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Autore: MollyTheMole    09/05/2023    0 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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7.

 

Loch Awe, 7 settembre 1936

 

Conoscevo solo il suo alias, ma io puntavo più in alto.

 

Dopo aver mangiato un boccone - e soprattutto dopo essersi cambiata d’abito - Danielle si sentiva molto più in forma e pronta ad affrontare gli interrogatori. Era consapevole del fatto che non sarebbe stato semplice e alcuni ospiti avrebbero potuto rivelarsi poco collaborativi. Una volta che il dottor Dietrich e i signori Smith - Everard, in particolare, con un brutto colorito in viso - ebbero sistemato Carl Northwood nella ghiacciaia, e il signor Kendall ebbe allestito in cantina la sua camera oscura per sviluppare le foto, lei e il capitano chiesero agli ospiti di ritirarsi nelle proprie stanze e di attendere lì. 

Danielle pensò che, al di là dell’utilità per le indagini, sarebbe anche stato un esperimento sociale interessante: alcuni, legati in modo molto stretto tra di loro, se a conoscenza della colpevolezza di un altro, avrebbero potuto accordarsi sulla versione da riferire in interrogatorio. Danielle aveva lasciato correre lo sguardo su Emily ed Everard Smith, che sembravano molto tesi e spaventati, e poi su Jodie e Richard Webber, che avevano l’aria strana, quasi contrariata. I due si parlavano a malapena, evitando persino di incrociare gli sguardi. Al contrario, in sala da pranzo Mercedes e il dottor Dietrich chiacchieravano anche troppo, fitto fitto in spagnolo. Danielle fu sorpresa da quel cambiamento di linguaggio. Qualche occhiata di troppo rivolta nella sua direzione le fece sospettare che fosse qualcosa di programmato, dal momento che entrambi erano ben consapevoli che lei parlava tedesco fluentemente. 

Che cercassero di non essere capiti?

Danielle si voltò dall’altra parte, per non essere influenzata da quella brutta sensazione di sospetto. 

Se c’era una cosa di cui andava fiera, era la sua praticità. Si era fatta un’idea della scaletta che avrebbero seguito durante i loro interrogatori. Era necessario ascoltare innanzitutto la moglie della vittima, per capire esattamente come si erano svolti i fatti, e poi procedere con i parenti più stretti, ovvero i signori Webber. Infine, avrebbe lasciato gli altri, e l’ordine sarebbe stato deciso in base a quello che avrebbero scoperto durante quelle conversazioni. 

Di sicuro il dottor Dietrich avrebbe avuto bisogno di tempo per svolgere un’indagine preliminare più accurata sul corpo e per cercare indizi sui vestiti che tutti loro avevano messo da parte. Salvo cambiamenti di programma - e pregando che la sua decisione non si traducesse nell’inquinamento delle prove - si riservava di sentirlo più avanti.

Si avvicinò alla signora Smith, che era già stata avvisata del suo ruolo di piccione viaggiatore fra lei, William e gli altri ospiti. Gli interrogatori - non le piaceva molto quella parola, sapeva di inquisitorio e preferiva svolgere conversazioni serene con chi non riteneva ancora un sospettato - si sarebbero svolti nel salone, di solito un luogo di festa, dove avevano bevuto il bicchiere della staffa e chiacchierato nelle sere precedenti e che adesso, invece, si era trasformato in un luogo teso e nervoso. 

- E’ pronta?-

- Sì.- la donna annuì, ma aveva l’aria di un cucciolo smarrito ed era incredibilmente lugubre. Danielle sospettò che c’entrasse Steven O’Brennon, ma non disse niente.

- Allora, con la massima attenzione, ci chiami la signora Northwood.-

Poi prese posto accanto a William. Il tavolo era stato spostato per potersi frapporre tra loro e l’ospite di turno. Il capitano vi aveva poggiato sopra il proprio taccuino, la fodera di cuoio arabescato cotta dal sole e gualcita dal salmastro, tenuto chiuso e stretto da un paio di singolari lacci di cuoio. 

