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Autore: Saekki    02/04/2023    2 recensioni
"...Qualcosa di antico aveva deciso di muoversi, strisciare tra le ombre per reclamare il compiersi di un'antica vendetta. I tempi erano maturi, i venti di tempesta soffiavano forti, il grande disegno si sarebbe compiuto." Calatevi insieme ad Ilyria, la protagonista di questa storia, nel selvaggio mondo di Ophiria. Tra misteri ed antichi rancori, un passato da svelare ed un mondo che scivola sempre più verso il nero abisso, riuscirà la ragazza dai capelli corvini a trovare la propria strada?
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Cap.4- L'Erborista.

 

 

Erano passate oramai poco più di due settimane da quando i sopravvissuti del villaggio di Cohen avevano trovato asilo ad Acque Grigie, i primi giorni erano stati difficili, rimettersi in piedi dopo un tale disastro non era stato sicuramente facile ma le cose sembravano volgere per il meglio. Un messo era partito alla volta della città di Dakia insieme a Caius per informare il Barone dell'accaduto, per chiedere supporto ed inviare rifornimenti ove possibile, la notizia di una bestia di tale potenza non poteva di certo passare inosservata. Nel frattempo coloro che erano abbastanza forti per lavorare erano stati chiamati per dare una mano ai residenti e non far pesare troppo la presenza di ulteriori bocche da sfamare. Fortuna volle che il raccolto fosse stato abbonante quell'anno nonostante i commerci scarsi e quasi inesistenti con i territori limitrofi.


La notizia del disastro non aveva tardato a passare di bocca in bocca tra gli abitanti e tutti avevano chiesto informazioni riguardo la non ben precisata bestia, ma le informazioni erano decisamente scarne, perfino coloro che erano scampati facevano fatica a ricordare dettagli e particolari, ma ogni tentativo di ulteriori informazioni veniva troncato sul nascere dalle guardie, nello specifico Alair, il pretore, aveva disposto che il chiacchiericcio a proposito della "bestia" fosse ridotto al minimo.


Il sole era alto e finalmente le nubi plumbee avevano lasciato spazio ad un tiepido sole che troneggiava nel cielo cristallino di una primavera che a fatica tentava di reclamare il proprio posto dopo un inverno rigido ed impietoso. Il vento sferzava le colline che circondavano il villaggio con una gentile brezza che fece trasalire Ilyria che si strinse meglio nei propri vestiti prima di tornare a chinarsi per sollevare un cesto ricolmo di piante officinali da portare sopra la testa. Aveva lasciato Damien tra i campi, dove quest'ultimo stava aiutando gli agricoltori a dissodare il terreno indurito dal freddo. La strada in terra battuta che portava all'entrata del villaggio non era più ridotta ad un pantano di fango, seppure rimanesse ancora umida e con qualche pozzanghera sul ciglio, gli stivali sporchi precedevano con il loro suono l'incedere della ragazza dai capelli corvini che, in prossimità delle due torri in legno appena abbozzate che incorniciavano il cancello d'entrata, fece cenno alle guardie poste a vedetta di aprire.


Il villaggio di Acque Grigie era sicuramente più sviluppato del proprio ed ora che la pioggia aveva cessato di vessare i tetti delle case, aveva finalmente trovato nuova vita. Le bancarelle aperte, gli abitanti intenti a fare compere, a barattare i propri beni con altri, il chiacchiericcio costante di sottofondo diedero ad Ilyria una parvenza di normalità, di placida calma e gioia. Tuttavia nel suo incedere lungo la strada lastricata la ragazza non poteva non sentire lo sguardo altrui su di sé, i rifugiati erano ancora visti tanto con sospetto quanto con paura, non per quello che erano, ma visti come monito alla crudeltà di quelle lande ed agli orrori che essi possono nascondere, una testimonianza vivente chela vita in quei luoghi non va mai data per scontata.


