Anime & Manga > Yuukoku no Moriarty/Moriarty the Patriot
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Autore: Discontinuous Qualia    31/03/2023    0 recensioni
[Sherliam | Soulmates!AU + Modern!AU]
In un mondo in cui avere un'anima gemella è qualcosa di comune, se si è tra i rari casi di coloro che possono sentire la musica solo dopo aver incontrato la propria metà, la vita non è facile. E se si è anche musicisti è un inferno.
Sherlock Holmes è un violinista giramondo che non ha mai reso la sua condizione un segreto. William James Moriarty è un geniale pianista che si è assicurato che solo le persone a lui più vicine sapessero della sua mancanza.
"Pensi che sia stato davvero qualcosa di predeterminato? Tipo una sequenza di geni incisa nel nostro DNA che prende le decisioni senza alcun riguardo per la persona che diventiamo con il trascorrere della vita?"
"Sai Sherlock," disse John spegnendo la sigaretta ancora buona contro il fondo del posacenere. "Siamo egoisti e pessimi giudici di noi stessi, perciò nel momento in cui troviamo qualcuno che ci vede per quello che siamo vogliamo istintivamente tenercelo stretto, conoscerlo e farci conoscere a nostra volta."
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Albert James Moriarty, John Watson, Louis James Moriarty, Sherlock Holmes, William James Moriarty
Note: AU, Soulmate!AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Internet non mentiva nel dire che tanto l’interno quanto l’esterno della cattedrale di Durham valessero da soli una visita alla cittadina. Le vertiginose volte della navata centrale davano agli interni in marmo un’aria di austerità che veniva però ammorbidita dai toni dorati conferiti dalle luci. I suoi passi risuonavano lievi sui pavimenti a mosaico mentre una fila di finestre dai vetri vividamente colorati accompagnava il passaggio che portava ad una delle cappelle. Con le dita sottili aperte su un pianoforte molto meno incredibile di quello nella serra, William si ergeva elegante nel suo completo nero, molto più bello di una qualunque delle scene rappresentate sulle vetrate.

“Yo, Liam.”

Gli occhi cremisi di William si posarono senza indugio su di lui, visibilmente divertiti. “Sherly, buongiorno.”

“Che c’è di così divertente?” borbottò per contrastare il formicolio che gli pizzicava la nuca e che minacciava di dare colore alle sue guance.

La mezzaluna del sorriso di William si allargò. Dei passi leggeri annullarono la distanza tra loro e delle mani sottili si portarono al suo colletto. “La tua cravatta,” disse William senza nascondere l’affetto nella sua voce. “È storta.”

Un grugnito seccato lasciò la sua bocca. “Diamine, non riesco ad annodarla bene mezza volta…”

Considerando il modo impeccabile con cui William si vestiva, la naturalezza dei gesti con cui le sue mani sistemarono il tessuto azzurro della sua cravatta non avrebbe dovuto sorprenderlo. Eppure i suoi occhi non poterono fare a meno di seguirlo come una scia con la sua cometa, ripercorrendo la linea delle sue braccia allungate e la morbida curva che univa il collo sottile alle spalle.

Occhi scarlatti si alzarono verso di lui, osservandolo imperscrutabili attraverso le ciglia dorate. “Hai lasciato i capelli sciolti.”

“G-già. Cioè, John e Miss Hudson non hanno fatto altro che rompere per tutto il tempo dei preparativi quando hanno visto la coda, perciò ci ho rinunciato.”

Doveva aver ormai superato quell’età e la mancanza d’esperienza che ne conseguiva e che rendeva terribilmente imbarazzante parlare con la propria cotta, ma a quanto pare non sarebbe mai stato troppo vecchio per fare figure di merda. La voce odiosamente divertita di Billy riecheggiò nella sua testa. “Sei davvero uno sfigato, Ponytail-senpai.”

Una forza delicata lo strattonò appena in avanti. “Ti stanno bene,” disse William con una nota di malizia nella voce, vicino abbastanza da far scottare le sue guance. La sua cravatta, che in quel momento faceva sfoggio di un perfetto nodo alla Windsor, fu posata contro il battito fuori controllo nel suo petto. “Ecco fatto.”