Danielle lo guardò interrogativa, e lui rispose, laconico:

- Medio Oriente.-

Poi, stirando le lunghe gambe anchilosate per l’umidità, chiese:

- Come hai intenzione di procedere?-

Danielle fece tanto d’occhi.

- Io? Sei tu il capo, qui.-

Convennero che, forse, Danielle poteva essere meno intimidatoria nei confronti della signora Northwood, una figura con la quale la donna avrebbe preferito confidarsi. Così, il capitano, per strategia, preferì fare tappezzeria per gran parte dell’audizione, lasciando l’onere alla sua compare. 

In realtà, pensò che sarebbe stato estremamente utile osservarla mentre lavorava. Riteneva che potesse essere una grande fonte di informazioni sul suo conto, osservare il suo metodo. 

Una volta, diversi mesi dopo le sue dimissioni da Scotland Yard, aveva incontrato un trafficante d’arte, con cui aveva avuto a che fare per una rapina a casa di un collega. Quando aveva provato ad interrogarlo, quello gli aveva riso in faccia, con la scusa che, dopo essere stato torchiato dall’ex ispettore di Scotland Yard, avrebbe anche potuto affrontare la forca senza timore. 

Avrebbe visto la Volpe di Londra in azione.

Tutto sommato, William aveva aspettato quel momento per anni. 

Un leggero bussare alla porta, discreto, annunciò l’arrivo della signora Northwood. 

- La signora Smith mi ha detto che volevate vedermi.-

William fu stupito dalla totale assenza di cambiamento nel comportamento e nell’atteggiamento generale della signora. Era sempre pallida, sempre magrissima, sempre con gli occhi cerchiati di nero e lo sguardo di ghiaccio particolarmente penetrante, ma vuoto, come se avesse di fronte un guscio senza contenuto alcuno. L’unica differenza era la medicazione sulla sua fronte, là dove il vaso l’aveva colpita.

Pensò che non avesse ancora realizzato che il marito era morto.

La fecero accomodare sulla sedia di fronte al tavolo ed attesero che si fosse sistemata come meglio credeva.

- Signora, ci tengo a sottolineare che, se per un qualunque motivo non si sente in grado di continuare questa conversazione, può dircelo in qualsiasi momento e la lasceremo andare. Non deve sentirsi obbligata.- le disse Danielle, sporgendosi lievemente verso di lei con l’accenno di un sorriso empatico sul volto.

William apprezzò molto l’uso del termine conversazione. Molto informale, pacato, tranquillo, adatto allo scopo di togliere la pressione dalle spalle di una donna in quelle condizioni.

Eveline annuì leggermente, senza muovere un muscolo.

- Innanzitutto, come sta?-

Una lieve contrazione indicò che la donna si era irrigidita sulla sedia.

- Senza offesa, ma avrebbe un’altra domanda?-

Legittimo, pensò Danielle.

- Sarò più diretta, allora: ricorda che cosa è successo?- chiese a quel punto, cercando di esprimersi con quanto più garbo possibile. In fondo, quella donna l’aveva quasi protetta e difesa durante il suo primo incontro con Carl Northwood, e si riconosceva particolarmente nella sua fragilità. Cercò, tuttavia, di non farsi influenzare nel suo giudizio.

Eveline cominciò a raccontare.

- E’ stata una giornata difficile. Non mi sentivo bene e mi sono svegliata tardi, così siamo scesi a colazione in ritardo rispetto alla maggioranza degli ospiti. Ho passato la mattina con mia sorella Jodie, ci siamo sedute fuori per prendere un po’ d’aria, ma le medicine che prendo devono avermi dato fastidio con l’esposizione al sole e ho cominciato a sentirmi male. Sono rientrata nella mia stanza e ho aspettato che mi passasse. Ho saltato il pranzo, ma sono abituata. Mi ero appena ripresa, stavo meglio e volevo scendere a cena, così avevo deciso di farmi un bagno, quando ho sentito un rumore curioso alla porta prima di entrare nella vasca. Sono uscita dal bagno e ho trovato la porta aperta. Carl era per terra e si stava azzuffando con qualcuno, mi ha gridato di andarmene, ma io non sono stata veloce a sufficienza e l’uomo mi ha colpita alla testa con il vaso di ceramica che era sopra il cassettone. Non ricordo molto, poi. So di essere caduta, e ho visto l’uomo caricarsi mio marito in spalla e saltare dalla finestra. Non riuscivo a reagire.-

Danielle aveva appoggiato il mento sul palmo della mano, pensierosa. 