Giunse così alla piazza della città, lo spiazzo nel quale al loro arrivo erano stati accolti per la prima volta, adesso poteva osservare meglio i dettagli, le case in legno dai tetti aguzzi affacciate sulla strada con i loro porticati avevano il loro pianterreno adibito a bottega, tra fabbro, conciatore, sarto ed erborista oltre che le varie bancarelle in legno ricolme di ortaggi, carne ed attrezzi di ogni tipo. Una struttura troneggiava su tutte, l'unica costruita in pietra seppure modesta, la chiesa del culto del drago bicefalo, Urulkoi, simbolo dell'impero e sua divinità, venerata da sempre per quanto ne sapesse Ilirya. La vecchia Elowen glie ne aveva parlato più di una volta, raccontandole qualche storia su come Urulkoi fosse il creatore degli umani, di come li avesse resi liberi dalla tirannia dei draghi malvagi ed avesse aiutato il primo imperatore a fondare il suo regno di pace e prosperità.


Con lo sguardo ancora perso in direzione della chiesa mentre rievocava quei ricordi alla mente un fischio la richiamò all'attenzione, voltandosi e stando attenta a non rovesciare quelle erbe raccolte con tanta fatica e riposte nel cesto di vimini che teneva in bilico sul capo gli occhi violetti trovarono il volto sorridente di un ragazzo a chiamarla con un cenno della mano, indicando poi proprio il carico di lei. Alyria Abbozzò quasi un sorriso mentre si incamminava verso la bottega dell'erborista, la sua destinazione finale.


< Ancora a sognare ad occhi aperti Ria? Mia madre ci ammazzerà se non ci mettiamo subito a preparare quella roba. >


< Lo so, lo so! Cerchiamo di sbrigarci, tanto quello che ci andrà sotto sarai tu Emmet. >


Scambiare finalmente qualche parola l'aveva decisamente messa di buon umore, non che si potesse essere tristi quando si ci trovava vicino ad Emmet. Era un ragazzone alto e robusto, dalla zazzera castana, gli occhi verdi ed il volto ricoperto di lentiggini. Doveva essere di qualche inverno di più grande di lei ed era stato il primo deilocali a rivolgerle la parola nei giorni successivi al proprio arrivo. Figlio dell'erborista di Acque Grigie si era presto distinto per un'affinità spiccata per la professione della madre, nonostante il suo fisico tonico e le mani ruvide facessero pensare ad altro. Il padre li aveva lasciati molti anni prima, arruolato nella guerra di liberazione del continente a Sud dal quale sfortunatamente non aveva più fatto ritorno.


Ilyria aveva trovato nella preparazione di unguenti e rimedi un ottimo modo per non pensare, spesso rimaneva lì in silenzio, a staccare foglie, petali, ripulire gambi mentre ascoltava Emmet parlare a ruota libera per ore. Non le dispiaceva tuttavia, sembrava che il ragazzo avesse qualcosa da dire su ogni abitante del villaggio, un aneddoto per tutti ed una curiosità su ognuno. E come nei giorni precedenti si sistemavano sotto il porticato della bottega, ognuno sul proprio sgabello a separare i componenti che più tardi la madre di lui avrebbe trasformato in rimedi da vendere alla comunità o scambiare per viveri.


< Spero abbiate finito per tempo voi due, non voglio ritardi. >


All'istante ed in maniera decisamente comica le mani di Ilyria ed Emmet si immobilizzarono, gli arbusti ancora tra le loro dita mentre ruotando di poco la testa entrambi portarono il loro sguardo sulla figura che si era appena palesata sull'uscio della porta della bottega. Parlando del diavolo, quella figura slanciata, avvolta da una pesante tunica verde scuro, finemente ricamata in fili bianchi con un delizioso motivo a foglie d'acero e che risaltava le curve ben proporzionate della donna mentre un pesante mantello nero le pendeva da dietro le spalle, fermato con una spilla in argento sul davanti, lasciava spazio ad un volto dai tratti affilati, gli occhi verdi più chiari di quelli di Emmet, quasi smeraldini mentre i capelli castani e ricci ricadevano morbidi davanti alle spalle. Sylvia era una donna stupenda, era incredibile come fosse rimasta sola per tutto questo tempo senza un marito mentre il tempo non sembrava lambirla minimamente se non per delle rughe appena accennate agli angoli degli occhi. Quegli stessi occhi che adesso stavano squadrando senza pietà i due giovani.


