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Autore: Dreamer47    10/05/2023    1 recensioni
È il 2005.
Sam e Dean sono ancora all'oscuro dei piani di Azazel.
Le loro giornate sono intrise di mostri e di streghe, vogliono ancora trovare John ed uccidere l'assassino di Mary, quando una ragazza incontrata per caso entrerà a far parte della loro vita.
Hunters' legacies non è solamente la storia dei fratelli Winchester, ma anche quella di Abby Harrison, una giovane ragazza dal cuore spezzato e dal destino turbolento il cui unico scopo è la vendetta.
Insieme, riusciranno ad ottenere ciò che vogliono più di ogni altra cosa.
Genere: Erotico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Hunters' Legacies
Capitolo 68
(Parte I)


Si mossero dentro quel covo di vampiri dentro cui fossero finiti per salvare una ragazza innocente che fosse stata rapita e usata come una sacca di sangue personale, ed i tre cacciatori combatterono con tutte le loro forze per contrastare quella dell'interno nido: erano in minoranza, dieci contro tre, ma i tre ragazzi sapevano bene quel che facevano, specialmente con i novellini appena trasformati che fossero unicamente interessati a colpire alla cieca senza avere una tecnica.
Dean non perse mai di vista il fratello e Abby, e continuò a combattere con forza contro il bestione che si fosse imputato con lui, sollevandolo da terra come se fosse fatto di piuma e lanciandolo con forza contro uno dei due tavoli di legno sporchi di sangue che ci fossero dentro quel fienile, facendoglielo spaccare con la schiena e spezzandogli il fiato. 
La ragazza si era presto occupata dei due uomini che fossero stati trasformati da poco più di due settimane, staccando loro la testa di netto, e presto corse in soccorso del maggiore, iniziando una vera e propria lotta con il vampiro che fosse tre volte più grosso e due volte più alto.
Lo colpí più e più volte al viso facendolo indietreggiare, pronta a muovere la sua lama in direzione del suo collo, ma il vampiro l'afferrò con forza dalle braccia e la sbatté contro uno dei pilastri di legno, facendola gemere di dolore.
Il vampiro afferrò la lama dalle sue mani ed iniziò a girarla con forza puntandola in direzione del cuore di Abby per poi spingere con forza con tutta l'intenzione di ucciderla, ma la donna riuscì a spostarsi all'ultimo secondo lasciando che la lama le aprisse una ferita sulla spalla e non sul cuore.
Si lamentò ad alta voce, attirando l'attenzione di Sam e Dean che si voltarono a guardarla, e il maggiore si affrettò ad uccidere l'altro vampiro che gli si fosse scaraventato addosso per poi avvicinarsi a lei per aiutarla, ma ciò che vide lo lasciò interdetto per qualche momento: Abby aveva presto spezzato il braccio a quel grosso vampiro come se fosse stato un biscotto e con una grande ferocia facendolo urlare e dimenare, colpendolo con un forte calcio al petto. 
Abby si chinò per prendere il suo machete caduto e lo utilizzò per pugnalare quel vampiro dritto al cuore, guardandolo con espressione dura e arrabbiata mentre urlava e le mostrava i denti con rabbia per come si stesse prendendo gioco di lui; una cacciatrice come lei doveva sapere che una pugnalata al cuore non lo avrebbe ucciso, eppure Abby sembrava averlo fatto unicamente per gustarsi lo spettacolo mentre lo osservava soffrire con un sorriso sulle labbra. 
Dopo dei secondi interminabili in cui rimase a guardarlo negli occhi, Abby estrasse la lama e gli staccò di netto la testa mettendo fine alle sue sofferenze e provando dentro di lei un po' di gelosia mentre guardava il cadavere cadere a terra senza vita. 
Si guardò attorno alla ricerca di altri vampiri da eliminare ma il pavimento terroso del fienile era costellato dai corpi decapitato dell'intero nido ed Abby sorrise soddisfatta, facendo spallucce e voltandosi per uscire da quel posto che sapeva di sangue e morte. 
Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso, interrotto solamente dalla telefonata di Dan che avvertiva loro che i bambini fossero già tutti a letto e che anche lui stesse andando a riposare; Abby guardò l'orologio e sospirò rumorosamente, perché erano già le undici passate e si sentiva davvero stanca. 
