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Autore: Dreamer47    12/04/2023    1 recensioni
È il 2005.
Sam e Dean sono ancora all'oscuro dei piani di Azazel.
Le loro giornate sono intrise di mostri e di streghe, vogliono ancora trovare John ed uccidere l'assassino di Mary, quando una ragazza incontrata per caso entrerà a far parte della loro vita.
Hunters' legacies non è solamente la storia dei fratelli Winchester, ma anche quella di Abby Harrison, una giovane ragazza dal cuore spezzato e dal destino turbolento il cui unico scopo è la vendetta.
Insieme, riusciranno ad ottenere ciò che vogliono più di ogni altra cosa.
Genere: Erotico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Hunter's Legacies
Capitolo 60



 

"Non sa che piacere sia per noi avere una mente come la sua dalla nostra parte: con lei qui, sentiamo che sia finalmente arrivato il momento di crescere e di evolverci ancora di più. Lasci che le parli delle armi in fibra di carb-..".
Abby roteò gli occhi e si guardò attorno, osservando le tante facce nuove che la guardassero per capire se davvero fosse all'altezza della fama decantata da Dan, e la ragazza sospirò appena tornando a guardare Ketch intento ancora a illustrarle le qualità di quel posto e di cosa fossero capaci. "Ho capito, damerino. Dov'è mio fratello?". 
Ketch si interruppe bruscamente e la guardò con uno strano sorriso ambiguo, non lasciando trasparire il reale fastidio che provasse in presenza della ragazza e quanto detestasse il fatto che si fosse unita a loro, perché contrariamente a quanto avesse detto a parole, dentro di sé non voleva che un'estranea americana ficcasse il naso nei loro affari. "Dan sta già lavorando, lasci che la conduca da sua madre: Isobel è impaziente di vederla".
"Non ho alcuna voglia di vedere Isobel, grazie. Invece Mary Winchester è qui?" chiese Abby scuotendo la testa e tornando a guardarlo con aria scocciata, incrociando le braccia al petto con aria di chiusura. 
"Purtroppo la nostra Mary non è qui: è andata a caccia di un Wendigo nel Missouri" rispose Ketch continuando a sorridere in maniera strana, sentendosi nuovamente disturbato e infastidito per le domande che stesse continuando a fare. 
"Ok, vado a cercare Dan". 
Abby accennò un sorriso tirato e gli diede le spalle, muovendosi nella base dei letterati con la scusa di cercare suo fratello, ma iniziando a dare un'occhiata a quell'enorme luogo che sembrava essere troppo bello per essere vero.
Diede sfogo alla sua voglia di sbirciare un po' ovunque perché desiderava tantissimo trovare qualcosa di sospetto e avere un pretesto per mollare ancora prima di iniziare; osservò gli inglesi parlare fra di loro mentre la osservavano, sbalorditi probabilmente per il modo in cui avesse trattato una figura di rilievo come Ketch, che Abby fu sicura essere rimasto a guardarla con aria furiosa mentre tratteneva la voglia di iniziare una lotta. 
Entrò in un lungo corridoio e quei LED bianchi per poco non le perforarono le retine per quanto fossero forti e rimase appena sbalordita quando cercò di oltrepassare diverse porte, trovandole tutte apribili unicamente con l'impronta digitale di alcuni membri scelti; Abby pensò ironicamente che le sarebbe piaciuto staccare la mano di Ketch e portarsela dietro per dare un'occhiata a tutte quelle stanze chiuse, mentre provava a forzare alcune delle porte con insuccesso.
"Abby?". 
Una voce fin troppo familiare la fece voltare di scatto e la fece desistere dal provare ad aprire l'ennesima porta, sgranando gli occhi e trovandosi davanti l'ultima persona che pensava di vedere in quel posto.
Si fermò a guardare il ragazzone che stesse in piedi di fronte a lei, distante solamente pochi metri in quel corridoio ed Abby sentì il cuore battere più velocemente quando incrociò i suoi occhi nocciola.
"Edward.. ciao..". 
L'uomo alto e massiccio avanzò verso di lei con passo incerto guardandola con aria accigliata perché non si aspettava di trovarla lì, e sollevò un sopracciglio notando la sua mano scivolare dalla maniglia della porta che stesse provando ad aprire. "Che ci fai tu qui?".
Abby lo guardò con un sorriso tirato sul volto mordendosi la lingua e ricordando come l'ultima volta che fossero stati insieme, Edward se ne fosse andato via senza ascoltarla.
Deglutì a fatica sentendo le mani sudare e fece spallucce, mentre ancora lo guardava. "Sto lavorando. O almeno dovrei iniziare oggi".
"Hai detto di si agli Uomini di Lettere?" chiese Edward aggrottando le sopracciglia e accennando un sorriso divertito, facendo un altro passo avanti nella sua direzione lei mentre la osservava meglio e la trovava in gran forma. "Cavolo, conoscendoti pensavo che avresti detto di ficcarsi la loro proposta nel più profondo del..". 
Abby rise nervosamente e giocò in modo distratto con le sue stesse mani, scuotendo la testa e facendo spallucce, rispondendo prima che il ragazzo ultimasse la sua frase. "Beh, ho dovuto rivedere le mie priorità ultimamente". 
Edward annuì come se capisse le sue ragioni e il sorriso scemò dalle sue labbra quando rimase a guardare nei suoi occhi azzurri in silenzio, perché neanche lui aveva dimenticato tutto ciò che fosse accaduto l'ultima volta che fosse stato al bunker insieme a lei.
"Quindi i britannici hanno reclutato anche te?".
"Sono piuttosto convincenti, si". L'uomo fece spallucce ed annuí, mettendo fine alla conversazione per rimanere a guardarla negli occhi mentre sospirava leggermente e sentiva il cuore agitarsi nel petto.
Abby lasciò vagare lo sguardo sul corridoio per qualche istante per non incrociare il suo sguardo: sapeva di possedere il lusso di aver davvero conosciuto Edward come probabilmente l'uomo non avesse lasciato fare a nessuno prima di lei.
Tornò presto a guardarlo studiando la sua espressione seria ed Abby sentì il respiro accelerare.
Avrebbe voluto dirgli che era ancora molto dispiaciuta per come fossero andate le cose fra di loro, che aveva gestito tutta la situazione male perché era molto sconvolta e ferita.
Voleva che sapesse che quello che c'era stato fra di loro era autentico e che le aveva spezzato il cuore per il modo in cui se ne fosse andato.
Abby avrebbe voluto dirgli che nonostante tutto lo capiva, ma voleva nascondergli che avesse spesso pensato a come sarebbero andate le cose se lui fosse rimasto.
Proprio quando aprì la bocca per dirgli l'insieme di tutte queste cose mentre guardava nei suoi occhi che gli fossero mancati così tanto da farle male, sentí il nome dell'uomo chiamato da una voce femminile provenire alle sue spalle e lo vide voltarsi nella direzione opposta mentre una donna si avvicinava a lui con un grosso sorriso sul volto. 
"Ciao Ashley".
Edward si affrettò a chinarsi sulle labbra della donna accorsa nella sua direzione che avesse già arpionato le sue sottili dita alla camicia per sollevarsi sulle punte e baciarlo, accennando un sorriso riservato.
La ragazza bionda mise su un ghigno felice, stringendosi a lui e passandogli un braccio attorno alla schiena per abbracciarlo. 
Abby sbatté le palpebre un paio di volte perché non credeva ai suoi occhi sentendosi estremamente sbalordita nell'osservare quella scena, chiedendosi con che diritto avesse pensato che Edward non sarebbe andato avanti con la sua vita come avesse fatto lei.
