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Autore: Milly_Sunshine    20/04/2023    0 recensioni
La A+ Series è una sorta di evoluzione distopica della Formula 1, in cui i risultati possono essere condizionati dall'alto per esigenze di spettacolo e in cui i piloti sono stati privati totalmente della loro personalità, al punto da dovere tenere segreto il proprio nome e a non potere mai mostrare il proprio volto, riconoscibili soltanto dal colore della vettura che guidano e dal loro numero di gara, oltre che dagli occhi nei rari momenti in cui vengono immortalati con la visiera del casco aperta. Noto sportivamente come Argento Quattro, Yannick è sempre stato l'eterno secondo ed è ben disposto a piegarsi al volere della dirigenza, se questo può portarlo alla vittoria dell'ambito titolo mondiale contro gli avversari Viola Cinque e Rosso Ventisette. Il suo incontro con Alysse, che con la dirigenza della A+ Series sembra avere un conto in sospeso, gli apre gli occhi, ma le nuove consapevolezze si scontrano duramente con le regole della serie: Argento Quattro e i suoi stessi avversari rischiano di ritrovarsi con le loro stesse vite appese a un filo. // Remake di una mia fan fiction sulla Formula 1 pubblicata anni fa su Wattpad.
Genere: Azione, Mistero, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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[Sei anni prima]
Alysse non avrebbe saputo spiegarsi perché avesse scelto di accompagnare Alex alla sede. Forse era stata la sua sicurezza nell’assicurarle che gli sarebbe servita solo una mezz’ora per definire alcuni punti insieme al CEO, forse la promessa che poi avrebbero trascorso il resto del pomeriggio insieme. Mentre suo marito non c’era, il disagio saliva, dentro di lei. Nonostante avesse sempre saputo di non potere fare niente per impedirglielo, non aveva mai approvato la sua scelta di prestare la propria immagine per un falso storico. Il finto disastro di Monza aveva avuto effetti devastanti non solo su un’intera categoria motoristica, ma anche sui piloti che avevano gareggiato in tale categoria. La versione ufficiale narrava che, dopo un devastante incidente che aveva sorprendentemente coinvolto tutte le monoposto, nessuna esclusa, subito dopo la partenza, con tanto di scontri multipli e vetture finite in fiamme, alcuni di loro avessero perso la vita. Il CEO in persona aveva dichiarato che la loro identità non sarebbe mai stata rivelata e, dopo l’immediata cancellazione della Formula 1 e la nascita della A+ Series, ai piloti “sopravvissuti” era stato chiesto di non rivelare mai di essere ancora in vita, pena la radiazione perenne dal nuovo campionato e la minaccia di escluderli da qualsiasi categoria motoristica e di trovare un modo per accusarli di essere responsabili dell’incidente avvenuto su suolo italiano.
Per quanto Alysse potesse comprendere le ragioni per cui la totalità dei piloti si era rassegnata a sottostare a quella regola, rendendosi complice della più grande menzogna della storia del motorsport, non le era altrettanto chiaro come mai persone esterne dovessero a loro volta partecipare alle falsità della A+ Series. Aveva fatto presente ad Alex che avrebbe potuto liberarsi da ogni impiccio abbandonando il proprio ruolo accanto al CEO e cercandosi un altro lavoro. Aveva tutti i requisiti necessari per trovare un nuovo impiego di primo piano, ma quando Alysse glielo aveva fatto presente aveva replicato che la A+ Series ormai faceva parte della sua esistenza.
Ovviamente Alysse non l’aveva costretto a tirarsi indietro. Nessuno dei due aveva l’abitudine di cercare di imporsi sull’altro, in più si rendeva conto di essere lei, tra i due, quella più esposta al pericolo. Se accettava senza mezzi termini di gareggiare in una categoria motoristica di quello stampo, allora non poteva certo pretendere che Alex non avesse a che fare con il CEO e con i suoi sporchi giochi. Doveva solo sperare che non si fosse lasciato trascinare così tanto da andare incontro a un punto di non ritorno.
Attese, sperando che la sua riunione con il CEO terminasse. Nel corridoio, appoggiata alla parete, ogni pochi istanti finiva per controllare l’ora sul quadrante del proprio orologio da polso. Stanca di aspettare senza fare nulla, si avviò verso l’ufficio nel quale si stava svolgendo l’incontro. Avrebbe aspettato là, decise, senza immaginare che quella decisione avrebbe contribuito a scoperchiare un enorme vaso di Pandora.
