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Autore: Biblioteca    26/04/2023    3 recensioni
E se Harry non fosse mai cresciuto con i Dursley?
Se la McGrannitt, Hagrid e Piton, di comune accordo (e con molti complici) avessero deciso di portare Harry a Hogwarts prima del tempo e di crescerlo al sicuro?
Harry Potter sarebbe sicuramente stato diverso, al primo anno come ai successivi. Ma come e quanto sarebbe cambiato? E perchè?
In questa prima storia (che inizia la notte prima dei suoi undici anni e finisce con il suo smistamento) voglio presentarvi un Harry Potter diverso e vedere, insieme a voi, se può diventare un personaggio interessante su cui lavorare o restare solo una fantasia di una storia diversa dalle solite...
Genere: Fantasy, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Rubeus Hagrid, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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“Quella laggiù?” Aveva chiesto Harry, quando aveva ancora otto anni, indicando la foresta proibita; durante la sua prima uscita dal suo sotterraneo, Harry era stato sempre vicino a Hagrid.
Era stato svegliato a notte fonda dalla McGrannitt che lo aveva avvisato della lontananza di Silente per un paio di giorni.
“Potrai uscire ma solo di notte.” Gli aveva spiegato.
Harry, che viveva quasi completamente isolato nel sotterraneo da più di una settimana, sebbene con la compagnia di alcuni libri che gli avevano portato Piton e la McGrannitt a sera, insieme a bei vassoi colmi di cibo, sarebbe uscito anche sotto un nubifragio pur di respirare dell’aria fresca.
La finestra magica creata dalla McGrannitt, per quanto bella, non aveva lo stesso effetto che poteva avere una passeggiata.
Quando la donna spalancò il portone che dava sui giardini, Harry si lanciò di corsa sul prato, allargando le braccia e osservando le stelle sopra di lui.
Hagrid comparve poco dopo e lo prese al volo.
“Avevi voglia di uscire eh?” gli aveva detto allegramente l’omone.
“Hagrid, deve tornare…”
“Prima del sorgere del sole di domani. Certamente.”
Il periodo di assenza di Silente, Harry avrebbe potuto passarlo nella capanna dell’uomo.
Ma prima, Hagrid lo portò a fare un giro dei giardini.
Gli mostrò le serre di Erbologia, il platano picchiatore, il suo campo di zucche, Thor e infine…
“Quella è la foresta proibita Harry. Lì non ci si può entrare. O meglio, io lo posso fare e volendo anche tu, ma solo con un adulto vicino. È un luogo pericoloso.”
“Chi ci vive?” aveva chiesto Harry.
“Oh, tante creature! E tutte molto belle! Ci sono Centauri, Ippogrifi, Unicorni…”
“Unicorni!?”
“Sì Harry, sei sorpreso?”
“Mi hanno sempre detto, anche a scuola, che gli unicorni non esistono!”
“Oh, invece esistono eccome! E sono anche belli sai? Pensa che con le loro criniere si realizzano delle bacchette magiche!”
“Come… quelle di Piton e McGrannitt?”
“Esatto.”
“Non ho mai visto la tua di bacchetta.”
Hagrid all’improvviso si fece cupo.
“La mia… La mia è andata distrutta molto tempo fa…” mormorò quasi balbettando.
“Oh Hagrid, mi dispiace, non volevo… davvero.” Fece Harry dispiaciuto.
Ma Hagrid era già tornato a sorridere sotto il folto barbone scuro.
“Ma lo so Harry, non preoccuparti! Piuttosto, se domani andassimo assieme a vedere un unicorno?”
“Possiamo davvero!?”
“Certo! Beh, in realtà non lo so… in questa stagione sono piuttosto restii a farsi vedere in giro. Sai, gli unicorni sono tra le creature magiche più pure che esistano.”
“E sono… sono come li raccontano i babbani? Sono con il corno in testa?”
“Sì! Quello e il manto bianco. Anche se quando sono più giovani è argenteo mentre da appena nati è d’oro.”
 
