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Autore: Sidney Prescott    02/04/2023    0 recensioni
Inghilterra del 1910; il nuovo secolo porta aria di novità e di sogni, ma la gente nonostante tutto continua ad ignorare una verità importante: l’esistenza di un mondo parallelo in cui il soprannaturale la fa da padrone senza alcun freno!
L’associazione Hunter, antichi cacciatori discendenti da nobili famiglie fondatrici, è l’unica barriera tra il mondo umano e quello ultraterreno, il cui compito è proteggere gli uomini da ciò che non conoscono e impedire che un simile fardello venga rivelato, distruggendo l’equilibrio tra sanità mentale e pura follia.
Una delle stirpi fondatrici, il casato Griffith, dovrà lottare con tutte le sue forze per mantenere intatto il confine tra umano e sovrumano, ma ad un carissimo prezzo: la propria famiglia.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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   Chapter 1: Eris 

 

“Nella mitologia greca, Eris, sorella del dio Ares, è la divinità della discordia e della vendetta, figlia della Notte; la sua vera natura si cela dietro un demone alato dagli occhi di sangue.”

 

Current Day

 

Pioggia.

Trystan odiava quella cazzo di pioggia, battente, insistente, che non smetteva di cadere da quel cielo nero come il suo umore da quando lo avevano spedito per chissà quanto in quelle terre, lontane da tutto, da Dio in persona, dalla civiltà e da casa; in realtà l’ultima prospettiva non era poi così terribile, non era mai stato un nostalgico, affatto, ma l’idea che il primo bordello disponibile fosse ad almeno 3 ore di viaggio da quelle terre di scopa capre lo mandava letteralmente ai pazzi.

Si stava annoiando come non mai.

Gàidhealtachd

Era quello il nome del posto di merda in cui lui e i suoi uomini erano stati mandati, una regione di cui francamente ignorava l’esistenza e avrebbe continuato volentieri a farlo, ma quando il suo muso venne sbattuto contro la dura rigidità degli ordini venuti direttamente dall’alto..beh, chi era lui per potersi tirare indietro?
Ragioni di massima priorità”, aveva detto quel succhiacazzi di Neuville, quel odioso lacchè dei piani alti che non faceva che saltellare da una sede all’altra della Hunter, con tutti gli agi e lussi garantiti, ovviamente; ma cos’aveva fatto lui per essere dov’era?

L’uomo cercò di allontanare l’idea del grassoccio tirapiedi dalla sua mente, accavallando le lunghe gambe atletiche sulla scrivania del suo alloggio, scadente esattamente come quello dei suoi sottoposti, con le braccia incrociate sotto il capo corvino e la sua fidatissima bombetta direttamente appoggiata sulla faccia; non poteva dormire con il suono insopportabile dell’acqua che batteva contro quella sorta di sudicia baracca, fatta di schifosa pietra muschiata, fredda, con il puzzo di muffa che rischiava di soffocarlo dal primo momento in cui ci aveva messo piede. 

Dovevano essere ormai le 2 passate, ma di lei non c’era ancora traccia; sulla faccia coperta di Trystan Griffith, tenente del battaglione scelto della Hunter britannica, passò un ghigno di non poco conto, forse incuriosito, forse supponente, intento a dondolarsi con un movimento oscillatorio sopra la scricchiolante sedia di legno. Che avesse avuto problemi? Nah, l’aveva addestrata lui, dopotutto, eppure l’idea di un imprevisto dietro l’angolo aveva sempre quel non so che di affascinante, un brivido di pura adrenalina. 

Erano passati un po di anni dalla sua carica ex carica di capitano, mille forse da quella di soldato, ma la sensazione di sangue, terra e merda incollate sul corpo, sulla pelle, nell’anima, era viva dentro di lui, come un cavallo a briglie sciolte, imbizzarrito, e la amavo tanto quanto si ama una puttana da ubriachi; alla follia!

«A che state pensando, tenente? Alla missione di Eris..?»

