabbia era esplosa, e Draig si era trasformato in un vortice di furia che aveva fatto a pezzi gli attaccanti in un attimo.

Albion aveva preso la situazione con un po' più di calma - ma questo non voleva dire che il dragonide paladino non si sentisse in colpa e non avesse la sensazione di aver potuto fare qualcosa di più per evitare quella catastrofe. Una volta di più, le parole del comandante Verdugo riecheggiavano nella sua mente, affidando a lui e ai suoi compagni la responsabilità di tenere viva la speranza e i superstiti... e ciò nonostante, Albion era amareggiato all'idea di essere sopravvissuto mentre Verdugo era quasi sicuramente morto sotto i colpi degli insettoidi.

Il dragonide argentato scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri tossici. Purtroppo, quello che aveva detto Verdugo era la verità. Restare lì a combattere sarebbe stato un autentico suicidio. E in quel momento, lui aveva ancora il suo dovere nei confronti delle persone che erano riusciti a salvare da quell'inferno.

Imponendosi di restare ancorato alla realtà, Albion raggiunse il carro dove erano riusciti a stivare un po' di provviste, e al cui fianco camminava Damiàn. Il giovane mezzelfo arcanista aveva mantenuto il controllo in maniera ammirevole, ma Albion percepiva che stava semplicemente cercando di ancorarsi ad una spiegazione razionale per quanto era avvenuto, e che in quel momento si trovava in un territorio a lui del tutto ignoto... e non solo dal punto di vista fisico.

"Com'è la situazione, Damiàn?" chiese il dragonide argentato.

Damiàn sembrò non sentire la domanda, visto che non rispose subito. Albion stava per ripetere, ma si fermò quando il mezzelfo tirò un breve sospiro e diede la risposta. "Per adesso possiamo sopravvivere." affermò, non vedendo motivo per addolcire la pillola. "Ma dovremo presto fermarci a riposare. Queste persone... sono ormai esauste, e ben presto dovremo fare le razioni."

"Dovremo anche cercare un riparo. Un posto dove passare la notte." rispose Hipolito, avvicinandosi a sua volta ad Albion. "E purtroppo non ho idea di dove possiamo trovare un luogo sicuro. Temo che quegli insetti giganti stiano per invadere tutta l'isola."

"Maledizione... da dove sono spuntati fuori, tutti in una volta?" ringhiò Albion. "Certo non credevo che quel culto di Deskari fosse l'unico dei nostri problemi, ma... ma... un attacco così massiccio non può essere stato organizzato in una settimana! Doveva per forza essere stato pianificato in anticipo!"

Il piccolo halfling druido scosse la testa. "Non ne ho idea... certo, ha ragione quando fa queste affermazioni, paladino Albion. Anzi... non vorrei che questo attacco a cui siamo sopravvissuti... fosse soltanto una parte di un'offensiva ben più massiccia contro le colonie estaniane su Pasiega." affermò.

L'idea era troppo terribile perchè Albion si fermasse a pensarci, e il dragonide argentato decise di interrompere lì il discorso. "Beh... preoccupiamoci dei nostri problemi nell'ordine in cui si presentano." affermò. "Per adesso... cerchiamo un luogo dove i nostri compaesani possano passare la notte... e in seguito vedremo il da farsi. Voi restate qui, io dò un'occhiata al resto della fila, e vedo come se la stanno cavando Draig e Serena."

Hipolito e Damiàn annuirono rapidamente mentre Albion si muoveva verso la retroguardia. La gente di Pasiega, ancora sconvolta ed attonita, marciava in linea retta, cercando di mantenere i pensieri fissi sulla sopravvivenza - fare un passo dopo l'altro per allontanarsi dal luogo della tragedia. Albion passò accanto ad un famiglia - un uomo, una donna, un bambino e una bambina, quest'ultima con in braccio un gatto bianco, e si fermò per verificare che stessero bene. 

"Ah... grazie, paladino Albion, noi... stiamo bene, per adesso." disse l'uomo, cercando di apparire presentabile. "Certo... non ci aspettavamo che succedesse tutto questo..."

