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Autore: moira78    01/05/2023    5 recensioni
A volte basta un desiderio per cambiare il corso degli eventi. E se Anthony non fosse morto? Come sarebbero state le vite di Candy e di tutti gli altri?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. La storia diventa travagliata, fatta di "non incontri" e alla fine avverrà la triste separazione. Candy vive da qualche tempo con Albert, che ha perso la memoria, prendendosi cura di lui e la sofferenza per la perdita di Terry viene lenita dalla sua presenza costante. Anthony invece resta un caro amico, anche se ancora innamorato di lei. Il giorno in cui Albert sparisce d'improvviso, Candy è confusa: vorrebbe riprovare a tornare con Anthony, ma il suo vecchio amore per lui ormai è solo profondo affetto. E Albert le manca. Quando si rivela quale prozio William a tutti, Candy è ancora più confusa.
 
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Estate 1919

Candy era ancora sconvolta da quello che era accaduto solo pochi minuti prima: la signora Lagan l'aveva appena scagionata davanti a tutti. Lì, all'inaugurazione della loro catena di alberghi in Florida. Finalmente, tutti avrebbero saputo che lei non era mai stata una ladra, da ragazzina. La sua reputazione era salva.

"Tutto bene?". Anthony le aveva posato una mano sulla spalla, invitandola a danzare senza dirglielo, conducendola semplicemente sulla pista da ballo.

"In realtà sto ancora tremando", disse con una risatina nervosa.

"Lo zio William sistema sempre le cose, vero? Ora, semmai deciderai di sposarmi, neanche la zia Elroy avrà più nulla da ridire".

"Anthony", disse con una nota di avvertimento, seppure scherzosa. "Eliza ci sta fissando. Sicuro che tu non voglia dare a lei l'opportunità?", chiese inarcando un sopracciglio in maniera maliziosa.

I movimenti prima fluidi di lui si irrigidirono e sul viso comparve un'espressione di disgusto tale che quasi scoppiò a ridere: "Piuttosto mi iscrivo di nuovo all'università e mi metto a studiare economia! Non che non lo troverei utile, ma...".

"Se vuoi aprire un'azienda tua e seguire i preziosi suggerimenti di Tom dovrai anche tenere i conti. O confidi che lo zio William ti supporti in questo?", chiese accennando col capo verso di lui. E si accorse che era più vicino di quel che pensasse e volteggiava con una dama dai capelli corvini.

"Vi ho sentiti, sapete?", disse voltando un poco il capo. Quindi attese che la sua compagna facesse una discreta piroetta sotto al suo braccio alzato per mormorare: "Chiamatemi un'altra volta zio William e vi faccio assegnare delle stanze accanto a quelle dei fratelli Lagan".

Nonostante l'accortezza, la donna spalancò gli occhi, sorpresa, e Albert iniziò a dire qualcosa che aveva a che fare con ragazzini che prendevano in giro il vecchio zio.
Già, vecchio. Se avere poco più di trent'anni fosse stato considerato tale, allora sì, Albert era davvero molto vecchio. E così decrepito, povero prozio, che tutte le donne in età da marito sembravano pronte a tirarsi i capelli a vicenda pur di ballare con lui e farsi notare, inclusa la mora che aveva il sorriso più falso che avesse mai visto. Qualunque battuta avesse fatto Albert, doveva aver solo finto di averla capita.

Candy s'impose di chiudere gli occhi e di rivolgere la sua attenzione a Anthony, che nonostante scherzasse con lei sull'eventualità di sposarla, sapeva che era anche mortalmente serio. A guardarlo, chiunque avrebbe detto che era il fratello minore di Albert e non suo nipote. E, ovviamente, anche nel suo caso, non era solo Eliza a lanciargli occhiate interessate.

Quando riuscì a sedersi, Anthony le fece un baciamano e le promise che sarebbe tornato presto. Candy sospirò e udì l'ultima voce che avrebbe voluto ascoltare.

"Sarai contenta, adesso. Chiunque dei due ti si proponga per primo ora non avrà a che fare con le malelingue".

"Non so di cosa stai parlando, Eliza". Invece lo sapeva molto bene. Tuttavia, non voleva affrontare l'argomento e tantomeno con lei.

"Non fare la finta tonta e la santarellina con me, Candy. Sto quasi pensando a un'altra bugia da mettere in giro sul tuo conto, ma bella grossa. Tipo che sei incinta di uno dei due o te la sei spassata con entrambi, ma...".

"Eliza!", la voce si alzò più di quanto avrebbe voluto.

"...ma poi lo zio William ci affonderebbe con una sola parola e mio padre mi rinchiuderebbe in convento. Quindi mi tocca stare qui a guardarli sospirare per te sperando che tu ne lasci almeno uno alla sottoscritta".

Candy le scoccò un'occhiata di traverso: "Stai dicendo un mucchio tale di cattiverie che se ti mordessi la lingua per sbaglio ne rimarresti avvelenata".

"Di' pure quello che ti pare. E sposa chi vuoi. Per me puoi anche diventare la regina d'Inghilterra, ma ai miei occhi sarai sempre un'orfana senza valore". Senza darle modo di ribattere, Eliza si alzò con modi altezzosi, il naso puntato quasi al soffitto, e si diresse nella zona del buffet, dove avvicinò un ragazzo che doveva essere il figlio di un petroliere, se ricordava le presentazioni di inizio serata.

Le girava la testa, non voleva essere lì, ma c'era e doveva fare buon viso a cattivo gioco. Stava bene in compagnia di Albert e Anthony e finché non portava a livello cosciente i vecchi sentimenti riusciva persino a sentirsi serena.

Tuttavia, sapeva che dietro ai sorrisi, agli scherzi e al divertimento, c'erano cose che andavano taciute e altre che andavano chiarite una volta per tutte. Non aveva promesso nulla ad Anthony, l'anno precedente, se non che sarebbero rimasti amici. E oggi poteva dire che aveva fatto bene.