Il tenente Griffith aveva quasi dimenticato la presenza del suo sottoposto, aprendo appena uno dei suoi grandi occhi verdastri sotto il berretto nero, non sognandosi nemmeno di toglierlo; Brando Guidi era un ragazzo su cui non avrebbe mai scommesso, ma nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi, troppo per bene, troppo ingenuo, troppo ansioso, e poi un fiorentino che faceva lavori pesanti?

Ma per piacere.

Sghignazzò sotto la cupoletta del suo berretto, risatina che fu perfettamente udita dalla giovane recluta, che gli lanciò una sinistra occhiataccia con un sopracciglio interrogativo; stava appoggiato coi gomiti ai bordi della finestra, ormai incollato al vetro grezzo di quella casupola da diversi minuti, in attesa di vedere qualcosa, o forse, qualcuno. 

Trystan finalmente si tolse il cappello dal viso, rivelando quell’espressione strafottente scolpita su quelle labbra rosee da quando quella buonanima di sua madre l’aveva concepito, ma questo Brando aveva imparato a sopportarlo, forse. Si sollevò dal bordo della persiana solo per assumere una posizione militare, perfettamente dritto come una candela.

«Vi fa ridere? Non pensavo ci fosse dello humor in questa faccenda, superiore…sono passate ormai troppe or..»

«Brando, Brando, Brando, se non fosse per la tua possente stazza da eroe troiano ti avrei già mandato a pulire i fondi delle padelle incrostate insieme alle fighette che ci mandano dal nord..

Rilassati, che hai? Paura che la tua fidanzatina non ritorni? 

Corri più pericoli tu solo con me in questa stanza, te lo posso assicurare..» fece con sicurezza l’uomo più vecchio, almeno il doppio dei suoi anni, scegliendo saggiamente di sgranchirsi le gambe con una terapeutica passeggiata fino al suo fidatissimo tavolinetto degli alcolici. Brando roteò gli occhi nocciola verso l’alto, appoggiando le larghe spalle contro il freddo muro, lasciandosi sopraffare da un sospiro puramente preoccupato, con le braccia conserte al petto.

Trystan lo guardò appena con la coda dell’occhio, mentre il liquido color miele finiva drasticamente nel fondo del suo bicchiere.

 «Non si tratta di…sono preoccupato per la squadra, che è ben diverso! Una missione notturna, in queste terre? Con la pioggia? Non siamo a Londra, e nemmeno a Cardiff, qui se ti perdi sei fottutto..e perchè non mi ha permesso di andare con loro?

Cazzo..io sono il suo secondo, sono il suo braccio destro…sono..»

Il ragazzo fiorentino non potè nemmeno terminare il discorso che la mano di Trystan con un dito alzato lo fece fermare improvvisamente, quasi a farlo tacere; il tenente non aveva intenzione di gustare il suo pregiato whisky invecchiato di 30 anni con le lagne di quel lattante nelle orecchie. Lo terminò tutto d’un fiato, sbattendo il fondo spesso del bicchiere sulla superficie di legno, gustandosi quel sapore autentico ancora aromatizzato sulle labbra.

Ora poteva cercare di assecondare quel discorso assolutamente infantile.

«Non ti ha mai detto nessuno nel tuo paesello di belle arti che alle donne non piace il cagnolino focoso che le si attacca alla gamba? E fammi la cortesia..non usare la scusa della squadra, perchè sei patetico, Guidi..»

Brando si sentì personalmente attaccato; Trystan era un provocatore nato, ma se c’era qualcuno a cui non sfuggiva nemmeno un dettaglio era proprio lui; non rispose, guardando un punto indefinito di quella catapecchia, ma sapeva pure lui che nemmeno la pietra incastonata nei muri avrebbe potuto nasconderlo.

«Vorrei…vorrei solo che non le accadesse nulla..l’ultima volta..ho fatto una cazzata..e tu lo sai, me lo hai detto, di non starle tra i piedi, ma non ti ho ascoltato..» 

