La notte, non riusciva a dormire. Il suo
fidanzato sembrava essersi perfettamente adattato all’atmosfera di Sephiro e ai
suoi abitanti, lei invece continuava a sentirsi inquieta. Quello era il luogo
dove era nata, certo, ma anche il posto dove aveva sofferto. Per colpa di quell’uomo
che non aveva amato mai nessuno, ma che tanti cuori aveva
infranto.
Il suo per primo.
Vista l’impossibilità di dormire decise
di alzarsi. Sapeva ancora muoversi disinvoltamente in quel castello, che
conosceva meglio di sé stessa. Perciò si vestì e uscì.
I corridoi erano deserti e in penombra. Plesea
si incamminò senza far troppo caso a dove andava,
tanto ne era certa, non avrebbe incontrato nessuno.
Arrivò alla vetrata e si chiese se non avesse dovuto andarsene.
Andarsene? Così, senza dir nulla? Fuggire dal suo matrimonio, da quel castello, dal suo amore passato
e da quello presente. Ma sarebbe servito? E poi per andare dove? L’avrebbero ritrovata ovunque. Anche Clef l’aveva detto – perché le era sembrato che quella
velata minaccia fosse rivolta più a lei che a Geo.
Si voltò e camminò verso la sala grande. Non
aveva motivo di credere che ci fosse qualcuno sveglio come lei.
Il Monaco Guida Clef non dormiva mai a
lungo. Si poteva dire che trascorresse buona parte della notte nella sala,
amava il silenzio e la tranquillità, e solo le tenebre ormai potevano portargli
l’una e l’altra cosa.
Amava i suoi ragazzi, ma da quando
vivevano tutti insieme c’era vita al castello, fin
troppa vita. Quando venivano i Cavalieri Magici poi,
non c’era un momento di calma. I ragazzi – non tutti almeno – sembravano non
capire quanto lui avesse bisogno di quiete, ogni
tanto.
E poi sentiva. Chiudeva gli occhi e in un
certo senso vegliava su di loro, perché poteva sentire chi dormiva e chi era
sveglio, chi faceva bei sogni e chi incubi. Chi aveva pensieri o riposava
tranquillo.
Ma lei, non poteva sentirla. Da tempo aveva
imparato a celare le sue emozioni da sveglia e anche da addormentata. Se anche avesse fatto un incubo, lui non poteva capirlo. Plesea era iperscrutabile.
Davanti alla grande
porta, sentì la sua presenza. Lui era lì ed era sveglio. Certo, dato che non
poteva sentirla poteva anche andarsene. Ma qualcosa la trattenne, e la porta si spalancò.
Si voltò e la vide, incorniciata nello
spazio tra i battenti. Sembrava brillare di luce propria, sebbene lui avrebbe
potuto giurare che non era felice. Ma era una semplice
sensazione o forse… una speranza.
“Salve, Plesea”
Lei avanzò. La porta si chiuse.
“Salve. Se vi disturbo…”
“Non disturbi. Vieni”
Fece comparire una sedia e lei vi prese posto. Questo lo sorprese. Credeva che avrebbe
rifiutato.
“Geo è con te?”
“No. Sta dormendo”
“E tu no”
“No”
“Posso darti qualcosa se lo vuoi. Tra pochi giorni ti sposi. Devi essere in forma”
“Sto bene così. Sono un po’ nervosa, e
poi tutti questi preparativi, e… Cardina che mi fa diventare matta”
Aveva cercato di essere
spiritosa – anche se non era proprio il suo punto di forza – ma lui non
sorrise, solo la guardava paziente.
“Ti senti a disagio qui?”
La domanda le fece momentaneamente
perdere la sua compostezza.
“Questo è il mio mondo”
“Ma non ti piace più vivere qua. Preferisci Ootozam”
“Assolutamente. Amo questo
mondo, come lo amate voi. Lo sapete bene”
“Credevo di saperlo, sì. Ma da quando sei tornata non ne sono più sicuro”
“Io non sono cambiata. Questo è sempre il
mio luogo di nascita”
Lui annuì.
“Mi dai ancora del voi. Perché? Non hai detto che sono come un padre per te?”
“Certo, ma…”
“Basta con questo sussiego, vuoi? Non siamo
mai stati padrone e schiava. Piuttosto… a Geo piace qui”
“Sì, gli piace molto”
“Avete già deciso dove andare a vivere?”
“Non ancora. Stiamo decidendo”
“Ootozam è più
ospitale, è così?”
“Senz’altro più di prima”
Lui annuì.
“Sei felice, Plesea?”
Lei ebbe voglia di gridare, di urlargli
di smetterla con queste domande assurde. Ma doveva mantenere
il suo contegno.
“Sì” rispose freddamente “Lo sono”
Sembrò che per la prima volta lui si rendesse
conto di quanto era davvero cambiata. I suoi occhi erano più impenetrabili. Più
di prima, se possibile.
“Bene” disse quasi seccato “E io sono molto felice per te. Spero che abbiate una vita
luminosa”
“Grazie. Sono certa che l’avremo”
Si alzò e si diresse verso la porta.
“Plesea?”
“Sì?”
“Il passato non si fa dimenticare”
Lei annuì.
“Me lo ricorderò”
Andò via.