Quando arrivarono al motel, i due fratelli si salutarono e Abby e Dean si recarono verso la loro stanza mantenendo il silenzio, e presto la ragazza iniziò a togliersi i vestiti sporchi di sangue dirigendosi in bagno per fare una lunga doccia per ripulirsi; sentí l'acqua scorrerle addosso e accennò un sorriso rilassato, osservando il vapore iniziare a riempire la stanza. 
Pensò al modo in cui lei e i suoi due fratelli si fossero riuniti per bruciare il corpo di sua madre, a come Silver avesse chiesto spiegazioni ed a come lei non avesse affatto indorato la pillola, dicendole senza peli sulla lingua che sua madre si fosse sacrificata per riportarla indietro. 
Non aveva lasciato un biglietto d'addio, né una lettera in cui spiegava le sue motivazioni, ma si limitò semplicemente a trapassarsi il cuore con una lama ed a morire da sola in un dannato magazzino. 
Più passavano i giorni e le settimane, più Abby riusciva a sentire di non appartenere più a quel luogo: non importava quanto fosse bello essere tornata in vita, poter vedere la sua famiglia ed i suoi due figli crescere, Abby si sentiva costantemente a disagio. 
L'unico momento in cui tornava a sentirsi viva era proprio durante le lotte con i nemici.
Sbuffò sonoramente e chiuse il rubinetto, scuotendo la testa ed uscendo dalla doccia mentre si avvolgeva l'asciugamano in vita, e rimase qualche secondo ad indugiare sulla porta perché sapeva che dall'altra parte avrebbe trovato Dean con delle domande a cui non avrebbe potuto rispondere. 
"Sei stata all'inferno? Perché non me lo hai detto?" le aveva chiesto circa una settimana prima rientrando al bunker subito dopo il funerale da cacciatrice della madre, ed Abby lo aveva guardato con aria stanca e supplichevole di non fare domande, ma lui era fatto così e continuò a insistere. "Ci sono stato anche io, posso aiutarti se me lo permetti". 
"Non ne voglio parlare. Né con te, né con nessuno".
La risposta della ragazza fu secca ed aspra, perché Dean aveva continuato a fare domande ogni qualvolta se ne fosse presentata l'occasione, offrendole il suo aiuto e dicendole che tenersi tutto dentro non le avrebbe fatto bene, ma Abby aveva sempre declinato la sua proposta perché non voleva tirar fuori ciò che custodisse gelosamente dentro di sé. 
Sospirò rumorosamente e uscí dal bagno con ancora l'asciugamano addosso, senza neanche guardare il ragazzo seduto sul letto ed intento a guardare qualcosa che non gli interessasse in TV, ma non appena la vide entrare in stanza Dean aveva distolto lo sguardo dallo schermo e l'aveva guardata con aria seria. "Possiamo parlare?". 
Abby non rispose subito e neanche lo guardò in viso, limitandosi a fare spallucce, asciugandosi bene il corpo per poi iniziare ad indossare dei vestiti puliti sotto lo sguardo attonito del ragazzo, che non si perse neanche un movimento osservandola tirare su la vecchia tuta che usasse come pigiama e una canottiera scura smanicata, per poi tamponarsi la ferita alla spalla con l'asciugamano. "Se vuoi parlare, parla". 
Si diresse in bagno e passò una mano sul vetro dello specchio per vederci meglio, osservando la ferita ancora aperta e sanguinante sulla sua spalla sinistra, e gemette appena sfiorandola con le dita; prese ago e filo ed iniziò a ricucirsi i lembi di pelle insieme, ma le veniva fin troppo male raggiungere dei punti così lontani, e presto Dean le tolse l'ago dalle mani con delicatezza, iniziando a ricucirla al posto suo.
"Ti ho vista oggi". 
Abby incrociò il suo sguardo attraverso lo specchio del bagno e lo guardò con aria accigliata, aggrottando le sopracciglia e mordendosi le labbra mentre scuoteva la testa. "Di che parli?". 
Dean la guardò brevemente e poi tornò a ricucirle la ferita, sicuro di farle davvero molto male ma si sorprese quando dalla bocca della ragazza non uscí neanche un gemito e la sua espressione rimase impassibile. "Del modo in cui hai ucciso quel vampiro. Lo hai colpito al cuore, perché?". 
