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Autore: Dreamer47    19/04/2023    1 recensioni
È il 2005.
Sam e Dean sono ancora all'oscuro dei piani di Azazel.
Le loro giornate sono intrise di mostri e di streghe, vogliono ancora trovare John ed uccidere l'assassino di Mary, quando una ragazza incontrata per caso entrerà a far parte della loro vita.
Hunters' legacies non è solamente la storia dei fratelli Winchester, ma anche quella di Abby Harrison, una giovane ragazza dal cuore spezzato e dal destino turbolento il cui unico scopo è la vendetta.
Insieme, riusciranno ad ottenere ciò che vogliono più di ogni altra cosa.
Genere: Erotico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Hunters' Legacies
Capitolo 62.


"Maledizione, stavamo andando così bene! Cos'è andato storto?". 
Dan si mosse freneticamente nel laboratorio, camminando avanti e indietro mentre analizzava gli appunti delle dosi dei reagenti cercando di capire come mai tutto il loro lavoro fosse improvvisamente collassato sotto i suoi stessi occhi, e preso dalla rabbia e dalla frustrazione diede un forte calcio alla gamba del tavolo, facendo cadere alcune provette che si infransero al suolo. 
Abby cercò di essere più sorpresa possibile, avvicinandosi al fratello e cercando di capire cosa fosse accaduto, nonostante lo sapesse benissimo: da quando era stata informata di ciò che i Letterati avessero fatto, spiandoli ed iniziando ad uccidere i cacciatori americani che non aderivano al loro progetto, Abby aveva capito che se se ne fosse andata gli inglesi sarebbero stati troppo sospettosi, così decise di agire dall'interno in maniera tale da non essere scoperta. 
Sabotò l'intera ricerca che stesse conducendo con suo fratello, nonostante fosse così dispiaciuta di vedere il suo duro lavoro andare in fumo.  
Lasciò scivolare sul campione il reagente sbagliato, che con una piccola esplosione distrusse tutto il lavoro che avessero fatto in quei mesi. 
"Ricominceremo da capo, sta tranquillo Daniel". 
Abby si tolse il camice e sospirò facendo spallucce ed apparendo appena seccata, mentre sentiva la nausea tornare a darle fastidio ed istintivamente si mise una mano sull'addome, sfiorandolo appena da sopra una delle sue felpe lunghe e larghe che avesse iniziato ad indossare per nascondere la gravidanza che ormai iniziava a notarsi sempre di più. 
Dan sollevò lo sguardo arrabbiato verso di lei e scosse la testa, sbuffando per poi osservare la sorella sfiorargli la testa e accennargli un sorriso per tranquillizzarlo, prima di uscire dal laboratorio. 
Si diresse verso la sua stanza, perché aveva davvero bisogno di stendersi un po' e di riposare, probabilmente anche di vomitare il poco cibo che fosse riuscita a mandare giù quella mattina dato il modo in cui il bambino avesse iniziato a farsi sentire, muovendosi in maniera irrequieta tanto da procurarle una forte ondata di nausea.
Indugiò sulla porta della sua stanza, tenendo la mano sulla maniglia e chiudendo gli occhi mentre si lasciava andare ad un'espressione dolorosa mentre sentiva il piccolo continuare a muoversi ed Abby scosse la testa, perché anche Mary aveva iniziato a farsi sentire dal quinto mese di gravidanza in poi. 
Stava per entrare nella sua stanza dopo aver ritrovato un po' di pace ed aver pressato con le dita sul suo addome per intimare al piccolo di non muoversi troppo, quando dei passi alle sue spalle la fecero voltare di scatto, tirando un sospiro di sollievo nel vedere Edward avvicinarsi a lei senza nessuno di quegli irritanti Uomini di Lettere inglesi.
"Ehi rossa. Stai bene?" 
Abby lo guardò con aria seria e sospirò, voltandosi interamente nella sua direzione ed annuendo mentre guardava nei suoi occhi nocciola con tranquillità. "Si, sto bene. E tu? Sembri molto stanco". 
Edward accennò un sorriso e fece spallucce perché un cacciatore non sarebbe mai stato completamente riposato e rilassato, e studiò la sua espressione diversa dal solito e capì che qualcosa in lei non andasse. "Ho parlato con Dan, prima. Mi ha raccontato del vostro esperimento che non è andato e io.. volevo solamente dirti che mi dispiace". 
Abby si appoggiò alla porta con la schiena e guardò l'omone davanti a sé con un sorriso, facendo spallucce e scuotendo la testa.
Dean le aveva detto di tenersi distante anche da Edward, di rimanere sospettosa e di non fidarsi troppo di lui perché poteva essere coinvolto nei traffici loschi dei Lettorati, che avrebbe potuto fare del male a lei ed al bambino. Ma Abby sapeva che non fosse possibile, perché Edward non le avrebbe mai fatto del male neanche sotto tortura.
"Grazie Ed. Lo apprezzo".
L'uomo davanti a sé accennò un sorriso ed indugiò sul sul sguardo per qualche altro istante, sospirando perché non aveva la minima voglia di andare via e lasciarla per l'ennesima volta, ma fece spallucce e la salutò con un cenno della mano prima di voltarsi ed incamminarsi lungo il corridoio.
Ed Abby rimase ad osservarlo per un paio di secondi con ancora un sorriso sulle labbra ed il cuore che batteva più velocemente nel petto.
Si voltò ed abbassò la maniglia della sua porta, e stava proprio per entrare e chiudersela alle spalle se Edward non l'avesse richiamata, fermandola appena in tempo.
Si voltò ad osservare il suo viso contratto dall'indecisione, fino a quando fece dei grossi passi verso di lei e le si avvicinò guardandola con aria dispiaciuta. "Senti, non prendere nel modo sbagliato quello che sto per dirti, ma.. Isobel è davvero strana. Le sue richieste sono.. bizzarre e io mi trovo in una posizione in cui non vorrei essere".
"Di che richieste parli?".
Edward sospirò e mise una mano sulla porta della stanza della ragazza dopo essersi guardato attorno in modo furtivo, facendole segno col capo di entrare insieme a lui.
Abby si mosse in silenzio lasciando che entrasse nella sua stanza e notando il sorriso divertito di Edward nell'osservare la grande pila di vestiti disordinati che Abby avesse ammassato su una sedia, perché troppo pigra per piegarli e rimetterli al proprio posto.
"Smettila di prendermi in giro".
"Io non ho detto niente, rossa". Edward fece spallucce e la guardò con uno di quei grossi sorrisi che scaldassero il cuore ad Abby, finendo per abbassare lo sguardo e coinvolgerla, facendo sorridere anche lei.
Quando Abby fu pronta a sollevare gli occhi fino ai suoi, si era già seduta al centro del suo letto e lo stava guardando con aria più seria dopo essersi schiarita la gola. "Quindi, qali sono queste richieste strane di Isobel?".
Edward smise di indugiare con lo sguardo sul disordine che ci fosse in quella stanza, allontanando dalla sua mente le immagini di quando Abby si fosse trasferita a casa sua e stessero insieme, ricordando involontariamente come faticasse a trovare le chiavi della sua auto, il telecomando o addirittura le chiavi del locale perché vi era quasi sempre una maglia o dei vecchi jeans di Abby a coprirli.
Tornò a guardare la ragazza davanti a sé seduta sul letto e cercò le parole giuste che potessero fare sembrare normale e sano ciò che stesse per dire, ma si arrese scuotendo la testa perché sapeva che niente avrebbe potuto abbellire o camuffare le sue parole. "Isobel voleva capire le tue reali intenzioni verso l'organizzazione e per farlo voleva che io passassi del tempo insieme a te. Tua madre sa dei nostri.. trascorsi".
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con aria confusa, inclinando la testa mentre elaborava la sua frase detta tutta d'un fiato e guardava nei suoi occhi nocciola che parevano molto sinceri. 
Accennò un sorriso amaro e scosse appena la testa, abbassando lo sguardo ferito mentre si torturava le mani con le unghie. "Quindi cos'ero io per te? Una missione da portare a termine? Quando mi hai chiesto di pranzare insieme, dovevi solamente obbedire ad uno dei suoi stupidi ordini?".
Edward sospirò e le si avvicinò in silenzio, sedendosi al suo fianco sul letto mentre continuava a guardarla nonostante Abby evitasse il suo sguardo come se fosse un tizzone ardente che potesse bruciarle la pelle. "Sai che non è così, Abby: io volevo passare il tempo insieme a te, volevo sapere come stessi". 
Sollevò lo sguardo arrabbiato e deluso verso i suoi occhi, fulminandolo con lo sguardo e stringendo i pugni chiusi sulle cosce: credere che niente di ciò che fosse accaduto fra loro fosse stato spontaneo, le fece pensare che Dean avesse davvero ragione e dirle di stare lontana da Edward. 
Si alzò di scatto dal materasso e scosse la testa, muovendosi in maniera agitata sentendo il bambino muoversi dentro di lei in maniera irrequieta, ed Abby si dovette appoggiare alla parete davanti a sé per riuscire a rimanere in piedi mentre controllava il respiro. "Per favore, va' via".
"No che non me ne vado". Edward si alzò come una molla e le si avvicinò guardandola con aria seria e preoccupata, osservando il modo in cui Abby stesse respirando affannosamente. "So che tu sai qualcosa che a quanto pare a me sfugge sui Letterati. Devi dirmi cosa sta succedendo, ti prego".
"È complicato, Edward".
Scosse la testa quando il suo respiro tornò regolare e gli diede le spalle perché non voleva che l'uomo guardasse nei suoi occhi ed intuisse che gli nascondesse qualcosa di importante, e per qualche istante Abby si chiese se potesse davvero fidarsi di lui.
Ma sentiva lo sguardo penetrante di Edward che le scavava la schiena, come per farle capire che non avrebbe mollato presto la presa su di lei, così Abby scosse la testa e si voltò a guardarlo; la guardava con lo sguardo di chi non ammettesse repliche e di chi esigesse con aria perentoria di sapere la verità, così la ragazza sospirò rumorosamente ed iniziò a parlare. "Sono finita nei guai, Ed".
Per qualche istante, l'uomo davanti a sé rimase a guardarla con una maschera seria, che presto si sciolse in un'espressione preoccupata.