"Non abbiamo molto da mangiare, vero?" chiese la bambina con aria depressa, mentre accarezzava il gatto bianco che faceva le fusa tra le sue braccia. "Dovremo... mangiare Paquito?"

"Ma... ma no, Milena, come ti viene in mente questa cosa?" replicò immediatamente la sua mamma, cercando di mantenere un minimo di ottimismo in quella situazione terribile. "Vedrai... che andrà tutto bene. Ci sono... il nobile Albion e i suoi amici a vegliare su di noi, e loro... loro troveranno il modo di aiutarci tutti, ne sono sicura..."

Era evidente che la signora non era del tutto convinta di quello che diceva, e non stava facendo altro che cercare di rassicurare la sua bambina. Ma la scena, nonostante tutto, scosse qualcosa in Albion e riaccese la determinazione del paladino. Era suo sacro dovere, come figlio di Bahamut, aiutare quella gente... non solo a sopravvivere ma anche a ricostruire le loro case, le loro famiglie... la loro felicità. Ridare loro un futuro, una dignità. Quello era il suo compito, e la vista di quella famiglia che ancora, nonostante tutto, cercava di andare avanti, glielo aveva ricordato.

"Sì, la tua mamma ha ragione." affermò Albion, per poi fare una carezza al gatto bianco, che emise un miagolio un po' infastidito. "Il mio compito è di aiutarvi, e vedrete che io e i miei amici troveremo una soluzione. Ricostruiremo le case di tutti voi, e troveremo il modo di sistemare quegli insetti cattivi che ci hanno costretti a fuggire. Lo giuro davanti al divino Bahamut, il padre di tutti noi!"

"Grazie, paladino Albion. Voi... state facendo così tanto per noi..." affermò il padre, cercando senza troppo successo di mascherare le sue emozioni.

"Paladino Albion!" disse il bambino, che sembrava un po' più grande della sorella. "Io... quando diventerò grande sarò un paladino! Sarò anch'io un eroe come voi!"

"Ma insomma, Felipe! Non ti sembra troppo presto per dire queste cose?" esclamò la madre. Albion riuscì a sorridere e a fare una breve risata, per poi strizzare un occhio al ragazzino e proseguire il suo giro.

"Per adesso, piccolo, pensa ad aiutare la tua famiglia. E ricorda, non è necessario essere un paladino, per essere un eroe." rispose. Ora che l'umore era migliorato almeno un po', il dragonide argentato si diresse verso la retroguardia del gruppo di rifugiati, dove Draig e Serena stavano tenendo d'occhio la situazione. "Hey! Draig, Serena, com'è la situazione? Avete visto qualcosa? Altri insettoidi in giro?"

"No, altrimenti mi avresti sentito ruggire come Tiamat!" esclamò rabbiosamente Draig. "Tsk... adesso si stanno trastullando con il bottino del nostro villaggio, quei bastardi! Se solo fossi stato più forte, li avrei potuti fermare! Ah, ma la prossima volta che li piglio..."

"Se fossi stato un po' più forte, Draig, non sarebbe cambiato nulla!" lo rimproverò Albion. "Erano troppi. Troppi e troppo forti. Anch'io avrei voluto poter fare di più, ma... purtroppo, la realtà è che siamo stati colti di sorpresa, e ci siamo trovati in una situazione più grande di noi. E non è stata colpa di nessuno di noi."

Serena non diede segno di voler partecipare alla discussione. La giovanissima warlock si guardava attorno, e la sua espressione era impenetrabile come quasi sempre, ma dentro di sè, sentiva di doversi tenere impegnata per non pensare a quello che era successo a Pasiega. Draig rivolse a lei la sua attenzione e sospirò - immaginava che fosse giusto cercare di distrarre anche lei e non lasciare che si perdesse in pensieri negativi.

"Hey, Serena..." disse il dragonide rosso dopo un attimo di esitazione. Se Serena lo aveva sentito, non diede segno di averlo fatto e continuò a guardare verso il cielo, osservando qualcosa che solo lei riusciva a vedere.