La storia, di per sé, era curiosa. Molto.

- E’ sicura che fosse un uomo?-

- Io… Sì, direi di sì.-

- E saprebbe descriverlo?-

La signora Northwood parve pensarci un poco su.

- Non l’ho visto bene in faccia, ma era grosso.-

- In che senso?-

- Massiccio, ecco. Ben piantato. Carl era piccolo, ma sapeva essere molto forte. Per sopraffarlo, ci voleva qualcuno di più voluminoso di lui. Sono certa che fosse più largo. Più alto, non saprei. Più o meno. Forse, qualcosa di più. Riempiva la finestra, questo sono sicura.-

- Qualche segno particolare? Vestiti, scarpe, un gioiello?-

Eveline rimase a guardare fisso il tavolo da fumo con i suoi occhi vuoti. 

- No, non mi pare. Era vestito di scuro, sono sicura. E indossava una giacca. Il classico capo di abbigliamento maschile, insomma, niente di particolare.-

Il racconto era piuttosto vago. 

Danielle si domandò se quella della signora Northwood non fosse reticenza. In tal caso, doveva avere i suoi motivi per non rivelare l’identità dell’assassino, qualora lo avesse riconosciuto, per cui affrontarla di petto non avrebbe condotto a nulla, solo ad un muro contro muro che si sarebbe tradotto in un mutismo ancora più risoluto da parte di Eveline.

Così, cambiò tattica.

- Di quale malattia soffre, signora?-

- Non so se la si possa definire una malattia. Richard la chiama melanconia. E’ uno stato in cui sono caduta da quando mi ha lasciato mia figlia Johanna.-

Non era esattamente a questo che Danielle aveva puntato cambiando argomento, ma lasciò che fosse la donna a condurre la conversazione dove voleva lei. Se da una parte era un esperimento interessante - per riuscire a capire se stesse mentendo o meno, o avesse un piano per guidarla da qualche parte - dall’altra, tutto ciò che viene detto in un caso di omicidio fa sempre comodo, anche quando sembra irrilevante.  

- Richard Webber, il marito di sua sorella?-

- Sì. Fa il medico e si occupa in particolare del cervello e della mente. E’ molto bravo, anche se a detta di Carl è un incompetente. In verità, a me piace: è un uomo buono e di ottima compagnia, e mi permette di vedere mia sorella molto più spesso del solito. Dice che mi fa bene.-

William lanciò un’occhiata a Danielle e si intromise.

- Mi dispiace molto per la vostra bambina. Che cosa è successo, se posso chiedere?- domandò cortesemente, con un tatto singolare per un uomo d’armi. 

Eveline lo fissò, come se lo vedesse in quel momento per la prima volta. Poi, immobile con i suoi occhi di ghiaccio fissi su di lui, rispose:

- L’ha ammazzata Gordon Van Allen.-

Nella stanza calò il gelo. 

Danielle non era convinta di aver capito bene. Forse era stata di nuovo la cervicale. Eppure le era sembrato di sentire distintamente quel nome, quello che aveva tormentato il suo sonno per anni e che ancora le rivoltava lo stomaco ogni volta che ci pensava. 

William dovette controllarsi per non spalancare la bocca dalla sorpresa.

- Come, mi scusi?-

- Gordon Van Allen. Le ha sparato una sera, mentre guardava il tramonto con mio marito.-

Danielle si grattò un sopracciglio, le dita tremanti, mentre riprendeva le redini del discorso. 