Osservò la ragazza davanti a lei con aria confusa, notando i suoi capelli biondi che ricadevano sulle spalle e gli occhi scuri che spiccassero sul suo viso molto dolce, e dalla sua espressione Abby pensò che fosse più giovane di lei e che potesse avere più o meno venticinque, ventisei anni. 
Sorrise ironicamente ed evitò lo sguardo di entrambi, mentre pensava che Edward dovesse avere davvero un debole per le ragazze più giovani di lui.
"Ashley, ti presento Abby Harrison". 
La ragazza si voltò nella direzione della donna davanti a sé e le riservò lo stesso sguardo indagatore che Abby le avesse rivolto non appena l'avesse vista, osservandola con attenzione e notando la sua espressione fintamente sorridente.
Ma presto le labbra della bionda si piegarono in sorriso e si sporse per tendere una mano alla ragazza. "Abby, che piacere conoscerti! Ho sentito molto parlare di te!".
Abby sollevò le sopracciglia e la guardò con espressione ironica, afferrando la sua mano e stringendola saldamente mentre sentiva lo sguardo di Edward posarsi su di lei. "Davvero? E chi ti ha parlato di me?". 
Ashley aggrottò le sopracciglia e accennò una risata, inclinando appena la testa per osservarla meglio dopo aver tirato indietro la mano e fingendo che la stretta non le avesse fatto quasi male. "Beh, sei la figlia del Capo della base: qui tutti aspettavano il tuo arrivo". 
Abby sgranò gli occhi ascoltando le sue parole e dischiuse appena le labbra in un'espressione confusa, rivolgendo finalmente un'occhiata ad Edward con aria seria e incredula. "Isobel è il Capo, qui?". 
"Si, dirige questa succursale. Non dirmi che non lo sapevi?" chiese Edward sollevando un sopracciglio e guardandola con aria stranita, mettendo una piccola distanza fra lui ed Ashley per incrociare le braccia al petto tornando a sembrare davvero una montagna troppo alta da scalare.
La guardò con aria seria ed anche un po' arrabbiata poiché era rimasto sorpreso quando circa due mesi prima si era unito ai britannici e avesse incontrato Dan che lavorasse insieme a loro, ma si sentí quasi sconvolto quando aveva scoperto che Isobel fosse la madre di Abby.
Edward aveva iniziato a pensare che Abby gli avesse mentito su molte altre cose, a parte i forti sentimenti che ancora provasse per Dean, perché la ragazza gli aveva raccontato che la madre fosse morta quando era solamente una bambina.
Abby parve notare quel cambiamento di atteggiamento ma non era più in vena di fare spiegazioni, così prese un lungo respiro mettendo su la sua faccia poker per non lasciare trasparire le sue emozioni, accennando un sorriso finto ed annuendo. "Scusatemi, ma adesso devo proprio trovare mio fratello". 
Velocemente superò Ashley ed Edward che ancora avessero lo sguardo posato su di lei, ed Abby si guardò attorno sentendosi confusa ma trovando immediatamente la scritta Lab con una grossa freccia blu sulla parete che la rassicurò sulla corretta direzione nella quale si stesse muovendo.
"Aspetta un momento..". Ashley fece un passo avanti nella sua direzione per richiamarla ed Abby si voltò ad osservarla con aria curiosa, notando il modo in cui stesse alternando lo sguardo fra lei ed il ragazzone che le stesse al fianco. "Non mi avete detto come fate voi due a conoscervi".
Abby sollevò un sopracciglio mentre osservava il suo viso sorridente in attesa di una risposta e presto incrociò lo sguardo di Edward, ed in quell'istante nella mente di entrambi passarono tutti quei momenti che avessero passato insieme: dal primo sguardo, alla prima chiacchierata, al primo bacio, al mondo in cui si fossero sostenuti a vicenda, alla prima notte insieme.
Le cacce, le lotte, le liti che finissero sempre in degli stretti abbracci perché nessuno dei due riusciva ad essere mai veramente arrabbiato con l'altro.
Ricordarono il modo in cui Abby lo avesse spronato a parlare della sua decade da Marines e gli orrori che avesse visto, ed anche la maniera in cui Edward l'avesse aiutata a trasferirsi via dal bunker con il cuore spezzato, per poi incollare insieme tutti i pezzi fino a quando l'aveva vista tornare a sorridere e ad essere felice. 
Tornarono a pensare al sentimento che li avesse legati con decisione ed alla stupida decisione di Edward di lasciarla, nonostante Abby gli avesse chiaramente detto che avrebbe scelto lui ancora ed ancora. 
Abby si schiarí la gola e distolse lo sguardo dall'uomo, facendo spallucce ed osservando Ashley.
Avrebbe voluto sorridere, ma non riuscì neanche a fingere perché evidentemente la ferita per il suo abbandono non si era ancora risanata.
In fondo erano passati solamente quattro mesi, lo stesso periodo della sua gravidanza.
Abby si morse il labbro con nervosismo mentre guardava negli occhi scuri della ragazza, e con voce rotta sussurrò: "Sono una cliente del suo bar".
"Oh ma è fantastico! Dovremmo bere qualcosa insieme, qualche volta".
Abby vide il modo in cui Ashley le stesse sorridendo e si rese conto che davvero non avesse la minima idea di ciò che fosse accaduto fra lei e Edward.
Fece spallucce e si lasciò andare ad una risatina nervosa, scuotendo la festa prima di voltarsi per raggiungere i lavoratori ed inserire le mani all'interno della grande tasca unica della sua felpa. "Certo, non vedo l'ora".
 


Sbatté le palpebre un paio di volte guardandosi attorno nel tentativo di realizzare dove si trovasse, ma presto sbuffò sonoramente quando sentí Dan sedersi sulla sedia accanto alla brandina presente sul retro del laboratorio e l'odore del caffè le arrivò dritto nelle narici; si sedette sul materasso singolo e duro, appoggiando i gomiti alle cosce e passandosi le mani sul viso con aria ancora parecchio stanca ed assonnata. 
"Da quando dormi sul lavoro, dormigliona?".
Abby sollevò gli occhi ancora mezzi chiusi verso di lui e lo fulminò con lo sguardo, strappandogli la tazza di caffè in più che Dan avesse portato per lei ed iniziando a bere dei lunghi sorsi sentendosi subito meglio; sorrise pensando che non essere controllata su cosa ingerisse ventiquattr'ore su ventiquattro fosse l'unica nota positiva del restare a dormire alla base degli inglesi. 
Erano ormai passata due settimane da quando Abby avesse iniziato il suo lavoro lì e anche se non lo avrebbe mai ammesso con i Letterati, era rimasta piacevolmente sorpresa scoprendo ciò che fossero in grado di fare: erano dotati di una straordinaria tecnologia, ma più di tutto non badavano a spese quando si trattava della ricerca.
Insieme al fratello aveva iniziato a studiare la particolare biologia della maggior parte delle creature che avesse già affrontato e ucciso almeno un milione di volte: vampiri, licantropi, mutaforma. 
Ogni giorno Abby mappava il loro genoma insieme al fratello e le ricerche diventavano sempre più  elettrizzanti; Abby aveva sempre amato il suo lavoro, specialmente adesso che fosse esteso anche al suo particolare stile di vita, unendo ciò che avesse studiato sin da piccola a ciò che le premesse di più: liberare la terra dai mostri per far sì che i suoi figli potessero vivere in un mondo migliore.
"Mentre sonnecchiavi, sono andato avanti con la ricerca. Dobbiamo riprendere dal DNA dei licantropi e studiare la cura che è riuscita a salvare la tua amica". 