Draig sospirò e si sfregò la fronte con una mano. A volte non riusciva davvero a seguirla, quella ragazza... tutti i warlock erano così? "Signorina Serena... chiedo scusa per il disturbo, ma mi sembrava che tu fossi... alquanto svagata. Stai bene?" chiese.

Questa volta, Serena rispose con un cenno della testa. "Credo di sì." rispose semplicemente. Abbassò lo sguardo appena un po', poi lo alzò di nuovo come se stesse seguendo qualcosa che volava sopra di loro. "Forse è meglio se ci rifugiamo da qualche parte. Un posto dove non ci possa vedere."

"Cosa?" esclamò Albion allarmato, e la colonna di rifugiati si fermò quando la warlock puntò infine lo sguardo verso un punto in lontananza. Pepa afferrò il suo arco ed incoccò una freccia mentre i civili si rifugiavano dove potevano, dietro i carri o dietro le rocce ai lati della strada. La ranger dai capelli rossi pregò che non si trattasse di un avversario che richiedesse troppe frecce per essere abbattuto. Stava già esaurendo le frecce...

Finalmente, anche gli altri cominciarono a vedere qualcosa di più definito. La sagoma di un enorme rettile alato dal muso affusolato e dall'espressione acuta, ricoperto di squame nere e con una lunga coda terminante con un pungiglione, simile a quello di uno scorpione.

"Oh, che Boccob ci aiuti!" sussurrò Damiàn, mentre cercava di pensare ad un incantesimo che potesse dare loro una mano in quel momento. "Quella è una viverna!"

Era proprio così, in effetti: non appena la creatura alata si avvicinò ancora, tutti i membri del gruppo riuscirono a vedere il suo corpo da rettile lungo quasi cinque metri, le robuste zampe armate di artigli simili a pugnali, e soprattutto, la totale mancanza di arti anteriori. Al posto delle "braccia", aveva un paio di grandi ali membranose simili a quelle di un pipistrello, e diversi spuntoni grigi fuoriuscivano dalle giunture della bestia draconica, dandole un aspetto ancora più formidabile.

Una viverna, senza ombra di dubbio. Una sottospecie di drago nota per la sua ferocia, il carattere bellicoso, la fame quasi insaziabile e il pungiglione velenoso sulla coda. Un avversario pericoloso e letale... e certo non uno con cui il gruppo aveva voglia di combattere in quel momento!

"Oh, merda..." sussurrò Hipolito. "Questo non va bene, non va per niente bene! Non mi piace l'idea di finire nella pancia di una viverna, nossignore!"

"Presto, cercate di nascondervi! Speriamo che non ci abbia ancora visti!" Albion cercò di istruire i membri della colonna di rifugiati, ma si rendeva conto che le possibilità di non essere notati dalla viverna erano esigue, nella migliore delle ipotesi. E allo stesso tempo, si rendevano conto che sopravvivere ad uno scontro diretto con una creatura così forte e possente erano ancora più esigue, almeno nella loro situazione attuale. Potevano solo cercare di prendere tutte le precauzioni necessarie e sperare in bene...

La viverna si avvicinò ancora, agitando rumorosamente le sue maestose ali. Era talmente vicina che riusciva ad oscurare il sole, proiettando una sinistra ombra sul terreno, e dalla sua posizione Serena riusciva a vedere gli occhi della creatura - la viverna aveva uno sguardo penetrante ed incisivo, con due occhi che sembravano quasi due sfere di luce che distaccavano dal nero delle sue robuste squame.

Per qualche motivo, la warlock non si sentiva impaurita dalla vicinanza di quella terrificante creatura. Anzi, Serena restò per qualche istante a guardare rapita la viverna che si avvicinava sempre di più, fino quasi a riempire del tutto il suo campo visivo. Sentiva le esclamazioni di paura e di allarme dei suoi compagni e degli altri membri della colonna, ma in quel momento, non riusciva a concentrarsi che sull'aspetto maestoso di quella creatura e sulla combinazione di potenza ed agilità che esprimeva. E pensò che sarebbe stato meraviglioso poterla cavalcare, anche se immaginava che la viverna non sarebbe stata molto d'accordo...

