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Autore: pampa98    15/04/2023    4 recensioni
[Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da Severa Crouch sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” – aggiornamenti ogni 15 del mese]
What-if? 1x10 ~ Aegon/Jace, Aemond/Luke.
Quando Jace si presenta al cospetto di Borros Baratheon per ricordargli il giuramento fatto a sua madre, Aemond decide di sottrarre ai Neri ciò che hanno di più prezioso: il loro erede. Jace diventa prigioniero nella Fortezza Rossa, dove i Verdi sentono di avere la vittoria in pugno – purché lui accetti di inginocchiarsi al cospetto di Aegon, che, da parte sua, è più propenso a rivedere in lui l’amico di infanzia che non il figlio della sua nemica.
La vicinanza forzata tra Aegon e Jace riuscirà a ricucire il loro rapporto? E che conseguenze avrà per il futuro del regno?
(Warning: Character death)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Aemond Targaryen, Jacaerys Velaryon, Lucerys Velaryon
Note: What if? | Avvertimenti: Incest, Violenza
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Capitolo 1



 

Si buttò sul letto supino, lasciando andare un lungo sospiro che si trasformò in lamento quando sentì qualcosa di duro premere contro la sua testa. Aveva dimenticato di stare ancora indossando la corona. Sollevò un braccio e la prese in mano, osservandola per la prima volta da quando Criston Cole l’aveva posta sul suo capo. 

La corona del Conquistatore. Un cerchio modellato con punte in acciaio, avente un grande rubino rosso incastonato al centro. 

Aegon se la rigirò tra le mani per qualche secondo, poi sbuffò e la appoggiò accanto a sé, tornando a puntare i suoi occhi sul soffitto.

Da tre giorni suo padre era morto e lui era diventato Re Aegon, secondo del suo nome e via dicendo. 

Non aveva versato una singola lacrima per Viserys. Gli era mancato il tempo e, prima di tutto, l’affetto che l’uomo non gli aveva mai concesso e che di conseguenza non si era guadagnato da lui, né dai suoi fratelli. Forse solo Rhaenyra aveva sofferto la sua condizione di orfana. 

I suoi occhi si spostarono verso destra. Aveva ripudiato la corona fin quando aveva potuto, consapevole di non meritarla; ma ora che aveva messo in atto la minaccia costituita dalla sua sola esistenza, come gli aveva sempre ricordato sua madre, non poteva più tornare indietro. 

Si girò su un fianco, dando le spalle alla corona. L’elsa della spada gli premette contro il costato e Aegon slacciò la cintura che la teneva ancora legata a lui. Anche quell’arma era appartenuta al Conquistatore. 

I Verdi avevano riesumato antichi tesori della famiglia Targaryen per addobbarlo affinché somigliasse a un re. 

Ci sono riusciti, pensò, ricordando le grida di giubilo con cui era stato accolto dalla folla. Quella corona e quella spada lo avevano mostrato agli occhi del mondo come la reincarnazione del Conquistatore ed era stato amato

Un piccolo sorriso comparve sul suo volto. 

Era stato scelto come re, con applausi ed esultanze; non sapeva come si fosse svolta l’incoronazione di Rhaenyra, ma era certo che non fosse stata acclamata quanto lui. Anche quando il re l’aveva nominata erede, sua madre gli aveva raccontato che i lord dei Sette Regni si erano inginocchiati perché non c’erano alternative a lei, ma tutti pregavano in cuor loro che Viserys si risposasse e desse finalmente alla luce un figlio maschio. Per questo lui portava il nome del conquistatore: nascendo, aveva stabilito la nuova linea di successione. Suo padre si era sempre dimenticato di togliere a Rhaenyra il titolo di erede, ma ciò non aveva importanza. 

Il popolo aveva espresso la sua preferenza e lei avrebbe dovuto accettarlo.

L’unico vero inconveniente, per lui, restava il Trono di Spade. 

Aegon si guardò le braccia, sorprendendosi di non trovare nemmeno un graffio. Appena ci si era seduto sopra, aveva avuto il terrore che avrebbe fatto la fine di Maegor il Crudele. Non perché non fosse degno – quella leggenda era un’idiozia –, ma perché quelle dannate lame erano ancora affilate come cento anni prima: un movimento sbagliato e sarebbe stato ricoperto di sangue.

La porta si aprì, lasciando entrare Helaena. Dopo la cerimonia, aveva rimesso uno dei suoi soliti abiti e non indossava un singolo ornamento che risaltasse il suo status di regina. Non era sembrata né entusiasta, né dispiaciuta del suo nuovo rango – anche se ad Aegon non era sfuggito quel momento di esitazione prima di inchinarsi davanti a lui, ma non se la sentiva di biasimarla.