«E con ciò? Brando…se il capitano Griffith agisce in certe maniere avrà i suoi motivi, non si tratta di tagliare fuori i membri delle squadre di ricerca, ma di valorizzarne il potenziale!

Pensi che si tratti di orgoglio? Inizia a metterlo da parte, David di Michelangelo, perché sei entrato in un’associazione pericolosa, dove non siamo altro che pedine da gioco..siamo tutti utili ma nessuno è indispensabile...e quando dico nessuno, intendo davvero nessuno!» rispose senza esitazione il tenente, in posizione speculare a quello della recluta. Il primo era alto, di corporatura asciutta e sfilata come un giunco, dai lunghi capelli neri brizzolati legati all’altezza della nuca, tremendamente curati, a differenza della sua barba che aveva appena ripreso a crescere lungo la marcata mascella; sebbene fosse uno dei superiori più importanti del suo dipartimenti non si era mai sognato in 26 anni di onorato servizio di indossare quella opprimente divisa, a differenza dei suoi colleghi, ligi e lineari come una freccia, ma non lui, non Trystan, che delle autorità se n’era sempre sbattuto altamente. A molti piaceva pensare che quelle sue insubordinazioni passassero inosservate solamente per il buon nome della sua famiglia o per la posizione di spicco ricoperta da suo fratello, ma non era così; Trystan Griffith era un cacciatore senza pari, e nessun titolo avrebbe potuto rendergli omaggio come la sua stessa bravura ed esperienza.

Brando segretamente,dentro il suo giovane cuore, lo invidiava da morire; sebbene fosse una sorta di pecora nera, per la sua famiglia, per i suoi superiori e per chiunque lo avesse mai incontrato, riusciva sempre ad uscirne vincitore e a testa maledettamente alta, senza guardare in faccia nessuno. Rozzo, zotico, senza ombra di dubbio cresciuto molto lontano dalla vita di corte e dalle buone maniere, ma quel borioso contorno era del tutto superfluo quando scendeva sul campo di battaglia; l’uomo dall’aspetto piratesco sollevo lo sguardo dal suo bicchiere, notando lo sguardo perso del giovane pisano sul suo, assottigliando i verdi occhi.

«Vuoi forse baciarmi, Michelangelo?.»

«CHE?! Ma che cazzo…no, certo che no..ero solo..» 

«Suvvia, non fare lo scandalizzato, mica eri uno studente dell’Accademia? Credevo facesse parte dell’esame d’ammissione spingerlo nel..» terminò la frase semplicemente mimando il seguito con le lunghe dita, ma prima che potesse finire Brando voltò lo sguardo quasi schifato, con un brivido lungo le spalle. 

«Ma che diavolo le passa per la testa…ho studiato astrologia, se proprio ci tiene a saperlo, sono un alchimista!

Non sono un artista o uno studioso di pittura, ma vedo che voi cafoni gallesi avete un’idea abbastanza pittoresca della nostra terra, e deduco anche che non sappiate nemmeno distinguere un astronomo da un astrologo...» 

Trystan rimase quasi sorpreso da quella grinta ben celata dietro quel visetto composto, mimando un piccolo applauso con le mani, avvicinandosi alla figura poco più bassa di Brando, con le mani sui sottili fianchi. 

«Che mi venisse un colpo..il piccolo Brando ha forse le palle? Buono a sapersi, ti serviranno quando farai il giocoliere dopo aver perso il lavoro, ma prima che ciò accada, voglio darti una dritta, ragazzino…da uomo.a..be, soldatino di stagno..» 

Griffith mise le mani callose sulle spalle di Guidi, guardandolo bene in quel viso, molto piacevole, circondato da quei capelli ricci e bruni, quasi pareva un cherubino, stonante con la sua forma fisica massiccia; lasciò che la sua voce gli entrasse bene nelle orecchie, come un suono metallico.

«Al posto di guardare le stelle o leggere le carte come una vecchia truffatrice, ricordati che i veri problemi stanno in terra, non in cielo..o ci sei dentro fino al collo o ti chiami fuori, e te lo sto dicendo da amico!

