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Autore: jung_lia0812    06/05/2023    0 recensioni
Faithbridge era una volta una delle città più verdi e luminose del mondo intero. In quella terra tanto felice e tranquilla la vita scorreva serena, sotto la guida di un saggio e giusto sovrano. Ma era una pace purtroppo effimera e destinata a finire. Tutto accadde una primavera, pochi mesi dopo la morte del re. Il fratellastro del principe ereditario, così ambizioso e desideroso di indossare la corona, sicuro di meritare il trono più del legittimo erede, decise di macchiarsi del sangue di suo fratello. Pugnalò a morte il sangue del suo sangue, solo per la sua sete di potere. E quello non fu che l'inizio della sua maledizione. Quella che prima era una sola, e minuscola, macchia di male nel suo cuore, si espanse fino ad avvolgerlo completamente, a consumarlo. Di lui non rimase altro che quello, male puro. La famiglia reale, portatrice di quel sangue maledetto ed impuro, era destinata a sottomettersi al male. Nessuno di loro riusciva a resistere al suo richiamo. All'armonioso richiamo dell'oscurità.
Di sovrano in sovrano, secolo dopo secolo, egli non poté essere sconfitto ma soltanto rinchiuso e messo a tacere, grazie al sacrificio dell'ultimo protettore dell'Ordine dei Cavalieri.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano ormai trascorsi mesi da quando Liam aveva fatto ritorno nella sua linea spazio-temporale, e la vita aveva ripreso a scorrere serena come un tempo. Lui era andato avanti, beh almeno così raccontava a sé stesso. In realtà non aveva dimenticato affatto, e non riusciva a costringersi a farlo. In università lo conoscevano tutti. E non per le ragioni che la gente potrebbe pensare. Non era quello popolare, per cui le giovani donne perdevano la testa. Anzi, era lui che aveva perso la testa. Più volte aveva fermato ragazze, appena incrociate nei corridoi, solo perché aveva, per un attimo, visto il volto della principessa al posto del loro. Aveva perso il conto delle volte che si era dovuto scusare e difendere da accuse fasulle di stalking. Non era colpa sua, non riusciva ad evitarlo. La vedeva ovunque ed anche quando incontrava altre ragazze finiva sempre per paragonarle a lei. Eppure non era stato così, quando aveva perso Ronny, che conosceva da molto più tempo. Si odiava per questo, ma non riusciva a smetterla. Perché la verità era che lui continuava a credere che un giorno avrebbero potuto stare insieme, che fosse nel suo tempo o in quello di lei. Non riusciva ad arrendersi.
Anche quella mattina, come era già capitato centinaia di volte, aveva seguito una ragazza tra i corridoi affollati della sua università. L’aveva fermata per poi scoprire che non somigliava neanche lontanamente ad Euphemia.
Hanna intervenne prima che succedesse il disastro. «Devi scusarlo, ti ha confusa con un’altra ragazza.» disse alla studentessa, che sbuffò e proseguì per la sua strada senza replicare.
Liam sorrise nervosamente alla sua amica. «Grazie.»
Lei sospirò seccata. «Tu devi farti curare da uno bravo.» gli disse rimettendosi in cammino.
Liam la seguì. «Mi dispiace… credevo– »
  «Davvero di averla vista stavolta.» lo anticipò lei. «Lo dici tutte le volte ed invece va a finire così. Ti fissano tutti, vedi? Guarda che è grave, non dovresti prendere la cosa sottogamba. Dovresti parlarne con uno specialista.»
  «Lo so, che credi io sia pazzo, ma lei esiste.» insistette Liam.
Hanna sospirò di nuovo. Si fermò solo per voltarsi e guardarlo dritto negli occhi. «Liam, ti conosco da tutta la vita praticamente, non c’è mai stata nessuna ragazza dai capelli rossi. Te la sei sognata, cerca di tornare in te. O non potrò più farmi vedere insieme a te.»
Liam rimase fermo tra gli altri studenti, mentre Hanna proseguì senza guardarsi indietro. Lo sapeva anche lui che doveva fare qualcosa, ma non aveva il coraggio di parlarne col Gran Maestro né con i suoi genitori. Aveva paura che gli dessero una risposta negativa, perciò non ci provava mai veramente ad affrontare il discorso.
Imbarazzato dagli sguardi che ancora erano puntati su di lui, Liam si diresse al dormitorio e se ne tornò rapidamente alla sua stanza, pregando che il suo coinquilino non fosse stato lì.
Aprì la porta ed entrò. La richiuse immediatamente con tutta l’intenzione di buttarsi sui libri per cercare di non pensare, di distrarsi. Ebbe un sussulto quando se la trovò davanti. Euphemia era seduta sul suo letto, quello più in fondo alla stanza. Indossava una delle sue magliette dei supereroi. Proprio come nei suoi ricordi. Liam prese un bel respiro e proseguì verso la sua scrivania, decidendo semplicemente di ignorare la cosa, anche se era palese che non sarebbe mai riuscito a concentrarsi. Odiava la sua mente perché gli giocava quei brutti scherzi.