«Che vuoi?» le chiese.

La ragazza osservò il camino spento, dandogli quasi le spalle.

«Aemond è tornato» disse.

Aegon si tirò su a sedere. «Bene. Abbiamo Capo Tempesta, quindi?»

Helaena annuì. «Ha portato qualcuno con sé.»

«La sua futura moglie?» Un sorriso di scherno si formò sul suo volto. «Aveva paura che sarebbe scappata, se non l’avesse tenuta legata a sé?»

«No.»

Aegon attese una spiegazione che però non arrivò. Stirò le braccia, lasciandosi nuovamente cadere sul letto. Aemond era tornato e aveva portato a termine con successo la sua missione: qualunque altra cosa quell’idiota avesse fatto, non era un suo problema. 

«I draghi non hanno danzato dentro la pioggia. La fiamma della speranza vive ancora.» Helaena si avvicinò al letto, chinandosi in avanti per parlargli dritto in faccia. «Dipende solo da te, ora.»

Aegon aggrottò le sopracciglia.

«Sorella, ti ho mai detto che trovo i tuoi discorsi assurdi e incomprensibili?»

L’ombra di un sorriso apparve sul volto di Helaena. Si allontanò, dirigendosi verso la porta.

«Vieni» disse, aprendola. «Ti interessa conoscere l’identità del nostro ospite.»

«Ne dubito.»

«Il nonno lo ha chiamato “prigioniero”, ma a me sinceramente non piace molto» continuò, indifferente al suo disinteresse. 

Quelle parole, tuttavia, attirarono l’attenzione di Aegon.

«Prigioniero?» chiese, rimettendosi seduto.

Helaena annuì.

«Allora la missione non è andata bene.»

«Sì, invece.»

Aegon sbuffò. «E allora perché cazzo ha preso un prigioniero?»

Helaena sbatté le palpebre. «Capo Tempesta è raggiungibile da chiunque, non soltanto da coloro che vi abitano.»

Aegon aggrottò le sopracciglia. Ottenere una risposta diretta da sua sorella era praticamente impossibile ed era una delle cose che più odiava di lei. 

Provò a immaginare chi potesse essere questo prigioniero, ma proprio perché la dimora dei Baratheon non era un cosmo a sé stante, chiunque nei Sette Regni si sarebbe potuto trovare lì all’arrivo di Aemond. Certo, doveva trattarsi di qualcuno che valesse la pena portare nella capitale, ma con ogni altro suddito del regno, fedele o meno a Rhaenyra, avrebbero dovuto usare la diplomazia e non ricorrere a rapimenti e minacce.

Sgranò gli occhi. Sollevò lo sguardo verso Helaena, che era rimasta immobile accanto alla porta aperta. 

«Sì» disse, come se avesse letto il pensiero che gli aveva solcato la mente. 

Aegon scattò in piedi. 

Potevano conquistare la lealtà di chiunque – a meno che il sangue di Rhaenyra non gli scorresse nelle vene.

 

~

 

Helaena lo condusse nella Sala del Concilio, dove ad attenderlo c’erano Aemond, Alicent, Otto e Larys Strong. Aegon si guardò intorno, in cerca di un intruso, ma nella stanza non c’era nessun altro.

«Non doveva esserci un prigioniero?» chiese. Voleva solo capire che cazzo avesse combinato Aemond e, soprattutto, se la persona che aveva portato con sé fosse qualcuno che valesse la pena incontrare – se la persona che aveva portato con sé fosse Jace. In caso contrario, il suo interesse per la questione era già pronto a svanire.

La domanda attirò l’attenzione dei presenti su di lui. Alicent sospirò quando lo vide, e si allontanò da Aemond per raggiungerlo.

«Dov’eri?»

«Nella mia stanza, a riposare. Come mi avevi suggerito tu» aggiunse. Sua madre non sopportava di vederlo oziare tutto il giorno, ma in questo caso sapeva di essersi meritato un po’ di tregua dai complotti e dai doveri che era stato costretto a sopportare. 

«Sì, hai ragione.» Abbozzò un sorriso e gli fece cenno di seguirla verso il tavolo.

Aegon non si mosse. «Allora, il prigioniero?» 

«Si trova insieme a Ser Arryk e Ser Criston» rispose Otto, «nelle stanze che ha occupato durante la sua ultima visita.»

Un lampo di speranza esplose nel cuore di Aegon.