Fu solo dopo qualche secondo che un'esclamazione di avvertimento da parte di Albion scosse Serena dalla sua meraviglia e la costrinse a concentrarsi su cosa stava accadendo in quel preciso momento. La warlock indietreggiò, cercando un nascondiglio... e quando vide che ormai non poteva sperare di sfuggire allo sguardo della viverna, restò ferma dov'era e la guardò di rimando.

Per qualche secondo, Serena e la viverna rimasero ferme a guardarsi in silenzio, come se fossero state impegnate in una conversazione silenziosa o stessero prendendo le misure l'una dell'altra. Serena guardò dritto negli occhi la creatura, e riuscì a vedere un vivo bagliore di intelligenza nel suo sguardo - una cosa che la warlock riteneva affascinante ed inquietante al tempo stesso. Allarmati, Albion, Draig e Pepa si prepararono ad intervenire, e la ranger dai capelli rossi incoccò una freccia e puntò verso le fauci della viverna. Un colpo difficile, con tutte quelle squame, dure come quelle di un coccodrillo, che coprivano ogni singolo centimetro del corpo della bestia...

Ma proprio quando Pepa cominciava a sudare freddo, la viverna fece qualcosa di inaspettato. Fece un grugnito, come se stesse a malincuore accettando una sconfitta... poi riprese quota e si allontanò battendo rumorosamente le ali. Serena la sentì emettere un ruggito sommesso ed agitare la coda armata di pungiglione, come se la viverna volesse dimostrare di essere pericolosa... e infine, il rettile alato si dileguò e scomparve all'orizzonte a velocità impressionante.

Per quasi due minuti, il gruppo di avventurieri e i rifugiati rimasero fermi al loro posto, come se non osassero credere alla loro fortuna e volessero essere sicuri che la viverna nera non tornasse indietro all'improvviso. Invece niente. Per qualche motivo, la bestia non era interessata a loro.

"Se... se n'è andata?" chiese Pepa, abbassando finalmente l'arco, e contenta di non aver dovuto sprecare un'altra freccia. Tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò a Serena per verificare che stesse bene. "Serena? Tutto bene?"

"Pazzesco... non credevo che quella viverna se ne sarebbe andata così. Ringrazio Bahamut che sia andato tutto bene..." affermò Albion. "Come stai, Serena?"

"Io sto bene, grazie." rispose Serena con la calma che le era propria. "Ho fatto un incontro ravvicinato con una viverna. E' stato... emozionante." La ragazzina fece un piccolo sorriso che lasciò non poco interdetti i suoi compagni di squadra.

Draig sbattè gli occhi stupito. "Ehm... beh, immagino che trovarsi faccia a faccia con una viverna ed uscirne interi non sia un'esperienza di tutti i giorni." commentò. "Le viverne sono conosciute per essere aggressive e territoriali."

"Ma questa se ne andava in giro e sembrava quasi che fosse a caccia di prede." affermò Damiàn. "Forse era allarmata da qualcosa o è stata mandata via dalla sua tana? Certo... quest'ultima ipotesi è particolarmente inquietante, visto che presuppone l'esistenza su quest'isola di una creatura in grado di sovrastare una viverna in uno scontro fisico."

"Detto questo, il fatto che ci sia una viverna qui attorno potrebbe spiegare come mai non abbiamo visti molti insetti giganti da un paio d'ore a questa parte. Quel lucertolone se li è mangiati." azzardò Hipolito.

Pepa si schiarì la voce. "Mi piacerebbe molto restare qui a discutere su come mai non abbiamo incontrato quegli insetti troppo cresciuti, e quanto di questo sia merito di quella bestiaccia squamosa." affermò la ranger con acredine. "Ma adesso preferirei allontanarmi quanto più possibile da questo posto, prima che alla viverna vengano dei ripensamenti e decida di tornare a mangiarci."