- Mi scusi, ma avevo capito che era morta di malore.-

Eveline abbozzò un sorriso.

- Jodie, vero? Lo dice a tutti, crede in questo modo di evitarmi domande scomode da parte della gente. Apprezzo il suo tentativo, ma non è andata così. Lo dicono Jodie e Richard, per proteggermi dalle malelingue, ma Carl non era un uomo buono, purtroppo. I suoi affari lo avevano portato a percorrere delle strade che sarebbe stato meglio non avesse mai imboccato, e a farne le spese è stata la mia bambina.-

Danielle provò una pietà ancora più profonda per quella donna che condivideva con lei un dolore così grande da non poter essere spiegato a parole. Tuttavia, non aveva la presunzione di aver provato lo stesso strazio della signora Northwood. 

La perdita è sempre dolorosa. Perdere un compagno di vita ti lascia un vuoto dentro incolmabile, ma perdere un figlio è devastante, specie se muore per un motivo del genere.

- Signora, mi perdoni, ma ho bisogno di ogni dettaglio di cui lei dispone. Mi parli di suo marito e di come è morta sua figlia, se riesce.-

La signora Northwood spostò lo sguardo di ghiaccio e vuoto come un guscio di noce su di lei. Sembrava immune a qualsiasi emozione, e allo stesso tempo sembrava sgretolarsi sotto i suoi occhi. 

- Carl faceva l’imprenditore edile. Era nato da una famiglia povera e si era arricchito con le sue mani e molto impegno. Mi avevano avvertito, all’epoca, che si trattava soltanto di un arrampicatore sociale, ma mi faceva la corte, e sia io che mia sorella Jodie non disponevamo di un cospicuo patrimonio. Pensai che il suo interesse fosse genuino, e probabilmente lo era. Già a quel tempo faceva l’imprenditore, costruiva nella bassa Londra, niente di interessante. Dopo esserci sposati, nulla cambiò, fino a qualche anno fa, quando riuscì ad ottenere un grosso appalto in pieno centro. Non mi disse mai come fece, ma da allora i soldi continuarono ad aumentare, a crescere in modo esponenziale. Mi insospettii. Un giorno un uomo si presentò alla porta. Io mi nascosi in una stanza vicina e origliai la conversazione con mio marito. Parlavano in modo strano, pensai che fosse un codice. Nominavano dei banchieri, mi pare, o forse dei notai, o un avvocato, ma di una cosa sono certa. Quell’uomo chiamò mio marito Fornaio. Mi insospettii ancora di più e sbirciai. Vidi un passaggio di mazzette. Capii che si trattava di Gordon Van Allen e affrontai mio marito. Da allora, il nostro rapporto non è più stato lo stesso. Non parlava più di affari con me.-

Danielle sapeva con certezza che Gordon Van Allen effettivamente gestiva delle gare di appalto truccate. Aveva indagato approfonditamente sulla questione, durante il suo periodo a Scotland Yard, provando a creare una breccia nel muro di omertà che circondava quel farabutto. Era stato lo stratagemma finale, quello che l’aveva portata alle dimissioni, cercare di incastrarlo usando delle false gare d’appalto. 

Aveva scoperto anche che quello non era l’unico settore in cui operava. Era attivo nel campo delle scommesse clandestine, nel riciclaggio di denaro, nelle estorsioni, nel traffico di esseri umani e di immigrazione, nel traffico di stupefacenti e di armi. Non c’era settore della malavita inglese in cui il nome di Gordon Van Allen non passasse di bocca in bocca. 

Danielle lo aveva definito il James Moriarty del ventesimo secolo, e, a suo tempo, gli aveva giurato guerra. 

Una guerra che aveva vinto lui e che aveva causato la morte del suo fidanzato. 

- Una sera mio marito portò mia figlia a vedere il tramonto, ma un uomo li aspettava ed ha sparato a Johanna. Ogni soccorso è stato inutile.-

Il salone era immerso in un silenzio quasi religioso. Di fronte ad un trauma del genere, non c’erano parole.

