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Autore: Milly_Sunshine    11/04/2023    0 recensioni
La A+ Series è una sorta di evoluzione distopica della Formula 1, in cui i risultati possono essere condizionati dall'alto per esigenze di spettacolo e in cui i piloti sono stati privati totalmente della loro personalità, al punto da dovere tenere segreto il proprio nome e a non potere mai mostrare il proprio volto, riconoscibili soltanto dal colore della vettura che guidano e dal loro numero di gara, oltre che dagli occhi nei rari momenti in cui vengono immortalati con la visiera del casco aperta. Noto sportivamente come Argento Quattro, Yannick è sempre stato l'eterno secondo ed è ben disposto a piegarsi al volere della dirigenza, se questo può portarlo alla vittoria dell'ambito titolo mondiale contro gli avversari Viola Cinque e Rosso Ventisette. Il suo incontro con Alysse, che con la dirigenza della A+ Series sembra avere un conto in sospeso, gli apre gli occhi, ma le nuove consapevolezze si scontrano duramente con le regole della serie: Argento Quattro e i suoi stessi avversari rischiano di ritrovarsi con le loro stesse vite appese a un filo. // Remake di una mia fan fiction sulla Formula 1 pubblicata anni fa su Wattpad.
Genere: Azione, Mistero, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Era la prima serata del sabato e, per giorni, era circolata insistente nel paddock la voce secondo cui Viola Cinque avesse organizzato una festa in occasione del suo presunto addio alle competizioni al termine della stagione. Sarebbe stato un evento a cui i piloti erano invitati a prendere parte in incognito, ovvero con la loro normale identità, invece che in tuta e casco. Nessuno avrebbe dovuto rivelare quale pilota fosse in realtà, né tantomeno l’accesso sarebbe stato consentito soltanto ai piloti. Argento Quattro non aveva ricevuto alcun invito, ma ne aveva sentito parlare al punto tale da spingersi a chiedere al suo vecchio amico Watanabe se ne sapesse qualcosa.
Quella conversazione era avvenuta soltanto il giorno prima, momento che gli sembrava ormai lontanissimo. La sprint race con griglia di partenza invertita, avvenuta quel pomeriggio, aveva stravolto totalmente le sue prospettive. Per la prima volta - la prima in cui non aveva ricevuto rivelazioni del CEO, quantomeno - aveva identificato con certezza uno dei propri colleghi, quello che l’aveva speronato, pareva accidentalmente, durante la gara. L’aveva seguito senza farsi vedere fino ai bagni e, da una finestra, aveva guardato all’interno, facendo una scoperta epocale.
Era combattuto tra il correre il rischio di farsi smascherare tentando di mandare a monte la carriera di Ryuji Watanabe, che non si era affatto ritirato dalle competizioni, ma si nascondeva sotto le mentite spoglie di Rosso Ventotto, o l’attendere pazientemente. Al party di Viola Cinque avrebbe potuto, con un po’ di fortuna, identificare qualche altro pilota, e al di là di una potenziale vendetta per l’incidente da lui innescato, Rosso Ventotto non era al momento il suo principale avversario. In ottica mondiale, era ancora Viola Cinque quello da distruggere. Certo, c’era l’assicurazione da parte del CEO che Cinque non avrebbe vinto il titolo, se Yannick avesse collaborato con lui, ma sapeva di non potere nutrire nei suoi confronti una fiducia totale. Era sicuro che, se si fosse tirato indietro, ne avrebbe pagato le conseguenze. Dall’altro lato, tuttavia, si era gettato in una situazione che non gli dava alcuna garanzia. Non gli era del tutto chiaro cosa fosse accaduto ad Alexandre Mercier, ma se il CEO l’aveva in qualche modo istigato al suicidio non si sarebbe certo tirato indietro di fronte alla prospettiva di non mantenere la parola data sull’aiuto ad Argento Quattro nella lotta per il campionato.