Serena sbattè gli occhi imbarazzata. Ancora una volta, si era fatta prendere la mano e si era persa nel suo mondo. "Sì. Giusto. Dobbiamo pensare a mettere in salvo i nostri concittadini e trovare un luogo dove passare la notte." affermò. "Preferibilmente, al sicuro dagli insettoidi."

Albion annuì, e il gruppo di rifugiati riprese la sua lenta marcia verso una speranza di salvezza che, almeno per il momento, sembrava più solida di qualche ora prima...

 

oooooooooo

 

"Ecco, ci siamo. Non sarà proprio il massimo della comodità... ma almeno per qualche giorno dovremmo essere in grado di fermarci qui." affermò Hipolito. Il piccolo halfling druido stava guardando compiaciuto i rifugi che era riuscito a trovare per il gruppo di superstiti di Pasiega - un gruppo di caverne scavate in un grande costone di roccia che torreggiava per più di una ventina di metri sul gruppo. "Ovviamente, è il caso di dare un'occhiata alle caverne e verificare se sono sicure... ma a parte questo, credo proprio che abbiamo trovato il nostro rifugio per la notte."

Dapprima un po' spiazzato alla vista di quei ripari improvvisati, Albion diede un'occhiata al gruppo di fuggitivi - erano tutti esausti, provati dal viaggio, e molti di loro avevano perso delle persone a loro care o un luogo a cui tenevano. Non sarebbe stato ragionevole chiedere loro di proseguire il cammino, soprattutto ora che si stava facendo buio - già avevano avuto qualche altro incontro con gli insetti giganti che cominciavano ad infestare l'isola. E stando a quanto diceva Hipolito, era proprio durante la notte che molti artropodi si muovevano per andare a caccia. I coloni sarebbero stati delle prede fin troppo facili per i mostruosi insetti.

"Hmm... va bene, sembra che almeno per adesso possiamo fermarci qui." disse Albion. "Se qualcuno di voi ha qualche obiezione, in ogni caso, sono qui per ascoltarla e darle la giusta considerazione."

Pepa alzò le spalle. Una volta tanto, non le dispiaceva dare ragione a quel fastidioso halfling. "Va bene. Mi sembra giusto. Abbiamo ancora molta strada da fare... e abbiamo idea di dove dobbiamo andare per raggiungere Tarago?" chiese.

Damiàn indicò una mappa che teneva arrotolata nel suo zaino, e che sporgeva appena un po' dalla tasca principale. "Buon per voi che ho avuto l'accortezza di prendere con me qualche mappa, prima che questo esodo iniziasse." affermò con un sorriso accomodante. "Domattina dovrei avere il tempo di studiare meglio le mappe e tracciare un percorso relativamente breve che ci porterà fino a Tarago. Lì almeno, dovremmo essere più al sicuro."

"Sperando che quei dannati insetti non abbiano già fatto una strage da quelle parti. E temo che da quando riprenderemo il cammino, ce li avremo presto addosso... ma adesso non è il momento di pensare a queste cose." rispose Albion. "Forza, amici. Diamo un'occhiata alle grotte, e se sono sicure facciamo accomodare i nostri concittadini."

Dal gruppetto di rifugiati si sentirono dei sospiri di sollievo, e i sei avventurieri si diressero ognuno verso una delle aperture nella roccia, in modo da assicurarsi che non ci fossero inquilini indesiderati o pericoli. Hipolito raggiunse per primo l'apertura a lui assegnata... e non appena ne varcò l'ingresso si rese subito conto che c'era qualcosa di strano. Sparsi a terra all'interno della caverna, c'erano i resti di alcuni degli insetti giganti che piagavano l'isola! Con suo grande stupore, Hipolito vide la zampa di una locusta gigante... poi la testa di una formica enorme... le ali di una mosca e i resti dell'esoscheletro di un ragno gigante, tutti fatti a pezzi da qualcosa che aveva una forza pazzesca. E un attimo dopo, un forte odore di animale colpì Hipolito come un pugno sul naso, lasciandolo interdetto ed allarmato...