Il tempo non aveva fatto altro che confermarle che quell'amore dolce e giovanile era terminato con Terence. E che mentre ancora guariva dalla ferita profonda che lui le aveva lasciato, il suo cuore era solo desideroso di un po' di pace.

E quella pace l'aveva vissuta sempre assieme ad Albert. Quella pace era mutata in un tormento. Quella pace era diventata l'amore maturo che sembrava quasi il punto d'incontro perfetto tra quello tenero di Anthony e quello appassionato di Terence.

Ed era sempre stato lì, a portata di mano. Eppure irraggiungibile.

Prima o poi, Albert si sarebbe innamorato della donna giusta che sarebbe diventata la nuova matriarca e lei si sarebbe potuta rassegnare. Ma davvero voleva attendere quel momento che sembrava non arrivare mai per uscire da quel circolo vizioso?  Perché gli uomini della sua vita dovevano essere tutti irraggiungibili? E l'unico che poteva farla felice non possedeva più il suo cuore?

Oh, era davvero stufa di tormentarsi! Forse era il caso di accettare una di quelle coppe di champagne e uscire sulla terrazza a prendere un po' d'aria. Fece proprio così, scorgendo con la coda dell'occhio Anthony che parlava con una ragazza dai capelli rossi.

Giunta finalmente all'aria aperta, inspirò in profondità l'aria salmastra del mare, le cui onde erano visibili sotto la luce della luna e dei lampioni. Candy bevve lo champagne in tre sorsi ed ebbe subito il singhiozzo. Lo soffocò con una mano e desiderò gettarsi tra i flutti per stordirsi ancora di più.

"Qualcuno ha esagerato con lo champagne, a quanto vedo".

Perché il destino si accaniva contro di lei? Perché, in nome del cielo, non c'era Anthony alle proprie spalle, a prenderla in giro con voce giocosa? Diamine, avrebbe preferito Neal a lui!

"Sto bene, tranquillo", disse più duramente di quanto avrebbe voluto. "Scusami, volevo dire... grazie per quello che hai fatto. Sono ancora scombussolata, credo".

No, Candy, sei brilla. E non poco. Meno male che ti sei ricordata di ringraziarlo!

Albert scoppiò a ridere e si affacciò alla balaustra offrendole il suo profilo. E sì, era un Anthony un poco più adulto, con il naso leggermente più pronunciato ma ben proporzionato ai lineamenti del viso. Il colore degli occhi era più chiaro e i capelli anche. Ma per il resto...

Quindi, perché non mi innamoro di Anthony e continuo a pensare ad Albert?

Ma, ovviamente, non era per l'aspetto fisico che alla fine si stava innamorando del patriarca e non di suo nipote. Perlomeno, non solo per quello. E allora perché? Diamine, persino il carattere era pressoché identico, l'unico che aveva ben poco a che fare con loro era stato Terence.

Ha bruciato il mio cuore e anche i miei neuroni, parola mia!

"Non devi ringraziarmi, Candy. Fai parte della famiglia e meriti lo stesso rispetto di tutti noi. Non posso tollerare che girino voci su di te, specie dopo tutto quello che ti hanno fatto passare. A proposito, prima ho visto Eliza vicino a te: cosa voleva?".

"Niente, tranquillo. Ormai non faccio quasi più caso a ciò che dice".

"Sei sicura?". Albert si era accigliato e diamine, Candy non seppe se fosse per lo champagne o perché era stanca di reprimere i propri sentimenti, ma desiderò chiudere la distanza fra loro e stringerlo forte, come un tempo.

"Albert, cosa è successo tra noi?", chiese con voce tremante prima di riuscire a impedirselo.

Lui sbatté le palpebre, di certo stupito dal cambio repentino di argomento: "In che senso, scusa?".

"Niente, lascia stare", disse voltandosi a guardare l'orizzonte, desiderando solo riavvolgere il tempo di un paio di minuti.

"Come niente? Candy, stai tremando!". Ecco, le si era avvicinato e ora sentiva il suo profumo e il suo calore.

Stupida, stupida, stupida!

Era riuscita a tenerlo a distanza per un anno, persino quando le aveva raccontato la sua versione dell'incontro sulla collina il giorno che era diventato il suo principe, e ora se lo ritrovava a un pollice da sé! Quando aveva letto la sua lettera, scoprendo che quel famoso giorno era fuggito da casa e aveva più o meno l'età di Anthony quando si erano conosciuti, aveva pianto lacrime amare.

Perché aveva appena scoperto come mai all'inizio lui l'avesse attratta tanto, anche se poi Anthony era diventato un sentimento a parte. Ma fin dall'inizio era sempre stato lui: quel Principe della Collina di cui ancora conservava la spilla; quello per cui aveva deciso di farsi adottare dai Lagan; quello che l'aveva portata da Anthony e poi, involontariamente, anche da Terry.

Albert, che cercava di abbracciarla dopo quasi due anni, aveva sempre fatto parte della sua vita.

"Ti sei allontanato da me perché sei il patriarca e non avevi più tempo da trascorrere con una ragazzina, vero?". Mentre la mente le gridava di tacere, Candy stava piangendo appoggiata ad Albert, che la stringeva a sé come se volesse proteggerla e consolarla al contempo.

La risposta fu un mormorio sommesso che arrivò dal torace di lui, assieme al battito del suo cuore: "Non è così, non è vero".

"E allora cos'è?! Mi hai scritto tante belle lettere, sei stato così premuroso da rendere la Casa di Pony un posto migliore eppure non ti ho mai sentito così distante! Perché, cosa ti ho fatto, Albert?!".

E, soprattutto, perché le frasi le scivolavano via prima che potesse pensarle? Perché aveva permesso all'istinto di prendere il sopravvento con quel bicchiere di champagne?
La risposta di Albert non la stupì: "Anche io ti ho vista distante e non avevo alcun motivo per rinchiuderti nella mia stessa gabbia, Candy". Poi aggiunse qualcosa che schiarì in parte la nebbia. "Inoltre avevi la compagnia di Anthony e...".