Abby prese un ulteriore sorso del suo caffè ed annuì per poi restituirgli la tazza mezza piena, dicendogli che prima avrebbe fatto una doccia e che poi avrebbe potuto lavorare: Dan si riferiva proprio a Claire, la figlia del tramite di Castiel, morsa da un licantropo durante una caccia insieme ai Winchester e sopravvissuta miracolosamente grazie ad una cura al plasma che dei biologi prima di loro avessero testato sui topi. 
Abby stessa insieme a Mick aveva cercato di persuadere i due ragazzi dal somministrare quella cura a Claire, perché l'unica volta che quel siero fosse stato testato su un umano non era andata a finire bene, ma la ragazza avrebbe preferito la morte piuttosto che rimanere un mostro per sempre. 
Abby li aveva raggiunti immediatamente e aveva osservato Claire contorcersi dal dolore, in preda ad una forte agonia per il modo in cui la cura la stesse facendo tornare del tutto umana; solamente dopo molte ore di agonia, i presenti riuscirono a vedere come le zanne e gli artigli scomparvero, e Abby capí che Claire fosse un miracolo vivente. 
Le aveva prelevato alcune provette di sangue per analizzarlo e confrontarlo con quello dei licantropi, e dopo aver velocemente salutato i due Winchester, Castiel e Claire, Abby era tornata alla sua auto per dirigersi nuovamente verso la base degli inglesi: aveva trascorso tutta la notte ad analizzare il suo sangue e ad annotare cosa quel siero fosse andato a modificare, sedando la mutazione del veleno. 
Era ancora lontana dal capire cosa potesse aver fatto scaturire la reazione inversa in Claire, eppure ci stava lavorando insieme a Dan.
Sentí il telefono squillare e fu distratta dai suoi pensieri, e si affrettò ad uscire dalla doccia velocemente per afferrarlo in tempo, notando con un sorriso amaro che si trattasse proprio di Dean e si tenne pronta per la sfuriata. "Pronto?". 
"Ma dove diavolo sei? Non sei tornata al bunker stanotte!". 
Abby sospirò e annuì, tirando più su l'asciugamano attorno al suo corpo e appoggiandosi con il fondoschiena al lavandino. "Si, si è fatto tardi e io e Dan..". 
Dean sospirò rumorosamente ed Abby sentí i suoi passi nel bunker, allontanandosi da Mary per evitare che la piccola potesse sentire. "È la terza sera di seguito, Abby! Tua figlia chiede di te!".
Scosse la testa e si morse la lingua, perché quello era davvero un colpo basso e Dean non avrebbe dovuto dire quelle parole per farla sentire in colpa più di quanto Abby già non si sentisse. 
La parte più terribile del suo nuove lavoro era proprio avere troppo poco tempo da trascorrere con la sua famiglia. "Oggi la prendo io a scuola e la porto al bunker, d'accordo? Non tornerò qui prima di domani mattina, lo prometto. Trascorriamo il pomeriggio insieme, Dean". 
"Fa' come ti pare!". 
Restò per qualche secondo con ancora il telefono all'orecchio e gli occhi chiusi perché detestava che Dean le parlasse con quel fino.
Non era arrabbiato, era deluso.
Aveva immaginato di trascorrere quei mesi in maniera diversa e adesso che Abby aveva scelto di diventare una delle ricercatrici degli Uomini di Lettere, il loro equilibrio sembrava sgretolarsi.
Scosse la testa e raggiunse la sua stanza, iniziando a vestirsi velocemente mentre pensava che Dean fosse già abbastanza contrariato per la sua decisione e quella di sua madre di lavorare con gli inglesi, aveva quasi raggiunto il suo limite quando Claire era stata attaccata da quel licantropo mentre seguiva un caso che i britannici avessero affidato loro, e con Abby che non tornava neanche più a casa la sera aveva davvero perso le staffe. 
Due nocche contro la sua porta la fecero quasi sussultare e Abby si affrettò ad indossare i suoi jeans chiari molto velocemente. "Si, puoi entrare".
Udí la porta aprirsi ed i passi farsi largo all'interno della sua stanza quando si piegò all'interno dell'armadio per afferrare una maglietta di cotone scura e fece appena in tempo ad indossarla ed a coprirsi l'addome che stesse cominciando a diventare più rotondo del solito, quando si voltò e sobbalzò trovando Edward in piedi al centro della stanza che la osservava con sopracciglia aggrottate e aria confusa. "Edward, mi hai spaventata!".
Abby sgranò gli occhi e sentì il cuore battere più velocemente per l'agitazione, osservando l'omone davanti a sé grattarsi la nuca in un gesto nervoso mentre la guardava con aria appena imbarazzata. 
"Che? Sei stata tu a dirmi di entrare".
"Pensavo che fosse Daniel". La ragazza trattenne una risata mentre lo guardava essere così impacciato nella sua stanza, intenerendosi davanti al suo modo di fare; portava i capelli ricci e scuri liberi sulle spalle, che fossero più corti di almeno tre o quattro centimetri rispetto all'ultima volta che lo avesse visto.
E la sua folta barba era stata per la maggior parte rasata, avendone una più contenuta ma ancora abbastanza lunga.
Inoltre Edward sembrava aver dedicato più tempo che mai agli allenamenti, dato il modo in cui il suo corpo apparisse più massiccio e definito rispetto a quattro mesi prima.
Mentre Abby continuava ad osservarlo con ancora un sorriso sulle labbra, lo sguardo curioso del ragazzo finì su di lei ed iniziò ad analizzare come sembrasse sempre la stessa donna bellissima e straordinaria che gli facesse sempre asciugare la bocca e perdere il controllo.
Ma Edward conosceva bene il corpo di Abby, durante la loro relazione aveva avuto modo di scoprire con attenzione ogni singolo centimetro della sua pelle.
Conosceva le sue curve e le avrebbe riconosciute anche ad occhi chiusi.
Le conosceva così bene che avrebbe potuto disegnarle anche se non l'avesse vista per anni.
Per questo Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria interrogativa, notando il modo in cui i suoi fianchi apparissero leggermente più larghi ed il suo ventre appena più tondo.
Abby si rese conto di non aver indossato ancora la sua larga felpa che nascondesse il suo cambiamento fisico dovuto all'avanzamento della gravidanza e presto si voltò verso l'armadio ancora aperto per afferrarla ed indossarla, sottraendosi allo sguardo curioso di Edward.  
"Perché sei venuto qui?".
L'uomo si schiarí la gola e fece spallucce, osservandola coprirsi con quella lunga e larga felpa nera che nascondesse ogni centimetro della sua pelle. "Sono appena tornato da una caccia e ho incontrato tua madre: mi ha chiesto di dirti che vuole vederti". 
Abby si voltò con aria più sicura di sé dentro quella larga felpa, anche se una parte di sé un po' si sentiva dispiaciuta nel dover nascondere ciò che le stesse accadendo proprio a Edward.
Fece spallucce ed avanzò verso di lui con aria seria, notando le occhiaie sul suo viso e la forte stanchezza: probabilmente aveva viaggiato tutta la notte insieme a Jimmy, anche lui convertito alla causa dei britannici.
"Da quando Isobel ti manda a chiamare le persone? Pensavo che fossi uno dei suoi soldati". 
Edward accennò un sorriso e la osservò superarlo subito dopo per afferrare il suo camice bianco dall'attaccapanni vicino alla porta.
Abby lo indossò molto velocemente come se fosse abituata a farlo ed Edward le si avvicinò di più fino a giungere a pochi passi da lei.
