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Autore: robertar    05/04/2023    2 recensioni
Neville e Goyle finalmente da soli, e alcune parole a cuore aperto.
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Dedicata a laraffilus, lei sa perché.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gregory Goyle, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Bussò alla porta, come aveva fatto decine di volte in quei due anni, da quando era nata quella loro improbabile amicizia che, nonostante tutto quanto li dividesse, resisteva al tempo e agli urti della vita.
Entrò, senza aspettare una risposta, sapendo che lo avrebbe trovato lì, sulla sua poltrona, di fronte al camino acceso, al tavolino pieno di pergamene con schemi di gioco e tattiche, e un bicchiere di firewhisky a fare da fermacarte.

"Nev, ciao. Mi dispiace, questa sera i ragazzi sono tutti…” disse Goyle, alzandosi dalla poltrona per andargli incontro.
Neville gli tese un involto che profumava di cibo, una bottiglia di vino e un sorriso gentile.
“Da Abe, lo so. Grande festa prima della partenza. Quasi tre mesi in Irlanda: una trasferta importante, da cui torneranno i nuovi titolari del più del Puddlemere United. Volevo venire a salutarti” disse Neville, sedendosi sul divano e guardando la sagoma importante di Goyle sistemarsi sulla poltrona e aprire curioso le scatole.

“Sembra buonissimo, chi l'ha fatto? Non la tua nonna, spero! Alla sua età deve riposarsi; non devi farla lavorare, Neville” disse Goyle. Ma sapeva, invece, che Neville, quando non era impegnato nei suoi studi di medimagia, o a salvare il culo a qualcuno della squadra che si era fatto male e non poteva dirlo all'allenatore, o a gozzovigliare con loro, badava ai genitori, in lungodegenza al San Mungo, o andava a trovare la nonna nella casa fuori Londra in cui viveva.

“In realtà, ho cucinato io: nonna mi ha insegnato essere indipendente fin da piccolo. Non le bastava che io sopravvivessi a stento…” risposi Neville con un sorriso, poi tornò serio.

"Come stai, Greg? Perché, qui, tu ti occupi di tutti, sei il porto di tutti, ma a volte mi chiedo chi si occupi di te”

Gregory resto immobile a pensare qualche secondo. Nemmeno lui si chiedeva spesso come stesse; troppo attento a tenere d'occhio i compagni di squadra, badare che Draco non si facesse troppo male a vivere, a cercare di giocare decentemente quell'unica carta vincente che aveva in mano: il suo talento nel quidditch che gli aveva regalato, inaspettatamente, la possibilità di realizzarsi non come l'ombra di qualcuno, ma semplicemente come se stesso.

“Non lo so. Credo di essere un po' stanco, forse. È che adesso tocca questa fatica: cercare di entrare nella rosa dei titolari”

“Sei il battitore migliore della tua squadra, la tua presenza è praticamente certa” disse Neville. E la sua frase suonò più come una constatazione che come un complimento.

Gregory ci pensò su, poi gli sorrise.
“Questo vuol dire che devo impegnarmi ancora di più: diventare scontati è qualcosa di molto pericoloso: finiscono per non vederti più” disse, guardando Neville, che fece un sorriso divertito.

“Beh, io e te di questo ce ne intendiamo. Apprezzano la nostra presenza più di quanto si interroghino su quanto male farebbe una nostra eventuale assenza. Ma ci sono persone fatte così, come noi, concentrate sull'occuparsi degli altri più che di se stesse”

Goyle annuì.
“A questo proposito: per favore, tieni d'occhio Draco, mentre non ci sarò. Fosse un periodo più breve, non te lo chiederei, ma sono quasi tre mesi. E lui è bravissimo a buttarsi nei casini, e senza Harry nella sua vita a tenerlo d'occhio, e senza di me a parare i suoi bolidi, beh sai… Lui deve ancora imparare a schivarli”

“Non preoccuparti, gargoyle. Ci penso io al tuo Draco, al meglio che posso, se non come te. Grazie a te, ho imparato a volergli bene”

Quella considerazione stupì Goyle: era abituato al fatto che gli altri vedessero lui attraverso Draco, ma assolutamente non al fatto che qualcuno vedesse Draco attraverso i suoi occhi. Poi sorrise, per il buffo soprannome che gli aveva affibbiato due anni prima Alice Paciock. Gargoyle.

“Domani mattina presto mi piacerebbe andare a trovare Alice, e Frank, ma soprattutto Alice prima di partire. Ti va di venirci con me prima delle tue lezioni, o mi dai il permesso di andarci da solo? E poi devi dirmi cosa posso portarle dall'Irlanda, che pensi la possa divertire” disse Goyle, che provava per quella adulta dalla mente bambina un affetto difficile da spiegare, dalla prima volta in cui l'aveva vista.

Dalla prima volta in cui, due anni prima, Neville si era fidato a mostrargli il proprio tesoro più prezioso e fragile, i genitori dalla mente sconvolta, fidandosi del fatto che lui poi non ne avrebbe riso né apertamente, né segretamente.

"Credo che il regalo più bello sarà quando tornerai a trovarla. Per il resto, il suo cuore è così puro che credo apprezzi anche una semplice caramella, se data con un sorriso e un abbraccio” disse Neville, con il cuore spaccato perfettamente in due parti, amore e dolore, come sempre quando parlava dei suoi genitori.

"E allora, tonnellate di caramelle dall’Irlanda!” disse Goyle con un sorriso un po' storto che rese quasi fanciullesco quel suo viso squadrato e gli regalò persino una piccola fossetta sulla guancia sinistra.