Sherlock sbatté le palpebre solo per osservare William indietreggiare di qualche passo prima di voltarsi e raggiungere il pianoforte. Alla fine non avevano avuto il tempo di provare, considerando che era praticamente un miracolo che fosse riuscito a sgattaiolare nella propria stanza abbastanza presto da rendersi presentabile senza destare sospetti. Eppure le sue mani non tremavano minimamente al pensiero di suonare nuovamente con William. Non avrebbero commesso errori, perché ogni singolo atomo che lo componeva era stato testimone di come fossero fatti per dare vita alla musica insieme.

Ah, capisco…

I suoi passi lo guidarono al posto a cui apparteneva. Lo Stradivarius accolse i suoi occhi e le sue mani con i colori caldi del suo legno e si piegò alla sua volontà alla stregua di un compagno con cui aveva condiviso tutta la vita. Il volto di William fu illuminato da un sorriso radioso al suono del suo accordare. La lingua gli si annodò, lasciando la musica come unico mezzo possibile per trasmettere tutto ciò che era inesorabilmente cresciuto dentro di lui durante quella settimana.

Fammi sentire tutto ciò che hai da dirmi, Liam.

 

§


Il tempo necessario ad accordare il suo violino sotto uno sguardo scarlatto passò in un turbinio di istanti confusi, così tanto da far risultare il silenzio che cadde sulle navate qualcosa di improvviso e assordante. Jack Renfield, vestito impeccabilmente con il suo completo grigio scuro, mosse la mano destra in un gesto fluido ma delicato, non lontano da quelli che aveva osservato in alcuni grandi direttori d’orchestra.

Un suono dolce e delicato riempì l’aria pregna dell’odore dell’incenso. Il respiro gli morì in gola.

Davanti all’altare John strofinava le mani contro i pantaloni del completo in una maniera che, con affetto, gli ricordava tutte le volte in cui i guai che causava avevano provocato reazioni simili nel suo migliore amico. Il suo violino entrò nella canzone senza bisogno di gesti di richiamo, un mormorio basso che era tanto in contrasto quanto in armonia con il pianoforte di William. Dire che il suono della musica gli fosse familiare sarebbe stato una bugia. Ciò che stava nascendo dal loro incontro era per lui qualcosa di meravigliosamente nuovo ma allo stesso tempo sanciva la perdita di quel legame che si era instaurato tra il suo corpo e la musica stessa. Era una sensazione così agrodolce da sposarsi perfettamente con lo struggente sentimento trasmesso dalle note che avvolgevano ogni singola colonna per prendere possesso di tutto lo spazio a loro disposizione.

La figura familiare di Mary camminava lentamente lungo la navata principale con un bouquet di splendidi gigli bianchi tra le mani e un velo a nascondere il suo viso dagli sguardi di coloro che la osservavano con il fiato sospeso. Gli accordi provenienti dal pianoforte di William si fecero più intensi, uniti l’uno all’altro da fraseggi rapidi ma eleganti che permettevano al suo violino di brillare. Forse, dopo anni passati a vivere la musica come un’estensione del suo corpo, era troppo presto per decidere se poter sentire tutto quello fosse una benedizione o una maledizione. Eppure essere lì, in un mondo chiuso tra mura di marmo in cui l’unico suono presente è quello della musica sua e di William che diventano un cosa sola, avrebbe potuto essere il primo istante di sollievo per una ferita che doveva ancora cominciare a rimarginarsi.

Il suono del loro duetto sfumò con la stessa tenerezza con cui aveva avuto inizio, lasciando nient’altro che la propria eco ad accompagnare il tremolio delle mani di John nel sollevare il velo di Mary. Le spalle di William si alzavano e si abbassavano in un ritmo rapido ma regolare. Sul volto che gli era diventato così caro le labbra sottili si schiusero in un silenzioso esalare e una singola lacrima lasciò una scia trasparente sulla pelle pallida. Le dita gli fremettero dal desiderio di asciugarla. La pelle di William era calda al tatto.

“Grazie, Liam.”

§
 


Il cielo si era tinto delle sfumature arancioni del sole che tramontava dietro gli alberi, creando una linea frastagliata sull'orizzonte che separava la villa dei Moriarty dal resto del mondo. L’aria tiepida della sera estiva gli accarezzava le braccia libere dalla costrizione delle maniche - finalmente arrotolate - e portava con sé le allegre note di un pianoforte a coda.