Una creatura enorme e muscolosa, coperta da un'irta pelliccia, apparve dalla semioscurità della caverna, i suoi occhi gialli che brillavano rabbiosi mentre fissava il piccolo halfling come se fosse stato una bistecca ben cotta. Sulle prime, Hipolito credette che si trattasse di un orso, ma ad un'occhiata un attimo più attenta, si rese conto che non era così. Quella creatura aveva una pelliccia un po' più folta, e la struttura del suo corpo era meno massiccia, per quanto comunque muscolosa. Il muso era un po' più affusolato rispetto a quello di un orso, e le orecchie un po' più piccole...

Hipolito fece un passo indietro, e la creatura uscì allo scoperto con un sordo ringhio. L'halfling sobbalzò allarmato quando vide che si trattava di un ghiottone, il più grande ed impressionante che lui avesse mai visto. Quasi tre metri di pelliccia ispida, muscoli possenti, denti affilati e ferocia, la bestia si avvicinava all'halfling con espressione famelica. Adesso sì che era chiaro chi si fosse mangiato quegli insetti giganti.

"Accidenti, ma su quest'isola è tutto più grande?" si chiese Hipolito, lo sguardo fisso sul ghiottone gigante in modo da non mostrarepaura e non dare al predatore la benchè minima apertura. Il druido fece un piccolo passo avanti, lentamente ma con sicurezza, ricordando tutti gli insegnamenti che gli erano stati dati quando era un novizio del suo circolo druidico. Si trovava di fronte ad un animale feroce... ma se avesse mantenuto il sangue freddo e si fosse comportato nella maniera corretta, c'era sempre la possibilità di calmare anche un animale così terrificante. Tutto stava nel prenderlo nella maniera corretta.

L'halfling iniziò a parlare al ghiottone, in un linguaggio che a chiunque altro sarebbe parso incomprensibile. Il linguaggio segreto dei druidi, quello che i suoi mentori gli avevano tramandato in lunghe ed estenuanti lezioni, fluì dalle sue labbra e raggiunse le orecchie del ghiottone, che sembrò esitare per un istante. La bestia non aveva certo rinunciato alla sua preda, ma adesso sembrava un po' meno convinto, e stava osservando il piccolo halfling con quello che poteva addirittura sembrare rispetto.

Hipolito riprese a parlare con calma e fermezza al gigantesco ghiottone, per mostrargli che non aveva paura e che allo stesso tempo lui non aveva niente da temere. Comprendendo per istinto quello che Hipolito stava dicendo, il ghiottone indietreggiò ma emise ancora un paio di ringhii di ostilità. Ovvio, pensò tra sè Hipolito. Non aveva gradito l'intrusione nella sua tana, e i resti di quegli insetti (ed aracnidi) giganti che giacevano disseminati sul terreno la dicevano lunga sul trattamento riservato agli intrusi.

Con lentezza, il piccolo druido cercò di fare un passo in avanti... e il ghiottone gigantesco reagì con uno scatto improvviso, una zampa artigliata che sfrecciava in avanti con la velocità di un fulmine. I riflessi pronti di Hipolito gli permisero di ritirare la gamba appena in tempo per evitare di restare ferito, ma gli artigli del ghiottone gli strapparono comunque via un lembo di pantaloni, come se fossero stati fatti di carta velina.

"Okay, questa è stata una mossa mooolto azzardata." bisbigliò Hipolito tra sè. "Meglio non farlo più."

Cercando di riprendere il controllo della "conversazione", il druido prese un bel respiro e si affrettò a scusarsi per la sua mossa improvvisa, poi riprese a parlare con decisione, in modo che il ghiottone capisse che non aveva nulla da temere da lui e dai suoi compagni.  

Ancora per diversi, snervanti secondi, l'halfling e la belva continuarono a guardarsi, impegnati in una discussione che solo loro due erano in grado di seguire. Albion e Serena si erano fermati sull'entrata della caverna, e la ragazzina stava già caricando un lampo di energia nel palmo della sua mano destra, pronta a scagliarlo addosso al ghiottone nel caso quest'ultimo avesse cercato di attaccare Hipolito.

