Io so solo che su loro tre
ho tipo tre storie in stesura.
Vorrei avere quattro braccia e due teste
per poter scrivere più cose contemporaneamente.
Ahahah
 
E niente, amateli!

 
 
 
 

In uno sguardo si riassume l’infinito

 
 
 
La prima volta che Osamu e Rintaro vedono Motoya, ai due basta lanciarsi uno sguardo da bordo campo per capire che anche l’attenzione dell’altro è stata calamitata da Komori. E non riguarda solo le sue indubbie abilità e capacità pallavolistiche.
C’è indubbiamente dell’altro. Qualcosa che emana. Luce.
E i due si lanciano il classico sguardo che vale più di mille parole.
 
 
La seconda volta che Osamu e Rintaro vedono Motoya (a breve distanza dalla prima), ecco che Motoya li sente perfettamente quegli sguardi su di sé.
Dapprima al di là della rete, successivamente – alla fine di quella giornata di training tra le loro squadre – mentre lo aspettano che esca dagli spogliatoi riservati alla Itachiyama per salutarlo.
Non è ingenuo, Motoya, sa che cosa significhino quegli sguardi che lo trapassano. E sente i brividi ad essere trapassato da quegli occhi (quegli sguardi, quegli occhi parlano), ma ci tiene abilmente testa e non arretra di un passo, anche se l’emozione che gli sconquassa lo stomaco è tanta. E continuerà a ripresentarsi anche a distanza di giorni al solo pensiero.
 
 
La terza volta che Osamu e Rintaro vedono Motoya, ecco che quest’ultimo quegli sguardi li sente vicinissimi a sé quando è Suna a mettergli in mano un bigliettino piegato, tracciando il profilo del dorso della sua mano con la punta dell’indice mentre lui porta lo sguardo sugli occhi dell’uno e dell’altro e poi li guarda allontanarsi, mano nella mano, con Osamu che si volta un'ultima volta verso di lui e gli strizza l’occhio con uno sguardo che è tutto un programma.
Buttando fuori l’aria, Motoya riprende a respirare. Apre il bigliettino e vede una calligrafia elegante.
Sono i loro numeri di cellulare.
(E non lo sa, Motoya, che la geniale idea di Atsumu era quella di intercedere tramite Kiyoomi per fargli avere i loro numeri di telefono. E che Osamu e Rintaro l’hanno preso per il culo e insultato senza pietà. Che si inventasse una scusa migliore e meno patetica per dire che voleva approcciarsi ed avvicinarsi a Sakusa e che non usasse loro due. E poco male se Sakusa l’avesse incenerito con lo sguardo, avevano promesso che al suo funerale non avrebbero detto che “Miya Atsumu era una brava persona. Salutava sempre”.)
 
 
La quarta volta che Osamu e Rintaro vedono Motoya è per il loro primo appuntamento. E non è che si ha sentore che potrebbe essere un appuntamento, perché è un appuntamento.
Dopo giorni, settimane passate a scriversi nella loro chat a tre, a videochiamarsi fino a notte inoltrata, finalmente si rivedono.
E non c’è nessun imbarazzo. E Motoya non si sente, in mezzo a loro due che sono già una coppia, un “di più”, ma il pezzo che manca, che completa.
 
 
La quinta volta che Osamu e Rintaro vedono Motoya, fanno l’amore insieme.
Non mero sesso fine a se stesso, ma l’amore proprio. Quell’amore che si stanno donando gli uni verso gli altri, senza mai essersi chiesti se fosse giusto o sbagliato così. Se fosse un capriccio, una perversione… Perché chi ha il potere di farti emozionare, di farti provare emozioni, vuol dire che ti è già entrato nel cuore.
E loro tre i loro cuori li sentono esplodere di emozione e di amore.
E le loro emozioni, il loro amore, in quegli istanti, se lo stanno scrivendo sulla pelle del corpo l’uno degli altri in punta di dita.
 
 
L’ennesima volta che Osamu e Rintaro vedono Motoya, è quando si svegliano tutti e tre insieme, dopo sei anni da quella famosa prima volta, nel lettone king size. Riempie tutta la stanza di quello che ormai è il loro appartamento, anche se Suna e Motoya riescono a tornare a casa solamente ogni due settimane.
E non c’è niente di più bello per loro due sentire l’okaeri di Osamu, quando mollano i borsoni a terra, stanchi dal viaggio, e si tuffano tra le sue braccia.
Perché casa può essere un luogo, una persona, una sensazione, un’emozione.
Uno sguardo…