Decise di non fare nulla di avventato nei confronti di Ryuji. Con un po’ di fortuna l’avrebbe incontrato alla festa e gli avrebbe parlato di persona. Potevano ancora arrivare a un accordo. Watanabe non faceva altro che tacciare Argento Quattro di essere uno stronzo, era molto improbabile che non sapesse chi si nascondesse sotto quella tuta e quel casco. Rivelare pubblicamente chi fosse Rosso Ventotto avrebbe significato correre il rischio che l’ex pilota di Indycar ripagasse con la stessa moneta e Yannick voleva evitarlo. Non avrebbe accettato di gareggiare in un’altra categoria come Yannick Leroy, nonostante le offerte che sarebbero di sicuro fioccate una volta svelato il suo vero nome, quantomeno non prima di avere portato Argento Quattro sul tetto del mondo. Non poteva tollerare l’idea di una radiazione, non per causa di Ryuji.
Si diresse verso il locale nel quale si svolgeva la festa ed entrò. Venne accolto poco dopo da nientemeno che Tina Menezes. La trovò in compagnia di un terzetto di persone nel quale svettava un uomo dall’aria un po’ hippy, con capelli dorati dalla piega ondulata, tenuti indietro da una fascia che ne nascondeva la probabile stempiatura. Aveva un accenno di barba piuttosto curata e portava una camicia a quadri abbinata a un paio di jeans. Non era difficile riconoscerlo: si trattava di Axel Frosch, attivista ambientale che, evidentemente, nella vita non aveva null’altro da fare che starsene in giro al seguito della A+ Series. A quanto pareva gli attivisti ambientali che non facevano altro che parlare di biocarburanti dovevano guadagnare abbastanza da non dedicarsi ad alcuna altra attività professionale. Fu un po’ più difficile identificare il tale che stava accanto a Frosch in quel momento: era un uomo dalla pelle scura, con i capelli lunghi raccolti in una coda. Vestiva in maniera molto sobria e piuttosto elegante. Solo un tatuaggio che si intravedeva sul collo stonava un po’ con la sua mise tanto principesca, e proprio da quel lembo di pelle coperto di inchiostro Yannick lo riconobbe come Hamster Gangster. L’altro, infine, si chiamava Ricky Scarpelli, ultimamente aveva avuto occasione di scambiare qualche parola con lui, pur non avendo compreso di cosa si occupasse per mestiere. L’aveva già visto parecchie volte in compagnia di Tina Menezes e gli era rimasto impresso per il suo perenne sorriso a trentadue denti, che spesso aveva classificato come “sorriso da ebete”.
«Leroy?» gli chiese Tina, distogliendolo dalla sua fase di identificazione di quel gruppo.
«Yannick Leroy» confermò.
«È un piacere che tu sia qui» rispose Tina, in tono piuttosto cordiale, puntandogli addosso un paio di occhi scuri. «Non pensavo saresti venuto.»
«Perché no?» ribatté Yannick. «Non è una festa aperta ai soli piloti, mi pare di avere capito. Anche perché tu non saresti qua, in tal caso, né tantomeno i tuoi amici.» Quantomeno Axel Frosch e Hamster Gangster, si disse, dato che non aveva alcuna prova che Scarpelli non fosse un pilota. «Ti ha invitato Viola Cinque in persona?»
«Non importa chi mi abbia invitato» replicò Tina. «Tu, invece, come hai scoperto di questa festa?»
«Me ne ha parlato un mio amico che lavora per la stampa giapponese» disse Yannick. Non era del tutto falso, ne aveva effettivamente discusso con Watanabe. La parte meno veritiera era averlo definito un amico: alla luce di quanto aveva scoperto su di lui, non poteva più ritenerlo tale. «Ho pensato di venire. È sempre bello vedere dei potenziali piloti senza tuta e senza casco.»
«Potenziali piloti» ripeté Tina, lasciandosi andare a una mezza risata. «Effettivamente potremmo esserne circondati.» Posò una mano su una spalla a Frosch. «Hai sentito, Axel? Pure tu potresti essere un pilota, per quanto ne sappiamo!»
A Yannick non sfuggì lo sguardo desolato di Ricky, al contatto fisico seppure banale tra Tina e Axel. Gli venne spontaneo pensare che a Scarpelli piacesse la Menezes, ma che sapesse di non avere speranze con lei. Frosch, invece, doveva trovarsi in una situazione molto diversa.
«Se fossi un pilota» ribatté Frosch, «Temo che le mie performance ogni tanto sarebbero oscurate dalla volontà di salvaguardare la natura.»
Yannick azzardò: «Faticheresti a guidare vetture che non sono alimentate a biocarburante?»