Su un’area di prato libera dai tavoli che occupavano il giardino della magione, Miss Hudson emise una risata deliziata mentre John la faceva volteggiare su se stessa senza alcuno sforzo. A pochi passi di distanza da loro, Jack guidava Mary nei vivaci passi di un valzer. Sotto l’incantesimo di una musica che non apparteneva ad un flauto ma che era altrettanto magica, i suoi passi lo portarono verso l’uomo dietro il pianoforte. Il sorriso spensierato sulle sue labbra e la cravatta cremisi che penzolava allentata dal suo collo lo rendevano un ritratto di gioiosa gioventù da cui non riusciva a non essere attratto. 

Un gran sorriso si aprì sulle labbra di Sherlock. “Ehilà, professore.” La sua schiena si posò contro il fianco del piano. “Ti va di accontentare la richiesta di uno studente fancazzista?”

William gli offrì un sorriso ugualmente brillante, ma il suo sguardo conteneva una punta di malcelata malizia. “Che dire, Mr. Holmes, arriva con tempismo perfetto. Mi stavo proprio domandando quale canzone suonare.”

“Allora che mi dici di qualcosa di Elton John? Mi sembra abbastanza sdolcinato per un ricevimento di nozze, no?”

“In effetti un pianista di bravura notevole merita di suonare un pezzo altrettanto notevole.” Le ciglia dorate di William si abbassarono, adombrando appena il colore scarlatto dei suoi occhi. “Anche se alla luce delle connotazioni romantiche della richiesta mi viene spontaneo chiedermi se qualcuno tra i presenti le abbia catturato il cuore.”

Un ghigno traditore si impadronì del suo volto. Oh, quell’uomo sarebbe stato la sua rovina. “Dovresti saperlo bene, visto che sei tu ad averlo fatto.”

William alzò gli occhi al cielo. “In quanto educatore mi sento in dovere di dirle che le lusinghe non la porteranno da alcuna parte.” Il tenue rossore sulle sue guance sembrava nato direttamente dai colori del tramonto. “Anche se immagino che sarebbe più opportuno consigliarle di ascoltare attentamente per una migliore esperienza di apprendimento.”

Gli accordi che echeggiarono delicatamente nell’aria attorno a loro vennero fuori come una miscela di suoni poco familiari. Una parte della sua testa li registrò come “giusti” per il modo in cui parevano armonizzarsi senza il minimo sforzo, ma la sua mano sinistra accarezzò il fianco del magnifico strumento guidata dall’istinto di una vita. Doveva esserci qualcosa di strano nei circuiti della sua neocorteccia, perché le delicate vibrazioni si inserirono nella canzone come una chiave nella sua serratura. Le parole di una canzone gli riempirono la mente accompagnate dal sollievo tipico delle cose familiari.

I hope you don't mind that I put down in words…

L’affetto che gli riempì il petto possedeva lo stesso calore del sole che brillava attraverso una finestra per illuminare il groviglio di due corpi addormentati e la delicatezza di un sorriso accennato con due occhi cremisi appena schiusi. Avrebbe preso la mano di Liam lì e subito se non gli fosse già stato offerto un cuore da custodire con tenerezza.

I movimenti leggiadri delle dita di William cessarono con la stessa grazia con cui erano iniziati. Lo sguardo che incrociò il suo era dolce abbastanza da spezzargli il cuore e al contempo rimarginare ogni ferita.

“Sherly…”

“Ragaaazzi.” Con un’andatura pericolosamente ondeggiante Miss Hudson si avvicinò a lui e William, seguita a ruota da un Sebastian Moran e un James Bond spassosamente inquieti. “Quella roba che avete suonato in chiesa era cooosì dolce. Caaavolo, così non vale.”

Il viso di Moran si contrasse con un sospiro afflitto. “Andiamo, vecchiaccia, non dire così. Se la sono cavata alla grande, secondo me.”

“Ma… sentirli mi ha fatto venire voglia di innamorarmi come se avessi di nuovo 17 anni!”

 

Sherlock incrociò le braccia al petto con un ghigno. “Ehi, non eri tu l’eterna diciassettenne?”

Se quella era la giusta vendetta per tutte le volte in cui aveva sentito la sua voce rimproverarlo nella testa per ciascuna delle sue terribili scelte di vita, nessuno sarebbe dovuto venirne a conoscenza.

“Lei dev’essere Miss Hudson. Il mio nome è William James Moriarty, deliziato di fare la sua conoscenza.” Un sorriso che sarebbe stato capace di far sbocciare i fiori si allargò sulle labbra di William. “Anche se devo riconoscere che è ancora più incantevole di come Sherlock l’ha descritta nei suoi racconti.”