Le si avvicinò di più, facendo sì che Abby indietreggiasse per non lasciarlo avvicinare ancora a sé, perché non aveva ancora deciso se classificarlo come amico o nemico, nonostante quel solo pensiero suonasse altamente ridicolo per lei. "Se sei in pericolo Abby, devi dirmelo subito". Edward si fermò sul posto ed intrappolò i suoi occhi azzurri con i suoi nocciola, studiando la sua espressione per riuscire a carpire qualche informazione, ma Abby sembrava troppo impenetrabile quella sera. "Pensaci, rossa: passi tutto il giorno qui alla base. Solo io qui posso proteggerti da qualsiasi cosa ti minacci. Ma devi fidarti di me: ti fidi ancora?".
Abby osservò l'uomo davanti a sé accennare un sorriso sincero nella sua direzione, annuendo in modo convinto ed allungando una mano verso di lei in modo speranzoso; il fatto che Edward facesse parte dei Letterati prima ancora di lei, le faceva credere che gli inglesi avessero avuto tutto il tempo necessario per iniziare a creare dei dubbi nella sua mente per poi usarli contro di lui.
Ma più Abby guardava nei suoi occhi nocciola, più riconosceva solamente l'uomo con cui avesse passato alcuni dei mesi più intensi ed importanti della sua vita.

"Ma certo che mi fido di te".
Si affrettò ad afferrare la sua mano e lo tirò verso di sé, sollevando le braccia fino a stringerle attorno al suo collo mentre sentiva le mani dell'uomo avvolgerle la schiena e stringerla di slancio nello stesso modo in cui avesse stretto lei.
Affondò il viso nel suo petto e respirò dopo tanto tempo il suo odore mischiato a quello del sigaro che Edward adorasse, e si strinse più forte a lui.
Le era mancato ed era innegabile, e adesso Edward se ne stava rendendo conto.   
L'uomo sciolse l'abbraccio forse troppo presto solamente per scostarsi quanto servisse per guardare nei suoi occhi, accennando un sorriso amaro e sospirando; sollevò una mano per sistemarle un ciuffo dei suoi lunghi capelli ribelli dietro all'orecchio sinistro, ed Abby riuscì a leggere nei suoi occhi ed a percepire la sincerità. "Ha a che fare con ciò che sta succedendo ai cacciatori americani? Jimmy non torna alla base da ormai una settimana, così come altri miei amici che non rispondono al telefono. Sono preoccupato, specialmente per te".
Abby accennò un sorriso amaro e gli toccò la mano con cui ancora Edwards sfiorasse la guancia e continuò a guardarlo negli occhi, ma presto abbassò lo sguardo perché incapace di sostenere il suo. 
I suoi occhi nocciola erano carichi di sincera preoccupazione sulla sua incolumità. 
Edward avrebbe voluto proteggerla da qualsiasi cosa stesse accadendo, avrebbe dato la vita per lei, ed Abby questo riusciva a percepirlo.
Abby sentiva di non meritare ciò che Edward provasse per lei, sapeva che fosse sbagliato e che fosse ingiusto, eppure l'uomo sembrava non avere mai smesso di sentire per lei ciò che portava quando stavano ancora insieme. 
"Starò bene, promesso. Ma tu non dare troppo nell'occhio e non mancare agli ordini di Isobel: non voglio che ti succeda nulla". Abby fece spallucce e sospirò rumorosamente, accennando un sorriso debole e triste al pensiero che la sua stessa madre stesse cospirando contro di lei.
Poi la ragazza prese un lungo respiro ed abbassò lo sguardo, facendo un passo indietro e scuotendo la testata per mettere maggiore distanza fra di loro. "Dovresti andare, prima che si chiedano perché sei rimasto tanto nella mia stanza. Ma grazie per preoccuparti ancora per me, nonostante tutto".
Edward annuì e sorrise amaramente, mordendosi il labbro inferiore mentre la terribile volgia di non lasciarla da sola dirompeva nel suo petto, così come la sensazione che da lì a breve qualcosa di molto grave sarebbe accaduto.
Lasciò la presa sul suo viso delicato con molta fatica, sedato la voglia di abbracciarla un'altra volta e di respirare il suo odore ancora una volta. L'odore di violetta che Edward amasse tanto respirare sul suo collo.
Si allontanò lentamente e la superò con fatica, giungendo fino alla porta e lanciando un'ultima occhiata ad Abby che ricambiò quello sguardo scocciato nel doversi separare.
Stava quasi per uscire dalla stanza, quando la voce di Abby lo richiamò e Edward si voltò nuovamente nella sua direzione. 
"Non ti ho ringraziato per avermi riportato il mio taccuino: lì dentro annoto ogni risultato dei miei esperimenti, ogni mio risultato. C'era tutto il mio mondo, quindi grazie per avermelo riportato".
Edward sollevò le sopracciglia udendo quelle parole, sentendosi del tutto preso alla sprovvista: qualche giorno prima, si era introdotto nel laboratorio e aveva rimesso a posto il taccuino di Abby, lasciando sopra una nota scritta su di un pezzo di carta.
"Sei la solita sbadata.
-Ed
".
Edward fece spallucce e si morse il labbro, volgendo lo sguardo attorno a sé, sorridendo ampiamente e scuotendo la testa. "L'ho trovato nel parcheggio. Dev'esserti scivolato mentre passeggiavamo". 
Annuí sorridendo e accennò un sorriso sincero, ringraziandolo per averla informata e diventando sempre più convinta che Edward fosse davvero innocente e che fosse stato tratto in un tranello dagli inglesi.
Dopo che Edward uscì dalla stanza lasciandola sola, passò poco tempo prima che Abby si decidesse a muoversi velocemente nella direzione della porta ed a muoversi velocemente nel corridoio, colpendo involontariamente con una spallata almeno tre o quattro Letterati mentre si sforzava di arrivare velocemente nell'unica stanza dove avrebbe trovato una persona che avrebbe protetto lei ed il suo bambino. 
L'unica di cui si fidasse più di Edward, di Dan e certamente più della sua stessa madre. 
Bussò sonoramente alla porta richiamando la donna all'interno e sperando che vi fosse, ma quando non ricevette risposta iniziò a provare dentro di sé la paura che le fosse accaduto qualcosa e che fosse arrivata tardi; presto scassinò la serratura ed entrò all'interno della camera, chiudendosi la porta alle spalle. 
Non trovò nessuno all'interno della stanza e le sembrò tutto perfettamente in ordine a tal punto che iniziò a pensare che qualcuno fosse già passato di lì per ripulire qualsiasi cosa fosse successa; prese immediatamente il telefono e velocemente mandò un messaggio di SOS a Dean, mentre le mani le tremavano e dentro di sé si diffuse la grande consapevolezza di essere tremendamente in pericolo.
Sobbalzò quando la porta del bagno si spalancò sotto si suoi occhi e si portò una mano sul cuore, essendosi davvero spaventata perché Abby dava per scontato che la stanza fosse vuota senza aver controllato il bagno, ma si rasserenò e pensò di essersi preoccupata per nulla quando vide Mary uscire da lì con uno sguardo interrogativo. "Ciao tesoro, che ci fai qui?". 
Abby tirò un respiro di sollievo e senza pensarci due volte si avvicinò alla donna, stringendola in un forte abbraccio senza dire una parola ma sentendo dentro di sé la felicità per saperla sana e salva senza neanche un graffio; Mary le era sempre stata accanto da quando Abby avesse messo piede alla base degli inglesi, cercava di farla sentire a suo agio e fu felice di vederla lì insieme a lei e che avesse finalmente capito il motivo per cui Mary avesse preferito gli Uomini di Lettere alla sua stessa famiglia. 
Perché anche Abby lo aveva fatto per un bene più grande, per salvare il futuro dei suoi figli. 
Inoltre era l'unica persona alla base a sapere che lei e Dean aspettassero un altro bambino. 
"Stai bene, Abby? Ti vedo un po' scossa.." sussurrò Mary sciogliendo l'abbraccio e accennando un sorriso dolce, tenendole ancora le mani fra le sue e guardando nei suoi occhi azzurri per capire cosa ci fosse che non andasse. "Devi calmarti, altrimenti tuo figlio si agiterà con te".
"Ci sto provando, Mary" rispose la ragazza sospirando ed abbassando lo sguardo per un momento, sentendosi fin troppo vulnerabile e sola in quella base, desiderando di poter solamente tornare a casa. Prese un lungo respiro e tornò a guardare la donna, accennando un sorriso e facendo spallucce. "Sta succedendo qualcosa di strano: i cacciatori americani vengono uccisi uno dopo l'altro e Ketch mi guarda come come se io fossi la prossima nella sua lista da serial killer. Quell'uomo mi mette i brividi e avevo bisogno di sapere che almeno tu sei dalla mia parte e che mi guardo le spalle". 
Mary accennò un sorriso molto dolce guardandola con aria intenerita e le sfiorò il viso con un gesto materno che le scaldò il cuore, ed Abby per un istante immaginò che quello fosse proprio il modo in cui si dovesse comportare una madre nei confronti della figlia; la donna le portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio sinistro e cercò di tranquillizzarla. "Non preoccuparti Abby, nessuno ti farà del male. Ci sono io qui con te, ok?". 
La ragazza accennò un sorriso ed annuì con un sospiro, pensando che fosse davvero fortunata ad avere almeno Mary, Dan e Edward insieme a lei in quel covo di killer; fece scivolare lo sguardo per la stanza spartana per afferrare una sedia e riposare qualche istante, ma il suo sguardo incontrò presto dei vestiti sporchi di sangue che sporgevano da sotto il letto e sgranò appena gli occhi cercando di non farsi troppo notare. 
Ed in un secondo, tutto le fu chiaro. 
Non sapeva come né quando, ma Abby capí che gli inglesi avessero compromesso anche Mary; si irrigidí e lasciò la presa sulle sue mani, accennando un grosso sorriso fin troppo accentuato, facendo istintivamente un passo indietro. "Forse ho esagerato e qui non sta succedendo niente di strano; è meglio che io torni a lavoro, nel laboratorio. Ci vediamo più tardi, ok?". 