«Secondo me non si fa abbastanza ricerca, a proposito dei biocarburanti» ammise Axel, «Ma non parlavo di questo. Mi riferivo piuttosto alle invasioni di animali che ogni tanto avvengono durante le gare. Abbiamo visto cani, lepri, marmotte, una volta addirittura un varano che ha tagliato la strada a Blu Ventuno durante una sessione di prove libere, per non parlare dei pennuti di varia natura in volo... e a volte anche non in volo. Se mi ritrovassi dei gabbiani giganti nel bel mezzo della pista, che non si schiodano di lì neanche a causa del frastuono delle monoposto, cosa potrei fare? Mi verrebbe spontaneo rallentare per evitarli, il tutto mentre chiunque altro se ne sbatte della loro presenza. Per esempio, tu, Hamster, ti rallenteresti per preservare l’integrità dei gabbiani?»
Udendo pronunciare il proprio “nome”, Hamster Gangster si girò all’improvviso.
«Di cosa parli, Axel?»
«Degli animali che attraversano la pista durante le gare. Se tu fossi un pilota, rallenteresti per schivarli o metteresti al primo posto la tua gara?»
«Non sono un pilota, sono un cantante.»
«Un cantante tamarro di musica orribile.»
«Tu non hai un minimo di buon gusto.»
«No, sei tu che non hai un minimo di buon gusto. Sul palco sei sempre vestito in modo insensato.»
Hamster Gangster gli strizzò un occhio.
«Non sono mica io che decido come vestirmi! Sono profumatamente pagato per trasmettere il messaggio che, se anche dovessimo andarcene in giro con un copripoltrona addosso, la gente deve essere obbligata a dirci che stiamo benissimo, altrimenti è body-shaming.»
«Il body-shaming è un’altra cosa» obiettò Axel Frosch.
«Sì, ma gli appassionati della A+ Series sono in gran parte individui mononeuronici, quindi non possono capire queste cose» puntualizzò Hamster Gangster. «Comunque anche tu sei pagato per parlare dei biocarburanti.»
«Io sono davvero interessato ai biocarburanti. Vorrei tanto un trattore a biocarburanti, per andarmene in giro per la mia fattoria.»
Quella conversazione stava diventando lunga e ripetitiva, quindi Yannick decise di defilarsi, non prima di avere notato Ricky che discuteva amabilmente con Tina. Doveva essere molto contento che Axel si fosse distratto a parlare con Hamster Gangster. Si allontanò, specie dopo avere intravisto una chioma familiare: capelli neri con punte colorate di blu, la stessa che aveva intravisto in bagno dopo l’incidente.
Aveva una questione in sospeso con Ryuji Watanabe, era giunto il momento di andare a raggiungerlo. Vide l’ex pilota di Indycar dirigersi verso la toilette, quindi si avviò in quella direzione. Prima di entrare, sbirciò all’interno. C’era un enorme antibagno con diversi lavandini, che si trovava davanti sia ai bagni maschili sia a quelli femminili, come un unico ingresso. Watanabe si stava lavando le mani a uno di essi e non doveva essersi accorto della sua presenza. Era probabilmente convinto di essere da solo, nel momento in cui se le asciugava con una salvietta di carta presa all’apposito distributore.
Yannick entrò, lo afferrò da dietro e lo spinse violentemente contro il lavandino, sibilando: «Ho scoperto chi sei, Rosso Ventotto di merda!»
L’altro, che aveva perso l’equilibrio, si rialzò a fatica, prima di girarsi verso di lui. Yannick notò con piacere che aveva un taglio sanguinante sul labbro inferiore.
«Y-Yannick?» esclamò Ryuji, tradendo una certa sorpresa.
«Devi stare attento a quello che fai» gli intimò Yannick. «Non puoi andartene in giro a provocare incidenti così come se niente fosse. Non ti interessa niente del titolo? Va bene, non è un problema mio, ma ci sono piloti che lottano seriamente per il campionato e non devi metterti sulla loro strada! Al prossimo casino che combini, tutti sapranno chi sei e sarai costretto ad andartene.»
Ryuji lo fissò con gli occhi strabuzzati.
«Argento Quattro?!»
