Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ino chan    15/04/2023    2 recensioni
« Mi chiamo Jean Kirshtein, tu?»
Reiner spalanca gli occhi.
«Come ti chiami?»
Non sembra capire, nonostante Jean lo fissi in attesa del suo nome, rimane per un lungo momento in silenzio, prima di sussurrare un perplesso «Reiner.»
«Andiamo a bere una birra, Reiner.»
[past|Jean/Marco] [ pre Reiner/Jean]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Jean Kirshtein, Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Jinae è proprio come Marco gliela descritta, tanto che Jean non ha alcun problema a trovare la macelleria dei Bodt. L’insegna è un papavero sbozzato nel legno di faggio che cigola su cardini arrugginiti a ogni colpo di vento mentre un grosso cane arancione, dorme sui gradini dell’ingresso. Attraverso la vetrina riesce a vedere una donna intenta a girare un lungo spago attorno a un involto di carta; sicuramente la madre di Marco, quelle lentiggini gli sono fin troppo familiari. Prende un bel respiro e si volta verso Reiner. È stato lui a chiedergli di portarlo a Jinae, a indicargli la macelleria dei Bodt, e ora non sembra capace di fare altro che fissare la donna dall’altro lato della vetrina. «Ehi nessuno ti obbliga a farlo.» Giustificarsi per un atto compiuto in guerra, con chi una guerra non l’ha mai combattuta è una discussione persa in partenza. Che ne può sapere quella donna, ancora vestita a lutto dopo anni, che suo figlio è morto senza colpa. Che è morto in lacrime, senza odio, come la persona meravigliosa che era, dispiaciuto per il non aver potuto capire cosa stava succedendo, senza aver potuto parlare. Ma che non è colpa di nessuno, che nessuno l’ha davvero voluto, né Annie, che a detta di Armin, nel sonno a volte lo chiama disperata, come se cercasse di salvarlo all’ultimo minuto dalla bocca del gigante, né Berthold, né Reiner.
Sa solo che non l’ha più con sé ed è l’unica cosa che le interessa.
«Io credo che meriti di sapere com’è morto suo figlio.» Reiner prende un bel respiro e attraversa la strada. Attraverso la vetrina, Jean può vedere tutta la scena, il sorriso che la donna gli rivolge entrando, poi la sua espressione che prima si fa confusa e poi, sempre più agghiacciata. È solo quando decide di afferrare un batticarne, che decide di entrare. Si lancia su Reiner, scostandolo dal bancone, nello stesso momento in cui il padre di Marco, placca sua moglie, cadendo con lei a terra.
«Quel mostro ha ucciso mio figlio!» Le urla di Adele Bodt sono strazianti, tra le braccia di suo marito, grida e maledice Reiner per non essere polvere al vento come Marco. Per essere vivo. Per essere nato. Jean lo sente contrarsi a ogni urlo della poveretta, come a volersi fare più piccolo, vorrebbe tirargli una sberla, dirgli che glie lo aveva detto, ma non è tipo da infierire. Non tutti sono persone inclini alla comprensione e al perdono come i genitori di Sasha, c’è chi, come Adele, riesce a percepire solo il proprio dolore. Jean non glie ne fa una colpa, ovviamente, sarebbe ipocrita da parte sua. Ha assalito Reiner, e se Gabi non si fosse messa in mezzo, lo avrebbe probabilmente ucciso per poi passare ad Annie. Per questo decide di uscire, scusandosi ancora e ancora con i genitori di Marco; Adele piange mentre Bergen Bodt annuisce distrattamente, il mento fra i capelli della moglie.
Non è colpa di nessuno, è il mondo a essere cattivo. Vorrebbe dirglielo, prendersi un attimo per spiegare che nessuno di loro ha voluto la guerra, nessuno di loro ha mai desiderato i giganti, ma quella donna urlante ha diritto al suo odio, così come Reiner ha avuto il diritto di cercare la redenzione per le sue mani.

Una volta trovata una locanda, Jean sente il bisogno urgente di lavarsi. 
Non si toglierà mai di dosso la sensazione di sbagliato, di errore e orrore, che nutre ogni volta che pensa a Marco, alla fine ingiusta che ha vissuto e alla vita che avrebbe potuto avere, ma deve provarci. Lo deve a sé stesso e anche a lui.
Esce dalla tinozza quasi un’ora dopo, quando l’acqua ormai fredda inizia a essere più un fastidio che un piacere, e quando rientra in camera, Reiner è dove l’ha lasciato. Seduto sul letto a capo chino. 