Si era irrigidito e aveva rotto l'abbraccio e finalmente Candy capì. Comprese tutto. Fu come se uno dei cavalloni di quel mare particolarmente agitato l'avesse travolta e lei stesse lottando per risalire in superficie.

Gabbia. Anthony.

"Albert è innamorato di te".

"Cosa c'entra Anthony?". Non poteva, né voleva crederci. Albert era davvero stato innamorato di lei, ma non le aveva mai confessato i propri sentimenti perché temeva di imprigionarla o di portarla via ad Anthony?

"Voi due siete amici e non era corretto che io mi comportassi con te... come prima". Oh no, non poteva essere vero, giusto?

"Come prima? Vuoi dire... come se fossimo fratelli? Ti risulta che io e Anthony siamo qualcosa più che buoni amici?". Candy cercò di non far trapelare la rabbia che cominciava a provare.

"Sai bene che, alla fine, uno dei motivi per cui me ne sono andato è stato proprio che le persone hanno cominciato a far girare strane voci su di noi". Albert si era di nuovo allontanato e Candy sentì freddo. Fin nell'anima.

"E l'altro motivo era...? Che mi credevi intenzionata a tornare con lui dopo quello che avevo sofferto con Terence? O dovevi tornare ai tuoi doveri così di corsa che non mi hai lasciato che una lettera e persino dei soldi?".

"Candy...".

"Tu pensi di sapere cosa è meglio per me, vero? Per questo hai fatto in modo che ti cercassi a Rockstown. Volevi che rivedessi Terence e che avessi un'altra possibilità con Anthony se fosse andata male?".

"Cosa ci sarebbe stato di male? Desideravo solo...".

"Cosa, la mia felicità?!", sbottò alzando la voce di un'ottava. "Eri così sicuro di sapere cosa fosse meglio per me da mandarmi da Terry? Beh, sai una cosa, caro zio William? Di sicuro la mia presenza è stata utile a lui, ma io stavo cercando te!".

Albert spalancò gli occhi, fissandola senza dire più nulla e lei si sentì come un fiume in piena. Fece un passo verso di lui. E un altro.

E poi un altro ancora.

"Stavo cercando... te", ripeté piano, in un sussurro, le labbra che tremavano mentre nuove lacrime le salivano agli occhi.

Incatenò i suoi e Candy non ricordò un'intensità tale nemmeno in quelli ardenti di Terence prima che la baciasse. Allora il suo intero corpo iniziò a tremare, in attesa. Specialmente quando Albert alzò una mano e il suo respiro accelerato le arrivò sul viso, tiepido e confortante.

La mano si posò sulla guancia e lei si inumidì un poco le labbra quando il suo Principe della Collina ormai trentenne si chinò un poco, rimandandole l'ennesimo alito del suo respiro.

Trattenne il proprio e chiuse gli occhi quando infine chiuse la distanza e posò la bocca sulla sua.

Candy rimase perfettamente immobile e tuttavia il bacio non durò che pochi istanti. Ma quegli istanti si dilatarono comunicandole una quantità di sensazioni ed emozioni che dovevano somigliare molto alle stesse che aveva provato Albert quando aveva recuperato la memoria.

Quel bacio sapeva di casa, di giusto, di definitivo. Era tenero e rassicurante come quelli di Anthony. Ed era appena esigente, ma non acceso come quelli di Terence.

Era... perfetto.

Perché chi la baciava era l'uomo della sua vita, quello del destino, quello che era nato undici anni prima di lei, ma era anche l'ultimo di cui si sarebbe innamorata di lì all'eternità.

Pensava di essere stata colpita da un'onda poco prima? Bene, quello era un maremoto. Non sarebbe mai potuta tornare indietro. Al confronto, superare il dolore per la separazione da Terence era stato come guarire da una scottatura profonda.

Il segno che le stava lasciando Albert con quel bacio sarebbe rimasto marchiato a fuoco nella sua anima fino alla morte.

Quando si staccò, vide il suo viso sconvolto e lui stava indietreggiando, un po' instabile: "Perdonami, Candy, non avrei dovuto... io...".

"Albert...".

Ma lui era già rientrato e Candy poté solo appoggiarsi alla balaustra prima di cadere.

 
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Autunno 1919

"Ti ringrazio per avere deciso di accompagnarmi, la zona dovrebbe essere ai piedi di quelle montagne".

Albert annuì, scalando la marcia: "Pensi di piantare anche dei roseti?".

"Certo", disse Anthony sistemandosi meglio la cartellina portadocumenti sulle ginocchia. "I fiori e le colture sono solo una parte di quello che ho in mente per l'azienda. Voglio inserire anche degli allevamenti di bestiame e sono certo che i consigli di Tom mi saranno utili".

"Mi sembra davvero un progetto ambizioso, forse dovresti partire dalle cose più semplici e vedere come va, che ne pensi?".

"La prudenza non è mai troppa, vero?", rise scuotendo la testa. "Se c'è qualcuno che può darmi suggerimenti preziosi in campo finanziario, quello è lo zio William e io ho intenzione di seguirli dal primo all'ultimo!".

Anthony scrutò il profilo concentrato di Albert, le sopracciglia un po' aggrottate e la mascella serrata e lanciò un'occhiata alla strada stretta ma sgombra.

"Sei preoccupato per la zia Elroy?", gli chiese, ricordando come la donna si fosse rifiutata di salutarli quando si erano messi in marcia. Non credeva che avrebbe mai accettato quel suo 'progetto bizzarro'.

"Come? Oh, scusa... no, pensavo che forse... dovremmo fermarci in albergo per stanotte, così domattina possiamo continuare il sopralluogo e tornare a Chicago di giorno".
"Non hai da lavorare?".

"Ho lasciato le incombenze più urgenti a Georges e comunque sarò di nuovo in viaggio per la fine della settimana, quindi mi fa piacere passare un po' di tempo con te".

Sorrise e lo ringraziò, quindi si disse che era inutile continuare a rimandare quella domanda: "È successo qualcosa fra te e Candy, in Florida?". Albert sussultò così forte che la macchina sbandò e le ruote stridettero sul ciglio ghiaioso. "Sì, è successo qualcosa", confermò a se stesso.

