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Autore: Musical    18/04/2023    0 recensioni
"Evelyn era così felice di poter passare il Natale con una vera famiglia. Mi ha detto più volte quanto invidiasse la mia situazione, con due genitori amorevoli che mi amano e che mi hanno sempre sostenuto. Non potevo dirle che siamo solo noi due in famiglia. Non è un problema! Saremo sempre una famiglia! Ma-"
"Non volevi rovinare le sue aspettative... Martin, ragazzo mio, forse non sono la persona giusta per dirti una cosa del genere. Se ami qualcuno, devi essere sempre sincero con lui.”
"Mi dispiace."
"Non preoccuparti. Troveremo una soluzione. Sono o non sono Oswald Chesterfield Cobblepot, il Pinguino, che riesce sempre a cavarsela in ogni situazione? Chiederò a Victor di collaborare per qualche giorno.”
"Non preoccuparti, ho un piano.”
"Non mi piace quando hai dei segreti.”
"Lo so, solo... fidati di me.”
Fu allora che Oswald Chesterfield Cobblepot cominciò ad avere paura.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Edward Nygma, Oswald Cobblepot
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Yuhuuuu~ C’è nessuno?~ Sei sicuro che non siano usciti, Vic?”

L’assassino annuì, prendendo con nonchalance la strada verso la sala dove si tenevano le riunioni, come se si trovasse a casa sua, seguito da Ivy e Harley.

“Ehyyy~ Ozzie~ Eddie~ Su, non fate i timidi~ Sappiamo che siete in casa~”

Oswald si guardò intorno, sentendo i passi degli invitati indesiderati avvicinarsi. Strinse il manico del bastone con talmente tanta forza da far sbiancare le nocche. L’aveva ripetuto tante volte: non voleva che gli altri entrassero in casa sua senza il suo permesso, eppure tutti continuavano a fare quello che volevano, senza ascoltarlo.

I passi concitati di Harley si stopparono alla porta e il sorriso della giovane donna s’allargò ancor di più!

“Eccovi qua~ Oh! Allora era vero quello che si vocifera a Gotham! Il pulcino di casa Cobblepot è tornato!!!” iniziò a correre, pronta ad avvolgere Martin tra le sue braccia e stritolarlo con tutta la forza che possedeva.
Victor aveva varcato la soglia in completa tranquillità, facendo un cenno della testa al suo vecchio Boss, prima di dirigersi verso il suo posto preferito, vicino al camino, facendo l’occhiolino ad Ania, la quale si diresse in cucina.
Anche Ivy era rimasta in piedi, appoggiata allo stipite della porta, salutando con la mano Evelyn. Era carina. Appena fosse stato possibile, avrebbe dato il suo benestare a Martin.

Per amor di Martin, e della sua fidanzata, Oswald non aveva intenzione di fare una scenata. Tentò di calmarsi chiudendo gli occhi e prendendo un profondo respiro, contando fino a dieci. Arrivato a sette, la risata di Harley, che si stava presentando ad Evelyn, gli provocò un tic all’occhio sinistro, e Oswald non poté trattenere lo sguardo di fuoco che lanciò ai tre intrusi.

“Ivy, Harley… Victor…” stirò le labbra in un falso sorriso. “Avete idea di cosa significhi la frase: ‘Non entrate in casa mia senza permesso’?”

Harley si mise a ridere e, toltasi la giacca per appenderla su una statua, andò ad abbracciare il collo di Oswald, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
“Tanto lo sappiamo che adori queste nostre improvvisate, Papà Pengy~”

Oswald non riuscì a trasmettere il rossore che gli stava colorando le gote e, nello sforzo di mantenere un certo contegno, provò a scacciare la ragazza.
“No, assolutamente! È una cosa che Victor vi ha detto, giusto?”

Oswald rivolse gli occhi a Victor, respirando adirato, pronto a scatenare la sua furia, incurante della presenza di Evelyn. Se sapeva che lui era il famigerato Pinguino, non doveva meravigliarsi di assistere ad uno dei suoi scatti d’ira.
Nonostante lo sguardo omicida che Oswald gli stava lanciando, Zsasz prese il frullato che Ania gli stava offrendo e guardò Oswald con un’espressione innocente e fintamente sorpresa… Il bastardo!

Mentre i tre nuovi arrivati si stavano facendo conoscere, Oswald poteva vedere chiaramente negli occhi dei due ragazzi i loro stati d’animo: Martin si sentiva a casa, mentre Evelyn aveva l’espressione accigliata, molto probabilmente era turbata dall’ingresso di tre supercriminali. Oswald non poteva permettersi che un simile imprevisto potesse allontanarla dal suo Martin!
L’uomo sbuffò e sbatté il bastone sul pavimento, attirando l’attenzione di tutti.

“Ora, se ci volete scusare—” lanciò un’occhiata ai tre ospiti indesiderati, “abbiamo una questione privata di cui trattare. E voi non siete i benvenuti!”