- Non sa quanto ci dispiace, signora.- sussurrò William, cercando di non interrompere quell’atmosfera sacrale. 

La donna non fece una piega. La voce era controllata perfettamente, come il resto del corpo e del viso. Soltanto grosse lacrime scendevano sulle sue guance, rendendo i suoi occhi arrossati ancora più grigi e penetranti.

- Carl è sempre stato un uomo singolare. Aveva frequenti accessi di rabbia, soprattutto con me, ma mai con Johanna. Da quando è mancata, siamo diventati due estranei sotto lo stesso tetto. A volte poteva essere violento, è vero, ma io lo amavo. L’ho amato tanto. So che, in fondo, anche lui mi amava. Aveva solo uno strano modo di dimostrarlo.-

Danielle trasse un profondo sospiro e si trattenne dal distruggere anche l’ultimo sogno che quella povera donna ancora coltivava dentro di sé.

- Senta, signora, proviamo a tornare indietro e a ricostruire la sua giornata, vediamo se riusciamo a trovare qualche dettaglio che ci possa aiutare. Si è alzata tardi ed è scesa con suo marito a fare colazione, poi ha passato il resto della mattina con sua sorella. E’ corretto?-

- Sì.-

Danielle aggrottò le sopracciglia.

- Suo marito era con lei?-

- No.- disse, senza muovere un muscolo. - Mio marito era andato a fare una passeggiata lungo il lago con Richard. Credo che abbiano discusso. Lo fanno spesso. Quando è tornato, Carl era di pessimo umore. Pensavo che se la sarebbe presa con me, come sempre quando mi sento male, invece mi è rimasto vicino, ed era abbastanza tranquillo.-

- Quando è tornato?-

- Poco prima dell’ora di pranzo. Jodie mi stava già accompagnando in camera.-

Il capitano annuì, concentrato, e si inserì nell’interrogatorio.

- Poi, siete rimasti in camera tutto il pomeriggio fino all’ora di cena, quando lei aveva deciso di prepararsi per scendere, e questo è stato il momento in cui è avvenuta l’aggressione, è corretto?-

- Sì.-

- Suo marito è stato tutto il pomeriggio con lei?-

- No. E’ uscito una volta, ma solo per pochi minuti. Non so dove sia andato, e lui non me lo ha detto.-

- Quando?-

- Poco prima. Non ricordo l’ora. Poco prima che mi alzassi dal letto.-

I due si guardarono, lo stesso pensiero che attraversava la loro mente.

- Ha detto poi di essere uscita dal bagno e di aver visto suo marito per terra. Dove, di preciso?-

- Tra il letto e la finestra.-

Danielle non disse niente, ma appuntò quel dettaglio nella sua mente.

- La finestra era aperta?-

- No, pioveva troppo forte.-

- Suo marito le ha urlato di andarsene?-

- Sì, di scappare, ma io ero intontita dalle medicine e non ho capito perché. Sono rimasta ferma dov’ero.-

William, pensoso, appuntò qualcosa sul suo piccolo taccuino scuro e annuì.

- Un uomo l’ha colpita alla testa con un vaso di ceramica.-

- Sì. Ce n’era uno sopra il cassettone contro il muro.-

Danielle s’intromise.

- Sa per caso se suo marito avesse dei nemici giurati, a parte Gordon Van Allen? Qualcuno che avesse più volte manifestato il bisogno di eliminarlo?-

Eveline Northwood ci pensò su, fissandola con quei suoi occhi di ghiaccio.

- Non saprei. Non mi viene in mente un nome preciso, ma Carl non era un soggetto amichevole. Sono certa che, se controllaste la sua agenda, trovereste almeno una trentina di nomi papabili per le vostre indagini.-

Danielle e William si accordarono con la signora per avere quell’agenda, e così decisero di porre fine a quella conversazione, convinti di aver tratto tutto quello che potevano da quel dialogo. 

- Grazie, signora Northwood.-

La donna fece un sorriso sbilenco e senza gioia. 

