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Autore: trullitrulli    13/09/2009    4 recensioni
Storia partecipante al Contest “…una visione tutta in rosa…” indetto da Sammy_Clearweater_, riveduta e corretta
I vampiri non ti faranno mai del male (forse). È forse vero che un vampiro non ha più un’ anima? Rosalie si è appena trasformata in vampiro, medita la sua vendetta, la compie in modo maniacale, rifiutandosi di bere il sangue delle sue vittime, perché non vuole che una parte di loro profani ed infami ancora il suo corpo. C’è un motivo se la parola crudeltà è al femminile.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al Contest “…una visione tutta in rosa…” indetto da Sammy_Clearweater_, riveduta e corretta, ogni commento è ben accetto ^^.

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Sospirò decidendo che quel luogo non le serviva ad alcun tipo di conforto, ne morale ne materiale. Se non fosse stata un vampiro
si sarebbe aspettata di sentire un pizzicore dietro agli occhi, e tuttavia il suo cambiamento di condizione non le impediva di essere affranta, offesa, furibonda e scossa dai singhiozzi.
Era stata spazzata via dal dolore fisico. In sole tre ore.
Ed essere diventata la cosa più incantevole che avesse mai visto era un sollievo insulso, ridicolo.
La sua trasformazione le lasciava aperte un infinità di scelte possibili, un infinità di tempo disponibile. Era più che bellissima, forte, sentiva la sua mente larga e pronta; se solo fosse stata umana avrebbe avuto il mondo in pugno.
Cosa voleva un donna di più.
Una casa sua.
Una famiglia sua.
Un figlio suo.
Un amore, vero.
Il nobile Royce, King[?]
Una creatura sgradevole all’interno di lei fremette nauseata all’idea di essere stata tra le mani del suo futuro sposo maniaco ed alcolista, di essersi lasciata raggirare dalla fantasia del lieto fine.
Nessuno più di lei avrebbe desiderato sputare sulle due parole lieto-fine. Non esisteva. Era un imbroglio crudele. Mostrava quanto i sogni fossero inutili e null’altro che abbagli fatali, cenere priva della robustezza della realtà.
L’influsso del mare non l’aveva scalfita ne distesa. Aveva osservato crescere dentro di se un’energia rabbiosa che, ad ogni ricordo sgradevole che si evocava da se, le risaliva alle unghie ed ai denti dalla voglia di fracassar qualche cosa.
Artigliava la roccia e la sbriciolava nel pugno in impulsi di violenza. Sentiva il bisogno di fare qualcosa di violento.
Frugò nella sua testa incredibilmente più spaziosa in cerca di qualcosa da immolare alla sua irritazione. E le venne in mente quasi subito.

 
Prima loro due.
Si disse come riassumendo una lista della spesa.

Poi tutti gli altri.
Si avvicinò ai due uomini con disinvoltura, leggiadra, con la calma minacciosa ed agghiacciante che precede una tempesta dalla violenza folle.

Poi King.
E a quel nome, la creatura viscida e sgradevole dentro di lei scoprì i denti facendole le fusa, molto compiaciuta.

 

Aveva fatto in modo che i suoi occhi restassero rossi e terrificanti, decisa a sfruttarsi sino in fondo. Non vista e non sentita balzò sulla cima di un lampione, felina, immobile e perfettamente silenziosa.
I due discutevano e passeggiavano. Erano appena tornati da un funerale, ed era chiaro quanto poco fossero dispiaciuti del triste evento.

Il mio funerale.
Rosalie era furiosa.
Chi aveva permesso che i suoi stupratori entrassero al suo funerale [?], che le rendessero addirittura omaggio! Che fossero giudicati abbastanza intimi per compiangerla.
Si sentì oltraggiata e tradita dai suoi genitori; avevano potuto permettere che quegli ebbri avvinazzati di wisky e chissà che altro fingessero di piangere sulla sua tomba!
La creatura ruggiva istigatrice, i suoi occhi saettarono sulla strada assicurandosi che il buio non fosse violato e fosse omogeneo.
All’improvviso entrambi scoppiarono a ridere, tese i suoi sensi verso di loro e ridusse gli occhi in due fessure malvagie, terrificanti, meravigliose.