Un’ombra gli appoggiò le mani sulle spalle, facendolo saltare sul posto.
“Come siamo tirati, Ozzie!” Ivy si mise a ridere, massaggiandogli le spalle. “Vuoi che ti preparo una tisana?”

Harley, che s’era seduta sulle gambe di Edward, rispose per tutti.
“Anche a me, anche a me! Con doppia dose di zucchero!”

Ivy sorrise e, scombinando i capelli della sua ragazza, si diresse in cucina. Oswald s’accasciò sulla sedia, con l’espressione imbronciata, sfregandosi la fronte per alleviare il mal di testa appena nato.

“Ma sì, certo, fate come se foste a casa vostra! Non avete un minimo di rispetto per chi si è preso cura di voi nei momenti di difficoltà. Darò ordine di spararvi a vista, la prossima volta che entrate in casa mia.”

Evelyn, che aveva già aggrottato lo sguardo per qualcosa che non le tornava, iniziò a guardare confusa Oswald, Edward ed infine Martin.
“Non vivete insieme, nella stessa casa?”

Oswald s’irrigidì all’istante. Si morse la lingua mentre tentava di non far trapelare il proprio disagio. Un brivido di terrore gli percorse la schiena mentre ascoltava la risposta di Harley.

“Ozzie si è sempre fatto vanto di questa casa, ti ha già raccontato di come l’ha avuta? Oh! Devi proprio sentirla! Perché non gliela racconti, Ozzie?”

Gli occhi di Evelyn si posarono su di lui, così innocenti, tanto curiosi di sapere. Il cuore di Oswald si ritrovò a battere furiosamente mentre lanciava una veloce occhiata al suo Martin, chiedendogli scusa. Per colpa sua e della sua lingua, quella ragazza avrebbe lasciato suo figlio, scoprendo che avevano messo in scena una finzione.
“I-in realtà, Evelyn—”

“Mio marito ed io preferiamo vivere separati”, Edward non fece caso all’occhiata stupita di Harley, ai colpi di tosse di Victor e al rumore di alcune posate che cadevano a terra, in cucina. “Siamo ancora… Guardinghi per quello che ci è successo dieci anni fa. Vivere tutti i giorni nella stessa casa comporterebbe un rischio maggiore di essere arrestati in contemporanea.”

Evelyn annuì, giocando con le dita di Martin.
“In certe situazioni, la prudenza non è mai troppa.”

Edward si trovò d’accordo e, ignorando ancora gli occhi azzurri di Harley, si voltò verso Oswald, riprendendo a parlare.
“Ogni tanto trascorriamo le giornate insieme, ma non più di qualche giorno.”

Con un’alzata di sopracciglia, Edward provò a chiedere il benestare di Oswald. Secondo lui, era una scusa abbastanza credibile per tirarsi fuori dal pasticcio che aveva combinato Harley. Era pronto a tutto, per ogni problema aveva la risposta giusta. L’unica cosa di cui non disponeva ancora era l’approvazione di Oswald, dato che, nel prepararsi, non avevano toccato tutti gli argomenti.
Tuttavia, era più che certo che Oswald sarebbe stato d’accordo e, dimostrando la sua bravura nel capovolgere la situazione per tornare in vantaggio, avrebbe colto quel piccolo aiuto.

Oswald si perse negli occhi di Edward, dimenticandosi di non essere solo. Lo stomaco gli s’aggrovigliò mentre tratteneva ogni slancio d’affetto. Abbassò lo sguardo per individuare la mano di Ed, che prese, portandola vicino alle labbra. Vi posò sopra un leggero bacio. Prese ad accarezzarla, senza rendersi conto che la stava ammirando con immensa devozione, impegnato a notare come le vene erano diventate più pronunciate. Sfiorò le nocche con il pollice, assaporando l’effetto che il toccare quella pelle gli stava dando. Improvvisamente, un nodo gli si formò in gola, ripensando a tutto il tempo trascorso in prigione senza poter guardare Ed, parlare e discutere con lui, sentire la sua voce mentre raccontava uno dei suoi insopportabili e adorabili indovinelli, bearsi della sua risata che aveva il potere di metterlo di buon umore… Senza poterlo sfiorare, toccare, abbracciare. Tirò su col naso.

“O-Oswald?”

Oswald alzò gli occhi lucidi, rendendosi conto di come Edward lo stesse guardando, con il fiato sospeso e le labbra dischiuse. Non poté che sorridere, intenerito dalla speranza che magari, seppur in minima parte, anche Edward potesse aver provato la stessa rabbia d’esser stato privato del suo miglior amico.

Tornò a guardare Evelyn, mostrando con orgoglio quelle lacrime che si erano formate. Seppur fosse finta la situazione, Oswald non poteva negare che era ancora innamorato di Edward, anzi. Era da considerare un vanto a dimostrare che, nonostante gli anni, nonostante la lontananza, non erano riusciti ad eliminargli quel segreto così gelosamente custodito.