Ah, un’altra cosa…» 

I numerosi orecchini appesi all’orecchio destro di Trystan tintinnarono come una campanella, una molto chiara e concisa, che stava dando al giovane soldato un messaggio inequivocabile.

«Non le piace quando un uomo, in particolare un moccioso, le si mette d’intralcio, lo so perfettamente, quindi lasciati un attimo…dominare? Dal flusso degli eventi, e se proprio non ti piace stare sul sedile del passeggero, prova anche a saltare su quello di comando, ma un consiglio…Brando Guidi..dovrai almeno stare…al suo passo..o provarci, prima che il nostro capitano si ricordi..della tua esistenza!» 

La gola del ragazzo divenne arida come il deserto, centrato in pieno come un bersaglio di paglia durante l’addestramento da un dardo infuocato; fottuto…fottuto cinico supponente e arrogante.

Quella conversazione non sarebbe durata ancora per molto, poiché un chiaro trambusto svegliò l’accampamento nel cuore della notte, dove un viavai di soldati ormai svegli aveva animato l’intero crocevia di corridoi di pietra; il respiro di Brando divenne impetuoso, con il battito del cuore a mille.

«Eris?!!» fu l’unico nome che riuscì a proferire, sfuggendo alla presa volontaria del suo stesso superiore, che lo guardò correre fuori dalla sua stanza, unendosi al fiume dei suoi commilitoni; Trystan si fece prendere da un sorriso inconsapevole, massaggiandosi i mossi capelli con il palmo della mano. Era tornata.

La sala centrale fu improvvisamente invasa dall’intero plotone, dove reclute, soldati e sottufficiali si confusero tra di loro, tutti accorsi solo per il ritorno della squadra Alfa, nient’altro che il fiore all'occhiello di quel battaglione; parve quasi una sorte di parata improvvisata ai giovani occhi di Brando, che quasi fece a spallate tra i cadetti per vedere qualcosa, ma non sarebbe servito; la voce tonante del sergente Boris Belinsky riuscì in meno di mezzo secondo a far zittire l’intera sala, in piedi, al centro di quel enorme tavolo di pietra, a cui stavano seduti solo i più alti gradi delle cariche ufficiali della spedizione. La pioggia non aveva risparmiato nessuno di loro, fradici ed esausti, con le divise logore ancora addosso,ma dei 5 posti adibiti a sedere solo 4 erano stati occupati; lei non c’era.

Belinsky era l’ufficiale più anziano del gruppo, ma non per questo si era permesso a sedersi, nossignore, con le grandi mani ancora sporche di sangue ben ancorate alla superficie del tavolo, con quei grandi baffoni neri che predominavano sul suo enorme faccione slavo. Gli altri 3 ufficiali seduti sembravano quasi essere in una dimensione a loro estranea, nemmeno prestando attenzione alle parole del loro superiore, parole di vittoria, quei discorsi che sembravano benzina sul fuoco per quelle giovani menti, per il futuro della caccia ai mostri, al “nemico” sempre in agguato nell’oscurità. Era una propaganda che a Brando non era mai stata troppo a genio, ma le espressioni assenti dei suoi comandanti quasi lo lasciarono sbigottito, se non sospettoso. 

«Be? Ma hai sentito, Brando? Sono riusciti ad uccidere i ribelli delle isole a catturare i sacerdoti del tempio..Brando? Ma..non sei felice? Abbiamo vinto..potremo tornare a casa!» 

«Mmm? Perdonami, Hugh, ma non..non lo so, qualcosa non mi torna..e poi che diavolo ci fa Novacek al tavolo dei comandanti?» 

Hugh Darcy era sicuramente una delle reclute più entusiaste e anomale che il campo Hunter avesse mai visto, arrivando alle spalle dell’amico con quel suo sorriso insormontabile; più alto di Guidi, ma terribilmente gracilino, fatto quasi di vetro soffiato, dai grandi occhiali tondi, quasi buffi, ad ingrandire i suoi occhioni scuri e dal naso all’insù. Ancora Brando si chiedeva come quel manico di scopa fosse entrato nella squadra, ma poi bastò ricordarsi che fosse il figlio bastardo di una nobile famiglia che voleva disfarsene e la risposta non tardò ad arrivare. 