Albert rallentò e fermò la vettura sulla destra: era un'accortezza quasi inutile, perché dubitava che sarebbe passato qualcuno nell'immediato. Sospettò che quello che doveva dirgli fosse abbastanza importante da interrompere la marcia. E non gli tremavano anche un po' le mani?

"Stavo per... seguire il tuo consiglio. Ma poi ho fatto marcia indietro". La voce era roca, bassa.

Il suo cuore spezzato ebbe un sussulto al pensiero che alla fine Candy non sarebbe stata di nessuno dei due. Tuttavia, doveva conoscerne il motivo. "Perché?", chiese atono.
"Perché sono un vigliacco", disse voltandosi per guardarlo.

"Non dicevo sul serio, quella volta...".

"Ma io sì e te lo ripeto. Ho indietreggiato davanti a Candy che mi ha confessato di cercare me, a Rockstown, nonostante vi abbia trovato Terence. E ho indietreggiato persino dopo che ha accettato... il mio bacio".

La bocca si aprì contro la propria volontà e Anthony vide suo zio distogliere lo sguardo e deglutire. Altre spine gli si conficcarono nelle macerie del cuore spezzato, al pensiero di Candy che baciava Terence e persino suo zio, negandogli il sapore delle sue labbra da anni.  Ma s'impose di pensare alla sua felicità, come si ripeteva da qualche tempo. La quale, a quanto pareva, il suo zio testardo le aveva appena negato.

"Non mi dire che i motivi sono sempre gli stessi. Il fatto che tu le confessi o meno i tuoi sentimenti non la riporterà mai da me, forse riesco a venire a patti con questa semplice realtà dopo cinque anni di tormento".

Albert fece una smorfia, contraendo le labbra quasi sentisse un sapore amaro: "No, tu non c'entri, ho ben chiara la vostra... attuale situazione", disse a disagio. "Però penso sempre che rinchiuderla dentro a una gabbia blasonata sia terribilmente sbagliato. Anche se provasse... qualcosa per me, prima o poi si sentirebbe stretta e desidererebbe fuggire".

"Stai proiettando su di lei la tua stessa frustrazione e le tue paure".

"Hai studiato agraria o psicologia?".

"Zio...".

"Ammesso che sia così non è una bella sensazione, ma dalla mia ho comunque una certa passione per gli affari. Lei, invece...".

"E stai ancora scegliendo al posto suo!".

"Se ha dimenticato Terence può dimenticarsi anche di me, che sono stato solo un amico".

"Stai persino minimizzando i suoi sentimenti senza conoscerli davvero! Albert, non ti stai mettendo in faccia solo dei paraocchi, ma una benda intera! La vuoi sul serio rendere infelice?".

"Io voglio che lo sia, invece!", tuonò battendo un pugno sul volante. Il viso arrossato, le narici leggermente allargate dal respiro affannoso, suo zio sembrava davvero reprimere amore, rabbia e mille altre emozioni diverse. Conosceva abbastanza la sua storia passata da comprendere come l'educazione gli avesse sempre impedito di esprimere se stesso, ma il confine tra la propria infelicità e quella di Candy era davvero sottile.

Peccato che lui non se ne rendesse conto.

E se avesse ragione lui? D'altronde, Candy potrebbe ancora essere triste per Terence e io sto facendo delle supposizioni. La storia del Principe e la ricerca del suo amico di sempre, tuttavia...

Anthony si ripromise che avrebbe parlato più chiaramente con Candy alla prossima occasione, anche se non aveva idea di quando sarebbe accaduto.

Candy gli aveva chiesto una possibilità e per fortuna gliel'aveva negata e non si era fatto illusioni, perché era andata esattamente come aveva immaginato. Erano uniti, affiatati, persino inseparabili quando riuscivano a stare insieme, ma non avrebbero mai varcato quella soglia.

La stessa soglia che sembrava invalicabile anche tra Candy e Albert.

Mentre suo zio ripartiva, Anthony si scusò per l'insistenza.

"Non devi scusarti, la verità è che neanche io sono sicuro di quello che sto facendo. Mi sembra così assurdo che un fiore selvatico come lei possa essere rinchiuso in una serra, che preferisco saperla lontana da me".

"Ci sono fiori destinati a morire all'aperto che sbocciano volentieri in una serra dove c'è abbastanza calore". Suo malgrado, Anthony ricordò che aveva tentato di limitare Candy proprio in quel senso, anni prima, e forse era stata una spinta in più che le aveva dato fra le braccia di Terence. A posteriori, parlandole e persino dicendole che era disposto a renderla libera, aveva compreso che tra loro sarebbe finita comunque, anche se magari avrebbe guadagnato un mese o un anno.

Il silenzio calò nell'abitacolo, ma Anthony si rese conto di due cose: Albert sembrava aver assorbito quelle parole mentre guidava a velocità sostenuta. E lui odiava il suo ruolo da Cupido, ma avrebbe venduto la propria anima per far felice Candy.

 
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Inverno 1919

La riabilitazione dell'uomo senza una gamba era stata lunga e dolorosa, ma finalmente Candy poté vederlo imbracciare le stampelle e avanzare lungo il corridoio, emozionata e commossa assieme alle sue colleghe.

"Bravissimo, mister Donovan, continui così!", gridò Nancy al suo fianco.

"Un ultimo sforzo e sarà arrivato in infermeria!", aggiunse Candy avvicinandosi di qualche passo con la sedia a rotelle.

L'uomo raggiunse la sua meta e vi sedette con un sospiro grato, guardandole con le lacrime agli occhi. "Non so come ringraziarvi, signorine, siete degli angeli scesi in terra!".

Risero tutte con gli occhi umidi e Candy si offrì di riportarlo in camera, aiutandolo a stendersi sul letto: "Tra qualche giorno potrà tornare a casa dalla sua famiglia, è contento?".
"Sì... non vedo l'ora di poter mangiare di nuovo i manicaretti di mia moglie e ascoltare le prime parole di mio figlio!".