Abby accennò un sorriso divertito e scosse la testa, tornando a guardare dritto davanti a sé e facendo spallucce. "È stato divertente".
"Di certo non per lui".
"Beh, allora è stata una fortuna che fossi io quella ad avere il machete in mano". 
Dean si fermò e tornò a guardarla stupito per il tono autoritario che avesse usato Abby, notando il suo sguardo sicuro di sé e fiero.  
L'uomo si affrettò a dare l'ultimo punto sulla sua ferita chiudendo e disinfettando, per poi mettere un grosso cerotto di protezione; la trattenne dal braccio prima che potesse sgattaiolare fuori dal bagno e la fece voltare nella sua direzione, avvicinandosi a lei e sfiorandole il viso con una mano. 
"So quanto possa essere difficile, neanche io volevo parlarne. Ma poi l'ho fatto con Sammy e con te, e devo dire che mi ha almeno un po' aiutato. Quindi qualsiasi cosa tu abbia fatto, non pensare che io ti possa mai giudicare male". 
Abby lo guardò negli occhi per qualche secondo e si chiese cosa sarebbe accaduto se gli avesse detto cosa davvero sentisse o ciò che provasse in ogni singolo momento da quando fosse tornata.
Si chiese come avrebbe reagito se solamente Dean avesse saputo che Abby avrebbe preferito rimanere morta.
Scosse la testa e distolse lo sguardo lucido, pensando che per quanto lo amasse non avrebbe mai potuto parlarne con lui perchè non avrebbe capito. "Castiel ha ragione, io ricordo tutto: ricordo il momento in cui sono morta e il momento in cui mi sono ritrovata da qualche altra parte, e sarà per sempre chiuso dentro di me. Non voglio parlarne Dean, smettila di aspettarti che lo faccia. E fatti una doccia: hai sangue di vampiro dappertutto!".
Abby gli aveva fatto l'occhiolino, sorridendo divertita ed era uscita dal bagno in fretta, chiudendosi la porta alle spalle senza neanche aspettare una sua risposta; afferrò la sua giacca e il suo pacchetto di sigarette per dirigersi fuori dalla stanza, pensando ironicamente che fosse ricascata nel fumo dopo tutto quel tempo di astinenza mentre si metteva una sigaretta fra le labbra e l'accendeva, respirando quel fumo con un sospiro.
Si sedette sul portico del motel scuotendo la testa e guardando il cielo illuminato dalle stelle, pensando che mai avrebbe pensato di potersi ancora fermare a guardarle per qualche minuto, e poi abbassò lo sguardo sulle sue cosce iniziando a sentirsi così sbagliata e fuori posto da farle male e farle venire le lacrime agli occhi.
Il suo ritorno non era stato normale e adesso sapeva per certo che Castiel stesse cercando di nuovo di convincere la sua famiglia che lei non fosse davvero Abby, che la sua anima non era più pura come un tempo: Abby lo aveva sospettato, ma quando l'angelo aveva detto quelle parole aveva capito che fosse vero. 
Isobel aveva macchiato anche la sua anima con la magia nera, l'aveva resa più oscura e meno luminosa, ed Abby questo riusciva a sentirlo; provava anche un forte dolore, perché sapeva che non sarebbe più stata riammessa in Paradiso con l'anima toccata da un incantesimo così potente e oscuro. 
Inspirò il suo ultimo tiro di sigaretta e scosse la testa, tornando a guardare il cielo ed abbracciandosi le gambe al petto, guardando le stelle più luminose e chiedendosi se sarebbe mai riuscita a conquistarsi nuovamente quell'angolo di Paradiso che si era costruita. 


Varcare la porta del Red Right Hand le faceva tornare in mente tanti vecchi ricordi così piacevoli da essere forse inappropriati per una donna appena tornata in vita.
Udí la confusione dovuta all'alto chiacchiericcio della clientela che sembrava essere aumentata, che riusciva a sovrastare persino la musica proveniente dalle casse posti negli angoli alti delle due sale.
Perché si trovasse nel locale di Edward, Abby non se lo spiegava.