Il CEO aveva la porta aperta. Alysse poteva vedere Alex, che le voltava di spalle, seduto di fronte all’uomo che dirigeva la A+ Series. Quest’ultimo, all’improvviso, alzò gli occhi e la scorse. Alysse notò che diceva qualcosa ad Alex, che poi si girò fugacemente a guardarla. Non comprese le loro parole, ma si rese conto subito che il CEO non era indifferente alla sua presenza.
Si alzò in piedi e venne ad affacciarsi.
«Come mai è qui, Alysse?» le chiese.
«Ho...» Alysse cercò qualcosa di sensato da dire. «Stavo aspettando mio marito, quindi sono venuta a fare un giro lungo questo corridoio. Mi scusi se mi sono spinta troppo oltre. Non volevo disturbare in alcun modo.»
Il CEO parve piuttosto affabile.
«Non si preoccupi. Anzi, vuole entrare con noi?»
Alysse aggrottò le sopracciglia.
«Entrare? Oh, no, certo.»
Non le sarebbe dispiaciuto ascoltare quello che suo marito e il CEO avevano da dirsi, in realtà, ma lo riteneva altamente inopportuno. In linea teorica, Alex non avrebbe dovuto raccontare a nessuno della partecipazione al “documentario”. Il fatto che Alysse l’avesse accompagnato proprio in occasione di una riunione in proposito doveva apparire quantomeno sospetto.
Il CEO, ugualmente, le parve sospetto mentre la esortava: «Avanti, entri.»
«No, davvero» insisté Alysse. Cercò di salvare il salvabile, puntualizzando: «Mio marito non sa chi io sia davvero, mi sembra giusto non volermi intromettere nei suoi affari lavorativi.»
«Lei è una donna saggia, Alysse» osservò il CEO, con tono carico di approvazione. «Mi viene quasi difficile credere che sia la moglie di Alexandre Mercier.»
«Perché?»
«Non si offenda, ma il suo consorte non è sempre così affidabile.»
«Eppure è uno dei suoi più stretti collaboratori.»
«Devo ammettere che trovare collaboratori che siano sempre affidabili, dove per sempre intendo in ogni singolo momento, è più difficile di quanto possa sembrare.»
Quella conversazione stava durando ormai da troppo tempo. Era meglio cercare di congedarsi.
«È il caso che mi sposti in un luogo in cui non darò disturbo a nessuno. La lascio alla sua riunione... e mi scusi ancora se sono comparsa qui dal nulla. Non pensavo che avesse la porta aperta.»
«Chiudo la porta soltanto quando ho segreti, per esempio quando devo tutelare l’identità di qualche pilota. A proposito, immagino che suo marito non sappia con esattezza che lei è uno specifico pilota.»
«Naturalmente no.»
«Lei è una persona discreta, dopotutto.»
Alysse si sforzò di sorridere.
«Già. Diciamo che comprendo le esigenze di segretezza e faccio tutto ciò che è in mio potere per tutelare me stessa e la categoria.»
«Peccato sia un pilota. Sarebbe una collaboratrice affidabile, lei. Lo sarebbe molto più di suo marito.» Il CEO diede segno di essere sul punto di rientrare. «È stato un piacere vederla, Alysse.»
Stavolta si curò di chiudere la porta, lasciandola sola nel corridoio. Alysse tornò indietro, allontanandosi nella direzione dalla quale era venuta. Tornò ad appoggiarsi alla stessa parete, ma evitò di tenere sotto ossessivo controllo l’orario. Cercò di pensare ad altro e, quando si accorse di non riuscirvi, si limitò a non pensare.
Alex ricomparve circa un quarto d’ora più tardi. Sembrava entusiasta, quindi Alysse cercò di non dimostrarsi troppo delusa. Si ripeté che Alex aveva un lavoro e che, grazie a quel lavoro, cercava di guadagnare il più possibile. La partecipazione al falso storico, per lui, era dettata dalla cifra che gli era stata promessa e che in parte aveva già ricevuto. “Il resto” le aveva spiegato, “arriverà quando il documentario uscirà”.
«È andato tutto bene» le disse.
«Mi fa piacere» rispose Alysse, in tono piatto.
«Il CEO è stato molto soddisfatto del mio lavoro» le riferì Alex. «Non mi sono preso tutti i meriti, sia chiaro. Gli ho detto che sono fortunato ad avere una donna come te nella mia vita e che sei la mia musa ispiratrice.»