«Chi…» 

«Si tratta del principe Jacaerys, vostra maestà.» Larys Strong anticipò la sua domanda, fornendogli l’informazione che tanto agognava. 

«Vieni a sederti» disse Alicent, prendendolo per un braccio. «Abbiamo alcune questioni di cui discutere.»

«Voglio vedere Jace» ribatté, liberandosi dalla sua presa. Attese un momento il permesso di sua madre per andarsene; poi ricordò di essere il re e che poteva fare tutto ciò che voleva. 

Si voltò e si diresse verso la porta, ignorando i tentativi di Alicent e Otto di fermarlo.

«Jace sarà stanco per il viaggio. Lascialo riposare.»

La voce di Helaena lo raggiunse con la mano posata sulla maniglia. Ignorala, si disse; ma non riuscì a proseguire nel suo intento. 

Non fu il pensiero che Jace avesse bisogno di riposo a fermarlo, quanto la premura che Helaena mostrò in quella considerazione. Gli ricordò la disastrosa cena di pochi giorni prima, quando Jace l’aveva invitata a danzare. Aveva tenuto gli occhi fissi su di lui mentre lasciavano la tavola, in un tacito rimprovero verso il disinteresse e la crudeltà che riservava a sua moglie. E, prima di quello, Aegon aveva cercato di attirare la sua attenzione nell’unico modo che gli era venuto in mente. E dopo… 

Dopo aveva supportato il brindisi di Aemond, aveva attaccato Luke e aveva sottratto il trono a Rhaenyra. 

Se fosse corso da Jace, adesso, lui come avrebbe reagito? Sarebbe stato felice di vederlo, come quando erano bambini? Anche se bambini – amici – non lo erano più.

Sarebbe stato disposto ad ascoltarlo? Anche se Aegon non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dirgli.

«Ascolta la tua regina.» La sua esitazione aveva dato il tempo ad Alicent di raggiungerlo. «Avrai modo di incontrare Jacaerys quando avremo stabilito come comportarci con lui.» Poi aggiunse, abbassando la voce: «Ricorda che quel ragazzo non è più il tuo giocattolino. È l’erede di Rhaenyra, che in questo momento è una pericolosa nemica della nostra famiglia.»

Le labbra di Aegon si sollevarono in un sorriso di scherno a quelle parole.

«Potrebbe essere la nostra carta vincente, ciò che metterà fine a questo conflitto senza la necessità di iniziare una guerra» concluse Alicent.

Aegon sospirò. Lasciò andare la maniglia e tornò sui suoi passi, andando a sedersi a capotavola. Gli altri lo imitarono, a eccezione di Aemond che rimase in piedi accanto a lui. Aegon notò che aveva i capelli arruffati e dai suoi vestiti gocciolava dell’acqua. Si lasciò sfuggire una risatina, ma decise di non fare commenti per il momento.

«Gli altri dove sono?» chiese, rendendosi conto che metà del suo concilio ristretto era assente.

«Non sono ancora stati informati di quanto accaduto» rispose Otto, seduto alla sua destra. «Abbiamo ritenuto più saggio mantenere l’informazione solo all’interno della nostra famiglia, per il momento.»

Aegon inarcò un sopracciglio in direzione di Larys Strong. 

«Ah, giusto» disse. «Lo zio di Jace credo si possa considerare parte della famiglia.»

Larys chinò il capo. «Non ho mai considerato quel ragazzo mio nipote, altezza. Il caso ha voluto che fossi informato dell’arrivo di vostro fratello appena atterrato alla Fossa del Drago e ho ritenuto saggio avvisare la regina. Alicent.»

Anche senza quella specifica, Aegon avrebbe capito che parlava di sua madre. Così come era chiaro che “il caso” se lo fosse prodotto con le sue mani, riempiendo di spie ogni angolo della capitale – e forse non solo. Ma non gli andava di discutere dei metodi di quell’uomo: fintanto che non li usava contro di lui, era libero di agire come preferisse. 

«Bene.» Si passò le mani tra i capelli, appoggiandosi poi al tavolo con i gomiti. «Quindi, Jace è qui e non vogliamo farlo sapere. Perché? Non starete pensando di ucciderlo, vero?» chiese, temendo che potesse essere proprio quello l’obiettivo.

«Naturalmente no» rispose subito Alicent, come se quello che aveva temuto fosse una pura follia.

«Per il momento» aggiunse Otto. 

«Stiamo lavorando per impedire una guerra, padre. La morte del figlio di Rhaenyra la scatenerebbe.»