Stava cercando di rintracciare Gabriel insieme ai due Winchester, quando improvvisamente aveva deciso di voler sapere se Edward sapesse del suo ritorno e della morte di Isobel.
Aveva detto a Dean che avrebbe voluto fare un giro da sola e di non seguirla, ed era salita sulla sua Hyundai per andare via dal bunker; adesso che si trovava al bar e si stesse muovendo fra quell'ammasso di gente, Abby iniziò a pensare che una sorpresa di sabato sera non fosse poi una grande idea.
Si avvicinò al bancone e osservò Andrew preparare uno dei suoi drink ad un cliente ed Abby sorrise compiaciuta nell'osservare come il ragazzone fosse cambiato, diventando sempre più grosso e massiccio probabilmente perché avesse iniziato ad allenarsi insieme ad Edward.
Aveva anche lasciato allungare i capelli castani, che adesso legava con un codino ordinato sulla nuca, e teneva la barba rasa.
Del tutto casualmente sollevò lo sguardo nella direzione in cui si trovasse Abby e per poco non fece cadere il bicchiere e le bottiglie che avesse attorno quando la vide, sobbalzando e facendo un passo indietro.
Abby rise di gusto e si avvicinò a lui sollevando le mani in aria per rassicurarlo. "Non sono un fantasma: sono solo io, sono tornata e volevo solamente salut-".
Andrew fece il giro del bancone in fretta scavalcando tutte le persone e spintonandole e raggiunse Abby con un balzo, afferrandola fra le braccia e sollevandola di peso per stringerla forte a sé.
Inizialmente non si aspettava un gesto del genere, ma presto Abby ricambiò l'abbraccio e strinse il ragazzo a sé.
"Come fai ad essere tornata? Edward mi aveva detto che eri morta e..".
Abby sciolse l'abbraccio e sorrise dolcemente, sfiorandogli i capelli in modo molto materno ed ignorando i cacciatori che la guardassero perché a quanto pare la notizia della sua morte si era diffusa velocemente fra di loro. "È una lunga storia, te la racconterò se vorrai. Ma sto cercando.."
"Edward si trova nel magazzino, sta facendo l'inventario".
Abby sollevò le sopracciglia con un'espressione sorpresa davanti a quella sua frase, sorridendo divertita mentre guardava nei suoi occhi scuri. "E ti lascia solo con tutta questa confusione?".
Andrew fece spallucce e sorrise, stringendole le mani mentre guardava le occhiatacce che i cacciatori assetati gli stessero lanciando, ed indicò con lo sguardo un'altra figura che stesse in piedi oltre il bancone. "Edward ha assunto Bree da un paio di mesi, ci da una mano per gestire la confusione".
Abby seguì il suo sguardo ed osservò una donna che potesse avere più o meno la sua età: portava i capelli neri sciolti lungo le spalle, che si sposassero perfettamente con la sua pelle scura, mentre gli occhi neri da cerbiatta si posarono per qualche istante su di lei prima di tornare a riempire delle grosse birre da porgere agli uomini che reclamassero da bere in modo rozzo.
Ed Abby la guardò pensando che fosse una delle donne più belle ed affascinanti che avesse mai visto.
E allo stesso tempo sentì lungo la schiena un brivido di gelosia, perché Bree era stata assunta da Edward.
Andrew si scusò con lo sguardo e le fece segno di dover tornare a lavoro, ed Abby accennò un sorriso ed annuí, salutandolo con un cenno della mano mentre usciva dal locale sentendo lo sguardo della nuova barista su di sé.
Fece il giro del locale per raggiungere il retro, giungendo fino al magazzino dove Abby fosse entrata davvero una volta o due durante il suo periodo di permanenza al locale ed intravide Edward con dei fogli fra le mani intento a contare le casse di birra e degli alcolici, impilandole poi una sopra l'altra con ordine.
Rimanendo alle sue spalle Abby riusciva a vedere i suoi capelli ricci decisamente più corti, notando però che avesse mantenuto la barba lunga.
Lo vide del tutto assorto nella sistemazione di quelle scatole e presto sollevò una mano nella sua direzione per sfiorargli la spalla, ma ancora prima che potesse sfiorargli la maglia leggera che indossava, Edward si voltò di scatto e le afferrò la mano bloccandola dal polso.