Come se non bastassero le sue visioni, non appena si sedette, la porta si aprì ed il suo coinquilino Jay entrò parlando a telefono a voce altissima, fregandosene di Liam, che cercava di studiare.
  «Per favore puoi abbassare la voce?» chiese Liam al coinquilino, senza fare troppe polemiche.
Jay, un po’ seccato, salutò la persona all’altro capo della cornetta e chiuse la chiamata. «Scusa amico. Comunque potevi dirmelo che avevi ospiti. Sai che esiste il cartello “non disturbare” vero?» disse riponendo il telefono in tasca.
Liam scattò in piedi e si voltò alle sue spalle, verso il suo letto. Euphemia lo guardava con le braccia incrociate. «Tu la vedi?»
  «Sì, non dovrei? Ah ho capito, va bene farò finta di non averla vista con i vigilanti, tranquillo.» disse Jay poi provò ad avvicinarsi ad Euphemia. «Wow, devi dirmi che prodotto usi per i capelli, sono così lumino– »
Liam lo spinse verso la porta e lo buttò praticamente fuori. «Mi dispiace. Hai ragione avrei dovuto mettere il cartello. Ti chiamo quando puoi rientrare.» gli disse e chiuse a chiave, così che lui non potesse riaprirla.
Tutto ciò che gli sentì dire fuori la porta fu: «Hanno ragione, è proprio pazzo.»
Ma a Liam non importava. Lei era lì, questa volta per davvero. Non se la stava immaginando. Euphemia si alzò dal letto e non riuscì a trattenere una leggera risata. «Perciò hai le visioni… », la sua voce non gli era mai parsa tanto reale.
Liam corse ad abbracciarla. Non gli sembrava vero che la stesse stringendo fra le sue braccia. Si sentì così sollevato, come se finalmente, dopo tanto tempo, lui potesse davvero respirare. «Sei qui.» sussurrò.
Lei annuì strusciando il mento sulla spalla di Liam che quasi la stava soffocando. Liam la lasciò andare solo per poterle afferrare il viso tra le mani. «Non ci posso credere.» disse continuando a scrutarla come per controllare ancora che fosse reale. «Come sei arrivata qui?»
Euphemia si staccò le sue mani dal viso e si sedette sul letto. «Ho memorizzato l’incantesimo che hai pronunciato quando te ne sei andato. Non credevo avrei davvero avuto bisogno di usarlo.», la principessa non sembrava avere un aspetto molto felice.
Liam si sedette accanto a lei. «Qualcosa non va? Non ha funzionato?»
Euphemia scosse la testa. «Ha funzionato, ma le cose non vanno bene comunque.» disse. «Mio padre non si è mai ripreso completamente. I suoi organi sono danneggiati, dopo anni di possessione. Perciò ho chiesto aiuto al Gran Maestro. Voi avete tecniche mediche più avanzate delle nostre. Lui ha accettato di fare uno scambio.»
  «Uno scambio?»
  «Ha detto che sarei potuta restare qui, e lui preso il mio posto nella mia dimensione spazio-temporale.»
  «Ma il Gran Maestro serve qui… »
Lei annuì. «Vero. Per questo tuo padre ne farà le veci.»
Liam sembrava perplesso, ma, in quel momento, niente contava più di lei. «Quindi, per quanto resterai?» le domandò, anche se non era sicuro di voler sentire la risposta.
  «È così importante per quanto tempo?» replicò lei con un’altra domanda.
Liam scosse leggermente la testa e poi le sorrise. «Hai ragione.» disse abbracciandola. «Sono solo felice che tu sia qui. Però c’è una cosa che devo dirti.»
Euphemia lo allontanò per guardarlo negli occhi. «Cosa?»
Liam esitò, ma alla fine trovò il coraggio di parlare. «Sono ancora un licantropo.» confessò timoroso della sua reazione.
Ma la principessa non era arrabbiata, era perplessa. «Ma… il medaglione ha assorbito tutto il male, tutte le creature. Anche tu dovresti essere guarito, come gli altri infetti.»
  «E invece no.» disse. «Ma tranquilla, non mi sono trasformato, non ho fatto del male a nessuno.»
  «Non capisco… Se non ti sei trasformato, come fai a dire che sei ancora un licantropo?»
Liam s’indicò il naso. «Il mio fiuto e gli altri sensi, sono ancora piuttosto sviluppati.»
  «Ma non ti hanno aiutato a capire che questa visione… », indicò sé stessa. «… fosse reale.»
Liam sorrise. «Giusto… beh la mia mente mi ha giocato un paio di brutti scherzi purtroppo.» disse e poi tornò a guardarla serio. «Non puoi neanche immaginare quanto tu mi sia mancata.»
  «Credo di averne un’idea.» disse lei.
Si abbracciarono di nuovo cercando di trattenere le lacrime di gioia, poi si baciarono per tutti quei mesi che erano stati separati.
   
 
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