< Madre buongiorno! In realtà mi sono attardato, Ria era già arrivata ma, beh, ecco, abbiamo iniziato tardi, ma saremo veloci lo giuro, vero? >


Emmet era diventato paonazzo, le guance decisamente arrosate mentre tentava di farfugliare qualche scusa nei confronti della donna, prima di tirare alla ragazza un calcio da sotto il tavolo che la colse alla sprovvista. Mordendosi il labbro inferiore per trattenere un'imprecazione Ilyria si affrettò ad aggiungere.


< Certo saremo velocissimi lo giuro, guardi, siamo già praticamente a metà! >


Non era vero, non era assolutamente vero ed Ilyria lo sapeva benissimo, si morse la lingua maledicendo sé stessa in tutti i modi possibili e pregando che qualche divinità li graziasse.
Ma con uno sbuffo ed un mezzo sorriso divertito la donna scosse la testa, due dita portate alla base del naso quasi a pizzicarlo mentre gli occhi si chiudevano per qualche istante.


< Datevi una mossa, ho degli ordini che vanno preparati entro oggi e non voglio sentire Harold lamentarsi per il ritardo, sai quanto può essere pesante. >


Con un gesto della mano Sylvia si voltò, rientrando nella bottega e lasciando i due ragazzi alle loro faccende, continuarono a lavorare per tutte le due ore seguenti, senza fermarsi onde evitare l'ennesima strigliata. Quando l'ultimo gambo fu ripulito e l'ultimo petalo separato dal pistillo finalmente sia Ilyria che Emmet tirarono un sospiro di sollievo, buttando la testa all'indietro e sospirando la ragazza riportò il proprio sguardo sull'altro, abbozzando l'ennesimo sorrisetto.


< Direi che almeno per oggi non moriremo, non per mano di tua madre almeno. >


Sollevandosi dallo sgabello il ragazzo si stirò la schiena, emettendo un mezzo gemito quando una vertebra schioccò contro un'altra, prendendo poi in braccio i cesti da portare all'interno.


< Ancora presto per cantar vittoria mia giovane apprendista, spera di aver fatto un buon lavoro, altrimenti niente pranzo per entrambi! >


Facendogli un cenno con la mano Ilyria lo invitò ad entrare senza indugiare ulteriormente, con ancora un flebile sorriso sulle labbra si ritrovò nuovamente da sola ad osservare quella piazza che seppure non fosse gremita di gente mostrava una certa vitalità. Sollevandosi dalla propria seduta e stiracchiandosi a sua volta fece per voltarsi, entrando nella bottega. L'ambiente non era angusto, ma gli scaffali erano ripieni di oggetti, pietre di ogni tipo, forma e colore, mazzi di erbe e fiori appesi dal soffitto ad essiccare che riempivano l'aria con odori di spezie e profumi di ogni sorta mentre la poca luce che filtrava dalle piccole finestre fendeva l'aria con raggi dorati, mettendo in risalto le piccole particelle di polvere sospese. Il pavimento in assi di legno scricchiolava ad ogni passo mentre la ragazza si addentrava nel locale, lo sguardo che vagava da desta a sinistra ed oltre il bancone che aveva di fronte, dietro il quale nessuno era presente al momento. Aggrottando leggermente le sopracciglia Ilyria mosse qualche altro passo come se stesse cercando qualcosa, o qualcuno.


< Emmet è nel laboratorio sul retro, se lo stai cercando. >


La ragazza dai capelli corvini trasalì portandosi una mano al petto e voltandosi di scatto, i propri occhi color violetto che incontrarono quelli color foglia dell'erborista. Le labbra serrate mentre deglutiva con forza, cercando di sciogliere un nodo alla gola mentre il cuore batteva all'impazzata.


< Non volevo disturbare mi scusi! Mi chiedevo se servisse una mano. >


Si affrettò ad aggiungere in risposta a quella domanda, deglutendo ancora una volta mentre, con pacatezza, la donna face scivolare una mano sulla spalla di lei, il volto affilato si sciolse in un sorriso, prendendola poi sotto il braccio con delicatezza ma decisione.