Parlano di me.
Infatti facevano dell’ironia su come fosse un peccato che una ragazza così giovane e così carina fosse stata vittima di un rapimento dalla turpe fine o di chissà che. Scoppiarono di nuovo a ridere.
Rosalie raccolse a se tutti i ricordi che aveva di quella notte, le avrebbero dato la forza, la convinzione, e soprattutto la cattiveria per fare quello che stava per fare.
Appena i due oltrepassarono la bolla di luce del lampione, lei si gettò in avanti e fece in modo di atterrare proprio a pochi metri dalle sue prede.
Appena superarono l’ombra spessa ed intravidero un altro lampione videro una sagoma di donna in piedi, gambe divaricate, testa china, braccia inerti lungo i fianchi, le dita che si stringevano a vuoto attorno all’aria.
Avrebbe potuto ucciderli alle spalle, non avrebbero mai saputo cosa li aveva colpiti, ma lei voleva che lo sapessero, voleva che capissero quel che stava succedendo, schiuse la bocca con piacere crudele e sospirò ascoltando le fusa.
-Ehi- disse uno dando di gomito al tipo molto abbronzato che ricordava.
-Guarda un po’-
Rosalie alzò il mento così che potesse apparigli fiera e minacciosa, era vergognosamente bella anche nella rabbia.
-Oho- disse uno, spalancando le braccia come se volesse abbracciare un amico perso di vista, sorridendo ammiccante.
-Signorina- l’altro abbronzato accennò a scoprirsi il capo sollevando appena il cappello.
-Andare in giro a notte tanto inoltrata non le pare pericoloso?-
La sua cortesia annientò Rosalie, si lasciò sfuggire un suono gutturale animalesco, il primo indietreggiò di riflesso, era certa che sentisse tutto l’odio che emanava dalla sua persona, ma poi tornò ad insistere con lo stesso mezzo sorriso di prima, irritandola di più.
-No, non credo- mormorò a mezza voce, chiuse gli occhi.
Era disgustoso vederli, parlarli, come se non sapesse cosa fossero, far finta di bersi inerte ancora per qualche secondo la loro cortesia quando lei conosceva, in realtà, la loro essenza profonda. La loro violenza, le loro risate, il loro sesso, ed il loro alito alticcio e soffocante.
Quando si avvicinarono ancora un po’ rimasero senza fiato, e lei sapeva quale effetto avrebbe prodotto: ad occhi umani, lei era
l’apparizione della bellezza eccelsa.
Era sicura che pensassero che confrontando lei a quella Rosalie Hale di qualche notte passata era come mettere a confronto una dea ed un topolino!
Sollevò le palpebre, questa volta entrambi deglutirono, i loro cuori iniziarono a pompare con forza come dopo una corsa. Il primo rabbrividì.
-Oh bè…- disse il primo cercando di aggirarla, ma Rosalie non lo lasciò passare. Perché qualunque cosa avesse in mente prima, gli occhi rossi l’avevano completamente ribaltata.
Rosalie sapeva anche dell’avversione istintiva che gli esseri umani provavano per quelli come lei.
Si avvicinò alla distanza giusta.
Il secondo deglutì di nuovo.
Che l’avesse riconosciuta?
Sorrise appena, e li abbagliò.
Poi afferrò le loro teste con foga e le sbatté l’una con l’altra.
Una parte di se la acclamò per quella piccola, vile, vittoria personale.
Sentì subito lo sgretolarsi dell’osso del collo di entrambi, e si sentì ebbra di contentezza. Premette fin che non vide i cervelli schizzare in giro e le sue mani si raggiunsero, tra loro teneva una poltiglia putrescente disgustosa... ma di tutto ciò che le era rimasto in mano, lei vide solo il sangue.
Il rosso vivo ai suoi occhi gocciolava dolcemente spiccando tra tutto come un faro di segnalazione.
I corpi si abbatterono ai suoi piedi come bambole rotte, decapitati, e lei fece un passo indietro, spaventata.
Le tremavano le mani.
Aveva tanta sete, ma in difesa richiamò a se le scene della sua ultima notte di vita.
Non voleva dentro di se i suoi violentatori, i ricordi già bastavano.