Gli sorrise, coprendolo con cura: "Allora si riposi e vedrà che le infezioni di cui ha sofferto fino ad oggi saranno solo un triste ricordo".

Candy attese che l'ex soldato si addormentasse e non poté fare a meno di provare una stretta al cuore: Susanna Marlowe, che aveva subìto a sua volta un'amputazione, invece, non ce l'aveva fatta e il suo fisico già prostrato si era arreso solo poco tempo prima.

Era stata a lungo indecisa se scrivere a Terence o meno, ma alla fine aveva deciso di non farlo. Lui ormai aveva la sua vita e lei la propria e non voleva dare adito a fraintendimenti da parte sua. In realtà non sapeva se avesse mantenuto vivi i suoi vecchi sentimenti, ma non voleva illudere lui tanto quanto non voleva farlo con Anthony. Che, tutto sommato, non aveva più detto nulla in merito.

Candy aveva rimpianto molte volte quella richiesta impulsiva che gli aveva fatto di riprovare a stare insieme e gli era stata segretamente grata di non averla assecondata: sarebbe stato un errore e gli avrebbe solo fatto di nuovo del male.

Non avrebbe più potuto innamorarsi di nessun altro, perché era passato il tempo dei batticuori giovanili e delle passioni adolescenziali. E, a quanto pareva, non sarebbe mai arrivato il momento dell'amore maturo.

Ancora oggi, in quell'ospedale del Missouri dove aveva accettato di prestare servizio quasi fuggendo da Chicago e dal suo paese natale, Candy si chiedeva cosa diavolo fosse successo in Florida quell'estate.

In realtà lo sai molto bene, Candice White Ardlay...

Suo malgrado, mentre si recava nella sala dei medici per lasciare le cartelle cliniche dei pazienti, a ogni passo in quel lungo corridoio evocava un'immagine di quella serata.
In primo luogo, grazie anche a un bicchiere di champagne di troppo, aveva spalancato porte che non andavano nemmeno socchiuse, comunicando ad Albert quello che a malapena voleva portare a livello cosciente.

E poi c'era stato il bacio, che era servito solo a far crollare difese, certezze e tutte le congetture che si era costruita quasi con pazienza esasperante.
Albert forse l'aveva amata, ma era il patriarca degli Ardlay, non avrebbe mai potuto mettere gli occhi su di lei. Eppure... ehi, non la stava baciando come se non desiderasse lasciarla più andare? Ah, no... era fuggito subito dopo, di certo pentito per quel momento di debolezza.

Candy aveva passato il resto della serata senza avere il coraggio di rientrare da quella terrazza e l'aveva fatto solo quando Anthony le aveva detto che c'era una carrozza pronta per riportarli in albergo. Non hai freddo qui fuori, Candy? Oh, no, sto bene!

Ma tremava così tanto che lui si era accigliato e le aveva offerto la propria giacca. Tuttavia, non aveva detto una parola e l'aveva riaccompagnata nella sua stanza senza fare domande.

Caro Anthony, cosa darei per amare te quanto amo lui... anche solo la metà.

Scosse la testa vigorosamente, fermandosi lungo il percorso nella sala delle infermiere per recuperare alcuni medicinali: Anthony meritava tutto l'amore del mondo, nulla di meno. Anche se si erano visti di rado, dopo la Florida, continuavano a scambiarsi lettere e lei aveva appreso con gioia della nuova azienda agricola che stava costruendo nei pressi di Naperville, seguendo persino i suggerimenti di Tom per quanto riguardava gli allevamenti che avrebbe voluto avviare. Aveva nominato Albert solo una volta, quando le aveva parlato dei consigli finanziari dello zio William.

Candy sospirò guardando fuori dalla finestra: Annie e Archie si sarebbero sposati entro l'anno successivo e persino Patty si era rimessa a studiare di buona lena per diventare insegnante. A lei rimanevano il suo lavoro d'infermiera e i continui vagabondaggi per fuggire dalla realtà.

Da Albert.

Dalla Casa di Pony a Chicago. E da lì in Missouri, purché fosse il più lontano possibile dai ricordi. Perché cercare di chiarire le cose con lui quando era stato il primo a fuggire? Perché rischiare una sofferenza maggiore di quella che già provava ricevendo un rifiuto? Candy cominciò a capire cosa avesse provato Anthony durante gli anni di università e si sentì tremendamente in colpa per avergli chiesto di rimanere amici mentre lei continuava a pensare a Terence.

Se le avessero chiesto di vedere Albert come un tempo non era sicura che ce l'avrebbe fatta. E, purtroppo o per fortuna, tra i viaggi continui di lui e la nuova opportunità che aveva avuto lei, era dall'inaugurazione di quell'hotel che non

lo baciava

lo vedeva. Né si erano più scritti. Era come se avessero commesso un errore che avesse spezzato definitivamente quel legame speciale che c'era tra loro da sempre.

Candy si lasciò cadere su una sedia, posando siringhe e boccette di disinfettante. Stava vivendo quella perdita come un lutto e non andava bene. Ormai era più che cosciente che non avrebbe superato la separazione da Albert come era riuscita a farlo con Terence: anche perché nel primo caso la loro unione era stata sempre meramente amichevole; nel secondo, le cicatrici le lasciavano ancora una scia amara nel cuore.

Prima di Natale sarebbe dovuta tornare a Chicago e non voleva. Tuttavia, non aveva scelta. A villa Ardlay avrebbero dato un ricevimento? Forse, magari non troppo sontuoso, visto che la morte di Stair era ancora un'ombra oscura in famiglia. E lei non voleva esserci. Non poteva rivederlo.

Alla casa di Pony aveva Suor Lane, Miss Pony e i bambini ad aspettarla e il dottor Martin l'attendeva nella nuova clinica.

Quella sarebbe stata la sua prossima meta.
 
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Capodanno 1920

Albert si chiuse la porta dell'ufficio alle spalle, lasciandosi dietro gli ultimi rumori della festa. L'anno nuovo era appena entrato e lui voleva solo pensare ai suoi buoni propositi con un po' di silenzio intorno.