- Suppongo a questo punto di dovermi definire vedova Northwood, o tornare al mio cognome da nubile.-

Sia Danielle che il capitano la stavano guardando curiosi.

- Rice. Mi chiamo Eveline Rice.-

- Naturalmente.- disse Danielle. Quella donna aveva accettato il suo nuovo status come se non fosse cambiato assolutamente niente nella sua vita. Provò pietà per lei: quando avrebbe realizzato, l’avrebbe presa molto male.

- Grazie, signora.- disse il capitano, stringendole la mano. - Ci dispiace molto per le sue perdite. Se avesse bisogno di aiuto, o le venisse in mente qualcos’altro, siamo a sua disposizione.- 

Poi, con grandissima delicatezza, le porse un foglio bianco ed una penna. 

Precedentemente, sia lui che Danielle avevano ritenuto utile provare a cercare qualcuno che corrispondesse alla descrizione che avevano provato a fare dell’assassino. Forse, trovare una persona mancina tra gli ospiti avrebbe semplificato loro il lavoro, e, per convincerli a firmare, si erano inventati l’elenco degli interrogati, per non perdere il conto.

- Potrebbe cortesemente firmare questo foglio?-

- Fate l’elenco degli interrogati?-

Danielle apprezzò di non dover dare delle spiegazioni.

- Già.-

La donna impugnò la penna con la mano sinistra, cambiò mano e poi firmò. In posizione eretta, aveva i piedi molto piccoli, un folletto, come del resto tutta la sua figura.

Stava per andarsene, ferma sulla soglia, quando si fermò e si guardò alle spalle, verso di loro. 

- Io fossi in voi cercherei tra i brutti ceffi che frequentava mio marito. Chissà a quante persone avrà pestato i piedi, nella sua carriera di imprenditore.-

- Nessuno dei presenti potrebbe aver avuto motivi di risentimento nei suoi confronti?-

La donna stese il primo sorriso amaro della giornata.

- Al contrario. Come vi ho già anticipato, Carl era solito farsi tutti nemici alla prima battuta, ma tra gli ospiti conosceva solo Jodie e Richard, e il dottor Dietrich. Dubito che qualcuno di loro avrebbe provato ad ucciderlo. -

Detto questo, diede loro le spalle definitivamente e se ne andò.

 

Il salone rimase avvolto in un silenzio di piombo.

- Gordon Van Allen.- mormorò il capitano, gettando il taccuino sul tavolo e passandosi una mano nei ricci biondi, stupefatto. - Rendiamoci conto. Gordon Van Allen.-

Danielle, dal canto suo, era ancora sconvolta. 

Fin dall’inizio di quella maledetta vacanza aveva sentito l’ombra di Van Allen stendersi di nuovo su di lei, o forse non l’aveva mai abbandonata. Adesso, non solo si trovava a fronteggiare i fantasmi del suo passato assieme al capitano Collins, ma addirittura le era capitato tra le mani l’omicidio del Fornaio.

William sembrava essersi accorto della sua confusione, e guardò Danielle mentre, con le dita che ancora tremavano leggermente, afferrava la tazza di infuso gentilmente offerta dalla signora Smith e se la portava alle labbra senza nemmeno guardarla.

- Ti prego, illuminami.-

- Gordon Van Allen ha un’organizzazione molto vasta.- cominciò, accomodandosi meglio sulla poltrona e sentendosi il fiato corto. - Ha cominciato con le rapine in banca e con gli assalti ai furgoni portavalori, come gli italiani. Poi ha preso a farsi un nome in altri settori, seguendo il tragitto dei soldi che prima rubava. Ha imparato che è più conveniente guadagnarli in modo disonesto, che stare nell’ombra e mandare avanti i suoi scagnozzi paga di più che agire in prima persona, così ha creato una vera e propria piramide, uno schema ben preciso, una tela dove tutti rispondono a lui, ma nessuno sa davvero chi sia. Mi spiego?-