 
Si disse che restavano da funestare le vite di altri tre uomini.
Non agì subito. Voleva che la notizia si spargesse e sortisse l’effetto, voleva che cominciassero a collegare le cose, e nulla di quel che fecero per difendersi riuscì a metterla in difficoltà.
Sulle loro teste pendeva una condanna a morte sicura dal giorno in cui era rinata più forte e lei non aveva che da sceglierne la data.
La sua vita era stata spezzata nelle mani di quei pazzi. Loro non avevano più il diritto di vivere, fintantoché avesse vissuto lei.
Quel pensiero le puntellava il cervello e, nonostante avesse una mente più ampia, i suoi ricordi si erano dilatati a tal punto che la invadevano tutta. Se fosse stata umana, Rosalie non dubitava che sarebbe impazzita tra i tormenti della vergogna e delle fantasie di vendetta.
Per il terzo riservò un mezzo infarto.
Non appena aprì la porta di casa sua e si trovò davanti i suoi occhi rossi si afferrò il cuore, spaventato. Lei non gli diede il tempo di urlare. Gli immerse le unghie nel ventre con energia e strappò con violenza qualcosa dall’interno.
Cadde in ginocchio. Lo picchiò e scoprì che le piaceva. Non c’era paragone a quella soddisfazione.
Una volta che ne ebbe estratto l’ultimo rantolo di agonia, una volta che lui letteralmente supplicò di morire lei lo uccise soffocandolo ed osservò i suoi occhi fuori dalle orbite spirare la sua anima.
Era stato più facile che sbudellare un cuscino, o squartare una bambolo con un coltello.
E decisa a rifiutarsi di bere il sangue delle sue vittime bruciò di sete per i suoi primi giorni di vita immortale, ma la cosa perdeva importanza di fronte ai mille castighi che le venivano in mente, anche se la sensazione era quella di avere dei ferri arroventati ficcati nel gozzo.
Il quarto fu abbagliato per strada da un suo sorriso. Rosalie scosse i capelli in un gesto di vanità superiore e gli si avvicinò tesa in una posa seducente.
A quello scappò un rantolo e un po’ di saliva gli colò dall’angolo della bocca e poi dal mento.
Gli si avvicinò a tal punto da dare l’idea di volerlo baciare, non si sarebbe rifiutato nemmeno in strada, nel cuore della notte.

Quel genere di uomini erano tutti uguali e disponibili. Lei doveva solo ben sfoggiare un po’ di se stessa.
Quando gli fu abbastanza vicina gli agguantò la mascella e la strinse fin che non sentì “crak”: l’uomo urlò, lei sembrava un ebete beata.
Gli spaccò il femore, e poi gli squartò il petto.

