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Autore: Melisanna    07/04/2023    2 recensioni
Erano mesi che Tooru aspettava quel giorno. Il giorno della sua rivincita. Il giorno in cui avrebbe potuto riconquistare ciò che aveva perso.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata scritta in occasione dell'Advent Easter Calendar sulla pagina Facebook Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO

Vittorie di Pirro
 
 
Successe come succedono sempre gli incidenti a pallavolo.

Era saltato a muro insieme a Gabrièl e atterrando gli aveva calpestato un piede. Gabrièl non si era fatto niente, ma quando lui aveva tentato di alzarsi, la caviglia aveva ceduto sotto il suo peso.

Se ne era dovuto tornare zoppicante in panchina. Proprio durante quella partita. La prima contro un club giapponese, da quando indossava la maglia del Bolìvar. Aveva sentito gli occhi di Shoyo sulla schiena, grandi  e preoccupati e si era voltato e aveva sorriso, più scanzonato di quanto si sentisse.

“Non ti preoccupare, ragazzino, domani sarò in piedi”.

Damièn era stato bravo, era entrato in campo sereno e concentrato, forte della sua esperienza, l’aveva sostituito più che egregiamente e Tooru si era sentito defraudato di quella vittoria. Avrebbe dovuto essere sua. Avrebbe dovuto essere lui in campo a servire a Thèo la palla del 25 a 21.

Ed era stato ancora più difficile, quando l’aveva visto sugli spalti, le mani infilate nelle tasche del bomber verde militare, che seguiva la partita con attenzione. Erano mesi che non si vedevano e lui si infortunava.

Però aveva festeggiato con tutti gli altri senza che il suo sorriso si appannasse neppure per un secondo, complimentandosi con Damièn per la sua prestazione.

A fine partita si attardò negli spogliatoi. Sapeva di dover andare a farsi visitare il piede, ma preferiva rimandare il momento il più a lungo possibile il momento in cui avrebbe saputo se avrebbe potuto giocare le altre partite del Mondiale per Club.

La porta cigolò, socchiudendosi. Wakatoshi si arrestò sulla soglia, studiandolo con i suoi occhi scuri e imperscrutabili.

“Posso entrare?”

“Certo, certo, scusami” Tooru spostò i vestiti dalla panca dove era seduto “Vieni accomodati. Avrei preferito vederti fuori da qui”.

Wakatoshi si avvicinò, ma non si sedette “Ti stavo aspettando all’uscita”.

Rise, cercando di nascondere il disagio “Mi hai sempre detto che passo un sacco di tempo in bagno”.

Wakatoshi annuì, senza smettere di guardarlo negli occhi. Tooru finì per distogliere lo sguardo “Allora? Non dici niente?”

Si inginocchiò davanti a lui, bilanciandosi sulle punte dei piede “Avanti fammi dare un’occhiata a quella caviglia”.

Tooru allungò l’estremità offesa. Wakatoshi srotolò la fascia e esaminò il danno meticolosamente, le labbra strette in una linea severa “Sarà meglio che ti sbrighi ad andare in infermeria. Non vorrai rischiare di perdere la stagione?”

Non aveva intenzione di perdere neppure la prossima partita e Wakatoshi parlava della stagione… della prossima stagione? “Non scherzare” tentò di ridere di nuovo, ma il risolino che gli uscì non convinse neppure lui stesso “Domani devo essere in campo, giochiamo contro Trento”.

Wakatoshi prese a rifargli con cura la fasciatura. Le sue mani premurose e forti che stringevano il suo piede in una stretta calda e confortante “E mi piacerebbe vederti giocare dal vivo, Tooru, dopo tutto questo tempo, ma sii realista. Anche se fosse solo una distorsione ci vorrà qualche giorno a tornare in forma”.

Tooru si guardò le mani, erano strette a pugno, quando era successo? Pur di non essere costretto a fissare il volto serio e compreso di Wakatoshi “No… io… Devo giocare. Se non passiamo il girone…” Se non passavano il girone non avrebbe avuto la possibilità di giocare di nuovo contro Wakatoshi. Aveva aspettato così tanto tempo. Non potevano privarlo così della sua vittoria, della sua rivincita.

Di quegli occhi seri e scrutatori che lo fissavano dall’altra parte della rete. Lo aveva sognato da quando i loro club erano stati entrambi selezionati.

Se avesse giocato bene, oltre le sue aspettative, se avesse vinto, allora Wakatoshi…

“Non puoi giocare con una caviglia infortunata” Wakatoschi prese le clip e bloccò la fasciatura. Con un dito controllò che non fosse troppo serrata.

“Domani andrà già meglio con il tutore non ci saranno problemi”.

“E se dovessi perdere la stagione, per questo?” due mani robuste gli afferrarono i polsi “Tooru, guardami. Non sei il tipo da fare queste sciocchezze. Non sei Shoyo. Sei sempre stato pragmatico, tu”.

Tooru distolse di nuovo lo sguardo, per appuntarlo all’angolo tra il soffitto e la parete alla sua destra e deglutì, cercando di ricacciare indietro la frustrazione e la delusione.

“Sono sicuro che non sia niente di grave”.

“Lo spero anche io, ma non puoi saperlo finché non avrai fatto un RX”  si alzò e gli tese una mano “Vieni, ti accompagno”.

“Aspettavo questo momento da mesi”. La voce gli sfuggì in un sigulto strozzato e si odiò per quello.

Wakatoshi lo guardò con quel suo sguardo calmo e intimo e Tooru odiò un po’ anche lui, perché non doveva permettersi, proprio non doveva.

“Mi spiace, anche per me il Mondiale è importante, ma avrai altre occasioni”.

“Non il Mondiale. Aspettavo te, Wakatoshi. Te. Perché devo sempre dirti tutto?”

Qualcosa si mosse nel viso di Wakatoshi, oltre i suoi zigomi perfetti e le sue labbra disegnate, qualcosa che infranse per un attimo quell’armonia. Sembrò voler dire qualcosa, poi si interruppe. Il turbamento scomparve.

“Mi spiace, ma io…”.

“Lo so” Tooru si strofinò il volto con le mani e si alzò a fatica “Ora lo so. Vai. Mi faccio accompagnare da Tomàs”.

“Vado a chiamarlo”.

“No, non importa. Posso camminare anche da solo” si costrinse a guardarlo in faccia “Ti starà aspettando, va’ da lui. Non sarà contento di aver perso la prima partita”.

L’ombra di un sorriso apparve all’angolo della bocca di Wakatoshi “No, starà tenendo il muso”.

Anche se avesse vinto il Mondiale non sarebbe cambiato niente. Non era più lui che Wakatoshi guardava come quel misto di stupore e desiderio.

Non lo era più da quando un erbaccia cresciuta nel cemento aveva sfidato Wakatoshi e l’aveva battuto, sfilandogli le sue certezze da sotto i piedi.

Tooru lo sapeva, per quanto avesse cercato di negarlo: poteva vincere una partita, ma la sfida più importante l’aveva persa da molto, molto tempo.

“Ci vediamo in campo, Wakatoshi”.

 
  
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