«Hai intenzione di…» Comincia, ma viene zittito dalla voce dell’ex Gigante. 
«Nessun te lo avevo detto?» Jean fa schioccare la lingua contro il palato. Prima o poi dovranno parlare del suo masochismo, ma non oggi. Non dopo quello che è successo. Sbuffa senza cacciare fuori la testa da sotto l’asciugamano con cui sta frizionando i capelli. «Non mi piace infierire.» Borbotta. Reiner sorride senza alzare lo sguardo dal pezzo di pavimento fra i suoi piedi. Un’espressione così addolcita, così carina, che Jean quasi non si rende conto di star sorridendo anche lui mentre lo osserva massaggiarsi le mani, girando le dita nel pugno una dopo l’altra.
«Non mi facevi così buono?» Lo pungola mentre infila i pantaloni a saltelli. 
«In effetti no...» Reiner rimane per un lungo momento in silenzio, lo sguardo fisso su di lui, prima di abbassarlo lentamente sul logoro tappeto fra di loro e sussurrare un mesto «Sapevi che Marco era innamorato di te?»
«Cos…» È una domanda così inaspettata, che Jean è certo che lo spasmo che gli ha fatto contrarre il cuore nel petto, si sia visto anche da fuori e che il balugino negli occhi di Reiner non sia stato solo frutto della sua immaginazione. Si morde le labbra e annuisce mentre si siede al suo fianco, affondando nelle coltri « Sì. Mi domando come tu lo sappia.»
«Lo sentii parlare con Mina Carolina.» Si gratta la testa visibilmente in colpa per aver origliato «Mi sembrò stupido, eri così cotto di Mikasa a quel tempo. Ora invece, mi dispiace di avergli tolto anche questo.»
«Non me lo ha mai confessato se vuoi saperlo. Trovai una sua lettera per me, fra le sue cose, il giorno in cui lo bruciammo.» Per anni non ha avuto il coraggio di leggerla e poi, quando lo ha fatto, ha pianto tutte le sue lacrime. Era convinto che non sarebbe mai stato ricambiato, che gli stava dicendo addio, assieme alla verità sui suoi sentimenti per lui. Era così innamorato di lui e così convinto di non avere alcuna possibilità…«Quell’idiota.» Mormora.
«Perché idiota?»
«Perché se fosse stato meno stupido, maledizione, avremmo potuto stare insieme. Poco, ma almeno non avrei anche questo rimpianto.» E invece era così convinto di essere rifiutato, che se n’è andato senza avere mai il coraggio di dirgli anche solo mezza parola riguardo ai suoi sentimenti. Anzi, lo consigliava riguardo alla sua stupida infatuazione per Mikasa, consolandolo ogni volta in cui, i sentimenti della ragazza per Eren si facevano così manifesti da farlo infuriare.
«Quindi tu…»
«Ero innamorato di lui e l’ho capito solo dopo.» Troppo dopo. Così tanto da aver sviluppato la certezza di non essere così intelligente come la mamma gli diceva da bambino.
«Eri innamorato di lui…» Reiner non sembra crederci e Jean gli rivolge uno sguardo perplesso da sopra una spalla; un attimo dopo, si sente afferrare per la nuca e tirare di colpo verso di lui, con così tanta forza da sbattergli addosso «Che diavolo ti prende, scimmio…»
Questo non se l’aspettava. Se qualcuno gli avesse chiesto di stilare la lista delle cose impossibile da accadere, Reiner Braun che lo afferra per la collottola come un gatto e lo bacia, sarebbe stata al primo posto. Gli posa le mani sulle spalle, cerca di scostarlo, ma a ogni suo tentativo di opporsi, la mano sul retro del suo collo stringe più forte, intorpidendogli le braccia a un certo punto. Un mugolio di fastidio esce assieme a un respiro, mentre sente le difese cedere sia per la mancanza d’aria, sia perché non è mai stato baciato così. Una manifestazione di desiderio, una richiesta di aiuto, non ha idea di come definirla. Non ha mai sperimentato il desiderio di un’altra persona, se non quello che coglie due estranei nel corso di un incontro fugace e si sente completamente sopraffatto.
Quando Reiner lo lascia andare, quasi gli crolla fra le braccia; prende fiato dalla bocca mentre lo vede, lentamente realizzare, mentre scosta la mano con cui l’ha strattonato verso di sé, cosa ha fatto. «Reiner?» Lo chiama pianissimo, ma troppo tardi, ha già imboccato la porta come un razzo e, a giudicare dall’urlo di protesta che sente venire dall’esterno, deve aver travolto qualcuno altro degli avventori della locanda.