 
Mancava Royce; aveva sentito che si era chiuso in una cella di isolamento spaventato dalle coincidenze.
Tutti i suoi amici presenti a quella notte ammazzati, i loro corpi abbandonati senza cura di nasconderli, niente prove… si sentiva esposto anche così protetto. Era convinto di essere perseguitato da un fantasma.
Rosalie non voleva che le guardie all’ingresso penassero troppo la morte, ma neanche le interessava poi molto di dover uccidere due innocenti in più. Nessuna di loro seppe mai nulla di cosa li aveva uccisi, era certa che avessero solo notato il fruscio di sottane bianche del suo abito da sposa.
Prese la maniglia della porta e la staccò dai cardini.
Royce aveva sentito, era atterrito, appiattito in un angolo buio della cella squisitamente ammobiliata, e sembrava che il suo desiderio più intenso fosse quello di essere ingoiato dal pavimento all’istante, oppure di poter oltrepassare il muro con la sola forza della volontà e della paura.
Rosalie abbandonò la porta scardinata all’ingresso, i suoi occhi erano talmente sgranati e spiritati ed il suo passo talmente svelto mentre attraversava la stanza a larghe falcate verso di lui che King credette avesse fretta di ucciderlo.
Rosalie si sentiva molto impaziente di farlo, infatti, ma impaziente di farlo come si deve.
Per questo, solo per lui, aveva scelto di essere teatrale, e di recitare la parte dello spettro furioso che torna dall’oltretomba per
darsi pace: voleva vederlo piangere!
King piagnucolava nel suo angolo e tremava, attaccato a una tenda li vicino come alla sottana della mamma.
Le faceva pena, ma non più di quanto la disgustasse e lo odiasse, non era certo arrivata fin lì per farsi commuovere dai suoi squittii di paura!
Si fermò davanti a Royce che rantolava rannicchiato e chiuso su se stesso, con le mani a scudo sulla testa: tremava in modo vergognoso.
-Sei il fantasma di Rosalie Hale?- singhiozzò –Ti giuro che…-
-No- sbuffò.
-Cosa?!-
-No- ribadì seccata e si inginocchiò con un frullo di strati della gonna, che si gonfiò morbidamente.
-No- si sorprese di sembrare rassicurante –Non sono il fantasma di Rosalie Hale-
Royce iniziò a provare una cauta speranza, non piacque a Rosalie.
-Allora…-
Lei scosse la testa ed i suoi occhi dardeggiarono per la stanza, sorrise del sorriso più bello e pericoloso che Royce avesse mai visto: ma fu più uno scoprire minaccioso di denti abbaglianti.
-Ti sei sistemato bene- disse con dolcezza.
-Oh…- si diede un occhiata in giro, confuso…
-Evidentemente non deve averti sconvolto molto la mia morte…dimmi, chi ha riferito ai miei?-
Royce non smise di tremare.
-Ho pagato…qualcuno per…per dire di aver trovato del sangue, vicino…a…a quel lampione, ed il tuo corpo qualche via più in là. Al tuo posto sono stati seppelliti dei vestiti. Sei Rosalie per davvero!- esclamò col pianto nella voce.
Rosalie si esibì in una risata argentina più musicale del cinguettio di un uccello e dello scorrer di un ruscello, ma con un isteria che fece rizzare i peli sulla nuca di Royce.
-Penso di si- concesse coprendosi la bocca per delicatezza – si direi che sono rimasta la stessa-
Royce non rispose.
-Beh, non mi chiedi cosa intendo?- il suo tono ora era talmente minaccioso che King provò a strisciare via dal suo cantuccio.
-Non ti importa!?- strillò. Royce urlò perché Rosalie diede l’idea di volergli saltare addosso, con le mani già tese che le tremavano vicinissime alle sue guance.
Era talmente instabile in quella farsa.
-Cosa…che intendi?- piagnucolò balbettando con la voce acuta di un lattante.
Rosalie si distese ed abbassò le braccia.
-Sono me stessa, come lo ero prima di quella notte, ma io non posso morire e, forse, non ho più un anima- bisbigliò e si toccò il cuore.
Royce fece un risolino tirato e psicotico.
-Sto impazzendo- dichiarò passandosi febbrilmente una mano tra i capelli – il tuo funerale deve essermi dispiaciuto più di quanto mi sono accorto, oppure devo essermi preso una bella sbronza la settimana scorsa!-
-Non ne dubito!- urlò lei, e Royce sobbalzò. Lo vide distrattamente farsi il segno della croce –L’ho visto! Ti sei divertito molto! E ora rispondi a una, ed una sola domanda, perché volevi sposarmi?-
Sapeva già la risposta, ma immaginava che sentita da lui avrebbe reso più piacevole l’ultimo omicidio.
-Beh…- fece un eroico tentativo di sorridere, ma appena Rosalie gli mise le mani addosso, la sua faccia si contorse di nuovo nel modo che le piaceva.
-Eri bella Rose, eri una vera bellezza ed…ed io ti a…amavo, ma…ma i miei soci…l’alcol…-
Rosalie gli diede un ceffone che gli spaccò la mascella, urlò.
-Non provare a compiacermi. Tu non mi ami. Tu sei uno psicotico ubriacone- e gli schiantò addosso un altro ceffone.
-Oh, scappa Royce. Scappa!-

 