Guardò la figura dinoccolata di quel Grifondoro che del tutto inaspettatamente era diventato suo amico due anni prima. Tutto quanto valesse la pena di essere ammirato, in Neville, era tenuto accuratamente nascosto.

Era alto, forse anche leggermente più di Greg, ma non te ne accorgevi perché stava sempre con le spalle chine in avanti, infagottato in quei maglioni fatti a mano dalla nonna, nei pantaloni un po' larghi di velluto a coste, da bravo ragazzo.

Era anche forte, perché sollevava spesso e volentieri i ragazzi della squadra quando, dopo sbronze epocali, capitava loro di non reggersi in piedi, oppure quando si facevano male agli allenamenti e lui veniva chiamato in campo per dare le medicazioni di primo soccorso.

Ed era generoso. Neville, penso Goyle per l'ennesima volta, era stato l'unico Grifondoro ad accogliere senza riserve non solo i Serpeverde che avevano iniziato a frequentare i grifondoro, ma anche tutti gli altri. L'unica caratteristica che dovevi avere per entrare sotto la sua ala protettrice era chiedergli aiuto.
E, a volte, non serviva neanche quello.
Quando, due anni prima, Goyle sia trasferito a vivere da solo nella North Side di Diagon Alley, Neville, che lo aveva preceduto di qualche mese ed era già perfettamente autosufficiente, gli aveva bussato alla porta, una sera, chiedendogli se andasse tutto bene, dicendogli che erano vicini di casa, invitandolo a chiedergli qualsiasi cosa, se ne aveva bisogno.

Stupito da quella gentilezza non richiesta (ma la vera gentilezza, forse, è sempre quella che ti arriva non richiesta, che ti colpisce fra capo e collo e ti stende peggio di una sberla, se non ci sei abituato, come non c'era abituato Gregory Goyle) Greg lo aveva fatto entrare, presentando i ragazzi della squadra, di cui molti già conosciuti dai tempi di Hogwarts, e non si capiva come, da quella sera, che Neville partecipasse alle loro serate era diventata una cosa perfettamente normale.

Certo, non beveva tanto come alcuni di loro, aveva i suoi orari e non si lasciava condizionare da quello che facevano gli altri: restava sempre serenamente se stesso, facendo ciò che voleva lui, e un giudicando mai quello che facevano gli altri.

Ben presto, ai ragazzi del Puddlemere United, che si ritrovavano sempre a casa di Goyle, sembrò assolutamente normale che lui ci fosse, e fastidioso che mancasse.

“Sarà strano non vederti per tre mesi. I ragazzi non potranno chiederti aiuto quando si faranno male, e non averti con noi quando faremo casino, beh, lo renderà un po’ meno bello. Ma torniamo” disse Goyle, con un sorriso.

“E comunque ci mancherai” concluse, dopo averci pensato un po' su “tre mesi senza il nostro eroe non saranno uno scherzo”

Neville lo guardo con aria interrogativa.
“Il vostro eroe?” chiese, vagamente perplesso.

“Certo, Nev. Sei il nostro stracazzo di eroe. Chi, se non tu? Me lo ricorderò tutta la vita, quel giorno alla battaglia di Hogwarts, quando eravamo tutti spaventati e confusi, quando anche i professori si guardavano intorno smarriti e sembrava che con la morte di Harry tutto fosse finito. E solo tu capisti qualcosa di un po' cinico e molto vero: che Harry è sempre stato valoroso, ma era uno. E tutti gli altri erano tanti, e ognuno poteva fare la sua parte, anche dopo che Harry fosse morto, come sembrava.
È un po' come Voldemort e come la situazione di adesso: Voldemort era uno, la sua morte non ha risolto niente, le guerre intestine continuano.

Insomma, noi eravamo tutti lì tramortiti, nessuno sapeva cosa fare, e tu ti sei alzato, col tuo cazzo di maglione fatto a maglia dalla nonna, i pantaloni di velluto, dritto in piedi a proteggere tutti noi, amici e nemici, ci proteggevi tutti, ma ci mostravi anche quello che avremmo dovuto fare. Non sei un accentratore neanche nel fare l'eroe.
Zoppicavi, me lo ricordo bene.
E Riddle ti schernì, trovandoti indegno persino di un avada kedavra, non sapendo che aveva davanti il vero eroe della battaglia di Hogwarts.

“Greg, capisco che il tuo affetto nei miei confronti esalti i miei pregi, tu sei così: quando vuoi bene a qualcuno, ne vedi il bello e anche il suo brutto ai tuoi occhi diventa bello… Ma io non sono un eroe; per l’esattezza, me la stavo facendo sotto”

“Paciock, se c'è una cosa che ho imparato nella vita, è che i veri eroi sono quelli che si alzano quando tutti sono caduti e nessuno sa più cosa fare. Quando l'unica cosa probabile - o meglio, desiderabile - sembra la sconfitta. E loro si alzano in piedi proprio in quel momento, vestiti in modo improbabile, magari con il maglione lavorato a maglia della nonna, e iniziano a combattere e chiamano ognuno a fare la propria parte con il loro esempio, ricordandoti che coraggio è affrontare il nemico anche quando sai che perderai, e che non hai il physique du rôle, e che non sei vestito per l’occasione.
Ma sai anche che non combattere sarebbe molto peggio che perdere” disse Goyle.

Neville tacque, guardando pensoso il fuoco del camino, per lunghi, lunghissimi minuti.

“Anche tu mi mancherai, Greg” disse, piano.
Goyle non gli rispose, addormentato com'era, nella sua poltrona, davanti al fuoco.







 
   
 
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