Sollevò una mano nella sua direzione e sfiorò con le dita la targhetta con su scritto il nome completo e la sua professione, che spiccasse sulla destra del suo camice ancora aperto, e poi tornò a guardarla negli occhi con un sorriso ironico sul volto. "Pensavo che tu fossi più un tipo d'azione, non una che sta dietro i banconi ad analizzare provette". 
"Lo so. Ma se ti piacciono le nuove armi che ti hanno fornito qui e che uccidono i mostri con un solo colpo.." iniziò Abby sollevando un sopracciglio e guardando l'uomo davanti a sé con aria divertita. ".. beh, sappi che è merito di uno come me che ha analizzato il DNA di una di quelle bestie per trovarne il punto debole ed usarlo contro di loro". 
Edward rise di gusto udendo quella frecciatina nei suoi confronti e scosse la testa alzando le mani a mezz'aria in segno di resa, distogliendo poi lo sguardo e facendo per andare via dalla stanza.
Aprí la porta e fece per uscire, quando qualcosa dentro di lui lo fece esitare sulla soglia e non riuscì ad oltrepassarla; si prese qualche secondo perché aveva tante cose da dire ad Abby, tante questioni irrisolte da voler finalmente sciogliere.
Si voltò verso la donna che era rimasta ancora immobile a dargli le spalle, intenta ad afferrare degli scritti dalla sua scrivania, ed Edward accennò un sorriso sincero nella sua direzione.
Osservava come i capelli le ricadessero dritti lungo la schiena, alcuni ciuffi le sfioravano il viso e anche da quella distanza riusciva a vedere l'azzurro dei suoi occhi brillare sul suo viso. "Ti va di pranzare insieme a me oggi?". 
Abby aggrottò le sopracciglia e si voltò nella sua direzione, tenendo stretti a sé il suo taccuino ed alcuni fogli su cui la notte precedente invece di dormire, avesse appuntato delle prove che avrebbe dovuto fare quel giorno in laboratorio. 
Incrociò il suo sguardo con aria molto seria, deglutendo a fatica e sentendo il cuore battere più forte nel petto.
Avrebbe dovuto rifiutare all'istante, dire che fosse troppo impegnata e che avesse da fare con il suo lavoro e che inoltre sarebbe dovuta andare via prima dal lavoro per prendere Mary a scuola.
Ma invece Abby accennò un sorriso e annuì in silenzio, prendendosi tutto il tempo necessario per riflettere su quale fosse la cosa giusta da fare, ma trovò la risposta nello sguardo dell'uomo davanti a sé.
"Si, certo. Mi piacerebbe. In fondo abbiamo alcune cose di cui parlare, Eddie". 
Rise divertita e si portò una mano sulle labbra dopo aver calcato con la voce quel nomignolo che avesse sentito dire ad Ashley durante la sua permanenza alla base. 
Non voleva essere invadente o entrare nei suoi affari, ma si sentiva quasi in diritto di prenderlo in giro in quel modo. 
Edward roteò gli occhi e li sollevò al cielo, sbuffando e mettendo su un'espressione fintamente infastidita, e dentro di sé fu sicuro che durante i pranzi o le cene nella sala comune della base, Abby avesse spesso ascoltato le conversazioni fra lui e Ashley, rimanendo seduta qualche tavolo più in là insieme a Dan. 
Non avrebbe dovuto classificarla come gelosia ma piuttosto come pura curiosità, e questo Edward lo sapeva bene, ma gli faceva sempre piacere sapere che Abby si interessasse a lui.
Dopotutto Abby era lì da un paio di giorni e Edward non aveva sentito alcun accenno a Dean, nonostante avesse spesso incontrato Sam. 
"Bene. Allora ci vediamo al laboratorio alle 12 e 30". 
Accennò un sorriso e si congedò dalla stanza con un cenno del capo lasciando aperta la porta, ed Abby lo guardò sparire nel corridoio.
Sospirò rumorosamente e fece spallucce, per poi osservare il taccuino che si portasse sempre dietro e che la sera portasse con sé fino alla sua camera per non perderlo mai di vista, avendo il timore che qualcuno potesse darvi un'occhiata e potesse procedere con dei dati affrettati e indurre la sperimentazione umana su alcune delle cure che Dan pianificasse da anni, e che Abby avesse opportunamente modificato in determinati punti iniziando a pensare che potesse davvero funzionare. 
Si avviò a grandi passi verso il corridoio centrare e salutò un paio di persone che già alle sei del mattino fossero in giro per la base e perfettamente operativi, e raggiunse la stanza principale bussando alla porta con forza: passò poco prima che venisse aperta dalla donna a cui Abby somigliasse tantissimo, che accennò un sorriso nella sua direzione. 
"Ciao tesoro, entra pure".
Sollevò un sopracciglio con una smorfia, perché ad Abby non piacevano quei soprannomi se provenissero da persone che non la conoscessero affatto come Isobel, ma entrò nella stanza e si sedette su una delle due sedie poste davanti alla scrivania e sospirò. "Le ricerche procedono, ma io non faccio rapporto quindi non aspettarti da me che ti presenti un resoconto del mio lavoro perché non lo farò mai. Se vuoi saperne di più prima che io abbia ottenuto dei risultati concreti, convoca Dan".
"Non ti ho chiamato per questo, io volevo solamente parlare con te: sapere come stai, come ti stai trovando qui.." sussurrò Isobel con un tono della voce molto più tranquillo e dolce di quanto ricordasse, sedendosi alla sedia della sua scrivania proprio davanti a lei e guardandola con un sorriso.
Ma Abby non ricambiò e fece spallucce, guardandosi attorno nel suo ufficio ed osservando tutto ciò che la donna tenesse nel suo studio: vi era solamente una grossa scrivania piena zeppa di documenti e di carpette di varia natura ordinate in maniera molto meticolosa oltre che un computer, e alle sue spalle vi era solamente un largo e grosso armadio con dentro altre carpette con dei nomi scritti sopra. 
Fece scoccare la lingua nella sua bocca e tornò a guardare la madre con espressione molto seria e dura, facendo appena spallucce. "Sto bene, ma gradirei che non mandassi qualcuno alle sei di mattina nella mia stanza per convocarmi". 
"Ho mandato Edward perché so della vostra conoscenza: pensavo che ti avrebbe fatto piacere vedere un viso familiare che non fosse tuo fratello" rispose Isobel accennando un sorriso e guardandola con aria innocente e dolce.
Si sforzò di non lasciare trasparire quale fosse la sua vera reazione alle sue parole ed Abby sospiro, facendo spallucce. "Ho solo bisogno di vedere la mia famiglia, quindi oggi torno da loro". 
"E il tuo lavoro qui?". 
"Mia figlia viene prima di tutto: lo so che è un concetto astratto per te, ma ci sono genitori che provano dolore a stare separati dai propri bambini!" esclamò Abby con tono serio e sguardo accusatore, sollevando un sopracciglio mentre la guardava in cagnesco. "C'è altro di cui vorresti parlare o posso andare a guadagnare i bei soldoni per cui svolgo il mio lavoro?".
Isobel accennò un sorriso amorevole e sospirò, annuendo e dicendole che potesse andare e che non avesse mai avuto l'intenzione di rubarle del tempo prezioso, ma che avesse solamente voglia di parlare con lei e vide sua figlia uscire dalla stanza con sicurezza, senza mai voltarsi indietro a guardarla. 
Quando la porta si chiuse, un'altra alle sue spalle si aprì: era una porta molto diversa da quella d'ingresso, poco visibile per chi non la conoscesse dato che si mimetizzasse perfettamente con le pareti bianche. 
