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Autore: Shadow writer    06/05/2023    0 recensioni
Tridell è una moderna metropoli in cui nessuno è estraneo a scandali e corruzioni. Una giovane donna, abile nell'uso delle vie più o meno lecite, si è fatta strada fino alla vetta di questo mondo decadente.
Dalla storia:
“La duchessa viveva in periferia.
Il suo era un palazzo dall’esterno modesto, circondato da una striscia di giardino prima del grande cancello metallico. Chiunque avesse avuto l’onore di entrarvi, parlava di stanze suntuose, pareti affrescate, una grande corte interna, in cui si innalzava una fontana zampillante decorata da statue di marmo bianco. […]
Chi lei fosse veramente, non si sapeva. Che non avesse davvero il sangue blu, questo era quasi certo, ma nessuno osava contestarlo.
La verità sul suo conto, qualunque fosse, non era nota al pubblico, e alla gente piaceva guardare a questa donna enigmatica nel costante sforzo di capire chi fosse, senza mai riuscirci.”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La duchessa '
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L'asta



L’asta si teneva in un palazzo del centro. Dall’esterno, l’edificio pareva una grande vetrata incorniciata da strutture in legno. Non era molto alto e rifuggiva linee troppo appuntite e spigolose. L’architetto voleva forse dare l’idea della fluidità mediante quelle strutture rivestite di legno ben levigato e arrotondato.

«Questo è nuovo» commentò Emily guardando del finestrino dell’auto che li stava accompagnando.

Al suo fianco, Alexander si piegò per guardare a sua volta all’esterno. «Ricordo il cantiere. Hanno fatto un bel lavoro».

L’auto superò la piccola folla che si era radunata davanti all’ingresso del palazzo e continuò a muoversi verso il retro. Dato che ormai era buio, le luci all’interno permettevano di scorgere gli invitati che si muovevano per le sale del palazzo fino a raggiungere quella in cui si sarebbe svolta l’asta, all’ultimo piano, già piuttosto gremita, benché l’evento non fosse ancora iniziato.

«Siamo arrivati» annunciò Roman, dal sedile del passeggero, ed Emily lanciò un’occhiata fuori.

Tanto era magnificente l’edificio da davanti, tanto appariva comune dalla via in cui si erano fermati. L’unico lampione, dalla luce flebile e tremolante, illuminava un cassonetto dell’immondizia, posizionato poco lontano dalla porta scura che conduceva all’interno.

Scesero tutti dall’auto e si diressero verso la porta.

«Siamo in anticipo?» chiese Emily, scoccando uno sguardo accigliato alla maniglia.

Roman controllò l’orologio e scosse il capo.

«Siamo rimasti chiusi fuori?» domandò Alexander. Anche se era stato coinvolto nelle ultime discussioni tra la duchessa e il suo aiutante, ciò non significava che fosse a conoscenza di ogni loro mossa, anzi. A volte pensava che fosse meglio non conoscerle per riuscire a dormire meglio la notte.

Inoltre, l’idea di rivedere Camille lo aveva turbato abbastanza da faticare a pensare ad altro. Aveva ripetuto nella sua mente il discorso che le avrebbe fatto decine di volte e ognuna gli sembrava insoddisfacente. Emily gli aveva proposto di ignorarla, ma sapeva lei stessa che quella proposta non sarebbe stata accolta. Alex si sentiva ancora troppo in colpa per il suo comportamento.

«Stiamo solo aspettando il nostro aiutante speciale» gli rispose la ragazza, alzando gli occhi per rivolgergli un sorriso. Gli posò il palmo sul petto, esercitando una leggera pressione, quasi volesse stringersi a lui. «Arriverà».

Come se l’avesse previsto, sentirono dei passi all’interno, seguiti dal rumore di qualcuno che armeggiava con la porta.

Alexander raddrizzò la schiena, improvvisamente all’erta. 

Quando la porta si aprì, sulla soglia comparve un giovane uomo alto, dai capelli scuri e gli occhi di un azzurro intenso. Indossava uno smoking nero che lo faceva apparire completamente diverso dal tipo di “aiutante” che Alexander si era immaginato. L’altro incrociò il suo sguardo e trasalì, ma spostò in fretta la propria attenzione su Emily e Roman. 

«Venite. Manca poco all’inizio ormai» disse loro e tenne la porta aperta per farli entrare. La sua voce aveva una cadenza che non sfuggì ad Alexander e, mentre camminavano per quello che pareva un magazzino, l’uomo fu colto da un’illuminazione.

Prese Emily per un braccio per farla avvicinare a sé e le bisbigliò: «Che cosa c’entra Tristan con voi?»

Lei roteò gli occhi, seccata di essere stata fermata. «Non ora, Alex».