- Perfettamente.-

- Per fare in modo di essere ancora più irreperibile, ha imposto ai suoi collaboratori un nome in codice, con cui vengono comunemente identificati. Non sai che incubo possa essere risalire ad una persona nota solo come il Giardiniere e che, magari, si è contattato solo per lettera!-

- In tutto questo, Carl Northwood interpretava il ruolo del Fornaio.-

- Esattamente.- continuò Danielle, accoccolandosi sulla sedia e guardando dritto in faccia il capitano. - I nomi non sono mai scelti a caso, hanno un significato ben preciso, in modo tale da essere immediatamente riconoscibili dagli affiliati. Il pane lievita, e il fornaio prepara, fa lievitare e poi cuoce il pane. Van Allen era nuovo al giro degli appalti, si era inserito solo da pochi anni, e il sodalizio con Northwood doveva avere fatto lievitare i suoi guadagni come un fornaio fa lievitare l’impasto.- 

- Lo conoscevi?-

Danielle scosse il capo, mesta.

- No, anche se sapevo della sua esistenza. Conoscevo solo il suo alias, ma io puntavo più in alto.-

William si grattò il mento sbarbato, su cui già cominciavano a spuntare alcuni peli biondi. 

- Mi pare di ricordare un certo Avvocato.-

- Certo, l’Avvocato. Uno dei bracci destri di Van Allen. Preso lui, minata la piramide alla base. Sarebbero stati tutti nostri nel giro di una settimana, Van Allen incluso, ma è andata com’è andata. Quello che è interessante, è tutto il resto. Northwood deve averla combinata grossa per costringere il capo a fargli fuori la figlia.-

- Magari contava di eliminare lui stesso e la bambina c’è finita in mezzo.-

Danielle scosse il capo, poco convinta.

- Forse, ma Van Allen, in ogni caso, non si sporca mai le mani per nulla. Northwood deve aver osato un po’ troppo, e lui gliel’ha fatta pagare. Quello che non si spiega, però, è come mai il caso sia finito sulla mia scrivania. Ricordo bene che cosa era stato scritto di lei, anche se pensavo di non aver memorizzato quel dettaglio.-

- Morte naturale?-

- Non può essere solo una voce che mettono in giro i signori Webber, deve esserci qualcosa di più.-

C’era anche un ulteriore dettaglio che aveva lasciato Danielle perplessa. Secondo la signora Northwood, infatti, il dottor Dietrich e la vittima si conoscevano. Doveva essere sincera: al di là dei simpatici borbottii in tedesco del dottore e della fiducia che le aveva dimostrato, era più che chiaro che l’uomo avesse qualcosa da nascondere. Durante la loro scampagnata nella scarpata, non lo aveva perso di vista un secondo. Se fosse successo qualcosa, se ne sarebbe accorta. Avrebbe visto un’espressione di rammarico, di disappunto, o di odio, o rabbia. Invece, niente. Il buon dottore aveva mantenuto una faccia di bronzo, salvo cominciare a parlare in spagnolo con Mercedes nel tentativo mal riuscito di non essere inteso da Danielle.

- Che mi dici di Dietrich?- fece il capitano, dando voce ai suoi pensieri.

- Dico che è meglio cambiare programma e sentirlo, prima che inquini le prove.- 

William aprì di nuovo il suo taccuino ed andò alla porta per chiamare la signora Smith.

- Pensi che sia stato lui?-

- Sai quanto me che non è possibile. Era con noi, ed è andato a cercare Northwood assieme agli altri due. Non so bene che cosa pensare, ma prendendo per buona la versione della moglie della vittima, qui stiamo cercando, più che un esecutore materiale, un mandante, e il dottor Dietrich potrebbe essere uno di questi.-

William scosse il capo, sconsolato.

- Perché c’è qualcosa che non mi quadra, in tutta questa vicenda?-

- Tutto non quadra, in questa storia.- concluse lei, alzandosi. 

Si avvicinò a lui con la scusa di sgranchirsi le gambe e lanciò un’occhiata sbilenca alla signora Smith, fuori dalla porta.

Non c’erano dubbi sul fatto che stesse origliando.

  
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