Aegon guardò sua madre, sorpreso. Non l’aveva mai sentita rispondere a suo nonno in quel modo: a testa alta, ferma, quasi sprezzante verso di lui. Gli fece piacere.

«Questo è certo» ribatté Otto con la sua consueta calma. «E mi auguro di cuore che il principe comprenda la situazione in cui si trova e faccia la scelta giusta. Ma se non dovesse capirlo da solo, saremo costretti a convincerlo.»

«Quale scelta?» chiese Aegon. «Cosa dovrebbe fare?»

«Quello che sua madre non ha ancora accettato di fare. Riconoscere te come re, inginocchiarsi al tuo cospetto così da poter ricevere il tuo perdono e mantenere la sua posizione di principe di Roccia del Drago, che erediterà alla morte della principessa Rhaenyra.»

Aegon ricordava di aver fatto un’offerta di pace a sua sorella, anche se non aveva prestato attenzione ai termini dell’accordo. Era stato sommerso dalle voci di sua madre e di suo nonno e, ancora sconvolto per l’irruzione del drago di Rhaenys alla sua incoronazione, aveva capito solo che Otto, oltre a Rhaenyra, voleva uccidere anche i suoi eredi. Era bastato quello per convincerlo ad accettare la proposta di Alicent. 

«Jacaerys è leale a sua madre» disse Aemond. «Non si inginocchierà, a meno che non sarà lei a farlo per prima.»

«Potrebbe farlo, se capisse che questa è l’unica strada possibile» replicò Larys. Poi si sporse sopra il tavolo, rivolgendosi direttamente ad Aegon. «Mio re, se il ragazzo vi vedesse come ha fatto il popolo l’altro giorno, con la corona del Conquistatore sul capo e la sua spada tra le mani, seduto sul Trono di Spade con la vostra corte accanto, non potrebbe fare a meno di riconoscere il vostro potere e l’amore che i Sette Regni nutrono per voi.»

Aegon sorrise, ripensando al calore con cui era stata accolta la sua incoronazione. 

«Mostrare a tutti che Jacaerys Velaryon riconosce Aegon come re è una mossa saggia» concordò Alicent, «ma prima dobbiamo assicurarci in privato che lo faccia.»

«Al contrario, una manifestazione pubblica da subito potrebbe essere ciò che lo convincerà ad accettare» ribatté Larys. «Se vedesse solo la sua famiglia parteggiare per vostro figlio, potrebbe pensare che lo fate solo per affetto nei suoi confronti.»

Aegon sbuffò una risata, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero da parte di suo nonno. 

«Concordo con Lord Larys» disse Otto. «Domani raduneremo la corte nella Sala del Trono, dove tu ti presenterai con la corona di Aegon, siederai sul trono e ordinerai al bastardo di inginocchiarsi al tuo cospetto.»

Aegon non aveva voglia di discutere oltre, perciò si limitò ad annuire. 

«E se rifiutasse di farlo?» chiese Alicent.

Otto sembrò ponderare la questione. Alla fine, rispose semplicemente: «Preghiamo che non accada.» 

 

~

 

Jace osservava le fiamme che danzavano nel camino. Il loro calore aveva asciugato i suoi indumenti bagnati da un pezzo, ma aveva comunque deciso di rimanere seduto lì. Dopotutto, dalla finestra riusciva a malapena a scorgere la Fossa del Drago, dove era stato costretto a lasciare Vermax con solo la promessa che non gli sarebbe stato fatto del male – non si fidava di Aemond, ma in quel momento non aveva comunque nessun mezzo per sapere se avesse mantenuto la sua parola. 

Inoltre, dalla sua posizione attuale poteva osservare meglio le due guardie che avevano il compito di sorvegliarlo. Non sapeva da quale di loro fosse più disgustato: se Ser Arryk, che aveva il volto familiare di Ser Erryk, ma non condivideva lo stesso senso dell’onore e della lealtà; o Ser Criston, l’uomo che lo aveva odiato dal giorno in cui era nato e che si era guadagnato lo stesso sentimento dopo aver causato l’allontamento di Harwin dalla capitale. 

Jace sapeva che era stato un incidente a ucciderlo, ma non riusciva a togliersi dalla testa che se Cole non lo avesse accusato in quel modo, Harwin sarebbe stato ad Approdo del Re il giorno della loro partenza – e magari sarebbe andato a Roccia del Drago insieme a loro. 

La porta si aprì e la guardia all’esterno della stanza annunciò l’arrivo della regina. 

Sentì Cole e Arryk inchinarsi mentre la donna avanzava nella stanza. Jace strinse le labbra: anche Alicent Hightower non gli aveva mai mostrato affetto, ma forse sarebbe stato saggio almeno salutarla. 