“Questa casa è effettivamente mia. Apparteneva a mio padre, prima che morisse. Se la G.C.P.D. dovesse arrestare me e mio marito contemporaneamente, facendoci rivivere la lontananza l’uno dall’altro, non me lo perdonerei mai.”

Evelyn annuì ma non poté aggiungere altro, perché gli altri presenti fecero sentire la loro presenza. Oswald si ricordò di loro e, immediatamente, sentì la testa leggera e la vista annebbiarsi.

“Marito del Boss?”

“Vi siete sposati senza invitarci?! Hai sentito tesoro?”

“E quando sarebbe successo?”

Oswald strinse istintivamente la mano di Ed con talmente tanta forza da stritolargliela. Non solo doveva mentire a quella ragazza, per il bene del figlio, adesso doveva mentire anche a tre criminali che non avevano idea del piano.

“Non devo mettere i cartelli per tutto quello che faccio”, provò a darsi un contegno, iniziando a contare mentalmente.

Ivy posò sul tavolo il vassoio, aiutata da Ania, lanciando ad Oswald un’occhiata scettica.
“Non metteresti i cartelli per aver sposato Ed? Tu?!”
Oswald la intimò con lo sguardo di non continuare quel discorso, se ci teneva alla propria vita, ma Ivy lo ignorò bellamente. “Conoscendoti, avresti indetto una festa all’Iceberg, tanto per cominciare.”

Oswald respirò profondamente, le labbra forzarono un sorriso. Non aveva alcuna voglia di star a disquisire circa i suoi probabili atteggiamenti se avesse davvero sposato Edward. Peccato che nessuno sembrava aver colto il suo messaggio, tutt’altro. Avevano interpretato il silenzio di Oswald come un motivo per continuare a parlare.

“Avresti invitato tutta Gotham.”

“Persino la G.C.P.D.”

“Ora non esagerate!”

“Bevande gratis per tutti e zero sentenze di morte.”

“Il tuo umore sarebbe stato euforico per molto tempo.”

Oswald alzò stizzito una mano, zittendo i tre.
“Non vi è mai venuto in mente, per puro caso, che volevo mantenere una certa segretezza?”
Si voltò verso Victor ed Ivy.
“Gotham ancora era in fase di ricostruzione, e poi con Jim alle calcagne?”

Nominare Gordon riportò alla mente della maggior parte dei presenti momenti non proprio facili. Edward fu il primo a spezzare il pesante silenzio che s’era venuto a creare, ancora senza parole per quello che aveva appena appreso.

“Avresti fatto davvero tutto questo… Per me?”

Oswald tornò a guardarlo, avvertendo il proprio cuore mancare un battito per il tono che Edward aveva usato: così incerto, così delicato, così… Speranzoso?
Oswald arrossì nel sentire i suoi battiti accelerati contro il petto, iniziò a temere che tutti i presenti potessero sentirli. Dopo un attimo che sembrava infinito, in cui aveva perso la facoltà di parlare, Oswald strinse la mano di Edward, guardando con occhi lucidi il suo finto marito, ma il vero padrone del suo cuore.

“Se avessi avuto la possibilità, avrei fatto molto di più.”

E se da una parte, per i presenti, la frase assumeva il significato di incolpare il momento sbagliato per un matrimonio, dall’altra parte, per Oswald, la frase aveva tutt’altro significato: se davvero lui ed Edward si fossero sposati, non avrebbe mai smesso smesso di festeggiare, neanche un giorno, toccando il cielo con un dito ogni volta che si svegliava accanto a suo marito.

Avvertì uno spasmo alla mano di Edward, quella che stava stringendo, probabilmente era un piccolo segnale per indicargli di non andare oltre, di non oltrepassare il limite, di attenersi al piano… Così, Oswald chinò il capo, chiuse gli occhi e sospirò, tornando a concentrarsi sulla farsa che lui ed Edward avevano progettato per il bene di Martin, non rendendosi conto dello sguardo che gli stava rivolgendo Edward.

“Ma non si può certo pensare a tutti i vari se e ma, dico bene?” rivolse un sorriso ad Evelyn, ricevendo un cenno affermativo da parte della ragazza.

Oswald tornò a parlare serenamente, gestendo perfettamente la situazione, tenendo a bada tutti i vari ospiti, come un perfetto padrone di casa.

Edward, dal canto suo, non riusciva a distogliere gli occhi da Oswald, continuando ad osservarlo, studiando ogni sua caratteristica facciale, i suoi occhi brillare, la cicatrice sul viso che faceva bella mostra di sé, messa ancor più in evidenza dal trucco, le sue labbra che sorridevano e si muovevano con tanta maestria, pronunciando parole che non giungevano alla mente di Edward, ma che continuavano a ripetere l’ultima frase che gli avevano rivolto. Cosa volevano dire? Era un dettaglio in più al loro piano? Davvero Oswald sarebbe stato felice di sposarlo? Perché? Perché avrebbe dovuto? Dopo che s’era ferito all’occhio, aveva affermato che erano come fratelli… Perché Oswald sarebbe stato felice di sposarlo?