"E adesso... che succede?" si chiese Albion, le mani che stringevano con forza l'asta della sua alabarda.

Finalmente, la tensione cominciò a dissolversi, e il ghiottone, emettendo qualche altro ringhio sordo, cominciò a rilassarsi. Incoraggiato, Hipolito riprese a parlare alla belva in quella lingua sconosciuta, con il tono di qualcuno che voleva fare amicizia. E finalmente, dopo altri momenti di tensione, il ghiottone cessò le ostilità e si allontanò da Hipolito, per dire che lui e i suoi compagni avevano il permesso di dividere la tana con lui.

Hipolito tirò un sospiro di sollievo tra sè e sè. Ad essere sincero, non era sicuro che la sua capacità di empatia animale sarebbe riuscita a calmare un animale così possente e famelico, e si impose di procurare al ghiottone qualche preda appetibile, in modo da ringraziarlo e tenerlo buono. Poi, si voltò verso i suoi compagni e fece un segno dell'okay.

"Va tutto bene, Hipolito?" chiese Albion, ancora non del tutto sicuro.

L'halfling annuì amichevolmente e si avvicinò al ghiottone, accarezzandolo su un fianco per far vedere che non era più pericoloso. "Tutto a posto. Adesso lui è tranquillo." affermò. "Anche questa caverna è sicura. Dite pure ai rifugiati di prendere posto qui... e questo simpaticone ci farà da guardia."

Un sottile sorriso graziò il volto normalmente poco espressivo di Serena. Vedere Hipolito che faceva amicizia con una creatura così feroce le faceva pensare che un giorno anche a lei sarebbe potuto capitare...

Pepa, che stava per intervenire con una freccia incoccata, guardò meravigliata il ghiottone che ora si comportava come un fedele cane da guardia... poi scosse la testa e rivolse uno sguardo astioso al piccolo halfling.

"Stregoneria. Lo giuro." bisbigliò mentre riponeva l'arco e infilava nuovamente la freccia nella faretra. Il gruppo di rifugiati di Pasiega, da parte loro, non avevano nessuna remora ad accettare quella sistemazione temporanea, e Hipolito fece loro cenno di accomodarsi al meglio. Diversi dei civili di Pasiega cercarono di sistemarsi a ridosso della parete più vicina, a distanza di sicurezza rispetto al loro terrificante guardiano.

"State tranquilli. Ora lui è innocuo." disse Hipolito per tranquillizzare i rifugiati, che stavano facendo qualche commento a bassa voce - per la maggior parte, erano impressionati dal modo in cui Hipolito era riuscito a domare quella belva e a farsela amica, ma alcuni esprimevano dei ragionevoli timori. Sarebbe stato davvero sicuro dormire là dentro, nella tana di un predatore simile?

"Davvero è riuscito a farselo amico?" chiese una donna con un bambino piccolo in braccio. "Non credevo che i druidi fossero capaci di questi prodigi!"

"Non... non lo so..." rispose un ragazzo alto e snello con il volto cosparso di efelidi. "Io... credo che mi terrò sempre accanto il mio coltello. Se mai riuscirò a dormire."

"Beh, se proprio dovesse essere... preferisco essere mangiato da un animale in carne ed ossa che da qualche ammasso sferragliante di zampe ed ali..." commentò rassegnato un elfo.

Hipolito alzò una mano e sorrise con tono pacificatorio. "Va tutto bene, amici. Non avete nulla di cui preoccuparvi." rispose. "Gulo ci farà da guardia... e in cambio, gli porteremo qualcosa di buono in cui affondare le zanne... ti va bene così, vero, Gulo?"

"Gulo? Lo hai chiamato così?" chiese interdetto Albion. Il ghiottone stesso non obiettò e si limitò ad un grugnito affermativo. Il dragonide alzò le spalle e scosse la testa, pensando che alla fine, l'importante era che i rifugiati fossero al sicuro. "Beh, immagino che adesso sia inutile discutere. Ragazzi, fate le razioni. Dobbiamo farcele bastare... e poi, nei prossimi giorni, andremo a caccia e cercheremo di fare un po' più di provviste per il viaggio. Non sarà facile arrivare fino a Tarago... e dobbiamo fare in modo che almeno gli stomaci non siano vuoti."