Dei passi maschili avanzarono fino a raggiungere la donna ancora seduta alla scrivania, facendola sospirare appena e scuotere la testa. "Quindi la distrarai tu a pranzo?". 
"Si.." sussurrò Edward sospirando rumorosamente e mordendosi il labbro, scuotendo la testa e guardando la donna con stupore perché non amava fare il doppio gioco. "Ma è proprio necessario? Abby si sta davvero impegnando per far sì che le cose funzionino qui, sta lavorando duramente!".
Ma Isobel scosse la testa e distese il viso nell'accenno di un sorriso, voltandosi verso di lui e guardandolo con aria seria. "Mia figlia è sempre stata la migliore bugiarda dei miei figli: sin da piccola quando capiva che le potessi essere utile in qualcosa, Abby mi girava sempre attorno e approfittava del fatto che io stravedessi per lei per ottenere ciò che volesse. Io credo che stia facendo lo stesso adesso, ma non ho ancora capito perché: devo solo mettere le mani su quel suo dannato taccuino che si porta sempre dietro". 


Spense lo schermo del suo telefono muovendosi nervosa all'interno del laboratorio dopo aver avuto l'ennesima lite con il padre dei suoi figli. 
Dean era ancora molto agitato per via del fatto che Abby si stesse dedicando anima e corpo a quel progetto con gli Uomini di lettere inglesi. 
Dean sentiva molto la sua mancanza, eppure sapeva che Abby volesse solamente proteggere Mary e il piccolo che portasse in grembo, oltre che Nathan ed Henry, e tutta la nuova generazione della sua famiglia, perché non poteva accettare che anche solamente uno di loro soffrisse come aveva fatto lei.
Avrebbero avuto i loro dolori, come il cuore spezzato o la morte di un genitore, ma avrebbero tutti seguito il corso naturale delle cose. 
Niente più mostri, niente più incubi da cui venir svegliati nella notte. Niente più paura.
Ecco perché Abby lottava, ecco perché si fosse unita ai britannici, inseguendo la chimera del mondo libero da ogni creatura malvagia. 
Dan le passò accanto con un sorriso e le sfiorò una spalla, all'interno del suo camice e con indosso gli occhialini di protezione, ed Abby ricambiò il sorriso. 
Iniziò a pensare che forse Dan avesse avuto ragione a far parte dei Letterati sin dal principio: forse se avessero iniziato prima la loro ricerca, adesso la loro vita sarebbe diversa. 
Sollevò lo sguardo dal campione che stesse analizzando al microscopio e sbuffò sonoramente perché anche quell'esperimento era stato un insuccesso, quando intercettò lo sguardo di Edward che la guardasse già da un pezzo attraverso la porta a vetro del laboratorio. 
Accennò un sorriso osservandolo fermo ad aspettarla, appoggiato con la schiena contro il muro e le braccia conserte sul petto, e presto si schiarí la gola mentre si toglieva il camice, cercando di mantenere un tono normale e di non far cogliere al fratello la strana felicità che si impadroní di lei quando vide l'uomo dietro la vetrata. "Io vado a pranzo". 
Dan la seguí con lo sguardo e aggrottò le sopracciglia, riconoscendo il tono tipico della sorella che utilizzasse quando si stesse cacciando nei guai e notò come avesse estratto la matita dai suoi capelli con cui avesse creato un perfetto chignon qualche ora prima, mentre lasciava che adesso i lunghi capelli rossi e mossi le scivolassero lungo la schiena. "Ricorda che Mary fra due ore esce da scuola". 
Prima di uscire dalla stanza, Abby si voltò a guardarlo con aria turbata e con un sopracciglio sollevato per via del tono canzonatorio di suo fratello. "Lo so, Dan: è mia figlia". 
Sollevò le mani in alto a mo' di scuse, ma Abby non vi prestò molta attenzione. 
Si diresse verso la porta del laboratorio e una volta chiusa alle spalle, si avvicinò all'omone alto e massiccio che fece un passo verso di lei con aria impacciata e nervosa. "Ce ne hai messo di tempo, rossa". 
Sorrise divertita e gli fece segno con la testa di incamminarsi verso la sala comune. 
Passare il tempo insieme a Edward, le scaldava sempre il cuore e faceva bene a quella parte di sé che aveva scoperto essere sempre latente. 
Aveva portato una ventata di aria fresca nella sua vita nel periodo più buio che avesse mai attraversato e le aveva ricordato cosa volesse dire essere davvero felice. 
E quando si fosse separata da Edward quella sera al bunker, Abby sentiva di aver perso quella felicità. 
Aveva ritrovato sé stessa e aveva ritrovato l'amore per Dean, aumentato enormemente dalla notizia dell'arrivo del loro bambino.
Ma qualcosa mancava dentro di lei ed adesso che guardava negli occhi nocciola di Edward, sapeva cosa fosse.  
Inizialmente il pranzo fu piuttosto silenzio e faticoso: chiacchierarono di alcune cacce che Edward avesse seguito in quei quattro mesi di lontananza ed Abby gli fece il resoconto di come avesse fatto insieme ai Winchester a respingere l'ennesima apocalisse.
Seguì qualche istante di silenzio, qualche momento imbarazzante, ma presto Abby ed Edward si sciolsero e si ritrovarono a non smettere di parlare neanche per un momento, esattamente come prima della loro separazione.
Non c'erano più silenzi imbarazzanti, non c'erano inutili rancori. 
Solamente delle lunghe chiacchierate e delle lunghe risate che vennero silenziosamente criticate dagli sguardi di sgomento degli inglesi seduti ai tavoli adiacenti a loro. 
Abby e Edward si scambiarono un'occhiata eloquente e dato che avessero finito il loro cibo da un pezzo, l'uomo le fece segno di seguirlo fuori dalla sala comune dove molti sguardi si erano posati su di loro, compresi quelli di Dan e di Isobel. 
Camminarono fra i corridoi continuando ancora a scherzare tra loro, fino a quando arrivarono all'esterno della struttura. 
La base era davvero fantastica e all'avanguardia all'interno, ma all'esterno era solamente un ammasso di cemento con nulla attorno. 
"Allora, dimmi di Ashley: come l'hai conosciuta?". 
Edward sollevò un sopracciglio, ma non si voltò nella sua direzione mentre continuavano a camminare fianco a fianco attorno alle mura sorvegliate della base. 
Sorrise divertito chiedendosi da quanto Abby morisse dalla voglia di chiederglielo ed incrociò il suo sguardo con ilarità. "Ci siamo conosciuti qui quando i britannici ci hanno reclutati, due mesi fa". 
Abby guardò il suo voltò così rilassato e rimase in silenzio per qualche istante, notando la sua espressione serena e priva di sofferenza, così diversa da quella che avesse l'ultima volta che passarono del tempo insieme. 
E quasi ne fu infastidita. "Sono felice che ti faccia stare bene. Sembra una brava persona". 
Edward si voltò per incrociare il suo sguardo ed un'ombra passò ad eclissare il nocciola dei suoi occhi: era dispiacere, forse rimpianto, ma durò solamente per qualche istante mentre l'uomo si chiedeva con rammarico come Abby potesse davvero pensare che facesse sul serio con Ashley. 
Le sorrise amaramente ed annuì, tornando a volgere lo sguardo davanti a sé con un sospiro. "Cos'è successo dopo che sono andato via, Abby?".