Harley colse lo sguardo quasi assente di Edward, concentrato su Oswald, e con uno sguardo malizioso, riprese il discorso che Oswald aveva lasciato cadere, rivolgendosi alla nuova ragazza.

“Ozzie ed Eddie, in realtà, vogliono solo mostrare quanto sono potenti e pericolosi… In realtà, è solo apparenza, sono due teneroni. Ozzie sotto quella corazza è una mamma chioccia, Eddie sotto quell’intelletto è un romanticone. Avresti dovuto vederlo, ad Arkham aveva iniziato a parlare di quanto fosse innamorato di Oswald e di quanto avrebbe dato per poter tornare da lui. Ora capisco perché!”

Il cuore di Oswald perse un battito, contro il suo volere, mentre s’immaginava un Edward imprigionato in un manicomio che urlava certe cose… Il suo cuore non smetteva di sperare che quello detto da Harley fosse vero, perché… Perché avrebbe cambiato tutto… Avrebbe dato un senso a tutto, gli avrebbe dato la possibilità di prendersi l’unico uomo che aveva davvero amato, gli avrebbe donato il biglietto della felicità…

Harley non fece caso allo sguardo minaccioso di Edward, preferì piuttosto scambiarsi un’occhiata d’intesa con Ivy. L’altra ragazza capì al volo.

“Vogliamo parlare di quando Oswald parlava ad Edward versione ghiacciolo? Dio, avresti dovuto sentire i discorsi che faceva”, fece finta di star per vomitare.

Oswald si voltò verso Ivy, la sua espressione mutò nel giro di poco e gli occhi si riempirono di fiamme. Come si permetteva Ivy di parlare di certe cose del passato, per giunta di fronte a Ed?! Le aveva anche caldamente intimato di non dire certe cose ad anima viva! E adesso faceva una simile stupidaggine?!

Fu però Zsasz a dare il colpo di grazia, mentre giocherellava con la cannuccia.

“Perché voi non l’avete mai visto quando parlava alla bombetta del nostro green boy.”

“Va bene!” Oswald batté entrambe le mani sulle ginocchia, lanciando occhiate di fuoco a Zsasz e Ivy con un sorriso tirato, mentre Edward stava progettando un piano per sbarazzarsi di Harley. “Direi che questa rimpatriata è durata anche fin troppo.”

“Però, è bello”, la voce di Evelyn si fece notare, e i due tornarono a guardare la ragazza.

“Immagino che sia quello che ognuno di noi vorrebbe”, Evelyn prese la mano di Martin, guardandolo con occhi sognanti, ricambiata dal ragazzo. “Trovare qualcuno che continui a pensare a noi, nonostante la lontananza.”

Il volto di Oswald si addolcì nel vedere quello scambio di sguardi tra suo figlio e la ragazza… Sapeva riconoscere gli occhi di una persona innamorata e, se doveva sopportare qualche battuta da parte di alcuni idioti, allora avrebbe resistito. Solo per questa volta.

“Suppongo che tu abbia ragione, ragazza mia”, le concesse con un sorriso, innamorandosi dello sguardo con cui Martin era guardato da Evelyn; completamente ignaro d’esser stato, minuti prima, l’oggetto di uno sguardo altrettanto intenso.

“Bene, per questo, meritiamo tutti un brindisi!~”

Tutti i presenti alzarono il calice, non sapendo l’obiettivo di Harley.

“A tutte le coppie! A quelle che si sono incontrate da poco! A quelle che si sono trovate! E a quelle che ancora non sono ufficialmente nate!”

Oswald notò che Harley stava rivolgendo uno sguardo a lui e ad Edward, ma soprattutto a lui, calcando le ultime parole, ed Oswald si sentì mancare. Che Harley avesse capito il loro gioco e adesso voleva divertirsi a torturarlo?!


“Ed è così che Ivy mi ha chiesto di uscire!”

La risata di Harley inondò la sala da pranzo, mentre Edward continuava a pensare ad un modo per renderle la vita impossibile. Senza contare chi gli stava parlando da tempo e non sembrava non avere alcuna intenzione di fermarsi.

Tu prova a toccare quella ragazza e sarà l’occasione giusta per liberarmi di te.

Per non parlare che non ti vorrò più parlare per il resto della tua miserabile vita, Ed!

Edward si massaggiò le tempie per alleviare il mal di testa. Lui non voleva far davvero del male ad Harley, voleva semplicemente ricordarle di non dire certe cose ad Oswald.

Dovresti piuttosto ringraziarla che non abbia raccontato delle droghe”, l’Enigmista sospirò, appoggiando la testa sulla spalla del vero Oswald, come un gatto che era alla ricerca di coccole. “Belli i tempi in cui Oswald ci cantava quella bellissima canzone… Come faceva, Ozzie?