Lui la fulminò. «Quello era il migliore amico di Camille… mi stai dicendo che…» la sua voce si interruppe, mentre scrutava il volto di lei in attesa di conferme.

«Non ora» gli ripeté a denti stretti e lo prese per mano per condurlo verso Roman e Tristan, che ormai avevano raggiunto la porta del magazzino e li stavano aspettando.

Si ritrovarono in un corridoio scuro, che terminava con delle scale che portano fino all’ultimo piano. Salirono solo una rampa, poi Tristan li guidò attraverso un altro corridoio, fino a fermarsi davanti a un ascensore dalle porte dorate.

«L’ascensore porta direttamente alla sala dove si tiene l’asta, ma quest’ala è stata chiusa per stasera, quindi nessuno si aspetterà di vederlo in funzione» disse loro.

C’era esitazione nella sua voce e il modo in cui guardava Emily e Roman tradiva una certa apprensione.

Lei gli fece un cenno di ringraziamento e si voltò verso Alexander. Gli occhi scuri della ragazza gli stavano facendo una domanda ben precisa e lui lo sapeva. 

Sei con me? Era questo che Emily voleva sapere. O meglio, era questo ciò di cui la duchessa aveva bisogno. Quella sera serviva per riconfermare il suo potere e nessuno poteva dimostrare incertezza nei suoi confronti. Quella sera tutti dovevano servirla senza fare domande.

Lui le rispose con un cenno di assenso e la ragazza pigiò il bottone di chiamata dell’ascensore. Subito si aprì davanti a loro e i due entrarono, prendendo posto.

«Ci vediamo di sopra» li salutò Roman e le porte dorate si chiusero sul suo sorriso ammiccante.

L’ascensore si mise in moto e un piccolo schermo si illuminò per indicare il piano in cui si trovavano.

«Da quanto Tristan lavora per te?» domandò Alexander fissando il proprio riflesso distorto sul metallo delle porte di fronte a lui. 

Emily gli rispose senza voltarsi: «Vuoi davvero parlarne ora?»
«Voglio solo che tu risponda alla domanda. Non rovinerò la tua serata, qualsiasi sia la risposta».

Lei sbuffò. «L’ho contattato più di un anno fa.»

Alexander sgranò gli occhi, ma non replicò. Quando aveva incontrato Tristan appena uscito dal carcere, lui già lavorava per Emily. Ricordava la sua partita di tennis contro Camille, a cui aveva assistito insieme a Gerald Lefebvre e poi di essere stato nel palazzo della duchessa proprio in sua compagnia. E non si era accorto di niente.

Un suono squillante fece capire che avevano raggiunto l’ultimo piano, così si preparò ad andare in scena prendendo la mano di Emily.

Le porte si aprirono, rivelando una sala ampia e affollata. Qualcuno si era voltato con curiosità verso l’ascensore per via del suo rumore, ma la maggior parte delle persone non aveva distolto l’attenzione da ciò che stava facendo. Alcuni stavano prendendo da mangiare o da bere dai lunghi tavoli sistemati in un lato della stanza, la maggior parte della gente stava chiacchierando con qualcuno, mentre altri si erano già sistemati sulle sedie disposte di fronte al piccolo palco destinato all’asta.

Guidato delicatamente dai movimenti di Emily, Alexander scese dall’ascensore e rimase qualche secondo immobile al suo fianco mentre le porte si richiudevano alle loro spalle. Quei pochi secondi furono sufficienti per moltiplicare gli occhi che si posavano su di loro.

In breve tempo, la sala fu percorsa da un brusio che portò l’attenzione di tutti a sposarsi sui nuovi venuti. Il vociferare si fece sempre più intenso, fino a che, di colpo, quando tutti li stavano guardando, calò il silenzio.

Alexander percorse rapidamente la sala con lo sguardo. Riconobbe alcuni volti familiari, che lo fissavano allibiti, curiosi, sospettosi e perfino emozionati. Gli occhi dell’uomo attraversarono la sala, fino a che la trovarono. Camille se ne stava in piedi poco lontano da loro. La sua altezza e l’abito azzurro ghiaccio che indossava la facevano risaltare tra la folla di smoking scuri. Lo stava fissando con uno sguardo che Alexander non seppe decifrare subito. La donna teneva in una mano un bicchiere di champagne, che ondeggiò pericolosamente tra le sue dita, prima di scivolare a terra e frantumarsi.

Lei sussultò, come se si riprendesse da un brutto sogno.

Il rumore del vetro che andava in pezzi aveva risvegliato anche la folla dall’ipnosi collettiva. L’attenzione di tutti continuò a essere su Emily e Alexander, ma in modo più discreto e dissimulato, e le conversazioni ripresero così come i movimenti delle persone nella sala, nascondendo Camille dalla vista di Alexander.