"Beh, la vita è continuata Ed". Abby fece spallucce e continuò a camminare al suo fianco, sospirando mentre pensava che per continuare quella chiacchierata e dimezzare il nervosismo avrebbe tanto voluto stringere fra le labbra una sigaretta, ormai vietata da quando avesse scoperto di essere incinta. "Amara e Chuck si sono affrontati, si è creato il caos e a quanto pare Lucifer ha messo incinta una donna, generando un Nephilim che nascerà a breve". 
Edward scosse la testa e sospirò, mordendosi l'interno della guancia con nervosismo. 
La guardò negli occhi per qualche istante e subito Abby capí: tutte quelle informazioni, Edward le conosceva già. 
Gli Uomini di Lettere lo avevano già aggiornato. 
L'uomo si schiarí la gola e si fermò davanti a lei, interrompendo anche il moto della donna che rimase in piedi davanti a lui a guardarlo negli occhi. "Intendo tu e Dean? State di nuovo insieme, non è vero?". 
La sua espressione divenne più seria, serrò la mascella e si limitò a guardare Edward negli occhi: non voleva ferirlo, non voleva fargli credere di essere corsa nuovamente da Dean quando Edward avesse lasciato lei ed il bunker. 
Eppure, suonava esattamente così. 
Edward sorrise mestamente come se gli facesse davvero piacere sapere che Abby avesse trovato nuovamente la sua strada verso Dean, e la donna scosse la testa distogliendo lo sguardo. "Dannazione Abby.. ho provato così tanto a farti aprire gli occhi, a farti capire che razza di uomo è Dean, ma tu non mi hai mai voluto ascoltare. Sapevo che sarebbe successo. Siete così legati che è impossibile per voi stare lontani". 
Abby tenne lo sguardo basso e inserì le mani all'interno della grossa tasca della sua felpa, facendo spallucce mentre sentiva il suo sguardo indagatore su di sé.
Sentiva il cuore battere più velocemente e si sentí sommersa dal senso di colpa perché, nonostante Edward cercasse di nasconderlo e fosse pure bravo nel farlo, Abby aveva colto uno strano scintillio nei suoi occhi. 
Lo stesso che avesse visto quella sera, quando le avesse chiesto se amasse ancora Dean. 
Quando tornò a guardare nei suoi occhi nocciola, lesse il suo stesso senso di colpa riflesso nel suo sguardo ed Abby aggrottò le sopracciglia.
Edward si avvicinò nella sua direzione di qualche passo, prendendo un lungo respiro come per farsi coraggio per iniziare a confessare qualcosa di cui probabilmente avesse un po' di paura. "Quella sera non sarei dovuto andare via e lasciarti in quel modo. Sarei dovuto rimanere con te. Per quello che può valere Abby, se potessi tornare indietro, non me ne andrei. Sono stato un totale idiota e volevo solamente che tu sapessi che mi disp-..".
La melodia della suoneria di Abby iniziò a fluire fra loro, interrompendo il discorso che Edward si fosse preparato per mesi per dire ad Abby come davvero si sentisse, approfittando di quel giorno in cui Ashley fosse a caccia da sola.
Abby sgranò gli occhi e si scusò mentre estraeva il telefono dalla tasca, inorridendo nel leggere i messaggi furiosi che avesse ricevuto da parte di Dean quando capì che passare del tempo con Edward l'avesse del tutto distratta dai suoi doveri genitoriali. "Dannazione! Dovevo prendere Mary a scuola due ore fa!". 
Quando incrociò i suoi occhi, Edward accennò un sorriso comprensivo ed annuí come se ci fosse abituato.
"Certo, la piccola Mary: non ti trattengo oltre allora".
Abby rimase ad osservarlo mentre respirava in modo accelerato, elaborando solamente in quell'istante tutte le parole che Edward le avesse detto prima di essere interrotto dal suo telefono.
Aveva sperato con tutta se stessa che Edward non lasciasse il bunker; aveva creduto che sarebbe tornato, ravvedendosi sulle sue azioni.
Ma le settimane passarono dopo la loro rottura e di Edward non c'era stata più traccia.
Edward le sorrise e le fece segno di andare, che fosse tutto a posto e di non preoccuparsi, perché avrebbero potuto riprendere il discorso davanti ad una birra in un altro momento, ed Abby si ritrovò a fargli un cenno con la mano prima di incamminarsi verso la sua auto posteggiata qualche metro più avanti in quel parcheggio di cemento. 
Stava quasi per salire in auto sentendosi parecchio frastornata e confusa dopo le sue parole, quando si ritrovò ferma per qualche istante a sollevare lo sguardo verso Edward che ancora la guardasse. 
Il suo cuore adesso batteva forte nel petto ed Abby sospirò rumorosamente, deglutendo a fatica mentre un nodo di stabilizzava all'altezza della gola senza farla respirare e cercava dentro di sé le parole giuste. "Non passa giorno in cui io non pensi a come siano andate male le cose fra noi, alla fine. Ma voglio che tu lo sappia". 
Edward aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra in un'espressione sorpresa e curiosa. "Che sappia cosa?". 
Guardò nei suoi occhi nocciola e ciò che avesse seppellito dentro di sé da ormai quattro mesi, uscì dalle sue labbra come un fiume in piena senza che lei stessa potesse averne il controllo. "Edward, sarei rimasta con te. Se tu non fossi andato via, se mi avessi ascoltata quella sera, io sarei rimasta con te. Ti amavo e ti ho aspettato. Ho sperato che tornassi da me, ma.. la situazione ha preso una piega diversa". 
Con il cuore che batteva ancora forte nel petto e uno strato lucido che le imperlò gli occhi, Abby mise a tacere la sua voce tremante e spezzata dalle emozioni che presero a fluire dentro di lei al ricordo di quella notte, e scosse la testa accennando un sorriso amaro, mentre osservava il volto composto di Edward che non tradiva nessuna emozione. 
Forse non gli faceva piacere sentire quelle frasi, forse Edward era andato avanti davvero e non voleva rivangare il passato doloroso. 
O forse non gli importava più nulla e pranzare insieme voleva essere per lui un modo per dimostrare a se stesso di averla superata. 
Abby gli fece un altro cenno con la mano ed entrò in macchina indossando i suoi occhiali da sole per nascondere gli occhi lucidi. 
Edward sentí il motore rombare e la vide uscire dal parcheggio senza più guardarlo. 
Quelle parole, gli avevano fatto male. 
Non poteva negarlo. 
Gli avevano dato la conferma che avesse commesso il più grande errore ad andare via.
Ma ormai faceva parte del passato ed Edward non poteva far altro che lasciare andare. 
Quando della Hyundai azzurra non ci fu più alcuna traccia, Edward sospirò e scosse la testa, estraendo dalla tasca il taccuino di pelle che avesse precedente sfilato dalla tasca di Abby. 
Sospirò e se lo ritirò fra le mani, chiedendosi cosa ci fosse scritto di così speciale e perché Isobel lo bramasse così tanto. 
Ma dopo quelle ore insieme, una cosa fu talmente chiara a Edward da risultare ovvia: era ancora così tanto innamorato di Abby, che non avrebbe potuto tradire la sua fiducia in quel modo. 
"Dannazione!!" sibilò fra i denti e sospirò rumorosamente, rimettendo in tasca il taccuino di pelle e scuotendo la testa, preferendo perdere il suo posto tra gli Uomini di Lettere per aver fallito un compito, piuttosto che rivelare qualsiasi cosa Abby avesse appuntato all'interno di quei fogli. 


 
"È il mio bambino, io non voglio che lui muoia! Per favore!". 