Alysse si irrigidì.
«Hai detto al CEO che, stando con me, sei riuscito a trovare la strada giusta per mentire a proposito della A+ Series?»
«Gli ho detto che, se non ci fossi tu nella mia vita, tutto sarebbe molto più complicato, per me» replicò Alex. «Comunque, quando mi ha chiesto se ti avessi informata di quello che ho fatto, gli ho detto che sai tutto e che sei orgogliosa di me. So che non è vero, che avresti preferito diversamente, ma visto che ti è imposto di non andare contro la narrativa ufficiale, gliel’ho lasciato credere.»
Alysse abbassò lo sguardo.
«Non avresti dovuto farlo.»
«Non avrei dovuto dirgli che, come pilota di questa categoria, segui le regole di questa categoria senza battere ciglio?»
«Non avresti dovuto dirgli che mi hai parlato della tua partecipazione al documentario. La segretezza è importante.»
Alex parve non preoccuparsi troppo.
«La segretezza è importante per voi piloti. Gli ho detto esplicitamente che non so chi sei, l’ho ribadito più di una volta. Io non devo nascondere la mia identità.»
«Spero che tu abbia ragione.» Alysse alzò gli occhi e lo fissò con fermezza. «Voglio augurarmi che non sia un problema, per il CEO, se mi hai messa a conoscenza del tuo nuovo ruolo. Potrebbe non esserne troppo entusiasta.»
Alex sembrò divertito.
«Cosa c’è, hai paura che mi licenzi, adesso?»
«Non lo so nemmeno io di cos’ho paura» ammise Alysse, «Ma inizio a pensare che tu ti sia gettato in una situazione sulla quale non hai alcun controllo.»
Alex le ricordò: «È da molto che lo pensi, non hai iniziato ora. Diciamo che, fin dal primo giorno in cui ti ho raccontato del mio nuovo incarico, hai sempre creduto che mi fossi cacciato in un guaio senza via d’uscita.» Sospirò. «In un certo senso è così. Il CEO mi ha chiesto di tornare domani pomeriggio... ma appunto, il problema è solo questo: ti avevo promesso che avremmo passato insieme tutta la giornata, invece non sarà possibile.»
«Oh, che peccato, mio marito va al lavoro invece di stare tutto il giorno attaccato alle scatole!» scherzò Alysse. «Non preoccuparti, con tutto il bene che posso volerti, ogni tanto è meglio se te ne vai.»
«Anche il giorno del nostro anniversario?»
«Soprattutto il giorno del nostro anniversario. Tre anni di matrimonio sono stati lunghi e intensi, riposarmi un po’ la mente mentre non ci sei sarà uno spasso.»
«Cercherò di tornare presto.»
«Se proprio devi!»
«Certo che devo. Va bene tutto, vanno bene i documentari, va bene lavorare a stretto contatto con il CEO, vanno bene i soldi che riceverò per quello che ho fatto... ma a tutto c’è un limite e quel limite finisce proprio dove inizi tu.»
Alysse sbuffò.
«Dai, non cercare di fare il poeta. Ti riesce malissimo. Suoni quasi ridicolo, quando hai queste uscite. Piuttosto, pensiamo ad andarcene da qua. O vuoi passare tutto il resto del pomeriggio qui in sede?»
«Per niente» ribatté Alex. «Se dovessi scegliere dove passare il resto del pomeriggio, sarebbe a letto con te.»
«Parla piano!» lo rimproverò Alysse. «Vuoi che qualcuno ti senta?»
«Sto pianificando di svolgere i miei doveri coniugali» puntualizzò Alex. «Non vedo perché dovrebbe essere un problema, se qualcuno mi sentisse.»
Alysse allungò una mano e fece il gesto di tappargli la bocca.
«Basta, andiamo, se non vuoi che ti chieda il divorzio prima ancora di arrivare a tre anni di matrimonio.»
«Come desideri, principessa.» Alex ridacchiò, spostando la sua mano. «Meglio andare, dato che, appunto, abbiamo programmi molto più interessanti.»