Non le diede il tempo di rispondere né di fermarla, ed Abby si voltò immediatamente senza guardarla più in volto, arrivando alla porta per scappare via da quella stanza, iniziando a pensare che avrebbe dovuto impiegare tutte le sue forze per uscire di lì da sola; uno sparò squarciò l'aria vicino al suo viso ed Abby cadde rovinosamente a terra sbattendo il fianco e la testa contro il pavimento.
A Mary non importò che avesse appena sparato alla ragazza di suo figlio e alla madre di sua nipote, né fece caso al pancione che avesse rivelato la felpa che Abby indossasse, aprendosi sul davanti in seguito alla caduta.
Mary avanzò verso di lei con ancora la pistola fra le mani e lo sguardo freddo e vuoto, così vuoto che Abby ebbe paura di cadervi dentro quando iniziò a sbattere le palpebre e si teneva forte la spalla sinistra che rpese a sanguinare. 
Abby era completamente terrorizzata, spaventata all'idea di perdere la vita e di conseguenza terminare anche quella di suo figlio non ancora nato, e istintivamente toccò con la mano sinistra il suo addome rotondo e la destra la mise fra lei e Mary, chiedendole di non ucciderla con le lacrime agli occhi. 
Ma Mary non rispose, né smise di guardarla con quell'aria seria e priva di emozioni, fin quando la colpí dritta in viso con il calcio della pistola, facendo cadere Abby in un sonno profondo. 



Sbatté le palpebre un paio di volte cercando di abituarsi all'ambiente fin troppo luminoso in cui si trovasse e cercò di ricordare come fosse finita lì e che cosa fosse accaduto, quando si rese conto di essere completamente legata ad una sedia da delle corde doppie che le intoepidissero le braccia e le gambe, ricordando immediatamente la maniera in cui Mary le avesse sparato alla spalla e come l'avesse poi colpita al volto. 
Si mosse agitata guardando la stanza bianca completamente vuota attorno a sé, con solamente un tavolino con le rotelle alla sua destra su cui fossero posizionati degli strumenti che le ricordasse quelli da tortura, e subito Abby sentí gli occhi pizzicare mentre tremava di paura per ciò che sarebbe potuto accadere al suo bambino, che però sentí muoversi leggermente dentro di sé come per rassicurla che stesse bene. 
La porta davanti a lei si spalancò ed Abby deglutí a fatica quando vide entrare Ketch insieme a Mary, notando come l'uomo sorridesse mentre la donna fosse molto seria, quasi priva di emozioni. 
"Brutto figlio di puttana, ti farò supplicare la morte se solo mi toccherai. Ti strapperò il cuore, mi hai sentito?!". 
Abby urlò con tutto l'odio che avesse in corpo, sentendosi completamente terrorizzata e cercando di ricacciare indietro le lacrime che volessero scivolare sulle sue guance, ma vide l'uomo ridere divertito e avvicinarsi a lei per guardarla con un sorriso vittorioso. 
"Non vogliamo farti del male, solo modificare una parte di te: sei una guerriera formidabile, perché ucciderti se possiamo usarti?" chiese Ketch sorridendo, mettendo le mani all'interno delle tasche del suo completo elegante e facendo spallucce. 
Abby sgranò gli occhi e lo guardò con aria incredula, non capendo completamente ciò che volesse lasciare intendere l'uomo davanti a lei e deglutí lentamente. "Usarmi? Ma che razza di psicopatico sei?! Che cosa vuoi da me?!". 
"Ti ricordi l'amichetta di tuo fratello, Lady Bevell? Arriverà a breve, lei sarà in grado di farti cambiare punto di vista cambiando una parte della tua psiche" rispose l'uomo accennando un sorriso, avvicinandosi per allungare una mano nella sua direzione e sfiorarle il viso con una carezza delicata. "Ovviamente le nostre cacciatrici non possono dare alla luce un bambino, quindi dovremmo occuparci anche di quello".
Abby sgranò gli occhi e si ritrasse immediatamente con quel contatto, sentendo due lacrime scivolarle lungo le guance e provò nuovamente a liberarsi dalle corde, finendo solamente per farsi del male; sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui, trovandolo compiaciuto e divertito come se si stesse godendo lo spettacolo, e la ragazza rabbrividí nuovamente quando incrociò il suo sguardo. "È quello che avete fatto a Mary? Avete modificato la sua prospettiva manipolandole la mente? Beh mi dispiace bastardo, ma con me non funzionerà!". 
Ketch scoppiò in una fragorosa risata, scuotendo la testa e voltandosi a guardare con aria divertita Mary che però non contagiò, ma rimase con sguardo freddo e vitreo; l'uomo fece spallucce e continuò a sorridere, per poi piegarsi appena sulla donna legata alla sedia e guardarla più da vicino. "Perché? Credi di essere abbastanza forte da opporti al processo? Non è così, piccola; tutti cedono prima o poi: ti arrenderai e finirà per piacerti essere una di noi"
Abby cercò di allontanarsi nonostante continuasse a guardarlo negli occhi per fargli capire che non avesse alcuna paura di lui, e avrebbe tanto voluto trovare il modo di liberarsi per colpirlo dritto in viso e aprirgli la gola in due, quando sentí la porta spalancarsi nuovamente; Ketch si mise nuovamente dritto dopo dei lunghi secondi in cui avesse guardato la donna davanti a sé con aria piuttosto seria e perentoria, e presto si voltò a guardare in direzione della soglia, sgomberando anche la visuale ad Abby. 
La donna entrò silenziosamente e si avvicinò ai due con aria molto seria dopo aver riservato un'occhiata di sufficienza alla ragazza legata, la quale scosse la testa e sollevò gli occhi al cielo sentendosi di nuovo completamente sola: anche Isobel era a conoscenza del piano di Ketch di bloccarla in quella stanza e di farle fare il lavaggio del cervello, perdendo di conseguenza il suo bambino. 
Sentí Isobel parlare come se nulla fosse con Ketch e con Mary, istruendo la donna su altri cacciatori americani che non si fossero piegati alla loro volontà e  che avrebbe dovuto uccidere, così come aveva fatto con la sua stessa famiglia il giorno precedente. 
Il cuore iniziò a battere sempre più velocemente nel petto della donna fino a che divenne l'unica cosa che riuscì a udire, ed Abby iniziò a sentire tutte le certezze dentro di sé sgretolarsi una dopo l'altra: il sangue che avesse visto sui vestiti di Mary sotto il letto non apparteneva a dei cacciatori qualsiasi, ma proprio a Sam e Dean. 
Sentí le lacrime rigarle il volto e udì Mary uscire dalla stanza mentre Isobel restò sola con Ketch, a parlare di come si sarebbe svolto il loro nuovo piano di assediamento sul territorio americano. 
"Mary li ha uccisi? Sam, Dean.. Mia figlia? Sono tutti morti?". 
La voce di Abby tremò e fu un tale sussurro che pensò che non l'avessero sentita, ma vide i due voltarsi verso di lei e sorriderle compiaciuti, ed in quel momento la donna capí che fosse davvero finita.
Avevano perso. 
Non era rimasto più nessuno da salvare. 
Ketch si avvicinò alla ragazza con aria vittoriosa, afferrandole il viso fra le mani per costringerla a guardarlo. "Si e sono morti soffrendo terribilmente mentre erano alla ricerca di ossigeno, dopo che io e Mary li  abbiamo chiusi dentro il bunker senza possibilità di uscita! Sono tutti morti e tu non hai più una famiglia".
Abby sentí altre lacrime rigarle il volto e il cuore spezzarsi dentro di lei, perché il dolore all'idea che la sua famiglia e che sua figlia fossero morti fu indescrivibile con qualsiasi parola; iniziò a tremare per il dolore e per la rabbia, ma non abbassò lo sguardo e rimase a fissarlo negli occhi con tutta la sua furia, sussurrando fra i denti: "Un giorno non troppo lontano, ti prometto che morirai per mano mia Ketch. E non sarà rapido, non sarà un taglio netto: sarà lungo e lento e la pagherai". 
Ketch rise di gusto come se si stesse trovando ad un party e quella fosse la miglior battuta che avesse sentito durante tutta la giornata. "Hai davvero una fantasia eccezionale, Abigail. Mi sarà utile quando dovremo lavorare fianco a fianco nelle cacc-..".
Uno sparo squarciò l'aria ed Abby sobbalzò incapace di poter unire le mani e proteggere il suo bambino, ma vide Ketch davanti a lei diventare immediatamente serio mentre la sua camicia si inzuppava di sangue a tal punto da fargli venire meno le forze, osservandolo cadere rovinosamente a terra del tutto incosciente. 
Le liberò la vista a tal punto che Abby riuscì a vedere la madre  proprio davanti a sé, con l'arma ancora fumante puntata contro l'uomo a terra e lo sguardo tremendamente dispiaciuto e addolorato, e vide Isobel scattare in avanti e rinfoderare la sua pistola nella guaina della cintura, per poi estrarre un coltellino svizzero dalla sua giacca ed iniziare a tagliare le corde che la tenessero bloccata. 
Fu tanta la sorpresa, che Abby non riuscì a dire nulla mentre la osservava liberarle le braccia e le gambe, limitandosi a guardarla senza parole con occhi sgranati.
"Dobbiamo andare, tesoro. Andiamo, ti porto fuori di qua".
La ragazza non disse più nulla e si chiese perché Isobel la stesse aiutando, perché avesse sparato a Ketch pur di salvarla, ma si lasciò condurre dalle mani della madre che l'afferrarono di peso, costringendola ad alzarsi ed uscire dalla stanza in cui fosse stata tenuta prigioniera. Forse si sarebbe salvata, forse avrebbe trovato un modo per far nascere il bambino dentro di sé, ma Abby non poteva sopportare di aver perso sua figlia e l'amore della sua vita; così si chiuse in sé e lasciò che sua madre la facesse passare attraverso un lungo corridoio che Abby non avesse mai percorso, fino ad arrivare ad una stanza con delle scale a muro, che davano l'accesso all'esterno. 
Isobel le ordinò di salire ed Abby si ritrovò a mettere i piedi in fila uno dopo l'altro, salendo le scale fino ad emergere in superficie trovandosi nel piazzare di un parcheggio buio, quando due paia di braccia diversi l'afferrarono facendola sobbalzare e quasi cadere, ma i due uomini la tirarono fuori da lì con forza. 