I tre ragazzi guardarono la donna davanti a loro, seduta sul bordo del materasso della stanza di motel dove Castiel la tenesse quasi in ostaggio dopo essere riuscito a trovarla grazie alla collaborazione con i Winchester; Abby invece stava appoggiata alla parete con le braccia incrociate al petto ed un sopracciglio sollevato, rimanendo in disparte mentre guardava Kelly disperarsi e non poteva far altro che dispiacersi per lei, perché riusciva ad immaginare quanta forza ci volesse a combattere così duramente per salvare la vita della persona che amava più al mondo e che portasse in grembo. 
"Eri d'accordo anche tu, Kelly: volevi togliere di mezzo questo bambino prima ancora di farlo crescere così tanto dentro di te e adesso dobbiamo trovare un'altra soluzione per liberarcene!". 
Dean parlò spinto dalla rabbia accumulata negli ultimi giorni e con un tono molto alto, facendo sobbalzare la ragazza davanti a sé che istintivamente si passò le mani sul suo pancione come se potesse proteggere il suo bambino da quei tre uomini che volevano fare di tutto per uccidere suo figlio. 
Abby incrociò il suo sguardo e lo guardò in modo allibito, fulminandolo con gli occhi e chiedendosi come diavolo facesse a parlare in quel modo ad un'altra donna che aspettasse un figlio proprio come lei.
Avanzò di qualche passo nella stanza deglutendo a fatica perché non aveva la minima idea di cosa avrebbe potuto dire per aiutare la donna davanti a sé e arrivò vicino a lei cercando di sorridere e di tranquillizzarla. 
"Non preoccuparti Kelly, troveremo un'altra soluzione. Noi non vogliamo uccidere il tuo bambino, te lo prometto". 
Kelly guardò nei suoi occhi con aria spaventata e supplicandola di aiutarla, e qualcosa dentro di lei le fece capire che Abby dicesse il vero e che non volesse fare del male a suo figlio; fu istintivo per lei afferrarle una mano e posarla con forza sul suo pancione nonostante Abby cercasse di allontanarsene. 
Un unico contatto che Dean non riuscì ad impedire perché fu troppo veloce anche per lui e vide la mano di Abby illuminarsi di una strana luce dorata, spostarsi sul suo braccio fino ad attraversare il suo collo e farle scintillare gli occhi della stesse luce, ed Abby si immobilizzò sgranando gli occhi. 
Abby si irrigidì come un tronco di legno ed inarcò la schiena all'indietro fino ai suoi limiti, determinando l'apertura della sua solita giacca di pelle che avesse iniziato a starle stretta che rivelò la pancia ormai più tonda che mai.
"Lasciala andare!". 
Dean la tirò velocemente indietro afferrandola dalle spalle e con poca delicatezza staccò la mano di Kelly da quella di Abby; le prese il viso fra le mani e guardò nei suoi occhi per capire se stesse bene, scuotendole il volto ed osservando il modo in cui Abby stesse lentamente tornando in sé, scuotendo la testa e sbattendo le palpebre un paio di volte. 
Guardò il ragazzo davanti a sé senza dire una parola, scorgendo dentro di lui la stessa rabbia con cui le avesse urlato contro due giorni prima, quando Abby era rimasta troppo a lungo alla base dei letterati, scordandosi della promessa di prendere Mary a scuola. 
"Che cos'era quello?" chiese Abby liberandosi della presa di Dean e guardando in direzione di Kelly con aria stupita, sgranando gli occhi e deglutendo a fatica. 
"Sei incinta anche tu, Abby. Sei una madre: tu sai cosa si prova a dover dare via il proprio bambino. Ho visto come hai provato a salvare la tua primogenita!" esclamò Kelly accennando un sorriso ed annuendo convinta, sollevandosi dal materasso con fatica mentre provava a tenersi in equilibrio dato il suo ormai enorme pancione, per avvicinarsi ad Abby che indietreggiò scuotendo la testa. "Morirò per dare alla luce mio figlio, ma tu sarai ancora qui e potrai salvarlo. So che lo farai". 
"Perché diavolo dovrei farlo?!" esclamò Abby con tono più arrabbiato, massaggiandosi la mano che Kelly le avesse precedentemente afferrato per toccare il suo pancione, notando come Castiel e Sam si fossero avvicinati a lei per farle da scudo insieme a Dean. "Perché dovrei salvare il figlio del diavolo?". 
Kelly fece spallucce e accennò un sorriso, sfiorandosi il pancione con dolcezza e guardandolo come se potesse vedere e sentire davvero suo figlio. "Perché sei una madre e so tutto di te, perché mio figlio lo ha visto quando ti ho toccata. Perché salverai te stessa, salvando il mio bambino".


Rimasero tutti paralizzati e scioccati quando udirono il rumore dello sparo che squarciò la notte; aver riottenuto la Colt era stata una grande vittoria e adesso Eileen avrebbe potuto fornirgliene un'altra, se solo Dagon non fosse sparita prima che la pallottola indirizzata a lei la colpisse, lasciando che un Uomo di Lettere inglese morisse al posto suo. 
E adesso erano punto a capo, con le armi puntate l'un l'altro e Mick e Isobel che avrebbero dovuto uccidere Eileen per aver assassinato involontariamente uno di loro; Abby non ci pensò due volte ad estrarre la pistola e puntarla contro i due, intimando alla madre di dare l'ordine di abbassare le armi ai suoi uomini. "Isobel, ti prego. È stato un incidente". 
Erano tutti lì per ottenere lo stesso risultato: attirare Dagon nella trappola lanciata da Kelly stessa e uccidere il demone, ma le cose avevano preso una strana piega. 
E adesso la situazione stava per peggiorare drasticamente. 
Dopo che Dean e Sam riuscirono a far ragionare gli Uomini di Lettere, anche Abby abbassò la sua pistola per riporla nella guaina della sua cintura. 
Si allontanò appena dai ragazzi per avvicinarsi a Mick, il quale si fosse rivelato essere un vero amico al bunker, nonostante non si fidasse fino in fondo di lui. 
Ma Abby riusciva a vedere quanto fosse diverso dagli altri inglesi e prestò si avvicinò a lui come se si trattasse di un fratello minore; gli mise una mano sulla spalla e lo condusse appena più lontano dalle orecchie indiscrete degli altri Uomini di Lettere, avvicinandosi alla loro auto per parlare con lui e dirgli di aver fatto la scelta giusta. 
Dean la guardò con un piccolo sorriso, perché sapeva quanto Abby si affezionasse alle persone in rare occasioni e cercasse sempre di aiutarle prendendole a cuore, un po' come accadde tanti anni prima quando conobbe Anael. 
Isobel si avvicinò ai due Winchester con un sospiro, attirando l'attenzione dei due su di sé e guardando per qualche istante il corpo del suo uomo giacere a terra senza vita, con la camicia imbrattata di sangue e bucata in corrispondenza del cuore, esattamente dove la pallottola lo avesse perforato. "Scusate, è nostra abitudine vendicare la morte di uno dei nostri uomini. E John era un bravo soldato, davvero un bravo, bravo soldato". 
"È stato un incidente" si affrettò a ribadire Dean, sollevando un sopracciglio e tenendosi pronto ad ogni evenienza mentre osservava la donna che ancora continuava a guardare il corpo del suo uomo privo di vita. 
Isobel lo guardò negli occhi con aria molto seria per dei lunghi istanti, non lasciando trasparire neanche un'emozione e ciò che provasse davvero e dopo poco accennò un sorriso amaro; osservò Sam guardarla con aria preoccupata, rimanendo in allerta nel caso in cui avesse cambiato idea ed il ragazzo si spinse vicino ad Eileen per allontanarla.