È notte quando Jean decide di andare a cercarlo.
È certo di trovarlo dai Bodt, in preda a chissà quale demone, ma tutte le luci dell’abitazione – comprese quelle della macelleria – sono spente. Scende la strada quindi, seguendo i racconti che si snodano nella sua testa: casa di Marco, il negozio di caramelle, quello di formaggi. Quando arriva al prato, per un attimo, la persona seduta su una delle altalene, sembra lui. Sente la nuca ghiacciarsi, gli spalancarsi così tanto da fargli male, ma ha i capelli biondi e spalle troppo larghe per essere quelle del quindicenne che vive nei suoi ricordi.
«Hai deciso di passare la notte lì? Non vedi che neanche ci entri, bestione?»
Reiner alza la testa, ma non si volta.
«Senti, non è un problema quello che è successo. Avevi bisogno di conforto, e quella è stata l’unica cosa che ti è venuta in …»
«No.»
Jean inarca un sopracciglio a quel secco diniego.
«Dio, sono veramente un bastardo. Prima lo ammazzo come un cane e poi, poi cazzo, mi innamoro del ragazzo che amava lui.» Reiner si copre la testa con le mani, come a voler scacciare quanto appena detto, ma è troppo tardi; la bomba è stata sganciata e ora devono solo attendere la conta dei danni. Jean ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, è il ritratto stesso della sorpresa mentre lo fissa «Scu-Scusa?» Bisbiglia.
«Ero certo che non ti piacessero i ragazzi, così…» Si era messo l’anima in pace. Molto più di quanto avrebbe dovuto fare la consapevolezza di aver ucciso il suo migliore amico, ma invece ha scoperto che, se il mondo fosse girato dalla parte giusta, se si fosse incontrati in altri modi, in altre circostanze, cazzo, se avessero parlato con Marco come lui voleva, avrebbe potuto avere un’occasione e questo l’ha fatto impazzire.
Perché ora davvero deve fare i conti con quello che ha fatto. Di quello che si è precluso con le sue stesse mani; Jean non potrebbe mai amare l’assassino del suo migliore amico, anzi, del ragazzo di cui era innamorato. Mai. Per nessuna ragione al mondo.
«Scusa, davvero. Scusa, mi dispiace.»
«Ti stai seriamente scusando per esserti innamorato di me?»
Reiner non gli risponde, si alza dall’altalena e lo supera, strisciando leggermente i piedi. Ed è così triste che Jean si sente spinto a fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Non sopporta vederlo così, per qualcosa che non ha deciso lui, che non sapeva che sarebbe accaduta e che gli avrebbe fatto tanto male. Quando gli è a lato, lo afferra per un braccio, facendolo voltare di scatto verso di sé « Mi chiamo Jean Kirshtein, tu?»
Reiner spalanca gli occhi.
«Come ti chiami?»
Non sembra capire, nonostante Jean lo fissi in attesa del suo nome, rimane per un lungo momento in silenzio, prima di sussurrare un perplesso «Reiner.»
«Andiamo a bere una birra, Reiner.» lo trascina verso la strada, senza mollare la presa su di lui, nemmeno quando lo sente rallentare il passo. Nonostante sia una persona più che intelligente, col tempo, Jean ha capito che nei rapporti interpersonali, è più lento di una lumaca.
«Che fai?» Gli chiede infatti.
«Ci metto un punto, amico.» Usa il tono che adopererebbe con qualcuno di particolarmente tardo nel comprendere, spiccando bene le parole «E iniziamo da qui.»
Reiner cerca di farlo voltare verso di sé, ma Jean non ha intenzione di fermarsi dal camminare verso l’osteria che vede in fondo alla via in cui sono sbucata, calando giù dal prato «Visto che non hai capito che ho accettato quanto è successo a Marco, visto che non hai capito che, non c’ho messo una pietra sopra, ma ho compreso cosa è accaduto, iniziamo da stasera. Vuoi berti questa birra con me sì o no? Vuoi davvero averla una chance con me sì o no?»
«Sì.» Reiner risponde con una tale foga che Jean è tentato di scoppiare a ridere. Preme le labbra una contro l’altra «E allora tira fuori il portafoglio, e fai il galantuomo. Non ho neanche mangiato per venirti a cercare, dannato idiota.»
 
FINE
C’è anche una seconda part un po’ hooooot…Interessa? :3
Se vi va, fatemi sapere che ve ne pare.
   
 
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