Edward iniziò a sudare freddo, mentre il cuore gli martellava nelle orecchie e un paio di note gli rimbombavano in testa, quando l’allucinazione di Oswald iniziò a cantare, in maniera sensuale, sfiorandogli il mento, la mandibola, soffiandogli contro l’orecchio quelle parole, con voce roca e sensuale, in grado di fargli venire la pelle d’oca.

And I wake up—

Tutti puntarono gli occhi su di lui appena si sentì lo stridio di una sedia, tornata ad essere vuota non appena Edward si assentò per dirigersi in cucina. Non aveva alzato lo sguardo dal pavimento per non vedere quelle ombre che non smettevano di tormentarlo.

Edward chiese ad Ania di rimanere un attimo da solo, appoggiando entrambe le mani sul piano cottura per avere un sostegno. Iniziò a respirare profondamente, chiudendo gli occhi, cercando di zittire quei due.

Lo sai benissimo qual è il modo per farci stare zitti, Eddie-caro!

Più fai così, più mi dimostri che non sei alla mia altezza! Io non sarei mai scappato, avrei affrontato il problema, e ne sarei uscito vincitore!

Ma Eddie-caro non è come noi, Ozzie!” il volto dell’Enigmista si deformò in un sorriso diabolico, guardando con fare superiore Edward. “È solo un codardo, che non ha mai avuto il coraggio di affrontare le proprie emozioni. Eppure, dovresti saperlo, Eddie-caro, è pura fisica. Più un gas è sottoposto ad una forte pressione, più pericolosa sarà l’esplosione.

Edward serrò i denti e chiuse gli occhi, lui non era un codardo! Stava cercando di fare tutto al meglio!

E pensare che ti avevo detto che dovevi imparare a seguire più il tuo cuore che la tua testa. Dici di amarmi e non mi dai neanche ascolto?!

Edward strinse il bordo del piano cottura, mentre un groppo gli salì in gola, lui stava facendo il possibile per seguire il suo cuore, perché Oswald non lo capiva?!

Una mano si posò rassicurante sulla sua spalla, cogliendo Edward di sorpresa. L’uomo si voltò di scatto, pronto a sopprimere tutto, quando vide un occhio blu biomeccanico e un altro verde guardarlo pieni di preoccupazione.
Alla loro vista, Edward riprese a respirare più tranquillamente, ritrovando un po’ di calma.

“Oswald…”

“È successo qualcosa? Vuoi che Ivy, Harley a Victor vadano via?”

Edward abbozzò un sorriso, mentre vedeva quelle due ombre scomparire dalla sua visione periferica.

“No, va tutto bene. Solo un po’ di… Ansia da prestazione.”

Oswald sbuffò divertito, tornando a guardare poi Edward con un’espressione furba in volto. Perché lo stava guardando in quel modo?

“Ed, ti vesti con una giacca verde scintillante, ti diverti a torturare la gente anche con i tuoi indovinelli… Questo è come se fosse mettere in scena uno dei tuoi spettacoli, no?”

Edward chinò leggermente il capo per nascondere quel sorriso che gli stava illuminando il viso. Prima di notare una celere nuvola oscurare gli occhi di Oswald.

“Oppure, preferisci smettere di—”

“Oswald!”

Edward si ritrovò ad appoggiare entrambe le mani sulle spalle di Oswald, senza distogliere lo sguardo serio e concentrato. Improvvisamente, si sentì colmo di fiducia, insieme ad Oswald sarebbe riuscito a fare qualunque cosa.

“Ho fatto una promessa a Martin. E non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro. Insieme abbiamo accettato, e insieme andiamo avanti.”

Edward si rese conto della luce che aveva preso a brillare negli occhi di Oswald, e il suo cuore iniziò a battere furiosamente contro il petto, mosso dall’orgoglio di quella luce che aveva fatto nascere negli occhi di Oswald. Gli strinse le spalle per fargli intendere che non l’avrebbe lasciato da solo a portare avanti quel piano, anche perché aveva dei motivi personali che lo portavano a non rinunciare.

Si sentì avvolgere i gomiti dalle mani di Oswald, presenti ma non soffocanti, e gli occhi di Oswald gli rivolsero uno sguardo altrettanto pieno di determinazione.

“Insieme.”

Al quale Edward non sapeva dire di no. Oswald era sempre stato una forza della natura dal quale era difficile non essere travolto. Oswald era sinonimo di pericolo, battaglie, divertimento, prove da superare… Tutte cose a cui Edward non avrebbe mai rinunciato, neanche se avesse dovuto trascorrere la vita intera rinchiuso ad Arkham.

Harley aveva ragione: in preda alle droghe che aveva fatto uso ad Arkham, Edward aveva più volte decantato la sua ossessione per Oswald, promettendo che un giorno sarebbe scappato da quel manicomio per tornare da lui perché…

Avrebbe ben presto avuto un infarto se avesse continuato a guardare Oswald. Ma almeno il mal di testa era scomparso.

“Insieme, Oswald.”