«Sempre il solito musone…pensi troppo, Guidi..ah no, forse ci sono! Sei forse afflitto perché un certo qualcuno non è qu..» 

Una gomitata di Brando gli centrò lo stomaco, piegandolo in due.

«Cazzo!.» 

«Cuciti la bocca a filo doppio, e rispondimi: la squadra Alfa ha già il capitano Griffith, che cosa ci fa Evgenij Novacek seduto lì?» 

Hugh si riprese velocemente dal colpo, osservando come la figura del capitano Evgenij Novacek avesse catturato negativamente l’attenzione di Brando; difficile dargli torto, ma non era né il luogo, né il momento per parlare, limitandosi ad indicare con gli occhi il lungo corridoio che conduceva dalla sala fino agli appartamenti degli ufficiali.

Eris Griffith non era mai, mai stata avvezza a quelle sorte di fenomeni teatrali che erano le congratulazioni, oppure quelle onorificenze a seguito di una schiacciante vittoria, anche perchè non c’era stata nessuna vincita, nessun onore, alcuna gloria, ma era molto più facile illudere degli ignari spettatori che illustrargli la realtà; non aveva mai presieduto alcuna assemblea da quando era diventata capitano, mai una volta aveva accettato quelle gratifiche; la sensazione del sangue che si scioglieva a contatto con l’acqua avrebbe dovuto farla stare meglio, ma non era così semplice come sperava.

Prima spara, poi fai le domande.

Era la regola fondamentale della Hunter; ma che senso ha interrogare un uomo quando giace esanime sotto i tuoi piedi? 

La tinozza d’acqua di fronte allo specchio del suo bagno privato aveva assunto quel color ciliegia dall’odore ferroso, agitata dalle lunghe dita affusolate ormai pulite, eppure il suo riflesso era tutto fuorchè candido. La pelle pallida del suo viso era quasi cadaverica, i capelli neri corti furono brutalmente tirati all’indietro da un gesto nervoso della mano, lasciando le tenere goccioline rossastre a colare lungo il collo, fino ad inumidirle il colletto della camicia non più bianca da molto.

Li hai uccisi, li hai uccisi tu.

«Posso…capitano Griffith?» 

«Questo vizio di merda..non imparerai mai a bussare, non è vero? Tenente?» 

Trystan, appoggiato pigramente allo stipite della porta, fece spallucce, come se non sapesse proprio di cosa la giovane stesse parlando, con le mani rivolte verso il cielo; Eris gli tirò dritto in faccia il vecchio asciugamano sporco di sangue, che quello prese al volo, fischiettando.

«Marmellata ai lamponi o..?» 

«Le tue battute del cazzo, Trystan, falle a qualcun altro, non è giornata..» replicò senza mezzi termini il capitano, che si lasciò andare di schiena contro il duro e inospitale materasso; l’uomo annuì senza dover aggiungere una parola, chiudendo così alle sue spalle la porta d’ingresso, lontani da sguardi indiscreti perchè, fra quelle mura, anche gli spiriti avevano orecchie.

«Dunque…suppongo che le parole vittoriose di Boris poco fa fossero solamente una pletora di minchiate? Non ho mai capito perché quella balalaika dal culone flaccido sia stato nominato sergente…è un miracolo se non soffoca sua moglie quando scopano…»

Eris fece un’espressione pittoresca al solo pensiero, sollevandosi sui gomiti, come se l’immagine le avesse dato un sentito schiaffo.

«Questi pensieri..nefandi, li fai perchè sei in astinenza di sesso o perché hai una segreta attrazione per Boris?»

