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Autore: Hime Elsa    08/04/2023    0 recensioni
Meredith Rose è una ragazza irlandese di origini italiane di 24 anni che lavora in una focacceria gestita dai suoi genitori, occupandosi della preparazione delle focacce. Adora cucinarle ed ha chiamato il negozio "Rose e Focacce" proprio perché adora le focacce ed allo stesso tempo anche le rose, tant'è che la focacceria si distingue per essere abbellita di rose, scelta inusuale essendo un locale rustico.
Da sempre oggetto di bullismo da parte dei suoi coetanei a causa di un handicap di cui non le permette di parlare come gli altri, a causa di ciò non riesce ad instaurare un rapporto sociale con le persone, può solo contare l'appoggio e l'aiuto dei suoi genitori. Le cose iniziano a cambiare quando un certo Micheal viene assunto come fattorino del negozio e tramite questo ragazzo, conoscerà alcuni suoi amici e nuove persone, tra cui Anthony Pitton, un ragazzo dal carattere un po' tenebroso e dal passato tumultuoso. Come lei, anche Anthony si fida ben poco delle persone...
- IL RATING POTREBBE CAMBIARE DIVENTANDO UNA STORIA EROTICA!
- La storia verrà accompagnata da degli artwork disegnati dalla sottoscritta. (solo su wattpad)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Ti proteggerò io dalle occhiate moleste ed indiscrete»
La mia mente memorizzò quella frase, mi rimase impressa.
Nonostante lui avesse guardato il mio petto all’inizio, si ricompose subito chiedendomi scusa e soprattutto con lui mi sentivo così… al sicuro.
Con lui non mi sentivo a disagio, mi sentivo protetta e pur non conoscendolo ancora benissimo, il mio cuore diceva di potermi fidare di lui.
Al contrario di Hitoya che nonostante la premura di avermi accompagnata al pub con la macchina, sembrava che ci stesse provando e la cosa mi diede un po’ fastidio.
Non che ci fosse nulla di male ma non mi aveva mai filata di striscio durante i tempi del liceo e lo faceva adesso… non so, trovavo il tutto un po’ strano. Anche quando mi chiamò piccola mi diede un fastidio assurdo e sinceramente sentii l’esigenza di mettere un paio di cose in chiaro: solo ed unicamente Anthony poteva chiamarmi in quel modo.
Lo avrei apprezzato ai tempi del liceo perché lui era la mia cotta oppure anche adesso se ero ancora innamorata di lui ma ormai Hitoya non contava più nulla per me.
«Che dici? Vogliamo entrare?»
Feci sì con la testa.
Entrammo al pub e devo dire che era molto carino: l’interno era pienamente fatto di legno ma rispetto ai soliti pub inglesi ed irlandesi, c’erano molte luci e il posto non era troppo scuro.
Si stava piuttosto bene complice dell’aria condizionata accesa.
«Bene, finalmente l’hanno accesa… sti stronzi. Quando sono entrato per prenotare il tavolo, faceva un caldo terribile e per poco morivo» brontolò lui sottovoce.
Raggiungemmo il nostro tavolo e l’orologio segnava le 20:00, tuttavia tutti gli altri non erano ancora arrivati. La cosa non mi dispiaceva perché l’idea di stare sola con Anthony mi piaceva… forse pure troppo.
Mi chiedevo se se la sentiva di sedere accanto a me e glielo chiesi con titubanza.
«Scuuusaamiii…»
«Sì…?»
«E-e-e-eeeeccoooo, iiiooo… coomeee diiireee…»
«Qualcosa non va?»
«Pooossooo seeeederrmiii cooon…»
Non riuscii a finire la frase perché avevo il respiro affannato e tutto il mio corpo andava in escandescenza. Non potevo vedermi ma sentivo il mio viso bollire dalla timidezza.
Lui ovviamente (ed aggiungiamo pure fortunatamente) capì a chi mi stessi riferendo e divenne rosso pure lui.
«Certo che puoi sederti accanto a me…» mi rispose voltandosi dall’altra parte. Non aveva il coraggio di guardarmi.
«N-N-non t-tiii dooo f-fastiiidiooo…?»
«Ti chiami Stephen, per caso?»
«Nooo!»
«Perfetto, finché non ti chiami Stephen, non sei un fastidio. Ora prendiamo posto»
Mi misi a ridere perché era una palese frecciata nei confronti di Stephen per il suo essere troppo caotico.