Si versò un bicchiere di whisky e sedette alla poltrona presidenziale, girandola per guardare fuori: alcuni rari fuochi d'artificio esplodevano ancora in cielo e i suoi pensieri, che aveva cercato di tenere quieti, volarono infine a Candy.

Le aveva inviato un invito cui aveva risposto ringraziandolo, ma comunicandogli che preferiva restare alla Casa di Pony. Anthony gli aveva assicurato che sarebbe andato a trovarla entro qualche giorno per accertarsi che stesse bene, magari con Archie e Annie.

Ma lui doveva prima essere sicuro di ciò che voleva fare o tra loro non ci sarebbe più stato altro che imbarazzo. L'aveva baciata e poi era scappato, scusandosi a malapena. E lei se n'era andata in un altro Stato.

L'aveva ferita o era stata lieta che non avesse dato seguito a quella follia? Perché non si era comportato da uomo adulto e aveva fatto il primo passo spiegandole cosa si agitava in lui?

Un leggero bussare lo trascinò fuori dalle proprie riflessioni e si volse per incontrare lo sguardo serio di Georges.

"Mi perdoni, signore, la signora Elroy chiede che ci raggiunga per il prossimo giro di danze. La signorina Smith ha espresso il desiderio di ballare con lei e...".

"Non voglio ballare con la signorina Smith, né con altre ragazze in età da marito. Puoi entrare e richiudere la porta, Georges?".

Perplesso, l'uomo obbedì, e Albert seppe che confidarsi con il suo amico di sempre sarebbe stato utile. Finché non avesse espresso i suoi sentimenti e i suoi dubbi ad alta voce, davanti a qualcuno che non fosse Anthony, non ne sarebbe mai venuto a capo. Perlomeno, Georges non sarebbe stato ferito dalla sua confessione come suo nipote, anche se dissimulava piuttosto bene.

L'uomo si accomodò di fronte a lui e Albert gli servì un bicchiere di distillato, sedendo con le mani intrecciate sulla scrivania. Da dove diavolo avrebbe dovuto cominciare?
"Quando ho perso la memoria... mi sentivo solo al mondo, inutile. L'unico raggio di sole che avessi era Candy: ha fatto di tutto per farmi tornare la speranza e il sorriso e si è occupata di me per tanto tempo. Ma queste cose già le sai, vero?". Alzò lo sguardo su di lui e vide un'espressione attenta e composta.

"Naturalmente, signorino William".

Albert si schiarì la voce: "Bene, quello che forse non sai è che... uno dei motivi per cui sono partito per l'Africa...".

"Era per dimenticare la signorina Candy, giusto?".

Sbatté le palpebre, sconvolto: "E tu come lo sai?!".

"William, lei ha da sempre imparato a nascondere i suoi sentimenti, ma non dimentichi che le persone che le sono vicine e che le vogliono bene possono leggere più facilmente nel suo cuore".

Si accigliò, confuso: "Anthony ha capito quanto tenessi a Candy quando ancora non sapeva chi fossi e io avevo l'amnesia: questo come lo spieghi? Significa che non sono poi così abile a nascondermi".

Georges si strinse nelle spalle: "Può darsi che in quel periodo le sue difese si fossero abbassate e il signorino Anthony abbia semplicemente visto in lei un riflesso di ciò che lui stesso provava".

"Lo prova ancora".

"Non ne dubito".

Bene, quindi anche quello non era un segreto per nessuno. D'altronde, Anthony era sempre stato più trasparente di lui. Albert picchiettò una penna sulla scrivania, riflettendo.
"Mio nipote... è convinto che Candy mi ricambi". Alzò gli occhi per guardarlo, in una muta domanda.

"Ho avuto questo sospetto anche io".

Si alzò di scatto, mettendosi davanti alla finestra, sentendosi sconfitto: "Dannazione, Georges, possibile che l'unico ad avere ancora dei dubbi sia proprio io? Ti rendi conto delle implicazioni che una nostra... relazione avrebbe?".

Sentì dei rumori dietro le spalle e comprese che Georges si era alzato per raggiungere il caminetto e accendere il fuoco: si era accorto a malapena che in quella stanza si gelava.

"La signorina Candice è molto più giovane di lei e ama il suo lavoro d'infermiera", esordì. Albert rimase nella medesima posizione, irrigidendosi. "Inoltre, è una ragazza molto libera che non disdegna di spostarsi di continuo, un po' come ha fatto lei per tanto tempo, signorino William".

Chiuse gli occhi, annuendo alle sue parole: "Concordi con me, dunque, che siamo incompatibili? Al mio fianco sarebbe legata a una vita che non le appartiene, tanto quanto lo sono io".

"Dunque ne avete già parlato e la signorina le ha dato il suo parere?". La domanda aveva una sfumatura provocatoria che non gli sfuggì e comprese che sarebbe andato a parare esattamente dove lo faceva anche Anthony.

Sospirò, ammettendo infine l'amara verità: "Ho così paura di farle del male che non ho mai trovato il coraggio di chiederglielo. E ho sperato... fino all'ultimo che tornasse con Anthony. Nulla mi renderebbe più sereno che vederli felici insieme".

I passi di Georges gli indicarono che si stava di nuovo avvicinando alla scrivania e Albert si voltò per ascoltarlo: "Signorino William, tutto ciò le fa molto onore e mi creda quando le dico che comprendo perfettamente il suo desiderio di vedere felici le persone a cui tiene a costo del suo stesso benessere". Si riferiva a Rosemary, ne era certo. "Ma non sempre i nostri ideali si rivelano la scelta migliore. A volte, parlare con chiarezza può essere d'aiuto a capire meglio chi amiamo".

Il cuore di Albert cominciò a battere forte e una nuova, potente sensazione gli bruciò il petto propagandosi in ogni fibra del suo essere: c'era davvero, in quel mondo, una possibilità per lui e Candy? Era stato sul serio così cieco da fuggire di fronte a un'opportunità concreta?