Trystan prese posto al suo fianco su quel letto, sdraiandosi completamente, coi lunghi capelli sciolti; Eris fin da bambina aveva adorato quella magnifica criniera morbida, nero pece, ora accompagnata da qualche filo argentato, che aveva intrecciato non so quante volte, ma ormai quel tempo era finito, in abbondanza. Lui notò quello sguardo malinconico, deluso, rabbioso, sfiorando con il pollice la cicatrice caratteristica che attraversava il viso dell’altra dalla fronte fino alla guancia, come a cercare di togliere quel peso personale che aveva dentro.

Lei non provò nemmeno a sorridere, non c’era bisogno di mentire, non con lui. Si mise a sedere, con i gomiti contro le ginocchia, lo sguardo fermo, fisso.

«Ricordi la squadra di reclute di Novacek? Quella partita due settimane fa che non è mai tornata?»

Trystan annuì, cambiando totalmente espressione quando quel nome gli solleticò le orecchie. Eris proseguì, rivolgendo all’uomo la parte di viso segnato indelebilmente dalla sua storica ferita.

«Lui è stato l’unico sopravvissuto, caduto in una bella imboscata, stando alla sua testimonianza…l’intero gruppo sterminato dai guerrieri druidi della penisola! 

Boris insieme agli altri superiori non hanno esitato nemmeno un momento a preparare il contrattacco, hanno preparato una sorta di legione della morte per annientare quegli stramaledetti analfabeti con le facce dipinte di blu con i miei cazzo di uomini..

Allora ho capito che qualcosa non andava…perchè coinvolgere anche Novacek? Sono io il capitano della squadra, e l’ho fatto notare in maniera poco gentile…»

Il tenente roteò gli occhi verdi, non aspettandosi nulla di diverso da quella paladina della discordia, massaggiandosi appena le tempie, quasi con fare confuso. 

«Fammi capire…hai fatto a pugni con la tua nemesi o ci hai scopato? Perchè sto cominciando a non capirci più una sega di tutte queste sottotrame da quando quella mezza cartuccia di tuo padre ci ha spediti con tanto di bacio accademico in questo cacatoio scozzese!»

A quella viva provocazione, Eris afferrò con quegli artigli il viso barbuto del suo stesso sovrintendente, portandosela a nemmeno un palmo dal viso, soffiandogli sulle labbra quelle taglienti parole.

«Vorrei tanto ricordarti, mio dolce e insolente superiore, che quell’uomo che hai chiamato padre è il tuo stesso fratello, sangue del tuo sangue, e per quel che mi riguarda puoi tagliargli la gola mentre dorme, perchè ci siamo in due in questo “cacatoio”, e ti dirò una cosa…caro zio…non siamo stati mandati qui solo per uccidere quattro guerrieri coi corni di vacca e Nessie, se mai esistesse!»

Non erano mai stati come zio e nipote, se non per legame di sangue, per assurdo Trystan l’aveva portata via con sé quasi come un padre, ma nemmeno quello era in grado di descrivere il loro rapporto, enigmatico, con troppe sfumature di colore, ma ormai ci erano talmente abituati che nemmeno se ne rendevano più conto.

«Il mio amato…e odiato fratello…fa molto Caino e Abele, ma ti consiglio di non pestare nuovamente i piedi di Evgenij, nipote, potrebbe risultarti fatale questa volta!
Sai perfettamente che qui tutti vedono ciò che vogliono vedere, e basterebbe un testimone ben rigirato per farti accusare di insubordinazione...»

«Non hai troppa fiducia nelle mie capacità, mi pare di notare, Trystan..e io che credevo mi avessi insegnato tutto!» fece quasi con l’amaro in bocca la giovane donna, che poteva avere poco più di 23 anni, lasciando andare il viso dello zio dalle sue unghie, ma non si allontanò di troppo, perché Trystan le prese velocemente il braccio: ora erano faccia a faccia, più vicini di prima.

«Oh, al contrario, ragazzina, ho pure troppa fiducia, ma scatenare una guerra per un mucchio di zotici blu non mi pare esattamente il caso, non dopo quello che è successo tra voi due anni fa!