E, in un attimo, Edward si ritrovò tra le braccia di Oswald, oppure Oswald si ritrovò tra le sue braccia. Edward avvertì il calore del corpo di Oswald inondare il suo, così come non poté fare a meno di respirare la colonia a cui Oswald non rinunciava mai. Riuscì anche a sentire il cuore di Oswald battere contro il proprio petto, quasi all’unisono con il suo.

“E-Ed… Dovremo andare… Ho paura a lasciare Martin e quella ragazza in balia di quei tre.”

Edward sorrise, sciogliendo l’abbraccio. Iniziò a sentire freddo, non appena lasciò andare Oswald, e la testa riprese a fargli male.


Edward ed Oswald iniziarono a tornare nella sala da pranzo, quando Harley li fermò con un con un urletto eccitato.

“FERMI LÌ!!! OMMIODDIO, QUANTO SIETE TENERI~”

Oswald ed Edward si scambiarono un’occhiata, trovando nell’altro la conferma che stavano cercando: nessuno dei due sapeva di cosa stava parlando Harley. Per loro fortuna, Ivy intervenne, con un sorriso malizioso.

“Le tradizioni bisogna rispettarle, Pengy!”

Un’altra volta, Edward ed Oswald si scambiarono un’occhiata, scambiandosi il seguente messaggio. Edward voleva dire che non era coinvolto nella frase di Ivy, quindi poteva ritenersi al di fuori del discorso. Oswald, invece, voleva far intendere che, seppur Ivy s’era rivolta solo ed esclusivamente a lui, lui non aveva la minima idea di cosa stesse parlando la ragazza.

Nel momento in cui Oswald stava per dare voce a questo dubbio, Martin gli suggerì di guardare in alto. Fu così che Oswald alzò lo sguardo, assumendo un colorito cadaverico alla vista di ciò che quelle due arpie stavano accennando.

Le avrebbe uccise, tutte e due!!! Le avrebbe fatte fuori!!! Avrebbe poi pagato Hugo Strange per farle resuscitare!!! Così da poterle uccidere un’altra volta!!! E così via fino alla fine dei suoi giorni!!! E anche dopo la morte!!! Come osavano prendersi gioco così di lui!!! Solo per ridere delle sue ferite non ancora rimarginate!!!

Edward, seguendo l’esempio di Oswald, dopo aver visto il cenno di Harley, guardò in alto e il cervello gli andò come in corto circuito. Cercò di raccogliere tutte le nozioni che aveva appreso nel tempo, per tornare a funzionare.

Viscun album, pianta legnosa delle lorantacee, alta di norma cinquanta centimetri, comune nell’Eurasia e nell’Africa boreale. È una emiparassita che vegeta su numerose specie legnose, particolarmente rosacee, salicacee, aceracee, pinacee; è molto ramoso, con foglie opposte, coriacee, persistenti, fiori piccoli, gialli e bacche globose, tonde, bianche con mesocarpo vischioso. È, in forma concentrata, potenzialmente fatale e le persone possono ammalarsi gravemente se mangiano le bacche. Gli estratti concentrati causano un’intossicazione importante, che può manifestarsi con diplopia, midriasi, ipotensione, confusione mentale, allucinazioni, convulsioni. Nonostante ciò, è largamente diffusa la tradizione di appendere nelle case un ramoscello di vischio, in segno di augurio, in occasione del periodo natalizio.

Proprio come quello che pendeva sulle loro teste.

Avrebbe dovuto baciare… Oswald?

Non avevano pensato alla possibilità di doversi baciare, ancor di più davanti ad un pubblico. Andava bene per il suo piano, ma come l’avrebbe giustificato con Oswald?

Dall’altra parte, Oswald cominciò a trovare scuse, non aveva alcuna intenzione di dar spettacolo, dimostrando a tutti che avevano mentito e, soprattutto, che Edward lo trovava disgustoso.

“Non vedo perché dovremmo baciarci quando ce lo chiedete. Non siamo animali da spettacolo.”

“Perché è la tradizione. Chiunque si trovi sotto il vischio deve baciarsi.”

“A meno che non si voglia attrarre una buona dose di sfortuna. In quel caso, fai pure, Ozzie…”

Oswald stava per esplodere, era sul punto di dare forfait, di dire la verità su tutto. Gli sarebbe dispiaciuto per Martin, ma soffrire così per far divertire due ragazze? No! Non poteva permettere una cosa del genere!!!

Edward lo stava osservando, sentendosi punto nell’orgoglio per cotanta ritrosia da parte di Oswald nel baciarlo. Cos’era successo? Era arrivato troppo tardi? Oswald aveva davvero smesso di amarlo? No! Non poteva permetterlo!!! Doveva rimediare!!!