Delle mani sottili si avvinghiarono alle sue spalle e lo scossero con un familiare eccesso di forza. Il karma ci vedeva fin troppo bene quando si trattava di lui. “Ommioddio Sherlock, è come un principe!”

Beh, non posso darti torto…

Bond gli scoccò un sorriso comprensivo e, con il fascino naturale di qualcuno capace di conquistare facilmente sia uomini che donne, prese le mani di Miss Hudson tra le proprie. “Martha, mia cara, perché non andiamo dentro e lasciamo Will e Sherly alla loro chiacchierata? Ho un sacco di aneddoti su New York da raccontarti.”

“Ehi, Bond!” Sul volto di Moran era dipinto un esilarante mix di terrore e confusione. “Non farle bere altro vino.”

“Non è di Martha che dovresti preoccuparti.”

“Eh?!”

Il sorriso di Bond trasudava benintenzionata malizia. “La nostra incantevole Moneypenny è seduta sola soletta al suo tavolo. Se non ti sbrighi a fare una mossa, potrei farla io.”

Bond rivolse loro un occhiolino e guidò la barcollante Miss Hudson verso l’entrata posteriore della villa. Lo sguardo di Moran si spostò su una giovane donna dai capelli rossi seduta al tavolo posto davanti all’entrata della serra per poi tornare su di loro. Un sospiro sconfitto scosse il petto dell’uomo, che si avviò a passi pesanti verso il tavolo del rinfresco.

“Diavolo, non sono abbastanza ubriaco per tutto questo. Dov’è Albert quando mi serve…”

William emise una risatina. “Quindi conosci sia Sebastian che James. Devo dire che sono piuttosto sorpreso dalla vastità del tuo circolo di amicizie.”

“Nah, non è proprio così,” disse sventolando la mano con noncuranza. Anche se Billy adorava prenderlo in giro per via dell’esiguo numero di persone che considerava sue amiche, Sherlock era soddisfatto della sua situazione e provava un certo orgoglio nel preferire la qualità alla quantità. “Ho conosciuto quel Sebastian solo stamattina ma cavolo se sa il fatto suo quando si tratta di musica.”

“Ah, Sebastian è un eccellente percussionista. Ha fatto il turnista per diversi artisti famosi, ma poiché non rimane molto a lungo nello stesso posto i fan tendono a dimenticarsi di lui.”

Avrebbe dovuto immaginare che William conoscesse svariati personaggi straordinari. Non smetteva mai di sorprenderlo, dopotutto. “Allora non c’è da sorprendersi che entrambi conosciate Bond…”

William gli rivolse un’occhiata incuriosita. “Come hai conosciuto James? Se non ricordo male è stato in America fino ad un paio di settimane fa.”

“Ha fatto il botto come attore in un musical per cui ho suonato mentre ero a New York. È praticamente diventato amico dell’intero cast ma è un tipo così in gamba che non c’è da sorprendersi che lo abbiano richiesto anche qui in Europa.” Rivolse un sorriso a William ma le sue labbra si contorsero in un imbarazzante incrocio con una smorfia. “Anche i direttori erano dei tipi a posto. Sono stato scelto come violino principale per il loro nuovo show, perciò mi tocca tornare in America per la première la prossima settimana.”

Non stava cercando di tenerlo segreto ma l’argomento non era mai venuto fuori nel mezzo della frenesia della settimana passata. Contrariamente alle sue aspettative, però, William gli rivolse il più delicato dei sorrisi. “New York, eh? Un posto che è un tale melting pot di culture si addice davvero tanto a te e alla tua costante ricerca di nuova musica.”

“Liam.” Gli occhi di William meritavano di colorarsi di tutta la felicità del mondo e lui era tanto egoista da desiderare di essere almeno in parte causa di questa. “Che intendi fare adesso?”

“Ho ricevuto un’offerta di lavoro come professore di matematica a Londra, in effetti, ma per via di un certo studentaccio che ha cospirato con i miei fratelli mi sono visto costretto a rifiutare.” William alzò lo sguardo al cielo, lasciando che l’oscurarsi di quest’ultimo si riflettesse nel colore dei suoi occhi. “Ad essere sincero nessuno dei piani che avevo attentamente costruito per il futuro mi sembra rispecchiare più ciò che voglio fare. Immagino che rimanere qui a Durham per un po’ e riflettere su me stesso potrebbe essere un buon punto di partenza.”