Harry aprì gli occhi.
Chissà perché aveva rivissuto quella conversazione nel dormiveglia.
Hagrid l’aveva lasciato nella capanna accanto al camino, con Thor steso al suo fianco.
Aveva chiuso gli occhi e aveva rivissuto quel giorno, quel primo giorno (anzi notte) di libertà.
Provò a ricordare ancora e sì, erano andati a cercare gli unicorni il giorno dopo, ma Harry poi si era incantato con un folletto della cornovaglia prima e con una vipera comune poi, con la quale aveva scoperto di poter comunicare.
Hagrid, la McGrannitt e Piton gli avevano spiegato che quella era una capacità magica poco comune ma non impossibile da avere.
“Però, tienila per te… è meglio. Spesso essere un rettilofono significa discendere da un mago oscuro…” gli aveva detto Hagrid, prima di lasciare la stanza.
Il giorno successivo, la McGrannitt aveva portato per lui alcuni libri dedicati a quella capacità e anche lei lo aveva invitato a mantenere il segreto.
Quindi, niente unicorni.
“Avrei voluto non perdermi in quelle sciocchezze.” Pensò Harry “Avrei dovuto cercare ancora insieme a Hagrid. E invece… invece il primo unicorno che ho visto era morto.”
Harry, realizzando finalmente la gravità di quanto aveva visto, stava per mettersi a piangere, quando un altro pensiero lo colpì come un fulmine.
“Il puledro! Forse Piton non l’ha visto! Devo dirlo a Hagrid!”
Harry si alzò ma si bloccò. Come poteva dire a Hagrid che c’era un puledro in difficoltà se doveva restare nella capanna?
Uscire era troppo rischioso e non voleva far arrabbiare di nuovo Piton.
“Potrei scrivergli un messaggio e attaccarlo al collare di Thor…”
Si preparò ad attuare il piano quando si rese conto di non essere solo con il cane.
In un angolo della capanna, rannicchiato e parzialmente coperto da una pesante trapunta di lana, c’era il piccolo unicorno dorato. Il suo muso sporgeva dalla scura coperta e rifletteva la luce del camino illuminando non poco la stanza.
Quando Harry si avvicinò aprì gli occhi e sollevò il collo.
Harry e la creatura si fissarono per un lungo minuto in silenzio, poi il puledro emise un suono acuto, come un nitrito, ma più simile al pianto di un neonato.
Harry fece un passo indietro.
“Così Hagrid lo ha portato qui subito… magari mentre io ero addormentato…”
Il bambino si guardò intorno e vide che sul tavolo era appoggiato un biberon piuttosto grosso.
Lo dovette afferrare con due mani per poterlo tenere e dal suono che emise capì che era pieno.
Il puledro dorato emise un altro pianto.
“Vuoi questo? Hai fame?”
Harry si stava per dare dello stupido per aver deciso di parlare a un animale, ma il puledro annuì con il muso.
Si capivano.
Almeno un po'.
Forse non bene come con i serpenti, ma era comunque abbastanza.
Harry si avvicinò e anche se con difficoltà tenne il biberon sollevato, mentre il cucciolo succhiava dalla tettarella di gomma.
Quando si saziò lasciò la presa ed emise uno sbuffo.
“Certo ne avevi di fame.” Harry rimise il biberon sul tavolo di Hagrid.
Quando osservò il cucciolo si rese conto che sembrava sorridergli.
Si avvicinò allungando una mano e l’animale, senza esitazione, vi appoggiò sotto la testa. La leccò e ci si strofinò il muso con gli occhi chiusi.
“Come sei bello…” Harry sentiva il pelo morbido e caldo tra le dita “Io mi chiamo Harry Potter comunque.”
Toccò sulla fronte il piccolo spunzone e l’animale tirò indietro la testa.
“Oh scusa… non volevo.”
Il puledro sbuffò.
“Non lo faccio più! Te lo giuro!”
Il puledro lo fissò qualche secondo poi chiuse di nuovo gli occhi e si lasciò accarezzare.
“Quella che ho visto… era la tua mamma?”
Il puledro aprì gli occhi, fissò Harry e annuì.
“Mi dispiace… Ma il tuo papà magari c’è ancora.”
Il puledro abbassò il muso fino a terra e sbuffò.
Harry smise di accarezzarlo ma non di fissarlo.
“Anch’io sono un orfano, sai? Non so neanche come sono morti davvero i miei genitori. Non me lo hanno ancora raccontato. Credo sia stata una cosa molto brutta.”
Il puledro si alzò sulle zampe e si scrollò di dosso la coperta. Harry notò che era già molto alto.
Lo seguì con lo sguardo e vide che andava a sedersi davanti al camino, a fissare il fuoco.
Lo imitò.
Thor sbadigliò e si limitò a rigirarsi dall’altro lato.
“Sono sicuro che Hagrid saprà cosa fare… lui sa tutto sulle creature magiche sai? Anche lui è orfano, me lo ha raccontato tempo fa… Mi ha spiegato che suo padre è morto da tanti anni mentre sua madre non l’ha mai conosciuta. Era una donna gigante. Ma non per modo di dire, nel senso, apparteneva ai Giganti. Sai che esistono anche quelli?”
Il puledro lo guardò e Harry parve che in quei grossi occhi ci fosse una vaga seccatura.
Poi però, l’animale gli diede un buffetto sulla guancia con le labbra e strofinò il muso sulla sua spalla.
“Posso capire e farmi capire dai serpenti… mi piacerebbe saper parlare anche con te… Ma chissà, magari è una cosa che posso imparare!”
Il puledro emise un nitrito allegro.
“Mi piacerebbe darti un nome….”
Il puledro scattò sulle quattro zampe e si allontanò di diversi passi. Arrivato in un punto della capanna dove poteva battere gli zoccoli sul pavimento di legno, colpì la terra per tre volte.
“E questo cos’è? Un gioco?”
Il puledro scosse la testa e colpì ancora tre volte.
“Tre…” mormorò Harry.
Il puledro annuì.
“Tre… è qualcosa che ha a che fare con il tuo nome?”
Il puledro annuì di nuovo e nitrì.
“Tre… Ti chiami tre?”
Il puledro fece uno strano gesto con la testa, a metà tra lo scuoterla e l’annuirla.
“Tres… È forse Tres il tuo nome?”
L’unicorno rifece quel gesto con la testa e abbassò il musco verso il pavimento, sfiorando la tavola di legno con le narici.
“Ah! Allora è il nome di un albero1! Faggio? Quercia?”
A sentire quella parola, l’animale nitrì forte.
“Quercia! Sì! È un bel nome!”
Il puledro tornò a sedersi vicino a lui.
Si guardarono negli occhi e Harry gli carezzò la criniera.
“Piacere mio, Quercia.”

1 Per capire questo gioco di parole: in inglese la parola "three" che indica il numero 3, suona come "tree" che significa "albero". Sì ho pensato a un gioco di parole in inglese, perchè sono maniaca della perfezione e visto che di imperfezioni in questa storia ce ne saranno sicuramente tante, volevo essere a posto almeno con questo. Abbiate pietà

 
  
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