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Autore: crazy lion    18/04/2023    5 recensioni
Un componimento che, per me, è il perfetto riassunto di quanto dettato dal titolo stesso. Alcune settimane di fulgida chiarezza, altre, lunghissime, di nera oscurità e amara e cruda verità.
Stilata con JustBigin45.
Genere: Introspettivo, Poesia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA LUCE, IL BUIO  IL VERO
 
La paura mi bloccava, non voleva farmi andare,
spazi troppo aperti o affollati non riesco a sopportare.
Mi avrebbe fatto bene stare fuori casa, mi dicevano,
hanno provato a spronarmi, perché in me credevano.
 
Così mi convinsi a fare un tentativo,
nonostante provarci fosse in contrasto con la paura che sentivo.
Andai in una cooperativa per persone con disabilità,
essendo io non vedente,
ma ogni volta che mettevo piede là
l’ansia diventava sempre più potente.
 
Durante quelle mattinate, che in realtà duravano solo due ore,
che mi costavano molta fatica
e mi sembravano lunghe più di un’intera vita,
ho incontrato però una persona speciale, un’amica.
 
Tra noi due si è creata subito una connessione fortissima e particolare,
perché parlare con lei non era superficiale o banale.
Abbiamo condiviso tanto delle nostre vite,
ci siamo tenute per mano,
ho riso di gusto, per davvero,
non per compiacere, non invano.
 
Mi facevo forza per alzarmi e lottare contro l’ansia e la depressione
solo per stare con lei, sentire la dolcezza della sua voce
e il tocco leggero della sua mano sulla mia,
che mi tranquillizzava, attenuava per un po’ la mia agonia.
 
Lei mi accarezzava,
piccoli circoli sulla mia mano creava,
e così, per qualche secondo, mi calmava.
Ma per me era sufficiente, era abbastanza,
era più di chiunque altro, lì, potesse fare.
Mi chiedeva con dolcezza e preoccupazione:
“Stai bene?”
E io dicevo la verità:
“No”,
con molta convinzione.
Non volevo mentire, non a lei,
non se lo meritava, non avrebbe avuto senso farlo
e, se mi fossi comportata così,
mi sarei sentita in colpa
e una completa stronza
per il resto dei giorni miei.
 
Abbiamo parlato tanto,
ci siamo scritte messaggi
e mandate anche parecchi vocali,
perché avevamo entrambe bisogno
della voce l’una dell’altra.
Ci siamo raccontate gioie e dolori,
speranze, sogni e passioni.
Siamo diverse, abbiamo avuto vite differenti,
ma sotto tanti aspetti siamo anche molto simili.
 
Per me era ed è come se Dio,
dopo averci separate in Paradiso,
una cosa che non possiamo ricordare,
ci avesse fatte
sulla Terra di nuovo incontrare.
Siamo empatiche e sensibili
e io le facevo coraggio come questa ragazza a me.
Mi aiutava a credere in me,
mi diceva:
“Tu sei una stella che brilla, che illumina. Io in te vedo una persona che vale!”
Tantissimi me l’hanno detto negli anni.
Ma non così, non in questo modo, non con quella voce,
non con una forza e una potenza tale
da farmi battere il cuore di pura gioia,
non con frasi che erano in grado di ridurre per un po' il mio male.
 
Io, grazie a lei, stavo tornando,
assieme alla forza che ci mettevo,
a credere un po' nella vita,
quella che Dio mi ha donato
e per la quale, fin da bambina,
essendo nata molto prematura, ho lottato.
Quella stessa vita
che ho rischiato di perdere
per vari motivi, che a volte,
per la troppa sofferenza, ho scelto
di non vivere, per continuare solo a sopravvivere
e andare avanti per inerzia.
 
Grazie a lei stavo ritornando a sperare di ritrovare tranquillità,
di avere un giorno serenità
e forse, anche, un po’ di felicità
dopo tanti anni di sofferenza e vuoto
che andavano e vanno in profondità
in me stessa, senza che io possa fermarli,
più di quanto chiunque immagini.
 
Io, i colori, purtroppo non li posso vedere,
ma se dovessi descrivere il mio stato d’animo adesso,
penso che sarebbe nero.
Nero come la notte,
come nuvole in tempesta,
come un temporale nella mia testa.
 