Abby incontrò lo sguardo di Dan e di Edward, e poi quello di Isobel alle sue spalle, e subito capí che gli unici alleati in quella base fossero sempre stati solamente loro tre, a parte Mary. 
Non resistette e si abbandonò contro le braccia di suo fratello appoggiando il mento sulla sua spalla mentre guardava Edward ed allungava una mano nella sua direzione, che l'uomo si apprestò a stringere con dolcezza mentre osservava le lacrime scendere dagli occhi di Abby mentre pensava a sua figlia ed a Sam e Dean. "Andrà tutto bene, sorellina". 
Dei passi dietro di sé la fecero trasalire ed Abby si affrettò ad asciugarsi le lacrime dagli occhi, sfiorandosi poi il ventre mentre sentiva il suo bambino muoversi irrequieto dentro di lei, non dovendosi più preoccupare di abbassare la felpa e nascondere la verità alle persone che aveva davanti. 
Dan rise di gusto e scosse la testa, osservando la pancia rotonda ma ancora contenuta della sorella e la sfiorò con le dita con dolcezza, mentre Edward si avvicinò silenziosamente con un sopracciglio sollevato, osservandola con aria confusa, quasi si fosse dimenticato come mettere in fila due parole per formulare una frase. "Quindi era questa la piega inaspettata che aveva preso la situazione, mmh?".
Abby guardò nei suoi occhi nocciola mentre ancora sentiva le lacrime intrappolate nelle sue lunghe ciglia ed annuí, mentre ancora stringeva la mano dell'omone davanti a sé con la sua.
Edward rimase serio per qualche istante ad osservarla con aria dubbiosa, sollevando un sopracciglio ed osservando il suo addome mentre faceva una stima approssimativa del mese di gravidanza in cui Abby si potesse trovare, ricordando di aver lasciato il bunker non meno di cinque mesi prima.
E quando vide Abby abbassare lo sguardo con aria colpevole e tirare indietro la mano, Edward sgranò gli occhi e scosse la testa mentre la guardava con aria incredula. "Abby, sei incinta..".
Edward lo ripeté come se stesse davvero prendendo atto di quell'informazione solamente in quel momento, sentendosi parecchio confuso e spaventato da quella notizia, ma presto la voce di Dan li distrasse, che tornò ad avvicinarsi a loro in modo molto veloce. "Dobbiamo andare: non è ancora finita ragazzi". 
Abby annuì con occhi lucidi sentendosi amareggiata per il modo in cui Edward la stesse letteralmente accusando con lo sguardo, e presto guardò la madre agitata ed intenta a guardarsi le spalle alla ricerca di qualche Uomo di Lettere che potesse averla seguita, e indicò con lo sguardo la macchina, facendo loro segno di andare. "Aspetta. Dove vuoi portarci?". 
"Abbiamo appena dichiarato guerra ai Letterati, sorellina. Dobbiamo andarcene alla svelta!" esclamò Dan sospirando, avvicinandosi verso la sua auto nera pronta alla fuga da quando sua madre gli avesse detto che Abby fosse stata catturata da Ketch e Mary, manipolata da Toni. "Dobbiamo organizzarci e star attenti ad evitare gli attacchi frontali finché non saremo pronti". 
Abby si lasciò condurre in silenzio da sua madre e da suo fratello, mentre sentiva Edward camminarle dietro mentre si affrettava a sostenerla, visibilmente provata per gli avvenimenti più recenti; una pioggia di proiettili giunse nella loro direzione e li investì completamente ed Abby venne tirata indietro appena in tempo da Edward, che le evitò almeno tre o quattro colpi casuali sparati unicamente con l'intenzione di uccidere i quattro fuggitivi.


Doveva essere a pezzi.
Chiunque al suo posto sarebbe stato a pezzi, affranta, paralizzata dal dolore che le attanagliava il cuore.
Aveva perso la sua intera famiglia e la sua bambina in un solo giorno.
Ketch aveva confessato di averli uccisi, prima che Isobel gli sparasse.
E se non fosse stato per il bambino che portasse in grembo, Abby avrebbe trovato sollievo nel trovare la morte.
Eppure Abby si trovava ancora in piedi, ancora a lottare nella pioggia di fuoco che si fosse estesa a tutto il parcheggio.
Gli Uomini di Lettere si stavano avvicinando sempre di più, nonostante Dan ed Isobel provassero a contrastare la loro potenza di fuoco.
Quando la prima ondata di proiettili era arrivata, il gruppo di quattro si era presto diviso: Edward aveva tirando indietro Abby per evitare che venisse colpita, e Isobel e Dan avevano continuato ad avanzare per mettersi in salvo.
Abby scambiò un'occhiata eloquente con Dan nonostante fosse lontano, nascosto insieme a sua madre dietro alla fiancata di un'auto, esattamente come fecero Abby e Edward.
Si voltò verso il ragazzone chinato alle sue spalle esattamente come lei ed Abby tornò ad essere la solita fredda cacciatrice scrupolosa e furiosa. 
Incrociò i suoi occhi nocciola e sospirò, allungando una mano aperta nella sua direzione. "Dammi la tua pistola".
Edward le rivolse un'occhiataccia e la scansò con forza, scuotendo la testa e sollevando un sopracciglio, mentre si sollevava quel tanto che bastasse per mettere sotto tiro due Letterati che si stessero avvicinando troppo e sparare due colpi veloci e centrali, uccidendoli sul colpo. "Maneggio armi da prima che tu imparassi a guidare, rossa. Non dimenticarlo".
Abby si ritrovò a sorridere della sua espressione fiera ed orgogliosa che faceva sfoggio della sua maggiore esperienza mentre lo guardava negli occhi nonostante la situazione difficile in cui si trovassero, ma divenne repentinamente seria quando udí un grugnito doloroso di Edward, che si sistemò contro fiancata dell'auto appoggiandovi la schiena. 
Sgranò gli occhi e si affrettò ad aprirgli la giacca velocemente, trovando la sua camicia del tutto zuppa di sangue ed Abby capí che quando Edward l'avesse salvata dalla pioggia di proiettili, li aveva in realtà presi al posto suo.
La donna sentì il cuore fermarsi per qualche istante per la forte paura, per poi tornare a battere più velocemente.
"No. Ho perso troppe persone oggi, non perderò anche te bartender".
Si tolse immediatamente la felpa che indossasse, iniziando a tamponare i due punti in cui le pallottole fossero entrate ma non fossero più uscite. Doveva innanzitutto fermare l'emorragia e portare Edward via da quel posto, per poterlo medicare e salvarlo.
"Abby: è il momento".
La voce di suo fratello la fece voltare nonostante il sangue di Edward stesse già imbrattando le sue mani ed Abby avrebbe solamente voluto avere più tempo, che però non sembrava essere dalla sua parte.
Guardò in viso Edward e vide come apparisse già più pallido e sudato, ma Abby accennò un sorriso convincente e gli prese la pistola dalle mani. "Ok bartender: ti porto via di qua".
"Quella è la mia pistola".
Edward cercò di opporsi quando Abby fece uno sforzo fisico fin troppo spinto, sollevandolo con forza da terra e costringendolo a passarle un braccio attorno al collo per appoggiarsi completamente a lei, ma Abby era testarda e cocciuta.
"Te la ridarò presto, non preoccuparti".
Aspettò che Dan mettesse in moto l'auto che avrebbe usato per scappare insieme a sua madre, distraendo i Letterati che spararono addosso alla vettura, ed Abby cercò il più possibile di correre mentre teneva saldamente Edward, il quale a sua volta si tamponava le due ferite senza emettere un fiato.
Riuscí a raggiungere il retro dove solitamente Abby parcheggiasse la sua auto, senza che nessun Letterato li notasse sgattaiolare via dal parcheggio principale.
Aprí lo sportello della sua auto ed Abby lo fece sedere con attenzione sul sedile del passeggero, per poi correre al posto del guidatore ed uscire sgommando da quel parcheggio.
Il suo cuore batteva così velocemente da farle paura, specialmente quando due Uomini di Lettere si accorsero della loro fuga ed iniziarono a sparare contro la Hyundai azzurra di Abby, la quale per tutta risposta gli puntò contro la pistola di Edward e sparò solamente due colpi, centrando perfettamente il loro petto ed uccidendoli prima che potessero dare l'allarme.
"Sei sempre così sexy quando uccidi i cattivi".  
Abby sgommò fuori dal parcheggio ed accelerò sempre di più, muovendosi a zig zag fra le macchine sulla strada per far si che chiunque li stesse seguendo, perdesse le loro tracce il prima possibile.
Accennò un sorriso dopo aver sentito le parole di Edward, che rise divertito e le fece l'occhiolino per complimentarsi della sua bravura ma presto tornò a gemere di dolore per le ferite che riportasse. 
Lo ignorò e gli intimò di continuare a pressare con la sua felpa, ma quando lo sentí lamentarsi ancora una volta, Abby guardò lo specchietto retrovisore mentre sfrecciava ad una velocità sostenuta, osservando le macchine alle sua spalle.
Nessuna sembrava familiare, nessuna sembrava appartenere agli inglesi che li volessero morti.
Così Abby decise di seguire il suo istinto: si accostò appena possibile e seguí le indicazioni per un motel ad ore che non fosse troppo lontano e quando finalmente lo raggiunse, Edward era già svenuto da un pezzo.
Tornò in sé quando Abby teneva già le chiavi di una stanza fra le dita e lo fece scendere dall'auto, trovandolo completamente senza forze.
Abby gli permise di aggrapparsi completamente a sé, sollevandolo con forza e muovendosi fino alla camera al piano terra da lei scelta.
Il suo respiro era lento ed irregolare, sentiva le forze venire sempre meno mentre riusciva a percepire le pallottole muoversi dentro di lui ed affondare sempre più in profondità ad ogni movimento.
Abby lo fece sdraiare sul materasso della stanza con decisamente troppa poco grazia, ma a giudicare dal suo fiatone e dal modo in cui si toccasse l'addome doveva essersi affaticata parecchio nel portarlo fino a lì. 
"Devi guardarmi e restare sveglio, Edward. Puoi farlo per me, bartender?".