Quindi, per una cazzo di volta, accetta gli ordini dei tuoi comandanti e non invischiarti ulteriormente…perchè non sono entusiasmato dall’idea di dover recuperare pezzi del tuo splendido cervelo dal pavimento..» glielo disse con la più seria delle espressioni, cosa abbastanza rara per uno sbruffone strafottente come lui, ma non esisteva niente di più serio quando compariva davanti ai suoi occhi quella sfrontata e avventata ragazza, incapace di concepire nient’altro che vendetta. 

Quel sentimento, la accecava ogni volta, non c’era verso di riportarla sui binari.

Il volto di Eris venne travolto da una piacevole espressione, sorpresa quasi; erano rari i momenti in cui riuscivano a scambiarsi qualche parola, figurarsi una dolce, ma se ci tenevano alla carica e alla testa, avrebbero dovuto azzerare quelle visite clandestine, o quasi?

Sfiorò una ciocca di capelli ebano che penzolava accanto al collo dell’uomo, arricciandola attorno all’indice, dal profumo di verbena; i loro occhi gemelli, della medesima sfumatura preziosa non poterono che brillare di pericolosa intesa, culminata dalla grinta ribelle di quella guerriera che fece leva sulla camicia bluastra del tenente, colto in quella trappola improvvisa, più bramata da entrambe di quanto non si credesse.

Erano sempre stati due abili maestri nel mentire.

Quest'ultimo non oppose resistenza alcuna, tutt’altro, vagando con le mani lungo quei navigati fianchi, infilandosi sotto il tessuto sporco di quella superflua camicia, ripercorrendo quei marchi sulla pelle, cimeli di caccia per entrambe che si erano guadagnati col sudore e col sangue; ma ne era valsa la pena?

Trystan se lo chiedeva da una vita, Eris no.

Le labbra avevano già abbondantemente ripreso la loro familiarità senza esitazione, a discapito forse di quello stesso indumento indigesto alla vista del capitano, che iniziò a sbottonare man mano che il bacio si fece più intenso,condito da quei sospiri delicati e soppressi capaci di far venire la pelle d’oca, ma quel barlume di libertà si spense sul nascere.

Qualcuno bussò improvvisamente alla porta.

Trystan non ebbe neanche il tempo di realizzare la velocità delle cosa, che si ritrovò sbattuto all’interno dell’armadio della ragazza, non capacitandosi nemmeno di quale forza mastina avesse usato quella belva dagli occhi sfuggenti, ma gli toccò appollaiarsi come un gufo in quel fetido ripostiglio; col cazzo proprio che era facile scopare, pareva quasi che una cinturà di castità avvolgesse l’intero corpo di caccia. Ma poi chi cazzo l’aveva detto che tra cacciatori non si potesse farlo? Un cerebroleso,non c’era dubbio.

«Brando..?»

Quando Eris aprì la porta del suo alloggio trovò davanti a sé una sorpresa inaspettata. Guidi arrossì istintivamente, trovando qualcosa di sconvolgente in quell’aspetto malconcio e logoro che aveva tutto tranne che del razionale, ma non appena realizzò la situazione si diede uno schiaffo immaginario per tenere la sua dignità integra.

«Salve, capitano Griffith..io…io…mi scuso se mi permetto di disturbarla, ma è arrivata una lettera urgente per lei, signora..» disse balbettando come un perfetto idiota, allungando sotto il viso della giovane una busta avorio sigillata, ma non una busta qualsiasi: il sigillo del grifone era di rossa ceralacca.

Nelle viscere di Eris qualcosa ebbe iniziato a muoversi, tramutando tutto ciò che c’era di sereno nel suo viso nel caos più completo; faticò quasi a prendere la busta tra le mani, volendo incenerirla con il solo sguardo. Brando lo notò, deglutendo di colpo.

«Suo padre, capitano, il comandante Griffith, ha voluto che la ricevesse lei in persona, e ha detto che è molto urgente, ma che confida nella saggezza della vostra risposta...»

Eris non rispose, congedò semplicemente il giovane con un cenno del capo per poi richiudere la porta, rompere quel odiato sigillo e leggere; ricevere una lettera dopo..quanto, 8 anni? 9? Faceva un certo effetto. 