Ci sedemmo vicini, uno accanto all’altro ma nessuno dei due osò parlare, neanche guardarci.
Lo guardai di nascosto per osservare meglio il suo abbigliamento: aveva una camicia nera stavolta a tre quarti, pantaloni bianchi, diversi bracciali sul polso e molti anelli sulle dita, infine non mancava una catenina d’oro sul collo. Si curava e lo si notava dall’aspetto. Considerando che era anche un modello, ci stava.
«Sai» disse lui ad un tratto «è bello stare con te…»
Il mio cuore batté forte. Non riuscivo a controllare i miei respiri né tantomeno i battiti cardiaci.
«Stai bene?» e finalmente si voltò con fare preoccupato.
«Per caso ti metto a disagio?»
«NOOOOO!» urlai io tappandomi subito la bocca imbarazzata per aver urlato. Infatti alcuni commensali mi guardarono giustamente incuriositi.
Tuttavia l’urlo mi venne spontaneo, perché lui tutto mi faceva sentire tranne che a disagio.
Allora… perché mi comportavo così?
La risposta in fondo al cuore la sapevo, semplicemente avevo troppo paura di ammetterlo.
Il problema non era lui ma ero io: avevo paura di innamorarmi.
«E allora cos’hai? Sei accaldata?» e posò la sua mano sulla mia fronte e questo non fece altro che peggiorare le cose.
«Effettivamente la tua fronte è molto calda…»
Dai Anthony, arrivaci. Avevo la febbre per causa tua!
«N-non è nieeeenteee!» risposi io scacciando la sua mano e coprendomi la fronte con le mie mani.
Lui non disse più nulla ma rimase un poco scettico.
Si girò sentendo borbottare qualcosa ma non riuscii a capire cosa disse.
«Quanto vorrei che gli altri non arrivassero…» sentii poi da lui con un tono di voce molto flebile. Non so come riuscii a sentire quella frase. Non potevo che concordare con lui (scusami Micheal…) e dissi anch’io qualcosa rispondendo a bassissima voce «aaanch’iooo…».
Lui si girò di scatto guardandomi shoccato ed io lo feci altrettanto.
«M-miiii haaaiiii sentitoooo?»
«Ti stavo per chiedere la stessa cosa…»
Ci guardammo per un po’ senza dire nulla, poi all’improvviso Anthony accarezzò dolcemente la mia testa toccando i miei capelli.
«Adoro i tuoi capelli… sono così folti e morbidi»
I nostri visi erano davvero molto vicini, forse anche troppo. Sentivo la punta del mio naso quasi ad urtare quella sua e mi resi conto che era il momento perfetto per scambiare un bacio.
Io non avrei mai fatto il primo passo, ero troppo timida. Non lo avrei neanche spronato a farlo.
Desideravo che l’iniziativa la prendesse lui ma tanto era inutile sperarci, probabilmente non l’avrebbe mai fatto...
«Chiudi gli occhi»
Eh?
«Fallo»
Non ci volevo credere, lo stava per fare.
Chiusi gli occhi come mi aveva detto ed attesi.
Sudavo tantissimo per la trepidazione e non sapevo come comportarmi: era il mio primo bacio in assoluto.
Sentii le sue labbra posarsi sulle mie ed erano così morbide e calde. Mi sentivo così… felice.
Dunque era così che ci sentiva quando si baciava una persona.
Era un semplice bacio a stampo, eppure quel bacio fece nascere mille sensazione, tutte positive tra l'altro.
Il mio cuore ovviamente batteva come se non ci fosse stato un domani ma questa volta sentirlo battere non mi dava fastidio come le altre volte a causa dell'ansia; quel battito mi dava energia, eccitazione e soprattutto tanta gioia.
Quanto avrei voluto che il tempo si fermasse e per sempre.
Se solo...
«Disturbiamo?»
Una voce familiare ci fece tornare dalla realtà, girammo di scatto e rimanemmo come dei pesci lessi: Stephen ci guardava stupito ed era appena arrivato. Non c’era solo lui ma anche Micheal, Charlotte e tutti gli altri.
Ero tutta rossa dalla vergogna ma neanche Anthony lo era da meno. Si leggeva dal suo volto che era molto frustato perché gli altri ci avevano rovinato il nostro magico momento.
«Disturbiamo?» ripeté di nuovo il rosso.
«Vai al diavolo…» grugnò Anthony.
«Comunque siete in ritardo… incominciate a prendere posto che è meglio!»
   
 
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