Edward voleva chiudere gli occhi così disperatamente, voleva dormire e riposare, non era importante se si trattasse del riposo eterno.
Si sentiva così stanco ed affaticato come si fosse sentito solamente altre due o tre volte nella sua vita nelle quali aveva rischiato la vita come in quel momento.
Ma Abby gli stava chiedendo di rimanere sveglio per lei e Edward non poteva deluderla di nuovo.
Si sforzò di tenere gli occhi aperti nonostante non avesse più alcuna energia e notò il modo in cui Abby si era sistemata i capelli in una crocchia improvvisata e come tenesse vicino a sé la valigetta del pronto soccorso che probabilmente avesse recuperato dal bagno della camera. "Tornerei anche dal regno dei morti se a chiedermelo fossi tu, rossa". 
Abby non si lasciò distrarre dalle sue parole nonostante le avesse udite perfettamente, e gli sbottonò velocemente la camicia zuppa di sangue.
Osservò le due ferite sul suo torace e prese a disinfettare i bordi di quella al fianco destro, utilizzando a tradimento delle pinzette per recuperare la pallottola dalla ferita, avendola già intravista dall'esterno.
Edward contrasse i muscoli e le afferrò le mani per scansarle vie, gemendo di dolore e guardandola in cagnesco, ma almeno Abby sorrise soddisfatta perché lo aveva visto tornare ad acquistare un po' più di coscienza. "Sei un dannato macellaio: i soldati in guerra preferirebbero essere lasciati a morire, piuttosto che essere salvati da te!".
Abby si lasciò andare ad una risata di cuore mentre lo guardava e sentiva il cuore battere di felicità, perché mentre fermava l'emorragia e chiudeva quella ferita vedeva come il suo viso stesse lentamente iniziando ad essere più roseo. "Beh, se tu sai fare di meglio puoi estrarre la seconda pallottola da solo, soldato". 
Edward sospirò rumorosamente quasi fosse un ringhio di una bestia rabbiosa ed Abby fece spallucce, avvicinandosi alla sua spalla per osservare la seconda ferita.
La pallottola non era facilmente visibile dall'esterno, segno che fosse scivolata in profondità ed Abby prese un lungo respiro perché non aveva la minima voglia di farlo soffrire più del dovuto.
Stava per inserire le pinzette all'interno della ferita, quando Edward sollevò una mano nella sua direzione e le scostò una ciocca sfuggita alla sua crocchia e le sfiorò una guancia mentre la guardava. 
Abby lasciò scivolare i suoi occhi su quelli dell'omone disteso a letto che fossero ormai più vigili e presenti, e sospirò lentamente. 
Per qualche istante rimasero a guardarsi come se il tempo non fosse mai passato e come se non fossero ancora in pericolo, quando Edward interruppe quel contatto visivo e scivolò ad osservare l'ormai esposto addome tondo di Abby, fasciato unicamente da una maglietta sottile di cotone.
Lo osservò per degli istanti lunghissimi senza neanche azzardarsi a pensare di poter allungare una mano e sfiorarlo ed Abby si chiese dietro quale pensiero si fosse perso Edward e perché ci mettesse così tanto a dire qualcosa, quando poi sollevò finalmente lo sguardo ferito verso il suo e fece un'unica domanda.
"A che mese sei?".
Abby prese un lungo sospiro e chiuse gli occhi mentre sentiva le lacrime fare capolinea pronte ad essere riversate sulle sue guance, ma le cacciò indietro e scosse la testa e tornò a guardarlo con occhi estremamente lucidi. "Cinque mesi e.. tre settimane".
Sentiva il cuore battere forte nel petto mentre guardava nei suoi occhi nocciola così delusi e feriti, mentre lo osservava rendersi conto che quel periodo di tempo coincidesse perfettamente con il periodo in cui ancora Abby vivesse al bar insieme a lui.
Adesso lo sapeva anche Edward, come lo sapeva Abby e lo aveva saputo anche Dean.
Dean
Abby provò quasi un senso di mancamento quando si rese conto di aver indirettamente infranto la promessa che gli avesse fatto, quando l'aveva pregata di fare si che mai nessuno gli portasse via quel bambino.
Ma Dean era morto, lo aveva ucciso Ketch.
Era rimasto intrappolato nel bunker ed Abby sapeva che non ci sarebbe stato modo di aiutare Dean, la piccola Mary ed il resto della sua famiglia, perché era ormai troppo tardi.
Abbassò lo sguardo mentre le lacrime scivolarono sulle sue guance, cercando di scacciare il pensiero che la sua famiglia non ci fosse più perché altrimenti sarebbe crollata e non poteva permetterselo in un momento come quello; ci stava provando a non sentire tutto quel dolore perché sapeva che avrebbe fatto male al suo bambino. 
Ma come poteva sopravvivere ad un dolore così immenso?
"Dean sarà così felice di diventare di nuovo padre".
Abby tornò a respirare solamente in quell'istante quando udí la voce di Edward e fu lieta di concentrarsi su qualcos'altro.
Sollevò lo sguardo colpevole verso di lui e si asciugò le lacrime, scuotendo la testa. "Non ha più importanza: Dean è morto ieri notte".
"Per quanto l'idea mi alletti, sono abbastanza sicuro che non sia morto" rispose Edward con tono confuso tirandosi su sul letto fino ad appoggiare le spalle alla testiera, aggrottando le sopracciglia mentre la guardava negli occhi ed osservava la sua espressione cambiare. "Dan ha parlato al telefono con lui prima che Isobel venisse a liberarti: Dean, Sam la loro madre e la piccola Mary. Si stanno tutti riorganizzando contro i Letterati a casa di un poliziotto, Jody Mills".
Abby si portò le mani alla bocca per la sorpresa e nuove lacrime sfuggirono al suo controllo, questa volta di gioia, e la ragazza si trovò ad allungare le braccia verso Edward per affondare il viso sul suo collo, ed il ragazzo si protese verso di lei per stringerla a sé imbrattandole la  maglietta e la pelle del suo sangue.
Il suo cuore esplodeva di felicità a quella notizia ed Abby si lasciò stringere da Edward, che fu lieto di sentirla finalmente meno tesa e più serena nonostante non fossero ancora sfuggiti al pericolo.
Forse si mosse troppo bruscamente ed Abby lo sentí gemere di dolore ancora una volta, così si scostò da Edward troppo presto e gli regalò uno di quei sorrisi che gli facevano battere il cuore più forte. "Devo estrarre l'ultima pallottola".
Edward guardò nei suoi occhi azzurri e accennò un sorriso, continuando a stringere forte le sue mani con fermezza. "Si, devi decisamente farlo prima che muoia dissanguato".
Abby annuí in silenzio e lo allontanò appena, spingendolo contro la testiera ed avvicinandosi di più a lui con le pinzette, pronta ad estrarre la seconda pallottola mentre Edward si preparava ai modi maldestri e poco pratici di Abby.
Trattenne il dolore chiudendo velocemente la bocca per evitare che qualsiasi suono potesse uscire dalle sue labbra perché anche se la ferita gli faceva male, non era nulla di paragonabile a ciò che provasse quando leggeva il senso di colpa nei suoi occhi dopo aver fatto un movimento sbagliato con le pinze ed aver visto il dolore sul suo viso; continuò a sentirla mentre si muoveva dentro la sua ferita e la voce di Abby giunse alle sue orecchie in modo ovattato.
Le orecchie gli fischiavano, vedeva tutto sfocato e sentiva le forze azzerarsi molto velocemente e Edward raccolse le ultime energie che avesse per guardare Abby e sorriderle, dicendole qualcosa di cui la ragazza fosse già a conoscenza ma che le impedì di continuare il suo lavoro di estrazione della pallottola, per poi vedere tutto nero e perdere definitivamente conoscenza.


Aprí gli occhi sentendosi parecchio stanco, aveva una maledetta emicrania che lo stava facendo impazzire e riusciva persino a sentire il suo battere più velocemente nel petto.
Quando si guardò attorno e osservò la stanza del motel in cui si trovasse, Edward si chiese persino come diavolo ci fosse arrivato lì e cosa fosse successo; si mosse e fece per scostare le coperte trovandosi a torso nudo, vestito unicamente dalle fasciature abbastanza strette attorno alle due ferite che riportasse ed immediatamente Edward ricordò la sparatoria e la pioggia di proiettili da parte dei Letterati inglesi.
Ricordò il modo in cui avesse tirato a sé Abby per stringerla, facendole da scudo umano per prendere le pallottole al posto suo.
Quando si sentí tirare dal braccio, Edward notò la flebo che fosse collegata alle sue vene attraverso un ago e sollevò le sopracciglia chiedendosi come avesse fatto Abby a procurarsi quella roba, quando con sua grande sorpresa trovò due sacche di sangue ormai vuote ed accartocciate insieme a tante garze sporche gettate all'interno del cestino della stanza.
Notò le pallottole sul comodino conservate probabilmente come souvenir di tutta quella faccenda, ed Edward sorrise divertito.
Fece vagare ancora il suo sguardo per la stanza quando finalmente la vide: Abby se ne stava seduta sul davanzale con lo sguardo stanco rivolto fuori dalla finestra, mentre si perdeva dietro a chissà quale pensiero che le aggrovigliasse il cervello.
Non riusciva a vederla in faccia, ma Edward era sicuro che Abby fosse ancora molto preoccupata e tesa, e si chiese se tutte quelle forti emozioni le facessero bene data la sua condizione delicata.
"Rossa".
La richiamò con un sussurro, che giunse alle orecchie di Abby facendola quasi sobbalzare, per poi osservarla voltarsi verso di lui con l'espressione più felice di sempre a cui Edward non riuscì a non rispondere, se non con lo stesso sorriso.
"Sei sveglio! Come ti senti?".
Edward si tirò su a sedersi sul materasso e ci pensò su qualche istante, muovendo la spalla e sentendola essere già molto migliorata dall'ultima volta che fosse stato cosciente. "Davvero bene per essere quasi morto".
Le sorrise e presto lasciò scivolare lo sguardo sul tavolo accanto ad Abby, osservando delle grosse fiale di un probabile antibiotico e delle siringhe già utilizzate abbandonate sulla superficie della scrivania. 
