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Autore: Bombay    09/05/2023    1 recensioni
Dal testo: Era ripartito dalla costante più grande della sua vita: la pallavolo. Ritrovando la base di quello sport: il divertimento.
Anche se era difficile, per un passo avanti che compiva, ne faceva quattro indietro, come quel giorno si sentiva terribilmente triste perché la sera prima Wakatoshi non lo aveva chiamato. -
Challenge: “May I write 2023” - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Challenge: “May I write 2023” - giorno03 - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom

Prompt: 2. “Voglio stare bene” - 4. “Manca tanto anche a me”

 

Genere: drammatico, romantico

Tipo: one shot

Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima

Coppia: yaoi

Rating: PG-13, giallo

Avvertimenti: angst, tematiche delicate (tentato suicidio, lutto), slice of life

PoV: terza persona

Spoiler: sì, post time skip

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Note: seguito di “Senza di te

 

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Sapeva che lo avrebbe trovato lì, pioveva a dirotto quel giorno, in verità pioveva da tre giorni ininterrottamente.

Ushijima gli si accostò e lo riparò sotto il proprio ombrello. Senza una parola. Limitandosi a guardarlo.

Tooru era dimagrito, era silenzioso e cupo, i suoi occhi castani erano spenti. Era solo il simulacro di sé stesso, Wakatoshi faceva fatica a guardarlo e vederlo soffrire ancora così.

Avevano giocato una partita, il giorno prima, una amichevole tra le loro nazionali; era stata una idea di Kuroo: una pessima idea a suo dire, era passato solo un anno dall’incidente, ma l’organizzatore voleva commemorare a modo suo, da un lato lo capiva, dall’altro…

In campo c’era stata una tensione assurda. Oikawa aveva giocato, ma nulla sembrava toccarlo nemmeno la vittoria che avevano ottenuto su di loro.

Nulla lo aveva coinvolto: non l’antica rivalità con Kageyama e Miya, non la sua sincera amicizia con Hinata, nulla; nemmeno lui che lo aveva guardato per tutta la partita, attraverso le maglie della rete, cercando nei suoi occhi castani l’antica passione per quello sport che, in un modo o nell’altro, legava tutti loro da tanti anni.

“Manca a tutti noi” aveva detto Kageyama alla fine dello scontro e il gelo era calato sul campo di gioco.

Gli argentini si erano voltati verso il loro alzatore aspettandosi una reazione qualsiasi, ma nulla accadde. Oikawa non sembrava nemmeno lì, presente a sé stesso, aveva abbassato lo sguardo lasciando il campo insieme al resto dei suoi compagni.

 

“Hai bisogno di aiuto Tooru” esordì tornando al presente, spostando lo sguardo sulla lapide bianca.

“Mi ripetete tutti la stessa cosa” mormorò senza guardarlo.

“Vogliamo solo il tuo bene” aggiunse prendendolo sottobraccio, guidandolo via da quel triste luogo, l’argentino non oppose resistenza, si lasciò accompagnare fino ad una caffetteria dove presero posto ed entrambi osservavano la pioggia cadere incessante, fuori dalla grande vetrina.

 

Tooru bevve un lungo sorso di tè e a Wakatoshi mancò un battito, sperando di avere visto male, gli afferrò il braccio sollevandogli la manica della maglia.

“Che hai fatto, Tooru?” chiese sfiorando il segno bianco sul polso sottile, afferrandogli anche l’altro polso ma, per fortuna, era intatto.

“Volevo raggiungere Hajime” rispose semplicemente e Wakatoshi gli strinse la mano nella propria portandosela alle labbra, provò quasi un dolore fisico a sentire pronunciare quelle parole.

“Mi sono inciso la pelle con la lametta e il sangue ha preso a scendere nel lavandino” proseguì, non c’era inflessione nella sua voce, era come se narrasse una cosa da niente, un fatterello di poco conto, Ushijima trattenne il fiato incapace di parlare, troppo sconvolto da quella rivelazione.

“Eppure non ce l’ho fatta, non so perché” aggiunse ritirando la mano.

