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Autore: Monkey D Anjelika    04/04/2023    0 recensioni
Dal testo:
"Sua madre non aveva capito che era lui, ma presto lo avrebbe scoperto.
Tutta la sua rabbia sarebbe stata placata da chi l'aveva repressa.
Lo sguardo di Credence divenne cupo e fu allora che la donna comprese.
Strinse forte la cinta tra le mani, era pronta a colpire il ragazzo come sempre ma la paura lo bloccò.
Il mostro non era più lei, ora viveva dentro suo figlio."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Credence Barebone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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C'è una bambola di porcellana con cui parlo se penso di farmi
Ma la droga non mi vuole ed io non voglio lei, soltanto per accontentarmi
Quando il sole cala, sfogo le mie voglie su una piccola Yolandi
La sbatto contro il muro, tolgo il fondotinta con la forza dei miei schiaffi
 
Il bambino cercava di dormire in quel nuovo letto ma le urla che provenivano dal piano inferiore glielo impedivano.
Il buio che circondava la stanza gli impediva di vedere, ma le urla di sua madre le sentiva benissimo.
Da poco era stato adottato da quella strana donna dal sorriso dolce ma dalle mani ruvide.
Sin dal primo istante aveva riempito il viso di Credence, così aveva chiamato il bambino, di schiaffi mentre urlava frasi prive di senso.
 
Se lo vuole forte, io glielo do forte, forse anche più del dovuto
Le allargo le cosce e spalanco le porte, solo quando avrà goduto
Ninja, ninja, io sono il tuo ninja per cantare la tua ninna nanna
Una piccola micia, che imbocca una micia, firmerà la sua condanna
 
Dopo averlo picchiato per mezz'ora, la donna aveva preso il corpo immobile del bambino e lo aveva portato nel letto.
Le lenzuola fredde e ruvide avvolgevano quel corpo dolorante e tremante per la paura.
La donna lo osservava mentre intonava una ninna nanna cupa e distorta.
Credence era solo un bambino ma aveva capito che quando quella donna aveva firmato i documenti per la sua adozione, il destino aveva firmato la sua condanna a morte.
 
Io non ho il tempo di farti le coccole
Ti nascondo dentro queste botole
Insieme a mille altre zoccole
Sopra il cuore ho le cicatrici
Baby, di chi ha sofferto tanto
Ustioni di terzo grado
Il male che porta al degrado
 
Credence aveva perso il conto del tempo trascorso con quella donna.
Il tempo non veniva scandito dai giorni, le settimane o i mesi ma dalle botte.
Ogni giorno aumentavano.
In tutti quegli anni non c'era mai stato tempo per le carezze o le belle parole.
L'odio era il pane quotidiano della famiglia Barebone.
Credence era segnato da tutto quel dolore, il suo cuore si era riempito di rancore e cicatrici.
Nel silenzio della notte qualcosa in lui si muoveva e prendeva il controllo del suo corpo.
Qualcosa di malvagio e oscuro era nato dalla sua sofferenza.
 
Forte, forte, il cuore batte così forte che quasi rischio un'infarto
Amore mio, ti amo da impazzire, sai, non desidererei nient'altro
Amore, sono a casa, ti ho comprato il carillon che ti piaceva tanto
Il tempo di dirlo e scopro che qui dentro non sono l'unico cazzo (che cosa?)
Oidocrop che troia, lurida puttana, zitta, affoga e sborro dentro la tua bara
Così almeno al tuo funerale di sicuro ti sentirai a casa
Non parlare, brutta cagna, che da oggi sono un cane anche io
Non mi hai mai voluto dare il culo, adesso me lo prendo
 
Ogni volta che l'oscurità prendeva il sopravvento, distruggeva tutto ciò che incontrava sul suo cammino.
Molte vite erano state spezzate dal dolore di Credence.
Il ragazzo non riusciva a controllarsi, il suo cuore batteva così forte che a volte sperava smettesse di farlo.
Sua madre non aveva capito che era lui, ma presto lo avrebbe scoperto.
Tutta la sua rabbia sarebbe stata placata da chi l'aveva repressa.
Lo sguardo di Credence divenne cupo e fu allora che la donna comprese.
Strinse forte la cinta tra le mani, era pronta a colpire il ragazzo come sempre ma la paura lo bloccò.
Il mostro non era più lei, ora viveva dentro suo figlio.
Shh, dormi adesso che è tutto finito
Il silenzio adesso è nostro amico
Me l'accendo e poi ti lascio un tiro
Ti ricordi tutti i miei regali
La collana che costava troppo
Adesso dimmi che mi ami visto che l'ho presa
E te la sto stringendo al collo
 
Il corpo della donna giaceva a terra inerme.
Il volto era pallido e gli occhi privi di vita.
Credence osservò per un po' quella donna che per anni lo aveva picchiato senza un apparente motivo.
Ora era immobile, incapace di muoversi.
Credence, dopo aver compreso quello che era successo, iniziò a piangere e a tremare.
Cadde a terra seduto con le braccia che avvolgevano le ginocchia.
Si abbracciava da solo, cercava di calmarsi.
Era tutto finito.
Ora poteva essere sè stesso, libero insieme a quel signore che gli aveva promesso di aiutarlo a controllare i suoi poteri.
La, la, amore mio
Stràppati il cuore ed io strapperò il mio
La, la, perché non parli?
O mia Yolandi, strappati il cuor
 
Una mano calda e sconosciuta stringeva quella fredda di Credence o meglio Aurelius.
Quel nome gli piaceva di più, era candito come la sua infanzia finita troppo presto
I suoi occhi erano chiusi, era troppo debole per aprirli.
Giaceva in un letto caldo e nel silenzio di quella stanza ripercorreva tutta la sua vita, tutti i suoi errori.
Era stato uno sciocco, si era fidato di Gellert Grindelwald.
Quell'uomo arrogante lo aveva imbrogliato, gli aveva fatto credere che suo zio era il nemico.
Ma il vero nemico era solo lui.
Lo aveva capito troppo tardi, ormai non gli restava molto.
Ma perlomeno lo aveva capito abbastanza in tempo per morire in pace e tra le braccia di suo padre.


 
   
 
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