Lei mi stava facendo credere
che avevo altri colori da vedere.
Il verde, che associavo all’erba,
a quella profumata, appena tagliata, fresca.
Il rosa, che per me rappresenta
la calma, i bei sogni e un riposo quieto.
Il giallo, quello dell'allegria e del sole.
Mi stava facendo dire, dentro di me:
“Forse sono più forte di quello che credo,
forse hanno ragione tutti,
l’hanno sempre avuta.
Sono io che ho sbagliato,
che non ci ho mai sperato.
Magari sono davvero, di quello che credo, migliore.”
Ma erano solo teorie, ipotesi,
germogli appena nati
che ancora in piante si dovevano trasformare,
boccioli che avevano bisogno
di tempo per vedere la luce e sbocciare.
Era presto per crederci davvero,
ma io iniziavo sul serio a sperare.
 
Poi è successo qualcosa che non posso spiegare,
perché troppo personale.
Ma dico che è scoppiato un uragano,
si è gettato addosso a noi
con la sua forza distruttrice,
ci ha devastate,
ci ha profondamente ferite.
 
Questo legame così speciale e raro
ora è in pericolo e ancora non mi è chiaro
se la nostra amicizia potrà salvarsi,
oppure se saremo costrette per sempre a separarci.
Ancora mi rimbombano nella testa e nel cuore
le sue ultime parole prima della, spero temporanea, separazione:
“Temo che la nostra amicizia non possa andare avanti.”
Me l'ha detto con tristezza infinita,
mi sembrava straziata e impaurita.
Io sono rimasta paralizzata,
non ci potevo credere,
era tutto assurdo e privo di senso.
Non poteva essere,
eppure quello che lei mi ha raccontato,
ciò che in realtà è successo,
non so ancora bene come,
ma in qualche modo si era davvero verificato.
E ha fatto scoppiare una bomba.
Ha messo in moto una macchina infernale.
Ha creato una catena di eventi
che hanno portato, purtroppo,
a tutti questi miei tormenti.
 
Le sue parole sono state sincere,
mi ha detto la verità.
e non avrebbe mai voluto farmi del male,
come io non ne voglio provocare a lei.
Le sono grata
per avermi spiegato cos'era capitato
con onestà e sincerità.
 
Ma la situazione che si è creata
mi trafigge e distrugge il cuore, perché ci fa stare distanti.
Un’amicizia importante non si misura nella quantità,
ma nella qualità dei giorni trascorsi insieme.
Le mie giornate vuote, con lei finivano piene,
ricche di affetto e un po’ di fiducia in più verso me stessa.
Con le sue parole potevo spiccare il volo,
come se fossero state un paio d’ali
che mi aiutavano ad alzarmi da terra,
a planare sulle mie paure,
a squarciare con la luce dell’amore
il velo spesso e nero delle mie notti oscure.
 
Per non incasinare la situazione
abbiamo smesso di sentirci, non per mia decisione.
Mi fanno presente che, se le voglio davvero così bene come dico,
è giusto non parlarle, non scriverle.
Le ho fatto gli auguri di compleanno e di Pasqua,
lei mi ha risposto e basta.
Mi hanno spiegato che sarebbe meglio aspettare, valutare, capire,
ma l’attesa mi strugge, non mi fa quasi dormire.
 
Mangio solo per sopravvivenza, ormai.
Ho un senso di nausea costante,
la mattina mi nutro poco, ma vomito comunque.
Ho mal di stomaco e di testa,
dolori al petto
e la sensazione di un peso
che mi grava sul cuore.
 
Spesso sto a letto,
per ore ed ore,
anche a costo che mia mamma o mio papà
mi sgridino, mi dicano che dormo troppo.
Anche se a loro lo spiego
non si rendono conto che la mia
non è una stanchezza fisica, bensì mentale,
che è molto peggio, che fa più male.
Perché mi sembra che la vita abbia sempre meno senso.
Ogni giorno che passa è un ulteriore peso.
 
Devo trovare un motivo per alzarmi,
ma non è affatto facile.
Se mi sforzo al massimo,
al limite delle mie possibilità,
è solo per la mia famiglia,
le amiche che mi stanno accanto,
e mi supportano in questo momento drammatico.
Lo faccio anche per i miei gatti e la scrittura.
Non per me, ora non mi interessa di me stessa.
Mi prendo anche meno cura del mio aspetto.
Non mi vesto, in pigiama resto,
non mi pettino e, anche se mi vergogno a dirlo,
se mia mamma non mi ricordasse di lavarmi,
non farei nemmeno questo.
Perché la mia testa è da un'altra parte,
persa nei ricordi felici,
che però non sono abbastanza.
Perduta nella speranza che va e viene,
come se cercassi di salire e poi precipitassi da una montagna.
Distrutta dal senso di mancanza
che provo nei suoi confronti,
che non riesco a descrivere nemmeno qui,
perché mi causa emozioni che sono
troppo dolorose e forti.
 