 
Il suo pugno lasciò l’impronta nell’intonaco, si tappò naso e bocca con la mano ed annaspò contro la parete. Non voleva una parte di Royce legata a lei più di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi matrimonio. Il pavimento era coperto di sangue e pezzi di carne tremolante, Royce aveva corso tracciando una scia appetitosa. Sentì che le lingue arroventate le sarebbero divampate fuori dalla bocca e dal naso se non avesse bevuto qualcosa.
Scappò dalla stanza; vicino alla banca del padre di Royce c’era sempre stata una fontana cristallina, ci si butto contro e bevette l’acqua. Era disgustosa, insapore ed insoddisfacente.
Stomacata sputò l’ultimo rivolo.
Ora che non riusciva a trovare un senso al futuro si chiese se la sua vita sarebbe stata questo, avrebbe tanto avuto bisogno di piangere.
-Oh, sciocca ragazzina.
Di scattò batté il pugno sul bordo della fontana e l’acqua tremò.-Sto facendo del mio meglio!- urlò a vuoto.
-Ma guardati, fai schifo-
Si prese la testa fra le mani.
-Ho sete-
-Lo so-
-No che non lo sai-
-Certo invece, è la mia stessa sete, ne più ne meno-
-Io…io vorrei essere morta-
-Anche io, ogni giorno-
-Ora che ho fatto quello che dovevo- e si rivolse al cielo –cosa farò? Non sarebbe dovuto succedermi, questo-
-Mi stai dicendo che avresti preferito sposare King?-
Rosalie fremette.
-Come immaginavo-
-Sei nella mia testa?-
-In un certo senso-
-Intendi dire che non esisti?-
-Non ho detto questo-
-Dove sei?-
-Proprio vicino a te-
Rosalie sobbalzò e si aggrappò alla fontana ed al cuore.
-Tu? Come…?-
-Sono molto più veloce di te: non mi hai sentito arrivare o parlare dai cespugli li vicino- e indicò l'aiuola con un gesto -ne senti il mio odore perché sei ossessionata da quello di Royce-
Edward fece un breve cenno alle macchie rosse sul vestito e sul velo da sposa e sospirò.
-Hai sete- non era una domanda -ci sono altri modi per…mangiare…se mi consenti-
Educato fino in fondo.
-Carlisle ha detto che, se vorrai, avrai sempre una casa da noi, devi solo tornare. Lui può insegnarti a nutrirti- sogghignò –senza…sai cosa intendo- ed accennò alla banca dove stava la cella di isolamento.
-Sei inaspettatamente crudele- commentò e Rosalie sapeva che si riferiva agli omicidi.
-Sono senza cuore- sospirò toccandoselo di nuovo attraverso il petto, inerte dentro di se.
-Questo non lo so Rosalie, anche io non sono più convinto di averlo- fece spallucce.
-Io non ho più un anima? L’hai detto tu! Giorni fa hai detto che Carlisle mi ha distrutto la vita! Perché dovrei tornare?-
-Non è stato Carlisle a distruggerti la vita, non accusarlo, nemmeno io sono entusiasta della tua trasformazione: se deciderai di unirti a noi dovremo andarcene, di nuovo- e fece una smorfia.
Rose gli ringhiò addosso.
-Per quanto riguarda il nostro spirito…- sospirò di nuovo –non saprei, molte cose mi hanno indotto a pensare di non averlo più, di essere senza cuore, come in effetti tu stessa ne hai appena dato dimostrazione- alzò gli occhi alla luna.
-E tuttavia Carlisle non ha mai avuto dubbi sulla sua, sulla nostra, anima-
Ridacchiò.
-Immagino che li avresti uccisi anche da umana, la crudeltà è tipica di voi-
-Noi?-
-Voi donne, certo, vivendo con una come Esme è difficile crederlo, forse me ne ero dimenticato; siete come delle immagini, che ci ingannano con la loro bellezza, e poi ci fanno finire come il povero Royce-
Rosalie si lasciò sfuggire un sorrisino malcontento.
-Lo conoscevi?-
-Come lo conosci tu. Ricordi che sono nella tua testa?-
Ci fu un attimo di silenzio.
-Carlisle sapeva che avresti detto di si-
Rosalie si voltò offesa.
-Non leggermi nel pensiero!-
Edward le mostrò un sorrisetto sghembo.

 

 *********

Luluchan: Infatti non si dice da nessuna parte che Edward ha parlato col pensiero; era la sua voce vera, è Rosalie che pensava fosse nella sua testa^^. Comunque grazie davvero.
Te li ha già spiegati Sammy_Clearwater i buonissimo motivi per cui sei arrivata seconda^^ a me non sarebbe mai venuto in mente di scrivere sulla terza moglie, mi piacerebbe leggere la tua di stori! Me la puoi inviare a ilaria.trulli@hotmail.it^^.

V classificata:
Giudizio complessivo: La storia di per sé non è male, ma ho riscontrato qualche errore con la punteggiatura (mancano alcune virgole), e c’è un termine inesistente, “gattesca”, col quale forse intendevi “felina”. La lettura non è stata molto impegnativa, ci sono solo alcuni periodi che avresti potuto rendere al meglio. Ho apprezzato molto la rabbia e il dolore descritti, anche se mi avrebbe fatto più piacere leggere il tutto sotto il punto di vista di Rosalie. La sua storia mi ha sempre impietosito, ma mai affascinato abbastanza, quindi il giudizio personale non è pieno, ma in compenso, lo è la caratterizzazione. Adorabile il piccolo dialogo con Edward, complimenti ^^.

  
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