“NON HO ALCUNA INTENZIONE DI—”

Quella frase non raggiunse mai una fine, perché due labbra si posarono disperate, desiderose, affamate di poter saggiare la consistenza delle labbra di Oswald, così bramate da anni… Avrebbe distrutto qualsiasi cosa pur di rimanere così, pur di rimanere a studiare e ad assaporare le labbra di Oswald. Così delicate, morbide, piene… Meravigliose, quanto era stato stupido a non farlo prima… Ad aspettare dieci anni… Dieci stupidi anni… Persi… Avrebbe potuto baciare, mordere, strappare, succhiare, leccare ogni singolo giorno quelle labbra… E invece aveva aspettato… Tuttavia, nonostante il piccolo rimorso che stava provando, Edward non poté che impazzire di gioia per questo piccolo contatto… E chissà cosa sarebbe successo se fossero andati oltre ad un semplice e casto bacio sulle labbra… Chissà come sarebbe stato stringere e toccare il corpo di Oswald… Chissà come sarebbe staolto prendere quel collo con le sue mani e vedere quanto bene s’incastravano, sapendo che non si sarebbe spezzato… Chissà come sarebbe stato modellare il meraviglioso e possente corpo di Oswald…

Oswald rimase impietrito per alcuni secondi, catturando a rallentatore quello che era appena successo. Il volto di Edward era vicinissimo al suo, le mani di Edward erano posate delicatamente sul suo volto, le labbra di Edward erano poggiate sulle sue… Tutto il suo mondo era stato oscurato da Edward… Non doveva concedersi un simile vantaggio… Ricambiare il bacio significherebbe mostrare che non aveva mai smesso di provare quei sentimenti per Edward… Ma per un attimo, un attimo solo, il suo cuore batté troppo forte per farlo accorgere di quello che stava facendo, così Oswald si concesse di chiudere gli occhi e trasgredire la sua regola, ricambiando delicatamente quel gesto… Appena appena, quel tanto che bastava per non dare l’impressione di essere stato costretto, ma talmente poco che gli fece male il petto per non dare libero sfogo a quello che provava… A maggior ragione sapendo che Edward stava facendo questo solo per scena… Eppure, lo stava baciando con talmente tanto trasporto che si domandò a chi Edward stesse pensando in quel momento… E si ritrovò ad esserne geloso…

Tutti i presenti rimasero senza parole nel vedere due dei più temibili criminali di Gotham baciarsi con così tanto trasporto. C’era chi pensava che era ora, c’era chi era emozionato e c’era chi stava mandando un messaggio molesto ad Alvarez.

Edward si allontanò lentamente da Oswald, leccandosi le labbra per assaporare ancora la sensazione di Oswald sulla propria bocca, e sbuffò divertito, non riuscendo a trattenere un sorriso a pochi centimetri dal suo volto. Mente e cuore, in una delle rare volte, si trovarono d’accordo: aveva fatto la cosa giusta. Doveva giocare bene le sue carte, studiare le varie reazioni di Oswald e mostrargli allo stesso tempo quello che provava da anni.

Oswald aprì lentamente gli occhi, trovandosi senza parole… Era una delle rare volte in cui non sapeva cosa provare. Combattuto tra il desiderio di voler riprendere il bacio, la vergogna di trovarsi di fronte ad un pubblico, la frustrazione di poter avere questo solo per merito di una farsa… L’amara consapevolezza che, se fosse dipeso totalmente da Edward, non si sarebbero mai baciati… E questo faceva più male della sua gamba malandata.


Ivy, Harley e Victor erano andati via da circa un’ora, chi con la scusa che aveva un appuntamento con Selina e chi doveva andare ad infastidire Alvarez.

Martin ed Evelyn erano seduti sul divano, accoccolati davanti al fuoco, mentre Oswald li osservava da lontano, al capezzale della porta.

Lui ed Edward erano lì, molti anni prima, poco dopo che Ed aveva rischiato di soffocare per mano di Butch. Con un sospiro, l’uomo pensò a quanto tempo era trascorso da quel giorno, quanti avvenimenti s’erano succeduti nella sua vita. A quel tempo, non avrebbe mai pensato di diventare un genio del crimine con famiglia.

Oswald avvertì dei passi avvicinarsi silenziosi. Chiuse gli occhi, tornando malauguratamente al pensiero di quel bacio che s’erano scambiati. Strinse i pugni sul bastone, cacciando via quel ricordo.

“Stanno bene insieme, cromaticamente parlando.”

Oswald sbuffò divertito, continuando a guardare la giovane coppia.

“È l’intensità del loro affetto che li fa essere perfetti.”

Oswald si rese conto d’avere gli occhi di Edward puntati su di sé.

“Dici che è il caso di lasciarli soli?”

Oswald annuì, prima di schiarirsi la voce, attirando così l’attenzione dei due giovani innamorati.

“Noi ci ritiriamo. Lasciamo momentaneamente la notte a voi giovani.”

Evelyn sorrise, alzandosi per stringere la mano ad Oswald.

“È stato un piacere fare la vostra conoscenza.”

Oswald le sorrise, stringendole la mano.