"Non... Lei vorrà continuare a fare il suo lavoro, se dovesse accettare di essere mia moglie...". Oddio, si era appena riferito a Candy come 'moglie'? Le mani gli tremavano al solo pensiero e un sudore freddo gli imperlò la fronte. Era quella l'anticamera della gioia più grande che potesse provare?

Georges dovette accorgersi della sua reazione a malapena contenuta, perché sorrise bonario: "Lei è comunque il patriarca e può decidere liberamente per se stesso e per la sua famiglia. Non ci sarebbe nulla di male in una signora Ardlay che fa volontariato in un ospedale".

Il sorriso gli sorse spontaneo e Albert sentì quasi le lacrime salirgli agli occhi: stava accarezzando il sogno e la luce che emanava era accecante e meravigliosa. Parlarne aveva reso tutto più plausibile, più reale. D'altronde, che senso avrebbe avuto continuare a sperare che Candy si riavvicinasse a Anthony dopo che era riuscita a lasciarsi alle spalle persino Terence? Non gli aveva forse confessato che era lui che stava cercando a Rockstown e non si era neanche fermata per parlare con l'attore?

Sì, l'anno nuovo sarebbe stato foriero di cambiamenti. Avrebbe parlato con Candy e le avrebbe aperto il proprio cuore. Sarebbe stato davvero da sciocchi non darsi quell'opportunità.

 
- § -
 
 
Gennaio 1920

Anthony trascinò Candy dove la neve era più alta e presto furono sommersi fin quasi alle ginocchia.

"In questo lato del giardino non abbiamo ancora spalato, ma almeno abbiamo abbastanza materiale per un pupazzo gigante!", disse cominciando a raccoglierla.

"Di' la verità, hai chiesto tu allo zio William di non spazzare la neve da questo lato, perché volevi proprio fare questo!", lo schernì Candy prendendone un mucchio e posizionandolo accanto al suo.

Le fece l'occhiolino e lavorò con lei in silenzio per qualche istante, scoccando un'occhiata distratta alla villa. Sapeva che l'incontro tra Candy e Albert non era stato che il preludio a un discorso molto più serio, ma comprese anche che lo zio voleva che Candy fosse a suo agio, dopo tanto tempo senza parlarsi.

Il fatto che Annie e Archie fossero impegnati altrove con i preparativi del loro matrimonio non aiutava di certo, tuttavia non erano soli in casa, considerando la discreta servitù e una zia Elroy così riluttante alla presenza di Candy che si era chiusa in camera sua adducendo al solito mal di testa.

Non era stato affatto facile convincerla a raggiungerli a Chicago, ma era perlomeno riuscito a fare con lei un discorso serio mentre ancora erano alla Casa di Pony.

"Candy, a breve forse mi trasferirò definitivamente a Naperville per seguire la realizzazione dell'azienda. Ma prima devo chiederti se saresti disposta a seguirmi fin lì, o se tra noi è finita per sempre". Aveva dovuto raccogliere tutto il coraggio rimanente per farle quella domanda così diretta e lei lo aveva fissato con gli occhi spalancati.

Non gli sarebbe servito neanche ascoltare la risposta, tuttavia lo fece: "Anthony... mi dispiace... io... non posso più... non è come prima".

"Bene, lo immaginavo", aveva detto con un filo di voce. E sì, aveva fatto male sentirlo. Ma un po' meno di qualche anno prima. Forse, il tempo avrebbe davvero sanato le sue ferite, un giorno. "Ti giuro che è l'ultima volta che te lo chiedo, Candy, anche perché vorrei che rispondessi a un'altra domanda".

E quando gliel'aveva fatta, quella domanda, i suoi occhi avevano brillato e le mani le erano salite al cuore. Non aveva potuto dire nulla, sembrava sopraffatta. Stupita, sconvolta. Però non aveva insistito e le aveva solo chiesto di fidarsi di lui e di seguirla fino a Chicago.

"Devi rivederlo e chiarirti. Dovete chiarirvi. Prima di andarmene voglio sapere che perderti per sempre ha perlomeno un motivo valido".

In realtà, era stato proprio Albert ad accennare alla possibilità di invitare Candy alla villa, visto che non avevano potuto darle i loro regali di Natale, e lui si era offerto di andarla a prendere con il loro autista. Suo zio gli aveva rivolto uno sguardo strano, che gli era parso una sorta di domanda implicita.

Ma cos'altro poteva dirgli, senza infliggersi ulteriore sofferenza? Sì, la amo ancora, pur se sto accettando il fatto che non l'avrò mai. Ma non c'è più nessun Terence da tempo e lei mi vede ancora come un amico. Quindi? Non abbiamo già avuto una conversazione simile in macchina solo l'anno scorso?

Forse doveva andarsene subito: per quanto desiderasse la loro felicità, non aveva voglia di vederli innamorarsi sotto ai suoi occhi. Preferiva che accadesse mentre lui era lontano, per tornare quando tutto si fosse compiuto. Allora, forse...

"Sei a mille miglia da qui e la testa di questo pupazzo è già più grande del corpo". Anthony abbassò lo sguardo sulle proprie mani guantate e vide che aveva rotolato così tanta neve da aver creato una specie di piccola valanga.

"Accidenti, che sbadato!". La risata argentina di Candy lo riportò indietro nel tempo. Fu doloroso e struggente, tuttavia non avrebbe fatto passi indietro. "Bene, ne rifarò un'altra, ma quando abbiamo finito qui voglio darti il mio regalo".

Candy smise di ridere e si portò le mani alle labbra: "Oh, Anthony, io non ho un regalo per te! E neanche per Albert!".

Lui le si avvicinò, prendendole le mani. Avrebbe voluto togliere i guanti a entrambi per sentire la morbidezza della sua pelle contro la propria un'ultima volta, ma fu un pensiero fugace che respinse con decisione: "C'è un solo regalo che puoi fare a tutti e due, Candy. Prima il mio". Lo sguardo quasi spaventato di lei gli indicò che forse stava fraintendendo le sue parole, così si affrettò a spiegarsi: "Promettimi che sarai felice, d'ora in poi. E che parlerai con Albert".

"Ma lui non...".