“Ti hanno rinnovato il contratto con il San Juan?” chiese lo schiacciatore, trovava quel silenzio opprimente, lui che il silenzio lo amava, perché detestava le chiacchiere inutili eppure gli mancava la voce di Tooru che blaterava incessante di qualunque cosa.

Oikawa annuì.

“La tua tecnica è impeccabile, ma c’è solo quella, non c’è la passione non ci metti il cuore”

Oikawa abbassò lo sguardo mescolando la poca bevanda rimasta.

“Non ce l’ho più un cuore l’ho preso un anno fa”

 

***

 

 

Il loro rapporto era stato complicato anche prima della dipartita di Iwaizumi, da quando Oikawa era partito per l’Argentina loro due di vedevano di rado, si incontravano alle manifestazioni ufficiali, alle amichevoli, ai mondiali, alle Olimpiadi come in quel momento.

 

Si ritrovarono soli, nella stanza di Wakatoshi, strategicamente Miya e Bokuto si erano ritirati lasciando i due a confrontarsi una volta di più.

Seduto sul letto a gambe incrociate Oikawa si fissava le mani, quindi senza alzare lo sguardo disse “Tu vuoi fare sesso con me” non era una domanda il tono della voce stanco ed annoiato e Ushijima si trovò spiazzato da quella affermazione così diretta e priva di qualunque tatto, solitamente era lui a fare piazzate del genere senza rendersene minimamente conto.

“No” rispose semplicemente, Oikawa inarcò un sopracciglio spostando finalmente i suoi occhi nei suoi.

“Vorrei fare l’amore con te, perché sono innamorato di te, Tooru, dai tempi del liceo” ammise però, i sentimenti che nutriva per l’alzatore argentino erano noti a tutti.

Oikawa sospirò scuotendo il capo.

“Te l’ho già detto Ushijima lasciami perdere”

“No, lui vorrebbe che andassi avanti che ti rifacessi una vita…”

“Con te?”

“Con chi ti aggrada non ha importanza” rispose stringendo i pugni “Sono disposto a fare un passo indietro pur di vederti stare bene e felice”

“Non mi merito tutto questo”

“Sono passati due anni” dichiarò con impeto avvicinandosi, doveva smuoverlo in qualche maniera, lui non si comportava così, ma con la mano aperta sul petto di Oikawa lo spinse sul materasso, l’altro non oppose minimamente resistenza, docile come non lo era mai stato.

Lo osservava e basta mentre gli apriva la felpa e il rumore della cerniera colmava quel silenzio.

“Sei vergine?” domandò Tooru all’improvviso, un’altra domanda inopportuna.

Wakatoshi scosse piano il capo accarezzandogli le labbra con il pollice, lo osservò chiudere gli occhi a quel gesto.

“Sono un uomo anche io, Tooru” sussurrò “Sono pieno di difetti e debolezze”

“Tu sei la persona più forte e solida che conosco”

“No, la mia debolezza più grande sei tu…” sussurrò baciandolo aveva aspettato un giorno dopo l’altro che Tooru metabolizzasse il lutto, che uscisse dalla spirale di depressione in cui era precipitato, che afferrasse la sua mano tesa e pronta ad aiutarlo. Non riusciva più ad aspettare.

 

Lo sovrastò continuando a baciarlo, Oikawa non oppose resistenza anche se rispondeva con titubanza ai suoi tocchi. Ushijima avvertì attraverso i vestiti l’eccitazione dell’altro e questo lo spronò a proseguire a sollevargli la maglietta a scorrere con le labbra su quella pelle diafana che tanto aveva desiderato e cercato negli uomini che si era portato a letto.

Gli abbassò i pantaloni della tuta, accarezzando il tessuto teso dei suoi boxer, Tooru boccheggiò con gli occhi serrati.

“Tooru… guardami” mormorò prendendogli la mano posandosela sul petto.

Oikawa aprì gli occhi era smarrito e incerto… spaventato.

“Toccami” lo pregò sfilandosi la maglietta.

“No” bisbigliò così piano che Ushijima avrebbe fingere di non aver udito quella richiesta, ma lo rispettava troppo per forzarlo oltre. Gli depositò un bacio sulla pelle tenera del collo, inspirò forte l’odore della sua pelle, forse non sarebbero mai stati nuovamente così vicini.