10. Erano passati 10 anni.

Passarono diversi minuti, quasi una ventina, finché il povero tenente non uscì di soprassalto dall’armadio, boccheggiando come un pazzo.

«MA CHE CAZZO, ERIS?! Stavo soffocando li dentro, aprire?! Dio santo lo ammazzo, quella checca pisana riceverà pedate nelle palle da subito..Eris…? Eris che cos..»

Come riprese fiato, Trystan osservò lo sguardo vitreo della giovane nipote, con le spalle contro la porta, in posizione quasi fetale, rannicchiata su se stessa, con la carta ancora fra le mani. Non gli servì nemmeno chiedere da dove venisse, il sigillo rotto con la testa di grifone parlava chiaro.

«Che cosa vuole…»

«Torniamo a casa..Trystan..io e te…torniamo a Cardiff..»

L’uomo aggrottò minaccioso le sopracciglia. Cosa?

Dopo 10 anni di esilio, li rivoleva a casa? 

Con quale faccia osava pronunciarsi?

«Rhys...vuole che torniamo a casa..»

«Rhys vuole? E da quando ci importa di lui? Eris ti sei dimenticata cos’è successo negli ultimi 10 anni o hai bisogno di..»

«Duncan è stato ferito gravemente, in una spedizione nel Devonshire e..Sheelah aspetta un bambino..»

Calò un grave silenzio nella stanza. I muscoli del viso di Trystan si ammorbidirono, ma non furono affatto rilassati, appoggiandosi alla scrivania coi palmi delle mani, realizzando con sincera fatica tutte quelle notizie; una doccia fredda dopo l’altra.

«Sheela..incinta? Solo ieri aveva 6 anni…»

«Si, 10 anni fa, anche tu eri molto più giovane, Trys..,»

«Hey, va a farti fottere, Griffith, sono il 39enne più sexy su cui poserai mai i tuoi occhietti da faina,e per la cronaca, non farmi passare per pedofilo…ci passiamo solo 15 anni, io e te..» precisò l’uomo appena preso in causa, mettendo le cose in chiaro con quel suo modo scenico che Eris amava profondamente. Lo guardò negli occhi, ascoltando il suono scrosciante della pioggia che li aveva accompagnati per tutto il tempo.

«Sai perfettamente..che non è l’età il problema tra noi due,Trys..» 

«Io non voglio figli, perciò non correremo il rischio di avere dei mostri con 4 teste, e un pene extra, che forse non è poi così male..»

La prese per il polso, tirandola su, ora di nuovo alla stessa altezza; lei gli sorrise, trovando sempre una sorta di conforto in quel sarcasmo cinico, mai mutato in tutti quegli anni. Eh cazzo, l’amore era veramente una bestia che nemmeno il più forte dei cacciatori riusciva a domare.

I polsi finirono per incrociarsi dietro il collo del tenente, come le mani dell’altro ripresero posto su quei fianchi; gli leccò languidamente il collo facendo attenzione a solleticargli la cartilagine dell’orecchio con la punta del naso.

«Ho aspettato 10 anni, Trys, 10 anni sono rimasta lontana da tutto quello che era mio, dalla mia terra, dai miei fratelli, mentre una serpe si infilava nel letto di mio padre..non mi lascerò sfuggire questa occasione, che io sia dannata se le lascerò vincere anche questa battaglia..»

«Eris..»

«Non lo sto facendo per quel vile di Rhys, per Duncan e Sheelah, sebbene mi manchino da morire, Trys…è per Merrion, e tu lo sai!

E non mi darò pace finché..lei non sarà morta…»

Merrion.

Trystan chiuse gli occhi, stringendola quasi a farle male fra le sue braccia, con una mano dietro la nuca; respirò profondamente, rischiando quasi di tirare quei lisci e corti fili d’ebano fra cui le sue dita si erano ormai perse.

Merrion, quando lascerai in pace le nostre vite?

   
 
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