Il resto della giornata fu molto piacevole. Una volta uscita dalla sede, con il CEO e il suo “documentario” ormai alle spalle, non le venne più da pensare alle dinamiche vere e immaginarie del motorsport a ruote scoperte. Non rievocò minimamente gli avvertimenti del primo Argento Tre, né i suoi occhi verdi che somigliavano tanto a quelli dell’ex campione Mihail Silberblitz, né gli aventi antecedenti e successivi al presunto disastro di Monza. La sua mente non fu sfiorata dal ricordo di Santiago Fernandez che diventava campione del mondo per la terza volta consecutiva, né da quello di Kamil Jäätä che a sua volta, l’anno seguente, si imponeva in cima alla classifica piloti. Non rammentò gli albori del mondiale 2009, con un nuovo regolamento tecnico e un improvviso cambio di valori, né come quel campionato fosse stato drasticamente interrotto in corso d’opera senza mai arrivare alla sua naturale conclusione. Non si interrogò sugli albori della A+ Series, con il campionato 2010/11 come apertura, né su tutto ciò che aveva a che fare con auto e motori.
La vigilia del suo terzo anniversario di matrimonio con Alex non fu, per Alysse, nient’altro che un giorno positivo e pieno di spensieratezza, una volta superato l’ostacolo dell’incontro tra il marito e il CEO. Il fatto che Alex e quell’uomo dovessero rivedersi l’indomani pomeriggio non la turbava, sarebbe stato solo un appuntamento di lavoro come tanti, o almeno così credeva. Era ancora convinta che rivelargli di averla informata della partecipazione al “documentario” non fosse stata la migliore delle scelte, ma se cercava di essere realista si rendeva conto di come, qualunque fosse la conseguenza di quell’azione avventata, non sarebbe stata troppo drastica.
Il giorno dell’anniversario arrivò. Alysse dedicò la mattinata al training fisico, quindi ebbe poco tempo a disposizione da trascorrere insieme ad Alex. Pranzarono insieme, più tardi, e subito dopo suo marito si preparò per andare alla riunione con il CEO.
«Ci vediamo stasera» furono le ultime parole che le rivolse, prima di aprire la porta e andarsene.
Non sarebbe tornato mai più. Alysse l’avrebbe atteso invano, quella sera, poi sarebbe arrivata la telefonata che avrebbe cambiato il corso della sua vita. Suicidio, sarebbe stata la versione ufficiale dei fatti, avvenuto per avvelenamento da cianuro, ingerito con un bicchiere di tè dei distributori automatici. Qualcuno avrebbe osservato che era sorprendente che Alex Mercier si fosse all’improvviso tolto la vita, ma sarebbero rimaste soltanto parole al vento. In assenza di prove che giustificassero l’idea che fosse stato qualcun altro a mettergli il cianuro nel bicchiere, non vi sarebbe stata, per costoro, la possibilità di essere davvero presi sul serio.
Alysse avrebbe finito per rassegnarsi, quasi a credere all’ipotesi del suicidio. Non se ne sarebbe, però, mai convinta fino in fondo. Avrebbe cercato di non parlare mai di Alex, negli anni a venire, quando aveva intorno qualcuno che appartenesse al mondo della A+ Series. Anche a Yannick Leroy, l’uomo con cui avrebbe allacciato una relazione, non avrebbe raccontato per filo e per segno la sua vita coniugale passata, né gli avrebbe mai rivelato di essere la vedova di Alexandre Mercier.
Yannick, tuttavia, l’avrebbe scoperto da solo. Di punto in bianco, a una festa, alla quale Alysse avrebbe scoperto accidentalmente che Leroy era il famigerato Argento Quattro, l’avrebbe invitata a seguirlo in uno sgabuzzino. Avrebbero avuto un rapporto sessuale e poi, di colpo, l’avrebbe messa di fronte alla realtà.
«Eri sposata con Alex Mercier, vero?»
«S-sì.» Alysse avrebbe esitato, ma non avrebbe mai pensato che quella domanda potesse essere in qualche modo pericolosa. «Chi te l’ha detto?»
«Non ha importanza» avrebbe replicato Yannick. «Voglio sapere tutto di lui.»
Quelle parole avrebbero spiazzato Alysse, che avrebbe reagito d’istinto, obiettando: «Non ho niente da dirti, su di lui.»
«Invece credo che tu abbia molto da riferirmi» sarebbe stata la risposta di Yannick. «Credi che sia stato ammazzato, vero? Hai qualche prova? Oppure qualche sospetto serio? Dimmelo, Alysse, o tutti sapranno che sei Rosso Ventisette.»

   
 
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