“Io spero che ti sia trovata bene, ragazza mia. Nonostante qualche piccola distrazione.”

Evelyn sorrise, stringendo poi la mano ad Edward.

Martin abbracciò Oswald, augurandogli una buona notte.

“Buonanotte.”

Una volta salutati i ragazzi, Edward offrì il braccio ad Oswald ed insieme salirono le scale.

“È andata piuttosto bene.”

Oswald annuì, cercando di non pensare di dover trascorrere la notte insieme ad Edward, non dopo quel bacio che si sono scambiati.

Una volta entrati in camera, e chiusa la porta, i due tornarono ad essere due normalissimi amici. Oswald cominciò a slacciarsi la giacca, mentre Edward gli volgeva le spalle, quasi appoggiando la fronte sulla porta. C’era un particolare di quella giornata a cui non era ancora riuscito a dare una risposta. E lui odiava quando ciò accadeva.

“Dovevo immaginarlo che avevano iniziato a ricattarti con Martin, per non farti evadere da Blackgate.”

Le dita di Oswald si bloccarono: con tutto quello che avevano dovuto fare e sopportare, Edward pensava davvero a quel dettaglio?

D’altra parte, vedendo che non riceveva alcuna risposta, Edward continuò a parlare, rilevando il dubbio che lo stava divorando.

“Come hanno fatto a capire che Martin era ancora vivo? Ho fatto il possibile per far combaciare la versione di Victor e la realtà, così che non avessi problemi a riportarlo qui, a Gotham, un giorno. Non potevano capire che Chester Nashton era in realtà —”

“Ormai non ha più importanza, Ed. Appartiene al passato.”

Oswald alzò una mano nel tentativo di zittirlo, non voleva che Edward arrivasse a capire la verità.

Tuttavia Edward interpretò quella frase come un desiderio di non voler ascoltare misere scuse, ma lui non doveva scusarsi di nulla, aveva fatto il possibile per nascondere la vera identità di Martin, trasferendolo lontano da Gotham. Doveva assolutamente dire che lui non era coinvolto in quella faccenda, che aveva sempre mantenuto il segreto e se lo sarebbe portato fin dentro la tomba se fosse stato necessario.

“Non ho rivelato a nessuno la sua vera identità, Oswald.”

Oswald si voltò indietro, instaurando un contatto visivo con Edward, vedendo come gli occhi di Edward lo stavano implorando di credergli. Oh, sapeva bene che Edward non aveva parlato, era sempre stato l’unico di cui si poteva fidare. Infatti, a Blackgate nessuno aveva fatto il nome di Martin, ben consapevoli che Oswald aveva ucciso il bambino a sangue freddo per non avere più alcun legame emotivo e non essere una facile preda. Tuttavia, sapevano perfettamente che Oswald aveva mantenuto un solo legame emotivo con una persona, la stessa persona con cui stava per condividere il letto.
La sola idea di sapere che Edward sarebbe stato sottoposto all’infernale macchina di Strange gli aveva fatto mantenere la calma per ben dieci anni. Ma questo era meglio non rivelarlo ad Ed. Perciò sorrise ed annuì.

“Lo so.”

E questo era uno dei tantissimi, innumerevoli motivi per cui aveva sempre fatto il possibile per proteggere l’uomo che amava. Anche a costo di buttare all’aria cinquant’anni della sua vita.


Edward si accomodò dentro il letto, mentre Oswald gli volgeva le spalle. L’atmosfera era cambiata, era diventata più elettrica, pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Edward si ritrovò a sentire il proprio cuore rimbombare nelle orecchie, mentre le ombre ricominciavano a espandersi, riprendendo a torturarlo con le loro battute.

“B-buonanotte…Oswald…”

Oswald non rispose, il suo petto s’alzava e s’abbassava con calma, probabilmente s’era già addormentato.

Edward voltò la testa per vedere la schiena del suo migliore amico. Avevano trascorso innumerevoli notti a riposare nello stesso letto, nel suo appartamento, quando Edward era troppo stanco dal lavoro ed Oswald lo obbligava a qualche ora di riposo. Edward si ritrovò a sorridere, pensando anche a tutte quelle notti trascorse, negli ultimi dieci anni, ad Arkham, a quanto avrebbe voluto potersi beare del calore di Oswald.

Desideroso di provare ancora una volta quella sensazione di calma, Edward si accostò alla schiena di Oswald, chiudendo gli occhi. Gli cinse la vita, mentre affondava il naso tra i suoi capelli. Non riusciva a smettere di pensare al bacio che s’erano scambiati sotto il vischio, continuando a rivivere quel momento ancora e ancora, domandandosi cosa accadrebbe se l’avesse baciato nuovamente. Domandandosi che sapore aveva la sua pelle. Domandandosi quali suoni avrebbe fatto Oswald se avesse osato di più.

“Oswald…”

Restando all’oscuro del fatto che Oswald in realtà era sveglio, incapace di chiudere gli occhi e di far calmare i battiti del proprio cuore.

   
 
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