Solo troppo tardi Yannick si rese conto che non era un’affermazione, ma una domanda. Ryuji non aveva capito che Argento Quattro fosse proprio lui, quantomeno fino ad allora. Si era tradito. Tutta l’attenzione che aveva messo per anni nel nascondere la propria identità era stata inutile.
Watanabe la prese come una conferma.
«Argento Quattro.»
«Cosa vuoi fare?» gli chiese Yannick, secco. «Non osare metterti contro di me.»
«Non mi metto contro nessuno, a meno che non siano gli altri a istigarmi» replicò Ryuji. «Fai finta di non sapere chi sono e sparisci, in tal caso fingerò di non sapere chi sei. Però tu dovrai fare lo stesso. È uno scambio equo, mi pare.»
«Tu non dirai a nessuno che sono Argento Quattro» ribadì Yannick, «Altrimenti farai una brutta fine. Sono stato chiaro?»
«Sei stato chiarissimo» rispose una voce.
Non era stato Ryuji a parlare, ma una donna alle spalle di Yannick, che subito si girò a guardarla.
«A-Alysse?»
«Sorpreso di vedermi?»
«Beh, sì» ammise Yannick. «Cosa ci fai qua?»
«Ero venuta a controllarmi il trucco, ma ci sono cose più interessanti nella vita, a quanto pare» rispose Alysse. «Forse dovrei chiederti cosa ci fate voi. Perché Ryuji è imbrattato di sangue? E perché tu hai appena detto di essere Argento Quattro?»
Yannick si rivolse ancora una volta a Ryuji: «Mi raccomando, non fare casini. Dimentica quello che ci siamo detti e anch’io dimenticherò.» Pronunciate quelle parole, prese Alysse per un braccio e la pregò: «Vieni con me, posso spiegarti tutto.»
Alysse parve divertita.
«Puoi spiegarmi? Che cosa? Vuoi dirmi che non sei davvero Argento Quattro? Oppure spiegarmi perché ti comporti sempre così da stronzo?»
«Dai, vieni con me, parliamone da soli, non davanti a questo cretino.» Si avviò verso la porta, lasciando il braccio di Alysse, che comunque lo seguì. «Va tutto bene, non preoccuparti.» Una volta fuori dall’antibagno, Yannick si guardò intorno. Vide una porta con la scritta “privato”. Provò ad abbassare la maniglia. Si aprì e comparve davanti ai suoi occhi uno sgabuzzino stipato di strumenti di pulizia. «Forza, vieni dentro.»
Alysse continuò a seguirlo.
Yannick richiuse la porta e vi spostò contro un carrello, come a bloccarla.
«Allora?» gli chiese Alysse. «Perché siamo qui?»
Yannick scattò verso di lei e la baciò. Alysse non si tirò indietro, ma non appena le loro labbra si separarono tornò alla carica.
«Sei davvero Argento Quattro?»
«Sì, sono Argento Quattro» ammise Yannick. Dopotutto il fatto che Alysse l’avesse scoperto non era così terribile. Aveva in mano elementi importanti contro di lei, non aveva molto di cui preoccuparsi. «Lo so, ti sembro uno stronzo, ma sono sempre io. Quando scopavamo, non ti sembravo stronzo, vero?»
Alysse fece una risatina.
«Beh, no.»
«Allora posso dimostrarti che non lo sono nemmeno adesso.» Yannick allungò una mano, ad abbassarle una delle spalline dell’abito da sera rosso che indossava. «Nessuno può vederci, adesso. Perché dobbiamo sprecare questo momento?»
Sarebbe stato un buon modo per prendere tempo. Inoltre sarebbe riuscito a coglierla davvero di sorpresa, alla fine, quando le avrebbe rivelato che sapeva che era Rosso Ventisette. Non avrebbe voluto arrivare a tanto, ma Alysse era una dei suoi avversari, non doveva dimenticarselo. In quel momento la Mercier non poteva sapere. Certo, disapprovava i suoi comportamenti in pista, così come molto probabilmente anche quello che era appena successo tra lui e Ryuji Watanabe, ma non abbastanza da volersi allontanare da lui. Per un attimo ancora, Yannick si chiese come avrebbe reagito, ma decise che non doveva importargli, almeno per un po’: quella sera il piacere - verosimilmente per l’ultima volta - sarebbe venuto prima del dovere.
   
 
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