Aggrottò le sopracciglia e si schiarí la gola, guardandola con aria sorpresa mista all'ironia. "Hai.."
Abby lo interruppe con una risata nervosa, avanzando lentamente ed incrociando le mani sotto al suo grembo. ".. rubato del sangue ed i farmaci per evitare che morissi? Certo che l'ho fatto!".
L'uomo sorrise divertito mentre la guardava, scuotendo la testa e rimanendo incredulo per ciò che avesse fatto per lui.
Aveva fatto molto di più del ricucirgli le ferite.
Gli aveva salvato la vita. 
"Mi hai fatto una trasfusione, rossa".
"Due, a dire il vero" lo corresse Abby sciogliendo la sua espressione seria in un sorriso, avanzando di qualche altro passo e facendo spallucce. "Volevo essere sicura che rimanessi vivo, tutto qui".
Edward sorrise del suo modo nervoso di parlare e di muoversi, e notò che Abby si fosse cambiata e che non portasse più i vestiti sporchi di sangue della sera precedente. 
Adesso la donna davanti a lui indossava dei jeans neri ed un pullover bianco che metteva in risalto il suo addome rotondo, e Edward ricordò la confessione di Abby della notte precedente mentre cercava di farlo sopravvivere.
E mentre guardava il pancione di Abby non ancora del tutto cresciuto, il sorriso di Edward scemò fino al punto di diventare serio. "Perché sei rimasta qui?".
"Qualcuno doveva assicurarsi che non morissi". 
Abby fece spallucce e rispose con una semplicità disarmante, sollevando lo sguardo dalle sue mani che si torturasse sotto il grembo fino ad incrociare i suoi occhi seri.
Edward non disse più neanche una parola mentre la guardava, sforzandosi di non accusarla con lo sguardo di averlo tenuto all'oscuro di ciò che le stesse accadendo, ed Abby scosse la testa e preferí rimanere in silenzio perché non avrebbe saputo da dove iniziare a parlargli.
Se ne stava in piedi a pochi passi dal letto su cui Edward fosse seduto, e ripensare alla telefonata di qualche ora prima con Dean le diede la forza per affrontare quel momento.
Abby era stata così dannatamente felice di poter parlare con Dean, sentire la sua voce e quella di Mary, sapere che stessero bene così come Sam, Dan ed Isobel.
Aveva sentito la piccola Mary dirle per telefono che avesse fatto la conoscenza della nonna Isobel, ed Abby fu lieta che ciò fosse finalmente accaduto.
In fondo Isobel si era messa contro un'intera organizzazione quando aveva saputo che Ketch avesse preso Abby.
Aveva messo insieme un piano che prevedesse la presenza solamente di Dan e di Edward, ed era corsa a salvare sua figlia ignorando gli avvisi del suo Capo, che le aveva promesso delle severe conseguenze.
"Quando ci raggiungi, mamma?".
Abby aveva sentita la piccola Mary parlare con impazienza al telefono perché aveva bisogno di lei così come anche Abby ne avesse di sua figlia; inoltre Abby sapeva che ci fosse ancora una situazione parecchio tesa dato il modo in cui gli Uomini di Lettere inglesi avessero fatto il lavaggio del cervello a Mary Winchester.   
Sam stava capitanando l'incursione all'interno della base dopo aver radunato più cacciatori americani possibili, a cui Dean non avrebbe potuto partecipare a causa della ferita al ginocchio che si era fatto per riuscire ad aprire un varco nelle spesse pareti del bunker e salvare tutti, compresa sua figlia.
Eppure Abby aveva sospirato perché sapeva che avrebbe potuto aiutare unicamente fornendo un po' di supporto morale, ma si era voltata ad osservare Edward incosciente a letto e aveva deciso che piuttosto che esporlo ad un ulteriore viaggio pericolo, sarebbe rimasta con lui per aiutarlo a riprendersi per tutto il tempo necessario.
"Presto, amore mio. Ma adesso passami papà". 
Aveva sentito Mary bonfonchiare uno strano saluto prima di passare il telefono al padre che fosse proprio lì vicino, e Dean se l'era portato all'orecchio mentre se ne stava seduto su una poltrona ed osservava Jody distrarre la piccola Mary con un vecchio libro che suo figlio amasse leggere. "Rimarrai ancora lì, non è vero?".
Abby aveva sospirato con le lacrime agli occhi e aveva scosso la testa, perché non riusciva a comprendere come fosse finita in una situazione come quella. "Solamente finché Edward non si riprenderà, promesso".
"Certo..".
"È in questa situazione per colpa mia, Dean: ha salvato me ed il bambino".
Udí Dean sospirare dalla parte opposta del telefono, mentre il suo cuore batteva così forte nel petto e sentiva gli occhi farsi lucidi. "Lo so, lo so. Ma torna presto da me, ragazzina. Intesi?".
"Non vedo l'ora, Dean".

Sbatté le palpebre un paio di volte e tornò al presente, prendendo un lungo respiro mentre ancora Edward la guardava in modo accusatorio.
Raccolse il suo coraggio e si avvicinò lentamente al suo letto sedendosi sul bordo perché le gambe iniziavano a farle male, e controllò chea flebo funzionasse ancora e che continuasse a far scivolare la fisiologica nelle sue vene.
Quando tornò a guardare nei suoi occhi nocciola, Abby sospirò rumorosamente e fece spallucce. "Perché te ne sei andato quella sera dal bunker?".
Edward rimase per qualche istante ad osservarla rimanendo in silenzio, perfettamente immobile quasi fosse una statua.
Il rimorso, il rammarico, il dispiacere tornarono prepotenti dentro di lui mentre aveva la certezza che andando via quella sera avesse rovinato l'unica cosa bella che avesse avuto nella sua vita. 
Distolse lo sguardo perché era incapace di guardare nei suoi occhi e leggere la sofferenza che lui stesso le avesse procurato con le sue azioni, e guardò dritto davanti a sé tornando ad appoggiare la schiena alla testata del letto.
Edward sapeva di averla ferita andando via, perché Abby si era totalmente aperta con lui e gli aveva permesso di vedere attraverso i fantasmi della sua anima più di quanto avesse mai fatto con chiunque altro. 
E lui se n'era andato, nonostante ciò.
"L'autosabotaggio fa parte del PTSD: è quello che mi ha detto il terapista del gruppo di sostegno per veterani".
Abby sollevò le sopracciglia e lo guardò con aria sorpresa, accennando un sorriso contento ed annuendo. "Quindi ci sei andato, alla fine".
Edward volse lo sguardo per incrociare i suoi occhi fieri per qualche istante ed accennò un piccolo sorriso amaro, annuendo . "Eri stata molto insistente, così mi sono detto perché no?"
Abby annuí e strinse le labbra in una smorfia, voleva sorridere perché era felice che finalmente Edward l'avesse ascoltata e si stesse prendendo cura di sé stesso affrontando i suoi traumi della guerra, eppure le faceva male che non lo avesse fatto prima.
Approfittò del fatto che Edward la stesse di nuovo guardando negli occhi e che non accennasse a distogliere lo sguardo dal suo.
Sentí gli occhi pizzicare ed in un attimo fu Abby ad abbassare il proprio, posandolo sulle mani che si stesse torturando con nervosismo. 
"Mi hai fatto male, Ed".
"Lo so".
"Mi hai spezzato il cuore quando te ne sei andato".
"E non mi perdonerò mai per questo".
Sollevò lo sguardo verso di lui, trovandolo tremendamente sincero e con gli occhi gonfi di chi stesse trattenendo il pianto.
Avrebbe voluto stringergli una mano, sfiorargli il viso.
Dirgli che tutto sarebbe andato bene.
Ma nessuno lo aveva fatto con lei, quando era Abby stessa a soffrire in quel modo.
Scosse la testa perché era arrabbiata e si alzò per nascondere le lacrime che fossero scese sul suo viso.
"Non sono tornata da Dean perché te ne sei andato, se te lo stessi chiedendo".
Strinse i pugni sopra il lenzuolo udendo quelle parole, osservando la ragazza muoversi nuovamente fino alla finestra per tornare a guardare fuori mentre parlava con voce incrinata da ciò che stesse provando.
"E allora perché sei tornata da lui?".
"Perché lo amo e non posso immaginare la mia vita senza di lui". Si voltò a pronunciare quelle parole per guardarlo dritto negli occhi, e Edward ebbe la sensazione che lo stesse facendo per convincere più se stessa che lui. 
Abby accennò un sorriso sincero, facendo spallucce e sfiorandosi appena il ventre con dolcezza mentre spostava lo sguardo su Edward. "Poi è arrivato questo bambino e ho desiderato così tanto di non rivederti mai più, perché sono ancora così dannatamente arrabbiata con te per essertene andato e ti odio per averlo fatto proprio quando ero così innamorata di te".
Edward abbassò lo sguardo incapace di sostenere il suo così furioso e ferito mentre dentro provava il rimorso più grande della sua vita, e la intravide voltarsi verso nuovamente verso la finestra per osservare il sole diventare sempre più alto nel cielo. "Non avrei dovuto lasciarti, quella notte. Sarebbe andato tutto diversamente se fossimo rimasti insieme, rossa".
Si voltò per guardare Edward negli occhi, ma l'uomo non la guardava più; teneva gli occhi fissi sul suo grembo tondo a pensare a chissà cosa.
La stanza le sembrò rimpicciolirsi sempre di più e la ragazza ebbe la sensazione di sentire l'aria mancare dai suoi polmoni.
"Devi riposare, torna a dormire un altro po' ".
Senza rendersene conto Abby si era già avvicinata al piccolo tavolo ed aveva indossato la sua giacca di pelle nera, lasciando scivolare i lunghi capelli all'esterno.
"Dove stai andando?".
Abby scosse la testa e rimase con la mano a mezz'aria per qualche istante, sentendo Edward tornare a sedersi sul letto e fare per scendere, mentre parlava con un tono imperativo.
Se non gli avesse dato un motivo convincente, Abby era sicura che Edward l'avrebbe seguita nonostante non si sentisse ancora bene.
Non poteva di certo dirgli la verità, cioè che stargli vicino le faceva ancora male.