«Grazie di aver tenuto compagnia a Jace.»

Sollevò la testa di scatto. Aveva dimenticato che, essendo Aegon re, la regina adesso era Helaena. 

Si alzò nel momento in cui lei si avvicinava al tavolo, posandovi sopra un cestino da cui proveniva un odore che Jace conosceva bene: dolcetti al limone. Quel profumo lo fece pensare a sua madre e a Luke, facendolo sentire a casa.

«Potete lasciarci» disse Helaena ai due cavalieri. «Desidero parlare con mio nipote in privato.»

«Mia regina, il principe Aemond ci ha ordinato di sorvegliare il prigioniero» disse Cole. «Potrebbe essere pericoloso lasciarvi sola con lui.»

«No, non lo è. Andate pure.»

I due uomini si scambiarono un’occhiata incerta.

«Ordini della regina.»

Si inchinarono e uscirono dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. 

«Questo titolo ha i suoi vantaggi» commentò Helaena, mentre prendeva due dolcetti e li posava su un tovagliolo. Si sedette sulla sedia libera e ne allungò uno verso Jace, sorridendogli. «Ho pensato che ti andasse di fare merenda. Ti piacciono ancora questi, vero?»

Jace annuì. Non ne era ghiotto quanto i suoi fratelli, ma non gli dispiacevano. Si sedette a sua volta e diede un morso al dolce: non aveva fame, ma non voleva mancare di rispetto alla ragazza rifiutando il suo dono. Era probabilmente l’unica persona in quel luogo che gli avrebbe riservato un minimo di gentilezza e che Jace continuava a considerare parte della sua famiglia. 

«Non hai ancora avuto modo di conoscere i bambini, suppongo» disse Helaena, dopo qualche minuto di silenzio. 

«I bamb…? Oh, i tuoi figli. Ehm, no. L’ultima volta non ne ho avuto l’occasione.»

«Allora uno di questi giorni li porto qui» rispose lei. «Jahaerys dovrebbe avere l’età di tuo fratello Aegon.»

Jace annuì, ma non riuscì a ricambiare il sorriso che Helaena gli rivolse. Parlavano come se il loro fosse un semplice incontro tra parenti lontani – come se Jace si trovasse lì per sua scelta.

Posò il dolcetto sul tavolo. Gli aveva dato solo due morsi.

«Per quanto tempo dovrò restare?» chiese. 

«Dipende.»

«Da cosa?»

«Da te.»

Jace inarcò un sopracciglio. «Da me? Quindi se dicessi che voglio tornare a casa oggi stesso, sarei libero di farlo?»

«Dipende anche da Aegon» rettificò Helaena.

Jace annuì. «Immaginavo. E lui dov’è adesso?» 

«Non lo so. Voleva venire a parlare con te, ma il Concilio ha ritenuto più saggio aspettare.»

Jace si aspettava che sarebbe andato da lui per dovere, non per volere. L’ultima volta che lo aveva visto, non aveva avuto l’impressione di piacergli ancora – ammesso che il suo affetto fosse mai stato autentico. 

«Aegon sarebbe stato un buon re» disse Helaena, prendendo un altro dolcetto. «In un’altra vita.»

Jace sbuffò. «E in questa?»

La ragazza ci pensò un po’. «Può ancora diventarlo, facendo le scelte giuste.»

«La scelta più giusta sarebbe mettere fine a quest’assurdità e rispettare la volontà di suo padre.»

Si morse il labbro, temendo di essere andato troppo oltre. Dopotutto, non stava parlando con un’amica, ma con la regina che avrebbe perso il suo titolo se Aegon avesse abdicato. Non credeva che Helaena fosse attaccata al potere, tuttavia era meglio non rischiare – il ricordo delle lame dei Baratheon intorno a lui era ancora vivido nella sua mente.

«Scusami, ho parlato a sproposito» disse.

Lei fissò il suo sguardo su di lui. «Non aver paura di esprimere i tuoi pensieri, sono giusti. E non hai motivo di preoccuparti: sei l’unica cosa di cui gli importi.»

Jace aggrottò le sopracciglia. Non era certo di aver compreso la seconda parte della frase.

«Che intendi…»

Helaena si alzò. Si spazzolò il vestito dalle briciole e gli sorrise. 

«Buon riposo, nipote. Ci vediamo domattina.» 

Jace fece appena in tempo ad alzarsi e rivolgerle un saluto impacciato prima che lei uscisse dalla stanza, lasciandolo completamente solo.






 
   
 
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