Isobel seguí lo sguardo di Dean, trovandolo posato su Abby che fosse ancora lontana ed intenta a parlare con Mick vicino ad una delle loro auto, e la donna sollevò un sopracciglio con aria sicura di sé. "Ad ogni modo, sono contenta che tu e Abby abbiate chiarito le vostre divergenze". 
Dean aggrottò le sopracciglia con aria stupita, guardandola senza parole e studiando nuovamente il suo sguardo; sapeva che Abby avrebbe preferito essere torturata piuttosto che aprirsi con Isobel e raccontarle qualcosa di personale. "Di quali divergenze parli?". 
"Beh, forse non dovrei dirtelo ma.. Edward mi ha raccontato di come tu ti sia infuriato quando hai saputo che Abby non avesse preso Mary a scuola perché stavano pranzando insieme e devo ammettere che quando li ho visti, sembravano molto complici e intimi. Ma vedo che l'hai superata, quindi sono contenta per voi".
Isobel lo guardò con aria eloquente, sollevando un sopracciglio e sorridendo in maniera maliziosa perché voleva che capisse ciò che avesse detto fra le righe e che il seme del dubbio si impiantasse in lui; lo vide cambiare espressione e sforzarsi di sorridere, rassicurandola che andasse tutto bene e presto si allontanò dalla donna per arrivare al fianco di Abby. 
Le fece segno di andare e la ragazza salutò Mick con un gesto della mano, osservandolo poi salire in auto con Isobel e sfrecciare via da quell'ampio piazzale in cui avessero attirato Dagon per far si che mollasse la presa su Kelly.  
Quando l'auto fu abbastanza lontana ed Abby notò il modo in cui Sam ed Eileen stessero parlando fra di loro, la ragazza si voltò verso Dean con aria preoccupata perché avevano di nuovo perso Kelly e adesso sarebbe stato più difficile trovarla, ma lesse qualcosa di strano nello sguardo del ragazzo e capí che da lì a poco ci sarebbe stata una forte litigata. 
Sbuffò sonoramente ed allargò le braccia, sentendosi davvero esausta per quei continui battibecchi. "Che c'è, Dean? Perché ce l'hai con me adesso?". 
Dean indugiò con lo sguardo su di lei per capire se ci fosse ancora qualcosa che non andasse fra di loro, ma non trovò alcuna traccia di titubanza o di rabbia nascosta, e il ragazzo fece spallucce scuotendo la testa assumendo un'aria fin troppo seria. "Hai dimenticato nostra figlia a scuola perché stavi pranzando con Edward?".
Abby lo guardò con aria stranita chiedendosi come facesse a sapere del suo pranzo con Ed e del suo coinvolgimento con gli inglesi, ma sospirò rumorosamente e scosse la testa, voltandosi dalla parte opposta osservando il piazzale fino a qualche istante prima gremito di persone, ormai del tutto vuoto. "Si Dean, è cosi". 
"Wow, davvero.." sussurrò Dean ridendo nervosamente e scuotendo la testa, osservando distrattamente il fratello intento a consolare Eileen per aver ucciso una persona, ma presto tornò a guardarla con aria arrabbiata. "Perché non mi hai detto che lavora anche lui con gli inglesi? E perché stavi pranzando con lui, dannazione?". 
Abby aggrottò le sopracciglia e accennò un sorriso nervosa, voltandosi nella sua direzione con aria incredula ed allargando le braccia. "E perché avrei dovuto? Per aumentare i problemi che già abbiamo? Per farti pensare che tra me e Edward ci sia di nuovo qualcosa?".
"Dimmelo tu!". Dean alzando fin troppo la voce e stringendo la mascella per il nervosismo mentre la guardava con aria furiosa, stringendo anche i pugni e posando il suo sguardo accusatorio sui suoi occhi. "Siete di nuovo molto intimi, no? Insomma, hai dimenticato tua figlia a scuola per stare con lui! Tua figlia! E come se non bastasse gli hai anche raccontato della nostra litigata!". 
Abby sgranò gli occhi e aggrottò nuovamente le sopracciglia, rimanendo sorpresa delle sue accuse e di ciò che volessero davvero dire, così scosse la testa e fece un passo indietro. "Io ed Edward ci siamo incontrati alla base e abbiamo pranzato insieme, in una sala piena di persone, una sola volta. Non lo vedo da quel giorno, quindi non posso avergli raccontato di come hai perso la ragione e mi hai praticamente accusata di non essere una buona madre quando ho fatto tardi". 
Dean la guardò con profonda rabbia, sentendo dentro di sé il sangue ribollire e iniziando a pensare che non avrebbe mai dovuto permetterle di far parte dei Letterati, scuotendo la testa. "Stai mentendo: quante altre persone erano presenti quando io e te abbiamo discusso su nostra figlia? E sai cosa mi fa pensare, tutto questo? Che hai fatto la scelta sbagliata! Che vorresti essere rimasta insieme a lui e forse così non ci sarebbe stato questo bambino in arrivo, che probabilmente ti è solamente d'intralcio!". 
Abby sgranò gli occhi e dischiuse le labbra con aria incredula mentre ascoltava le sue parole, guardandolo in cagnesco e sentendosi profondamente ferita dalle sue accuse. 
Poteva capire il fastidio che Dean provasse nel saperla a stretto contatto con Edward, ma non si aspettava un comportamento del genere proprio da lui, l'unico che avrebbe dovuto fidarsi di lei e credere alle sue parole senza esitazione. 
Tirò su col naso e lo guardò attraverso uno strato lucido che si fosse formato sui suoi occhi, carezzando inconsciamente il suo ventre appena più rotondo come se potesse proteggere il bambino che portasse in grembo dall'udire quelle parole. "Sai essere proprio stronzo quando ti impegni, Dean. Non posso credere che tu l'abbia detto". 
Ma Dean non ascoltava più e scosse la testa con un sorriso amaro sul volto, deciso più che mai a credere alla propria versione piuttosto che stare ad ascoltare quella che leggesse negli occhi della ragazza davanti a sé. 
La superò per arrivare all'Impala in pochi passi, non degnandosi più neanche di guardarla in viso perché si sentiva fin troppo arrabbiato anche solo per farlo. "Senti, lascia stare, non mi importa. Rimani pure alla base quanto ti pare e non ti disturbare a tornare al bunker: mi prenderò io cura di Mary!". 
Abby lo vide salire nell'Impala in attesa che Sam ed Elieen si avvicinassero per tornare a casa, e per un istante Abby lo guardò con odio, perché sapeva che per quanto si sforzassero fra di loro le cose non sarebbero mai cambiate; c'era stato un tempo in cui Dean credeva ad ogni sua singola parola senza mai metterla in dubbio, adesso invece credeva che tutto ciò che dicesse fosse una bugia solamente perché aveva iniziato a lavorare con i britannici per concedere ai loro figli una vita diversa rispetto a quella che avevano avuto loro. 
Si mosse arrabbiata superando l'Impala smettendo di guardare Dean, arrivando fino alla sua Hyundai e salendo all'interno nonostante la sua vista fosse offuscata dalle lacrime; accese il motore e presto uscí sgommando da quel piazzale senza guardarsi più indietro, mentre Dean la guardò andare via dallo specchietto retrovisore con il cuore più pesante. 
Entrambi però furono ignari del fatto che la prima macchina uscita da quel piazzale con dentro Isobel, non fosse in realtà andata via e fosse rimasta nascosta dietro a degli alberi ad osservare la scena con un sorriso vittorioso di chi avesse ottenuto ciò che volesse; accese la sua auto e sorrise ancora, uscendo dal suo nascondiglio per tornare alla base per far si che il suo piano potesse continuare a prendere atto. 

 
  
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