“Fermati… ti prego” sussurrò l’alzatore con voce spezzata.

Tremava, Tooru, con gli abiti in disordine, eccitato sotto di lui… il suo corpo lo voleva, ma la sua mente ed il suo cuore lo rifiutavano ancora.

“Mi dispiace” sussurrò l’alzatore accarezzandogli il viso “Non ce la faccio… non sono pronto”

“Non lo sarai mai” sbottò sollevandosi e mettendosi a sedere sul bordo del letto a Tooru fece male quel tono duro e distaccato.

“Quanto tempo deve passare ancora perché tu riprenda a vivere davvero?”

 

Oikawa si sistemò gli abiti, gli volse le spalle e si raggomitolò su sé stesso chiudendo gli occhi avrebbe tanto voluto dormire per sempre, ma non glielo permettevano.

Wakatoshi per primo con una costanza maniacale, lo chiamava tutti i giorni, da due anni a quella parte, se lui non rispondeva continuava a chiamarlo finché non gli dava risposta.

Gli aveva creato intorno una rete di controllo, nonostante lui stesse in Argentina e Ushijima in Polonia.

Come gli aveva rimprovero, giocava per inerzia la sua abilità e la sua tecnica sopperivano alla mancanza di entusiasmo: era un lavoro come un altro.

Nulla aveva più senso senza Hajime si chiedeva perché ogni mattina si alzasse dal letto.

 

Trasalì quando Wakatoshi gli si accostò.

“Va via…” lo pregò con un filo di voce.

“Questa è camera mia…” fece notare e Oikawa fece per alzarsi, ma l’altro lo trattene.

“Non mi arrenderò mai con te” gli disse circondandogli la vita con un braccio.

“Wakatoshi…” sussurrò mordendosi le labbra, coprendosi il viso con le mani.

Si sentiva spaccato in due, dilaniato dal dolore non riusciva ancora a farsene una ragione.

Non c’era niente che lo facesse stare meglio, non la terapia che seguiva settimanalmente, non la pallavolo, non le braccia di Wakatoshi… niente…

E con il suo comportamento sapeva di ferire chi gli stava intorno a partire dai suoi familiari, passando per i suoi compagni di squadra per arrivare sempre a Ushijima, che era divenuto una costante nella sua vita e probabilmente con il suo atteggiamento prima o poi lo avrebbe perso.

Nonostante tutto sentì lo stomaco contrarsi a quel terribile pensiero, si divincolò dalla sua stretta e si mise in piedi, raggiunse la porta stava per aprirla quando Ushijima prese a parlare.

“Sono passati due anni. Iwaizumi è morto da due anni” sibilò l’uomo sedendosi sul letto prendendosi la testa tra le mani.

Oikawa rimase immobile stringendo la maniglia della porta, ma Wakatoshi non poteva vederlo.

“Stavamo tornando dal ritiro premondiale” iniziò alzando lo sguardo sulla schiena dell’alzatore a pochi passi da lui.

“Non voglio sentire” lo implorò Oikawa con un filo di voce.

“Ho bisogno di parlarne con qualcuno”

“Ci sono i terapisti per questo” sussurrò freddo, pentendosi subito.

Ushijima lo afferrò per le spalle, facendolo voltare, sbattendolo contro la porta fissandolo.

Gli occhi castani di Tooru erano sempre stati luminosi ed espressivi, con uno sguardo diceva più di mille parole, ora non più e Wakatoshi non riusciva a sopportarlo.

Come non aveva più visto il sorriso piegare quelle labbra.

Non aveva più pianto, i suoi occhi erano aridi e spenti ogni giorno che passava, Ushijima aveva sempre più paura di perderlo.

Era davvero stanco e disperato.

“Credi di essere l’unico ad andare dallo psicologo?” sentenziò rendendosi conto di aver alzato la voce, perché Oikawa aveva spalancato gli occhi sorpreso.