"Ricevuto, Albion." rispose Draig, sentendo che gli stava tornando almeno in parte la fiducia in sè stesso. "Okay, ognuno prenda una caverna e cerchi di tenere l'ingresso ben sigillato. Domani ci aspetta un'altra giornata dura... e dobbiamo cercare di fare abbastanza provviste da arrivare a Tarago. Nella speranza che nel frattempo quei dannati insetti non abbiano distrutto anche quella..."

"Già... ho paura che da adesso in poi, la strada sarà tutta in salita..." commentò Damiàn. Il mezzelfo fece entrare un po' dei rifugiati nella caverna che lui aveva scelto, poi raccattò un po' di legna per accendere un fuoco a tenerli caldi. Albion controllò che tutti fossero a posto e fece loro un augurio di buona notte, poi si ritirò nella sua caverna, dove il suo gruppo di superstiti si era messo su giacigli improvvisati, attorno ad una lanterna ad olio che forniva un po' di luce e di calore.  Con sua grande sorpresa, vide che tra loro c'era anche la famiglia con cui aveva parlato quel pomeriggio. La piccola Milena sembrava un po' più allegra, e ora stava giocando con il suo gatto mentre il resto della sua famiglia sedeva attorno alla lanterna e cercava di parlare un po', per scacciare le preoccupazioni e maantere un po' di ottimismo.

"Molto bene, signori." disse il paladino, mentre appoggiava la sua alabarda ad una parete della caverna e si avvicinava ai civili raggruppati lì intorno. "Per adesso siete al sicuro. Se volete chiedermi qualcosa, o comunque parlare con me prima di dormire, io sono qui per ascoltarvi."

"Dove pensate di andare, esattamente?" chiese un uomo barbuto e tarchiato. "Voglio dire, so che stiamo cercando di raggiungere Tarago, ma che strada faremo?"

Albion decise di essere franco con loro. Glielo doveva, con tutto quello che avevano passato. "In realtà, il nostro obiettivo, almeno per oggi, era di allontanarci quanto più possibile da... beh... dal luogo in cui si è svolta la tragedia. La nostra priorità era di sfuggire agli insettoidi e agli insetti giganti. Detto questo... la prima cosa che faremo domattina sarà tracciare un percorso, in modo da trovare la strada che comporta meno rischi, e non appena avremo le risorse che ci servono, inizieremo la camminata verso Tarago."

"Prima... prima di dormire, paladino Albion... potrebbe raccontarci una storia?" chiese uno dei bambini del gruppo, cogliendo di sorpresa il dragonide argentato.

"Sì! Per favore, paladino Albion? Ha qualche avventura da raccontare?" chiese una bambina bionda con un braccio legato al collo.

Alcuni degli adulti cercarono di contenere l'esuberanza dei piccoli, ricordando loro che il loro difensore era anche lui stanco e provato per il lungo viaggio e le battaglie che aveva sostenuto... ma Albion, anche lui desideroso di un po' di svago, decise che non c'era nulla di sbagliato nell'accontentarli, e si sedette anche lui vicino alla lanterna.

"Va bene, ragazzi. Penso che il tempo di raccontarvi una storia ci sia." rispose, cercando di mettersi più comodo possibile. "Bene. Vediamo un po', cosa potrei raccontarvi... Ah, già! Magari volete sentire di quella volta che io e Draig abbiamo arrestato i banditi della Ruta Arena Blanca?"

"Com'è andata, signor Albion?" chiese la piccola Milena. "Ci racconti!"

Tra le braccia della bambina, il suo gatto bianco emise un miagolio compiaciuto, come se anche lui volesse sentire la loro storia...

 

oooooooooo

 

CONTINUA...        

                  

 

    

        

 

  
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