Anthony le pose una mano sulla guancia, in un gesto di affetto: "Ti ama disperatamente, Candy, solo che teme di legarti a un mondo che non ti appartiene".

L'espressione di Candy si ammorbidì, divenne commossa, colma di emozione e comprese di non aver sbagliato.

"Te l'ha detto lui?".

Annuì, incapace di mentirle: "Albert sperava che tu ti innamorassi di nuovo di me, dopo la fine della tua storia con Terence. Ci vedeva insieme ed era convinto che noi... ma tu sei stata piuttosto chiara fin da subito. Ha cercato di reprimere qualcosa che credeva persino immorale nei tuoi confronti, come se undici anni di differenza potessero davvero essere d'ostacolo. Ricordo ancora quando vivevate insieme".

Candy socchiuse le palpebre, come riflettendo: "Io pensavo che lui stesse cercando di dimenticarmi perché non poteva legarsi a una... come me!".

Anthony si accigliò: "Una come te? Candy, sai benissimo che a nessuno di noi è mai importato nulla delle tue origini, che sono le stesse di Annie".

"Lo so, lo so...", si affrettò a chiarire. "Ma lui ha delle responsabilità e so che la zia Elroy non mi sopporta! Ti rendi conto delle implicazioni che ci sarebbero se davvero lui...?". La voce si affievolì e il rossore le salì alle guance.

Anthony sospirò e rise con una punta di amarezza: "Siete due testoni: lui pensava alle implicazioni legate alla tua libertà. Tu a quelle familiari. E io qui in mezzo a fare da Cupido. La mia ricompensa nella prossima vita dev'essere davvero alta per farmi sopportare tutto questo!".

Candy divenne seria: "Mi dispiace, Anthony. In passato sono stata ingenua, ti ho persino raccontato di Terence...".

"Non lo hai fatto anche con il prozio William? Una volta mi ha accennato a un diario e... penso che tu gli abbia parlato persino del tuo principe di quando eri bambina, quando vivevate insieme".

"Ma quello era lui!".

"Sì, ma non lo sapeva", fece spallucce. "E comunque ora basta recriminare il passato. Non credere che tutto questo non mi faccia soffrire, ma adesso promettimi che farai ad Albert il regalo di essere sincera e di ascoltarlo. Penso che sia pronto a parlarti, senza più fuggire".

L'espressione di Candy si addolcì e fu lei a sfiorargli il viso, in un tocco che gli ricordò quasi quello di sua madre e lo commosse fin nel profondo.

"Tu e lui siete così simili! Non intendo solo fisicamente. Entrambi avete così a cuore la mia felicità che fareste di tutto, anche rendere infelici voi stessi".

"Beh, Candy, nel mio caso ho provato a riconquistarti con tutte le mie forze, se non te ne fossi accorta. Sono stato geloso e persino possessivo, a volte. Lui invece non ha mai tentato neanche di aprirsi con te, per timore di farti del male".

"Siete speciali e io vi amo entrambi!", disse con passione, le lacrime che brillavano negli occhi. "Volevo tanto che il mio cuore scegliesse te, ma era come se tu pretendessi di dimenticarti di me... Il giorno in cui troverai una ragazza, mi accerterò personalmente che sia adatta a te".

Anthony s'impose di sorridere, mentre le asciugava gli occhi e desiderava solo piangere a sua volta. Nemmeno Josephine, con la sua dolcezza e dedizione, era riuscita ad aprire la benché minima breccia. Non fino a quel momento, perlomeno.

"Ti giuro solennemente, però, che l'unica rosa con un nome sarà la tua. Nel mio giardino c'è e ci sarà sempre una sola Dolce Candy".

L'accolse con gioia e dolore fra le braccia, quando vi si gettò piangendo. La strinse, le ripeté che andava tutto bene, attese che lei si calmasse. Allora la prese per mano.
"Dove mi porti?".

"A vedere il tuo regalo, ma dovrai correre". Si volse, per non mostrarle le lacrime, e si beò ancora una volta della sua risata divertita per quello che pensava fosse una specie di gioco.

In realtà, aveva bisogno di dirle addio, facendo sì che l'aria fredda dell'inverno congelasse il pianto nei suoi occhi prima che potesse diventare visibile. Lasciò che lo rincorresse, chiamandolo, finché non riuscì a dominarsi abbastanza da entrare in casa.

 
- § -
 
 
Albert aveva visto abbastanza.

Era certo che stessero parlando di qualcosa d'importante, specie quando Candy si era gettata fra le braccia di Anthony piangendo. Non gli era sfuggito il modo in cui si guardavano. Né i sorrisi che avevano condiviso prima di cominciare a correre come ragazzini sulla neve.

Si erano riconciliati, ne era certo.

Alla fine, Anthony ce l'aveva fatta e aveva riconquistato il cuore di Candy. E lui, troppo grande e troppo legato per uno spirito libero come il suo, doveva fare ciò che andava fatto fin dall'inizio.

Non più viaggi lunghi e ritorni pericolosi che l'avrebbero ricondotto a lei. Ma un periodo sabbatico in Africa, per costruire una clinica o solamente per avvicinare l'ennesimo leone e rendersi conto se davvero riusciva a domarlo o sarebbe finito sbranato.

Si diresse a grandi passi verso l'ufficio attiguo al proprio, dove lavorava Georges, deciso a organizzare subito il viaggio, ma dovette fermarsi.

Il dolore lo trafisse e una lacrima silenziosa gli solcò il viso. Poggiò le mani alla mensola del camino, cercando di dominarsi, maledicendosi perché ci aveva creduto davvero, dannazione! E invece la complicità tra Candy e Anthony era lì, nelle immagini che erano ancora vivide davanti ai suoi occhi; nelle voci divertite in corridoio mentre salivano le scale; nel silenzio che seguì quando sentì una porta richiudersi.

Di certo, dietro quella porta, Anthony si stava dichiarando formalmente a Candy per chiederle la mano.

Grazie, Anthony, grazie per averci provato. Ma alla fine avevo ragione io.
 
 
   
 
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