< Vieni, voglio mostrarti una cosa. >

Camminando insieme ad Ilyria i cui passi si aggiunsero a quelli di Sylvia che la conduceva attraverso la propria umile seppure ben fornita bottega, la portò in un angolo più nascosto, scostando delle pesanti tende il tessuto color porpora che coprivano un vecchio scaffale in legno nero, la ragazza non seppe dire se per il tempo o per il tipo di materiale. Non appena i lembi di tessuto furono scostati davanti ai suoi occhi si palesò, tra tutti, un oggetto più particolare, una piccola pietra, dal colore bianco pallido, tendente all'azzurro, lucida e dai bordi levigati ma piatti, dalla forma che ricordava uno scudo.

< Sai cos'è questo? >

Sempre con un sorriso l'erborista mosse le dita lunghe ed affusolate verso l'oggetto, afferrandolo dalla porzione più piatta e maneggiandolo con cura. Le iridi violette della ragazza scivolarono su quell'oggetto tanto insolito quasi con morbosa attenzione, cercando di carpirne i particolari, notando solo adesso il fitto intreccio di venature azzurre che sembravano vagamente ricordare il profilo di fiamme danzanti. Scuotendo la testa Ilyria risollevò lo sguardo verso la donna, palesando la propria ignoranza.

< Si tratta di una scaglia di viverna, me la donò il mio mentore anni fa, durante il mio apprendistato. >

Dal canto suo l'erborista osservava l'oggetto con estremo interesse, rigirando la scalgia tra le dita che rispendeva come neve fresca appena caduta. Lo sguardo della donna scivolò dall'oggetto alla ragazza, mostrandoglielo con un movimento elegante, lasciandolo poggiato sul palmo della mano aperta.

< Si dice che all'alba dei tempi, quando i draghi dominavano il mondo come divinità, il loro re, Raizandum, creò degli esseri a loro immagine e somiglianza, le viverne, così che potessero incutere terrore e dominare le altre razze. Questa, nello specifico, era una viverna bianca, Si dice che l'ultima di loro viva sulle cime innevate delle montagne a nord nel cuore del Grande Verde. >

Con una mossa rapida le dita affusolate si strinsero nuovamente attorno al cimelio, poggiandolo nuovamente con un movimento delicato sulla mensola, prima di richiudere le pesanti tende. Voltandosi in direzione della più giovane, Sylvia portò lo sguardo negli occhi dell'altra, una mano che dolcemente si mosse ad accarezzarle una guancia mentre Ilyria sentì un brivido correrle lungo la schiena ed il sangue riempirle la cute delle gote.

< Voglio che tu sappia che puoi rimanere qui quanto vuoi Ilyria, posso solo immaginare quello che hai passato, ma se avrai bisogno d'aiuto sai a chi rivolgerti. >

E con un cenno del capo l'erborista si allontanò di poco, muovendo qualche passo in direzione del bancone. Interdetta la ragazza dagli occhi a mandorla deglutì nuovamente, prima di parlare.

< Perché fai tutto questo per me? Potevi lasciare che mi sistemassero insieme agli altri, che lavorassi nei campi, potevo dare una mano in altri modi. Perché me? >

Il tono non era accusatorio, anzi, fin dai primissimi giorni per qualche motivo la donna l'aveva sempre trattata con un certo riguardo, aveva spinto perché la potesse accogliere con sé, perché la potesse istruire come stava facendo con suo figlio nell'arte dell'alchimia e dell'erboristeria.

< Forse non c'è nessun motivo, forse ti ho solo vista indifesa e sola come lo ero io tanti anni fa, volevo solo fare quello che il mio mentore fece con me a suo tempo. >

Sylvia scosse la testa, come a scacciare altri pensieri, parole non dette , idee non esposte che lasciavano trasparire qualcosa che effettivamente non era stato rivelato, prima di sospirare e voltarsi nuovamente verso la ragazza, prima di sorriderle.

< E adesso vai a dare una mano ad Emmet, altrimenti te lo rinfaccerà per tutta la giornata. >

 

 


-- Nuova domenica, nuovo capitolo! Questa volta introduciamo i personaggi di Sylvia ed Emmet, che ritroveremo anche nei prossimi capitoli come parte integrante della storia, ma non dico altro, a presto <3 

   
 
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