Ma è causato anche dalla depressione, tutto questo.
Perché essa a volte annienta la volontà.
E non sono solo io a dirlo,
poiché lo sperimento ogni giorno,
ma anche i professinisti che mi seguono
e che, quando parlo, me lo confermano.
 
Le uniche cose, se così si possono definire,
che mi fanno stare un po' meglio,
che mi danno un minimo di sollievo,
sono la scrittura, con cui mi sfogo
e i gatti, che non mi abbandonano mai e che adoro.
Scrivo per ore, anche otto al giorno.
Sto lavorando a una fanfiction a cui tengo molto.
Mi distrae, mi fa pensare di meno.
Ma quando mi fermo, che io sia sola o meno,
torna tutto indietro.
Non c'è un momento più difficile di un altro.
Lei mi manca come l'aria,
di giorno e di notte.
Respirare è quasi impossibile.
 
Voglio solo stare al buio, con le finestre chiuse nella stanza,
per rendere tutto più spento e più oscuro
anche se non sarà mai abbastanza
a rendere quello che provo, nemmeno queste parole,
che cerco a fatica, da ore,
di mettere giù al meglio
per dare concretezza a un tale dolore.
 
Non mi pento di quello che le ho raccontato,
di ciò che abbiamo condiviso,
di ciascun abbraccio,
di averle toccato il viso,
di ogni mano stretta,
di ogni sorriso,
di ogni volta che sapevo ci sarebbe stata lei a rassicurarmi.
Non mi pento di averle dato amore,
perché l'amicizia è, in sé, una forma di amore,
né, soprattutto, di averle donato il mio cuore.
Non lo farò mai, nemmeno tra cent'anni,
neanche dopo morta,
neppure per l'eternità.
 
Ognuno vive il dolore come se la sente e come può
e nessuno per questo deve essere giudicato.
La mia sofferenza è così forte
perché grandissimo è l’affetto che ho provato e sento ancora per lei.
Mi vergogno per non avere più lacrime da piangere,
ma lo faccio dal 24 marzo, da quel maledetto giorno,
soprattutto dentro e, credetemi, è molto peggio.
Sono lacrime affilate quelle che scendono all'interno,
fino ai recessi più profondi nell’anima,
trafiggono ogni pezzo di me, fin quasi a distruggerlo
e cercare di ridurlo a brandelli
come fanno con il resto di me stessa,
del mio corpo e della mia essenza.
 
Nonostante il dolore e lo sfinimento,
sono pronta a lottare per il mio intento,
per salvare una delle amicizie che più mi hanno fatto bene,
per farlo con quei momenti che abbiamo trascorso
e quelli che potremmo ancora passare insieme.
 
Non permetterò a nessuno di dirmi come devo o non devo agire o reagire.
E ora mi rivolgo soprattutto ai miei genitori,
ai miei parenti, a chiunque possa o verrà a sapere
quello che mi succede.
Non vi lascerò giudicarmi, non sapete cosa si prova a soffrire in questo modo per un motivo del genere.
O, se l'avete provato, l'avete fatto
in maniera diversa da me, appunto,
e quindi potete capire
solo fino a un certo punto.
Perché nessuno è nella testa di nessun altro
e solo noi stessi ci conosciamo fino in fondo,
su quest'ultima cosa, davvero,
non ho da dire altro.
 
Non me ne faccio nulla delle vostre frasi vuote,
parole di circostanza,
riempiono solo la mia testa come vespe in una stanza,
che ronzano, vagano, mi pungono senza sosta,
non mi danno sollievo, sono solo l’ennesima batosta.
Le sento e risento da anni,
mi feriscono e lo sapete,
eppure non smettete, non smettete.
 
Non so come reagirò se quest'amicizia dovesse finire,
ma sono convinta che sarà come il mio cuore pensa sarebbe giusto reagire.
Chi mi vuole bene non lo accetterà,
questo mai accadrà
perché, per quanto io abbia detto certe cose,
so che chi mi vede soffrire,
si sente impotente,
non sa più cosa fare,
come mi può aiutare.
E so che mi ama con tutto il suo cuore,
anche se non mi capisce
la maggior parte delle volte.
Non lo accetterà, ma non ci posso fare niente,
questa è la pura e sincera verità.
Ciò che è nelle mie possibilità è continuare a pregare e sperare,
lasciando tutto nelle mani di Dio,
affinché la Sua volontà ci possa salvare.
   
 
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