“Quell’evento ha segnato tutti noi: profondamente e indelebilmente. C’è chi lo ammette e chi no, c’è chi sta andando avanti sostenuto da chi gli vuole bene. Io mi sveglio la notte dopo aver sognato vividamente l’incidente, Hinata impiega dieci minuti buoni a salire su un autobus, Sakusa non riesce nemmeno a salirci su un pullman da allora, ma in qualche maniera siamo andati avanti”

Oikawa scosse il capo “Basta…”

“Tu hai perso il tuo compagno, ma noi abbiamo perso un amico, una persona che sapeva ascoltare. Lui ed io avevamo in comune te… sono sempre a stato onesto con lui per i sentimenti che nutrivo e nutro per te… voleva che fossi il vostro testimone…” confessò e finalmente vide qualcosa in quelle meravigliose iridi scure.

Oikawa spalancò gli occhi… Iwaizumi voleva… no! 

“Perché mi dici tutto questo?” ansimò tentando di divincolarsi.

“Perché devi sapere che non sei l’unico che sta male. Hajime è morto tra le mie braccia, a volte mi sembra che il sangue che mi macchiava le mani non vada più via”

“Lasciami” lo pregò in un sussurro, non voleva sentire oltre, voleva solo scappare da tutto.

“No”

“Lasciami!” gridò in preda al panico, doveva andarsene da lì.

“No!” asserì caparbiamente.

“Mi fai male” gemette, la stretta sulle sue spalle si era fatta forte e dolorosa.

Ushijima allentò la presa, senza lasciarlo aveva la netta sensazione che se la avesse fatto lo avrebbe perso per sempre.

Le labbra di Tooru tremavano come i suoi occhi, era una reazione dopo tanto tempo gli faceva male affondare il dito nella piaga, ma lui stesso era ad un punto di non ritorno.

“Hajime pensava a te, io pensavo a te…” ribadì umettandosi le labbra “Ho impiegato due ore a decidermi a chiamarti. Sono stato tentato di prendere il primo volo per dirtelo di persona ma la notizia ti avrebbe raggiunto prima di me, non volevo che lo sapessi dai social, dalle televisioni o da chiunque altro. Dovevo dirtelo io” proseguì con voce contratta mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

Tooru ricordava perfettamente la chiama in piena notte, la voce calda e profonda di Wakatoshi che gli dava la terribile e inaspettata notizia.

“Non avrei mai voluto doverti dire qualcosa del genere, mai!” proseguì deglutendo per proseguire “Avrei voluto morire io al suo posto”

Tooru boccheggiò in cerca d’aria riuscendo a spingerlo via, scivolando lungo la porta incapace di stare in piedi, gli occhi colmi di lacrime.

Qualcosa dentro di lui andò in frantumi di nuovo. Wakatoshi era a pochi passi seduto sul letto il capo piegato in avanti stretto tra le mani, non lo aveva mai visto così, piegato sotto un peso enorme: era qualcosa di insopportabile.

“No” ansimò raccogliendo le ginocchia al petto come a proteggersi dal proprio dolore e da quello dell’altro “No”

“Sarebbe stato meglio e più facile per tutti, per te ancora di più. Dopo tutto, io, cosa sono per te, Tooru? Niente”

“No!” gridò tra le lacrime “Non è vero” singhiozzò disperato raggiungendolo, trovandosi in ginocchio davanti a lui, prendendogli il viso tra le mani.

“Non lasciarmi anche tu, Wakatoshi. Ti prego…”

Ushijima lo attirò a sé stringendolo fortissimo togliendo il respiro a entrambi.

“No. Non ti lascio, Tooru. Non ti lascio, no, no, no, no” promise, baciandogli le guance bagnate e poi le labbra “Non l’ho fatto in questi anni, non lo farò ora, non lo farò mai…” garantì cercando i suoi occhi.

“Non vuoi stare con me? Va bene, ma torna a vivere, Tooru, per te stesso”

I singhiozzi di Oikawa triplicarono aggrappato a lui che gli era scivolato accanto.

Non era vero che per lui non era nulla, avrebbe voluto dirglielo, ma non ci riusciva.

Se non ci fosse stato Ushijima sarebbe impazzito del tutto, quando aveva affondato la lametta nel polso era stato il viso di Wakatoshi a venirgli in mente: il suo volto serio e impassibile una roccia nella sua tempesta, e non era riuscito ad andare oltre, lo aveva salvato senza nemmeno saperlo.