 

L’iniziale stupore della folla si sciolse rapidamente. Prima ancora dell’inizio dell’asta, donne strizzate in abiti eleganti e uomini che si atteggiavano da amici di lunga data, si erano contesi il posto per parlare con la duchessa.

«Emily!» la chiamavano, come se ormai fossero autorizzati a usare quel nome dopo la rivelazione in TV.

Alex era rimasto al suo fianco, ma presto si era accorto che la sua presenza sarebbe stata semplicemente accessoria, se non di impaccio. Emily aveva i propri contatti, ma anche lui non era da meno. Lasciò che fossero i suoi vecchi conoscenti a raggiungerlo, intavolando conversazioni con i pretesti più stupidi, solo per passare del tempo al suo fianco. 

I primi ad avvicinarsi erano stati quegli avvocati che lui sapeva corrotti, o comunque quelli meno portati per la moralità. Aveva ingoiato il proprio orgoglio e cercato di trattare tutti in modo cordiale. Sapeva di essere loro superiore, ma non per il suo maggiore senso etico - come avrebbe voluto - ma perché lui era entrato nella sala a fianco al vertice più alto di quel sistema di corruzione e minacce.

Il battitore aveva dovuto annunciare che l’asta era stata ritardata di qualche minuto, perché nessuno pareva disposto a prendere posto e iniziare.

Alexander scorse Roman infilarsi nella sala ad un certo punto e affiancare Emily. Quella novità parve emozionare ancora di più la folla, che non aveva mai capito quale relazione ci fosse tra i due e in quel momento pareva ancora più intrigata, considerata la presenza di ben due accompagnatori per la duchessa.

L’uomo si assicurò che nessuno lo stesse guardando – e fu difficile attendere il momento opportuno – prima di infilarsi al di là di una spessa tenda che copriva la terrazza adiacente alla sala.

Era uno spazio ampio, da cui si scorgevano gli edifici principali del quartiere abbozzati nella notte.

Era stata schermata dalla tenda, che doveva renderla inaccessibile durante l’asta, e c’era una sola persona oltre a lui. 

Nonostante l’aria fredda, Camille non aveva indossato nulla sopra al suo abito azzurro ghiaccio e se ne stava vicina al parapetto, con la gonna di chiffon che il vento agitava intorno alle sue gambe.

Quando lo sentì avvicinarsi, si voltò di scatto e la sua espressione si fece ostile.

«Che cosa vuoi?»

L’uomo fu colpito dalla sua voce. Non pareva arrabbiata, solo stanca.

«Vorrei parlarti» replicò, fermandosi a pochi passi di distanza.

Camille lo trafisse con lo sguardo. «Sei qualche anno in ritardo».

«Lo so. Il mio discorso consiste principalmente in scuse».

Lei riportò gli occhi stanchi sulla vista davanti a sé. «E hai pensato di portarmi le tue scuse rovinando la mia serata?»

Alex esitò, consapevole che lei aveva ragione.

«Quanto ancora vuoi rovinare la mia vita?» continuò la donna.

«Questa è l’ultima volta che ti disturberò, te lo prometto».

Lei fece una smorfia amara che lo colpì. Non l’aveva mai vista con il viso così contorto dal dolore. «Non fare promesse che non puoi mantenere» gli disse. «Basta che quella ragazzina ti dica di fare qualcosa e sarai pronto a eseguire, anche a costo di farmi del male».

Alexander prese un respiro profondo. Non voleva rispondere in modo affrettato. «Ti sbagli. E lei non è la persona che credi».

Camille fece una smorfia. «Oh, giusto. Non si sa mai cosa nascondano le persone».

«Mi dispiace per tutto il dolore che ti ho provocato. Vorrei averlo evitato. Pensavo di proteggerti tenendoti all’oscuro di tutto. Pensavo di poter costruire una vita con te. Mi sono sbagliato e ti ho fatto soffrire in modo che le mie parole non potranno mai giustificare».

La donna sospirò e si allontanò dal parapetto. «Ho letto le tue lettere, Alexander, non c’è nulla di nuovo che tu mi possa dire. Né nulla che io ti voglia dire».

Lui la seguì con lo sguardo mentre tornava verso la vetrata. 

«Devo rientrare, Tristan mi starà aspettando» gli disse, prima di dargli le spalle.

«Camille» la richiamò lui, facendo un passo verso di lei. La donna si voltò impercettibilmente.

L’uomo esitò un istante e i suoi occhi indugiarono sul volto perplesso e interrogativo di lei.

«Stai attenta» le disse. «Non si sa mai cosa nascondano le persone».

Lei gli rivolse un ultimo, esausto, sguardo, e scomparve al di là della tenda.



 

   
 
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