“Rimanere qui, eh…” Le sue gambe lo portarono ad inginocchiarsi per cercare lo sguardo di William. L’odore dell’erba e della terra si mischiarono con il profumo da lui indossato. Ghignò. “Cosa ti fa pensare che lascerò che ti liberi di me tanto facilmente?”

William sbatté le palpebre e schiuse le labbra in una maniera che gli ricordò un bimbo sperduto.

“Mi sono reso conto che c’è un sacco di roba sulla musica che devo ancora imparare e immagino che potrei farlo da chissà quante persone. Ma non andrebbe bene, perché nessuna di queste sarebbe te. Perciò vieni a New York con me, Liam.”

Una brezza soffiò leggera tra i capelli dorati di William e riempì il confortevole silenzio creatosi tra loro. Gli facevano male le gambe a stare così piegato e il cuore gli batteva così rapidamente contro lo sterno che non lo avrebbe sorpreso vederlo evadere lì. Eppure, lui non sarebbe scappato per nessun motivo al mondo.

“Stavo pensando che ultimamente ho fatto diverse scoperte su me stesso e sulla musica.” Le spalle di William si sollevarono con un respiro profondo ma il sorriso che si aprì sul suo volto era così carico di affetto che lo avrebbe perseguitato ogni qualvolta le note di un piano avrebbero raggiunto le sue orecchie. “E tra queste quella senz’altro più scioccante è stata notare quanto felice e in pace con me stesso io mi senta quando sono con te. Perciò spero di andarti bene, Sherly.”

Alla fine la risposta era sempre stata nella musica, ma anche se non l’avesse sentita in quel fatidico momento di una notte estiva, avrebbe scelto questo, avrebbe scelto lui ancora una volta. “Lo fai già, Liam.”



NDA


Quello del vento/brezza è un tema ricorrente in Yuumori. Credo sia nato nel terzo musical, in cui William definisce Sherlock la brezza che inizia a smuovere le cose nell'immobilità della "stanza del suo cuore" (letteralmente "kokoro no heya", sì) ma a Miyoshi-sensei la cosa deve essere piaciuta tanto, perché ha iniziato ad usare le metafore di MoriMu praticamente in ogni capitolo post-final problem (non che io mi lamenti, quei musical sono delle perle rare). Ad ogni modo, appena ho pensato di trovare un titolo a questo epilogo che avesse a che vedere con questo tema, Bohemian Rhapsody dei Queen si è fatta strada nella mia testa a velocità supersonica. Mi piace spesso scherzare dicendo che il mondo può essere diviso in chi canta questa canzone imitando malamente ciascuna delle voci e i bugiardi, ma in verità nello scherzo c'è tanta realtà: se questa canzone piace non c'è verso di non riuscire a cantarla.
Alla fine ho fatto suonare Elton John a William, anche se non mi definirei una sua fan. Your Song la conosco per via di quel magico film che è Moulin Rouge, quindi in realtà ogni volta finisco con l'immaginare la versione cantata da Ewan McGregor e Nicole Kidman :'D

E quindi siamo giunti alla fine. Tradurre questa storia è stato un bell'esercizio di lingua che mi è stato utile su diversi frangenti, quindi sono molto soddisfatta di essere riuscita a portare a termine questo compito bizzarro. Inoltre mi ha portata a ritrovare un pochino il mio amore per la lingua italiana: è difficile, è prolissa, ma ha una musicalità tutta sua, non c'è che dire. Dopo anni passati a scrivere direttamente in inglese (cosa che comunque ha portato la mia dimestichezza con la lingua su un altro livello) sono quasi tentata di scrivere qualcosa direttamente in italiano e vedere un po' che magheggi riesco a fare per produrre una traduzione che non suoni terribile nell'altra lingua. 

Ad ogni modo, se giungete fin qui e siete così pazienti da leggervi pure queste note d'autore schifosamente lunghe, sappiate che leggo (e rispondo, anche se magari con molto ritardo) a tutti i commenti/recensioni che lasciate sia qui che su Ao3 e che ogni volta mi illumino tipo bambina la mattina di Natale. Se avete critiche o suggerimenti non fatevi scrupoli, anche perché sono sempre stata dell'opinione che le critiche costruttive siano la strada più breve per il miglioramento. Grazie per avermi seguita fin qui e alla prossima storia!

   
 
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