Specialmente perché credeva che Edward fosse arrabbiato con lei per aver tenuto un bambino che lui non voleva senza neanche renderlo partecipe ed Abby credeva di aver letto il sollievo negli occhi nocciola di Edward quando aveva capito che Dean si fosse offerto di crescere quel bambino al posto suo.
Se solo Abby glielo avesse chiesto, Edward avrebbe smentito questi suoi due pensieri.
Ma Abby non chiese spiegazioni, perché avrebbero solamente complicato la situazione ancora di più.
Così si sforzò di accennare un sorriso, facendo spallucce. "Sono le otto del mattino, bartender. Ho bisogno del mio dannato caffè e di mangiare qualcosa. E anche tu ne hai bisogno, se vogliamo andarcene presto da questo dannato motel". 


"Mammaaa!". 
Una voce fin troppo familiare e che pensava di non aver più la possibilità di sentire giunse alle sue orecchie all'interno della casa deserta di Jody facendole esplodere il cuore di felicità, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.  
Istintivamente Abby si piegò sulle ginocchia per afferrare fra le braccia la piccola Mary che le corse incontro ridendo e la sollevò stringendola al suo petto, mentre respirava l'odore di sua figlia e sentiva gli occhi diventare sempre più lucidi.
Sentí le esili braccia di Mary circondarle il collo e Abby la strinse più forte, baciandole la testa mentre sentiva la paura di averla persa per sempre scivolare via da lei, abbandonandosi ad un senso di felicità. 
"Ragazzina..".
La donna si voltò istintivamente verso quella voce ed incrociò lo sguardo di Dean, osservando il modo in cui faticasse a stare in piedi e come fosse ferito ad una gamba tanto da doversi reggere alla parete del salotto; Abby si mosse verso di lui senza neanche dire una parola e portò con sé anche la loro bambina, stringendo anche lui in un grosso e unico abbraccio, affondando il viso sul suo petto e mentre sentiva le braccia di Dean cingerle le spalle ed abbracciare Abby e la piccola Mary. 
Entrambi avevano provato la stessa paura e lo stesso dolore all'idea di essersi persi, ma adesso che erano di nuovo insieme tutto scomparve.
La paura, la sofferenza, l'incertezza.
Abby sollevò lo sguardo fino ad incrociare quello di Dean, che le sfiorò il viso e le sorrise chinandosi su di lei per annullare la distanza fra di loro con un bacio lento e profondo, avvicinandola di più a sé e stringendola forte contro il suo petto mentre faceva scivolare una mano sul suo ventre per salutare anche il piccolo che crescesse dentro di lei. 
Le afferrò il viso fra le mani e si distaccò appena dal suo volto, sentendo Mary, che ancora stesse stretta al collo di Abby, parlottare per ottenere la loro attenzione; Dean si sforzò di sorriderle e di sminuire quanto avesse avuto paura di morire insieme a suo fratello e sua figlia nel bunker, di quanto fosse terrorizzato all'idea che la piccola Mary non rivedesse più la luce del sole e non respirasse più. 
Ed Abby nascose dietro alle sue ciglia ancora bagnate ciò che avesse pensato quando Ketch la tenesse in ostaggio e avesse minacciato di farle perdere il bambino, di trasformarla in un automa da comandare come..
"Tua madre! Come sta tua madre?!".
Dean sospirò e fece spallucce, scuotendo la testa guardandola con aria dubbiosa, perché neanche lui sapeva come stesse davvero. "Dan l'ha portata via insieme a Toni: sono tornati al bunker e probabilmente riusciranno a farla tornare Mary Winchester ancora una volta".
Abby annuí in silenzio guardandolo con aria dispiaciuta, ma Dean si affrettò ad accennare un sorriso amaro come a nascondere il male che le avesse fatto vedere sua madre manipolata in quel modo dagli Uomini di Lettere.
Stava per dire quanto le dispiacesse e voleva davvero aiutarlo a superare tutto, quando Mary prese ad agitarsi fra le braccia della madre fino a farsi mettere giù, e presto la bambina corse verso la porta d'ingresso che si fosse appena aperta lasciando svolazzare il suo vestitino rosa cipria.
"Zio Eddie!".
Mary corse verso Edward con un grosso sorriso urlando il suo nome in modo felice, non avendo mai dimenticato il tempo che avessero passato insieme ed il modo in cui l'uomo la facesse divertire; non avrebbe mai dimenticato i loro balli sfrenati sulle note delle canzoni dei cartoni preferiti di Mary, le loro finte lotte sui letti prima di dormire o le favole lunghissime e ricchissime di particolari che Edward amasse raccontarle prima di vederla sprofondare nel sonno profondo. 
E Edward non avrebbe mai dimenticato tutto il tempo passato insieme alla bambina che gli avesse scaldato il cuore, insegnandogli ad amare e gli aveva fatto il regalo più bello di tutti: aveva fatto si che Edward capisse quanto in realtà amasse la paternità, facendogli desiderare più di ogni altra cosa di avere un figlio.
Ed a giudicare dal pancione di Abby, la vita sembrava aver accontentato quel desiderio di Edward. 
Eppure sapeva che non sarebbe mai stato l'uomo che quel bambino avrebbe chiamato papà.
Si piegò sulle ginocchia ed allargò le braccia per afferrare la piccola e sollevarla in alto facendola ridere di gusto, udendo Mary dirgli che le fosse molto mancato. 
Il dolore alla spalla ed al torace sparirono immediatamente nell'udire quelle parole, specialmente quando Mary fece passare le sue esili braccia attorno al suo collo e lo abbracciò stretto.
"Mi sei mancata anche tu, pulce".
Edward le diede un grosso bacio sulla tempia, pensando che fosse impossibile non volere bene ad una bambina dolce come lei.
"Adesso non andrai più via, non è vero zio Eddie? Voglio stare sempre insieme a te, per me sei lo zio preferito!".
Sentì lo stomaco rigirarsi ed il cuore sciogliersi e battere più veloce a quelle parole, guardandola con una dolcezza infinita mentre le sfiorava la testolina e le rimetteva a posto i capelli biondi che le arrivassero alle spalle e guardava dentro gli occhi verdi del tutto uguali a quelli di Dean. 
Abby sospirò lentamente e lasciò le mani di Dean dopo avergli lanciato uno sguardo sereno, avvicinandosi poi a Edward con un sorriso amaro sul volto.
Sfiorò la testa di Mary e le sorrise, sollevandosi per baciare la guancia alla piccola che avesse appena ritrovato. "Lascia stare Edward, amore. Si sta riprendendo da una brutta ferita, ha bisogno di riposare".
Mary guardò negli occhi azzurri della madre ed aggrottò le sopracciglia, perché l'omone che ancora la tenesse in braccio non le sembrava ferito, così iniziò a scostare i suoi vestiti fino a scorgere la fasciatura sulla sua spalla e sgranò gli occhi, guardandolo con aria dispiaciuta. "Quindi non puoi stare un altro po' con me, zio?".
Abby sospirò e deglutí a fatica perché Mary aveva messo su lo sguardo da cucciolo tipico di Sam, ma Edward prese il suo posto e rispose prima che Abby potesse dire qualcosa. "La prossima volta staremo insieme tutto il tempo che vorrai, te lo prometto piccola".
Mary parve convincersi e lasciò che Edward la mettesse di nuovo a terra dopo che le avesse dato un bacio sulla guancia e l'avesse tenuta stretta a sé con amore per qualche istante in più, ma Abby era in grado di dire che Edward avesse appena mentito alla piccola per non farla soffrire.
Mary raggiunse il fianco di suo padre e allungò una mano verso Isobel, apparsa da poco vicino a Dean per aiutarlo nel raggiungere la poltrona date le condizioni del suo ginocchio.
Abby sorrise alla madre, che le fece un cenno sereno ed annuí, distraendo Mary e coinvolgendo anche Dean per darle il tempo necessario per dire addio a Edward.
Quando si voltò ed incrociò nuovamente i suoi occhi nocciola, Abby sospirò in silenzio: c'erano almeno un milione di cose che avrebbe voluto dire, dubbi da chiarire e questioni da risolvere.
Ma Abby era ancora arrabbiata e questo Edward lo sapeva.
Se n'era accorto soprattutto quando durante il viaggio di ritorno, la ragazza non aveva detto neanche una parola: dopo averla vista rientrare con la colazione nella stanza del motel che avesse affittato per curarlo e dopo aver mangiato insieme a lei, Edward aveva scorto nei suoi occhi quanta rabbia vi fosse nei suoi occhi e come lo guardasse ancora con aria accusatoria.
Probabilmente perché Abby aveva ingenuamente creduto di poter essere ferita da qualsiasi persona sulla terra, ma mai da Edward. 
Quando era rientrata nella stanza del motel, Abby aveva persino stentato a riconoscerla per come l'avesse trovata in perfetto ordine: Edward si era affrettato ad eliminare le sacche vuote, le flebo, gli aghi e le garze sporche.
Aveva rifatto il letto e piegato persino i vestiti di Abby ancora inzuppati del suo sangue.
Si era fatto una doccia, aveva cambiato le fasciature ed aveva indossato i vestiti puliti che Abby aveva preso per lui mentre ancora Edward fosse incosciente e stesse recuperando le forze.
E fece tutte queste pulizie in meno di quindici minuti, il tempo che Abby si fosse assentata per comprare la colazione.
"Hai bisogno di riposo. Ed anche il bambino" le aveva detto mentre indossava la sua giacca di pelle e le prendeva le chiavi della Hyundai dalle mani, meritandosi un'occhiataccia da parte di Abby che però decise di ignorare.
Ma Abby non aveva fatto altre obiezioni e si era avviata verso la macchina, aspettandolo in auto e trascorrendo tutto il viaggio verso casa di Jody Mills con gli occhi chiusi, fingendo di dormire.
Erano rimasti in silenzio, nessuno aveva osato proferire più parola.
Ed anche adesso che fossero in piedi uno davanti all'altra nel salotto vuoto di Jody, nessuno dei due disse una parola.
E dato che non riusciva a parlare e che il suo cuore stesse battendo forte, Abby si sollevò sulle punte e lo strinse in un abbraccio che Edward non si aspettava, tanto da rimanere sorpreso.
L'uomo ricambiò subito la sua stretta, avvicinandola a sé ed immergendo il viso nel suo collo per riuscire a respirare ancora una volta il profumo di violetta che tanto gli fosse mancato.