“Mi manca, Wakatoshi, mi manca da impazzire”

“Manca tanto anche a me” confessò stringendolo forte piangendo insieme a lui.

 

***

 

Erano passati sei mesi dalle Olimpiadi e qualcosa quella notte si era smosso in Tooru e lentamente, molto lentamente aveva ricominciato a raccogliere i pezzi del proprio cuore ed incollarlo insieme anche se ogni singola crepa doleva in modo insopportabile.

 

Era ripartito dalla costante più grande della sua vita: la pallavolo. Ritrovando la base di quello sport: il divertimento.

Anche se era difficile, per un passo avanti che compiva, ne faceva quattro indietro, come quel giorno si sentiva terribilmente triste perché la sera prima Wakatoshi non lo aveva chiamato era il loro appuntamento fisso; le telefonate duravano più a lungo, più articolate e gli scaldava il cuore sentire la voce baritonale di Wakatoshi dall’altra parte dell’apparecchio, la nostalgia lo assaliva ripensando a Iwaizumi, alle infinite chiamate che faceva con lui. Il suo cuore sanguinava e lui piangeva, negli ultimi mesi gli sembrava di non fare altro, tutte le lacrime che non aveva versato in quegli anni.

Stava finendo di fare colazione quando il campanello della sua porta suonò e rimase senza fiato quando guardò dallo spioncino, spalancò la porta trovandosi davanti Wakatoshi in tutta la sua imponente figura.

“Posso entrare?” chiese mentre Oikawa si faceva da parte fissandolo sorpreso, ecco perché non lo aveva chiamato, probabilmente era in volo la sera precedente.

“Cosa ci fai qui?” mormorò chiudendo la porta con il proprio peso, ma invece di rispondere Ushijima gli porse dei fogli e Tooru li lesse: era una lista delle squadre della lega argentina, che facevano i provini per nuovi giocatori, ne aveva cerchiate tre.

“Per la prossima stagione” enunciò come se questo spiegasse tutto.

“Perché?”

“Non è evidente? Per stare con te” mormorò baciandolo piano assaporando la sua bocca, anche quella era una cosa su cui Oikawa stava ancora lavorando.

“Scusami” sussurrò l’alzatore, posando la fronte sulla sua con gli occhi chiusi “Sono stato egoista e meschino” iniziò “Averti al mio fianco era diventata una abitudine, tu per me c’eri sempre e io mi sono adagiato crogiolandomi nel dolore per la perdita di Hajime, non rendendomi conto di quello che avevo accanto a me” sussurrò tra le lacrime “Perdonami… ti prego… mi hai salvato da me stesso”

“Va tutto bene, Tooru” lo rassicurò, Oikawa scosse la testa con forza.

“Io lo amo ancora” confessò mordendosi il labbro inferiore nel vedere il lampo di dolore attraversare lo sguardo di Ushijima, ma Tooru voleva essere sincero con lui, totalmente.

“Non voglio dimenticarlo”

“Tooru”

“No… fammi parlare…” lo pregò posandogli due dita sulle labbra.

“Io provo un forte sentimento verso di te, ma mi sentivo in colpa verso Hajime, questo mi tratteneva, ma come mi hai detto tante volte devo andare avanti ed è con te che voglio farlo” iniziò “Non so se è quello che vorrebbe Hajime, ma è quello che voglio io” concluse posando le labbra su quelle dell’altro in un morbido bacio che sapeva di un nuovo inizio.

“Io ti amo, Tooru” confessò sulla sua bocca.

“Sì” bisbigliò sulla sua bocca “Sì” ripeté circondandogli il collo con le braccia “Voglio stare bene, voglio… stare con te…” ansimò baciandolo ancora e ancora.

Wakatoshi se lo strinse addosso, lo baciò con passione, lo respirò, lo spogliò e lo amò come meritavano entrambi dopo tanto tempo.

 

---

Note dell’autrice

Ecco questo è il seguito della storia dove, ahinoi Iwaizumi passa a miglior vita.

Grazie a chi è arrivato fino a qui e ha voglia di dire la sua.

A presto.

Un Kiss

Bombay

 

 

 

   
 
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