Entrambi sciolsero quell'abbraccio troppo presto rispetto al solito e presto si guardarono negli occhi; Abby gli strinse appena le mani come per trattenerlo e gli sorrise debolmente. "Non sparire, bartender".
Edward ricambiò il sorriso ed annuí mentre la guardava per l'ultima volta, facendo spallucce e sospirando. "Non lo farò, rossa".
Lo vide mettere maggiore distanza fra di loro fino a quando perse la presa sulle mani della ragazza e rivolse lo sguardo verso Dean, Mary ed Isobel per salutarli con un cenno della mano, prima di voltarsi verso la porta ed andare via chiudendosi la porta alle spalle.
Ed in quel momento Abby sentí un lungo brivido lungo la schiena, avendo la certezza che Edward stesse mentendo e che non sarebbe mai più tornato.
Una mano le sfiorò la spalla mentre ancora Abby guardava la porta chiusa dell'ingresso e quando si voltò, trovò Isobel accennare un sorriso verso la figlia mentre si apprestava a stringerla in un forte abbraccio dicendole che Dean e Mary si fossero spostati in cucina. 
"Non ho mai visto una persona soffrire cosi terribilmente all'idea di separarsi da qualcuno, come quel ragazzone sta soffrendo nell'allontanarsi da te".
Abby non disse nulla, rimase con gli occhi chiuse stretta nell'abbraccio di sua madre mentre una singola lacrima sfuggì al suo controllo e le inimidí la guancia, sentendo il piccolo muoversi dentro di lei e protestare.





Davanti a quello squarcio temporale luminoso che si chiuse di colpo sul retro della casa, i due fratelli si scambiarono un'occhiata confusa ed agitata perché non avevano la più pallida idea di come riaprirlo e riportare indietro Mary. 
Sam guardò il fratello maggiore con la speranza che almeno lui avesse un'idea e che presto avrebbe trovato una soluzione per far tornare nel loro mondo la loro mamma, ma adesso che guardava nello sguardo perso e addolorato di Dean, aveva la certezza che niente sarebbe tornato più al posto giusto. 
Avevano appena riavuto Mary con loro, Toni alla fine era riuscita a riprogrammare la sua mente per tornare ad essere la solita donna risoluta e forte che i suoi due figli conoscessero, eppure Mary si era appena lanciata attraverso quel portale magico per portare Lucifer il più lontano possibile da quella casa in cui Kelly stesse per dare alla luce il suo bambino.
Il minore spostò lo sguardo sul corpo che giacesse a pochi passi da loro, pugnalato a morte da Lucifero in persona e lo osservò bene: Castiel era morto e questa volta non ci sarebbe più stata la possibilità di tornare indietro. 
Lucifer lo aveva pugnalato mortalmente prima di sparire insieme a Mary dentro quel portale che conduceva verso un altro mondo, e per un momento i due fratelli si sentirono completamente sconfitti, pensando che le cose non potessero andare peggio di così. 
Ma un forte boato li fece voltare di scatto verso la casa a cui davano le spalle, riuscendo a vedere chiaramente dalla finestra la forte luce che si fosse irradiata nella casa partendo proprio dalla stanza in cui Kelly fosse entrata in travaglio. Dean scattò correndo senza neanche rendersene conto, pensando ad Abby che fosse rimasta da sola insieme alla donna per aiutarla nel parto. 
Volò letteralmente per le scale salendole a due a due mentre chiamava il suo nome a gran voce, ma tutto ciò che udì fu solo un grande silenzio, mentre il suo cuore iniziò a battere più velocemente per la paura. 
Si limitò ad osservare il corpo senza vita di Kelly che giacesse sul letto e gli parve di vedere un sorriso felice sul suo volto, come se fosse completamente serena di essere riuscita a dar alla luce il suo bambino come ultimo gesto della sua vita. 
Ma a Dean in quel momento non importava nulla della progenie di Satana o di Kelly: chiamò a gran voce Anael che aveva promesso di stare accanto ad Abby ed a Kelly e di non lasciarle, ma dell'angelo non vi fu alcuna traccia.
E Dean sgranò gli occhi cercando di mettere a fuoco il buio della stanza, chiedendosi dove fossero finiti Abby ed Anael, quando un leggero gemito proveniente dalle sue spalle lo fece voltare sollevando la sua pistola a mezz'aria: quando Dean la riconobbe, mise via la sua arma e si avvicinò correndo alla donna che giaceva a terra, che faticava anche solo a rimettersi in piedi per sedersi, e presto si inginocchiò sul pavimento di legno per afferrare Abby dalla schiena e per farla stare appena più dritta nel tentativo di respirare meglio. 
"Ma che è successo? Stai bene, ragazzina?". 
Abby scosse la testa e si portò una mano al ventre mentre con l'altra si aggrappava forte alla giacca di Dean, scuotendo la testa energicamente mentre sentiva delle forti fitte attraversarle il grembo e farla gemere di dolore. "Il bambino di Kelly è nato e c'è stata un'esplosione. C'è qualcosa che non va, Dean. Lo sento: c'è qualcosa che non va!". 
Sentí il tono terrorizzato della donna mentre accarezzava il suo grembo per stringerlo forte e osservò le lacrime scendere lungo il suo viso, e mai come in quel momento Dean ebbe paura. 
La corsa in ospedale fu folle: Dean aveva detto al fratello che avrebbero cercato il figlio di Lucifer solamente dopo essersi assicurati che Abby e il bambino stessero bene, e lasciò che Sam guidasse la sua auto mentre Dean stava sui sedili posteriori con Abby, stringendola a sé e cercando di tranquillizzarla. 
Ma la ragazza continuava a ripetere fra le lacrime che c'era qualcosa che non andava e che non riusciva più a sentire il bambino muoversi, rivelandosi completamente vulnerabile e fragile come nessuno dei due fratelli l'avesse mai vista fino a quel momento. 
"Guida più in fretta, Sam!". 
E Sam lo fece, spingendo la loro auto fino al limite ed infrangendo tutti i limiti di velocità, mantenendo le quattro frecce di emergenza accese mentre ripensava a quante cose assurde fossero successe in meno di settantadue ore: aveva guidato un grosso numero di cacciatori verso la base degli Uomini di Lettere britannici, facendola saltare in aria ed uccidendoli uno dopo l'altro; Mary era riuscita a tornare la donna di sempre, prima che i fratelli la perdessero di nuovo attraverso il portale creato dal bambino di Kelly; Toni era tornata in Inghilterra da suo figlio Henry, e Dan le aveva detto che avrebbero presto dovuto discutere sui termini per la custodia; Castiel era morto ed Anael era sparita. 
Quando arrivarono in ospedale ai due ragazzi fu imposto di aspettare nella sala d'attesa mentre i medici portarono via Abby su una barella, che si contorceva dal dolore e continuava a tenersi il ventre fra le mani, pregando che tutte le sue sensazioni fossero sbagliate e che suo figlio stesse ancora bene, e Dean strinse i pugni e sentí di stare per crollare dopo tutte le perdite che avesse subito quella sera.
Si allontanò dal fratello uscendo addirittura dal pronto soccorso a grandi passi, lasciando Sam da solo nella sala d'aspetto quasi vuota a quell'ora della notte. 
Sam sapeva che suo fratello avesse bisogno di un momento in solitudine per sfogare tutto ciò che tenesse chiuso dentro, come la paura ed il dolore, cercando di riacquistare almeno un po' di speranza, e Sam si sedette su una delle sedie ed estrasse il suo telefono, portandoselo alle orecchie e provando a chiamare Anael, per rintracciarla. 
Il cellulare era staccato, ma il ragazzo decise di raccontare alla sua segreteria tutto ciò che fosse accaduto, iniziando con la morte di Castiel e terminando con la situazione grave di Abby, sperando che l'angelo si facesse viva al più presto. 
Dopo essersi aggrovigliato il cervello per pensare a qualsiasi cosa tranne il reale motivo per cui si trovasse in ospedale, Sam vide arrivare un medico nella sua direzione con aria quasi molto stanca e si trovò a sperare per il meglio mentre si alzò di scatto e gli andò incontro con impazienza. 
"La paziente è fuori pericolo, ma la stiamo ricoverando. Per ora lei e il bambino stanno bene, ma dovrà portare a termine la gravidanza qui, se non vuole perdere il bambino o peggio". 
Sam tirò appena un sospiro di sollievo, sentendosi più tranquillo ed accennando un leggero sorriso perché almeno Abby ed il bambino erano ancora vivi, annuendo e ringraziando il dottore sui cinquant'anni con lo sguardo. "Che cos'è successo?". 
"C'è stato un improvviso distacco della placenta dalla parete uterina: questo ha provocato i forti dolori alla paziente e la ricoveriamo per poter monitorare la situazione giorno per giorno. Le abbiamo dato un antidolorifico adatto ad una donna nella sua condizione perché era troppo agitata e avrebbe peggiorato la situazione. Adesso sta riposando: potrete vederla non appena la stanza sarà pronta". 
Sam accennò un sorriso grato e non ebbe il tempo di chiedere qualcos'altro dato il modo in cui il medico gli diede le spalle e si affrettò a raggiungere una coppia di signori anziani seduti qualche panca più in là, che attendessero notizie sul loro parente. 
Sam sospirò sentendosi molto più sollevato nonostante sapesse che la situazione non sarebbe stata proprio una passeggiata; si voltò per andare alla ricerca del fratello, quando improvvisamente lo vide tornare dal corridoio e dirigersi verso di lui con grandi passi, avendo visto da lontano il medico di Abby rientrare nell'aria critica in cui i parenti non potessero accedere.
Dean teneva lo sguardo basso quanto più possibile per non fare notare probabilmente i suoi occhi rossi e teneva i pugni stretti in una morsa ferrea, la mascella serrata, la posa fin troppo rigida. 
Sam sapeva che suo fratello stesse soffrendo molto, così senza pensarci due volte si avvicinò a lui con un sorriso battendogli una mano sulla spalla e stringendolo in un abbraccio senza dargli la possibilità di scappare, per poi dirgli tutto ciò che il medico gli avesse riferito, osservandolo rasserenarsi almeno per il momento.
 
  
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