Incrociò il suo sguardo nel buio della notte e Edward sgranò gli occhi mentre la guardava, dimenticando persino come si respirasse.
Provò a scostare il polso dalla sua presa, ma Edward continuava a stringerla ed allora Abby si trovò costretta ad usare l'altra mano per liberarsi.
L'uomo davanti a sé bloccò anche il secondo polso e la spinse con forza fino a costringerla contro la parete del magazzino.
Edwarda le teneva bloccati entrambi i polsi e la schiacciava contro la parete e ad Abby sfuggì una risata divertita, mentre l'uomo continuava a guardarla con incredulità, come se non fosse reale o se fosse un fantasma.
Un fantasma a cui poteva stringere i polsi e di cui riusciva a sentire il respiro sul viso, non lo aveva mai visto però. 
"Vedo che i tuoi riflessi da Marine sono ancora ottimi e che prenderti di sorpresa è ancora impossibile, accidenti!". 
"Questo perché sei ancora troppo rumorosa, rossa".
Edward sgranò gli occhi e si sorprese lui stesso per il modo in cui si fosse lasciato trascinare in quel gioco di botta e risposta in cui fossero soliti finire sempre.
Però l'ultima volta in cui Edward fosse stato in sua presenza, Abby era morta. 
Era stato lì, accanto al suo corpo senza vita. 
Le aveva sfiorato la guancia pallida, le aveva baciato le labbra fredde. 
E poi aveva visto bruciare il suo corpo insieme ai tronchi di legno. 
Abby immaginava cosa gli stesse passando per la mente, così sospirò ed accennò un sorriso amaro nella sua direzione, addolcendo il suo tono di voce. "Ciao bartender". 
Edward sembrava essersi trasformato in una statua di cera, troppo conteso dalle emozioni contrastanti che si affollavano nel suo petto per capire come reagire; così Abby decise di liberarsi i polsi e di sollevare le braccia fino al suo collo per abbracciarlo stretto, sentendo finalmente Edward avere una reazione e sollevarla di peso per stringerla forte a sé mentre affondava il viso sul collo per respirare quel profumo che si era convinto non avrebbe mai più sentito.



Mentre teneva la mano intrecciata a quella di Edward lasciandosi condurre attraverso la confusione del locale per avvicinarsi alle scale che li avrebbero condotti nell'appartamento al piano di sopra, Abby non riuscí a fare a meno di sentire gli sguardi dei cacciatori su di loro.
In fondo la conoscevano ormai come una Winchester e vederla ancora una volta insieme ad Edward gli faceva storcere il naso.
Ma uno sguardo fra tutti fece voltare Abby, trovando la nuova barista intenta a lanciare un'occhiata fugace a lei ed a Edward.
Cercò di non farci caso più di tanto, scuotendo la testa e seguendo l'uomo che salisse le scale davanti a sé; varcò la soglia dell'appartamento di Edward ed entrò nel soggiorno in silenzio.
Abby si sentiva ancora strana e sbagliata ad essere tornata sulla terra, ma adesso che era in sua compagnia si sentiva un po' meno così.
Lo vide continuare a muoversi fino a giungere nel nuovo angolo bar che Abby non avesse mai visto e lo osservò prendere due bicchieri puliti per riempirli con del Bourbon, tenuto in una vecchia bottiglia impolverata. 
Edward si voltò verso di lei e si avvicinò brandendo i due bicchieri pieni, ma rimase fermo a pochi passi da Abby mentre continuava a guardarla in modo strano, come se si fosse accertato che lei fosse davvero lì e che quella non fosse un'allucinazione o chissà quale altra diavoleria. 
Si portò alle labbra uno dei due bicchieri bevendo l'intero contenuto e poi fece lo stesso con l'altro, sentendo il liquido alcolico scendere lungo la gola e bruciargli nel petto.
Quel gesto tradì il suo nervosismo ed Abby trattenne una risatina, specialmente quando lo vide voltarsi nuovamente per raggiungere l'angolo bar e riempire nuovamente i due bicchieri. 
Mentre sentiva la bottiglia tremare nelle mani di Edward e riusciva a percepire il suo nervosismo, Abby accennò un sorriso amaro mentre lasciava vagare il suo sguardo per la casa di Edward, e molti ricordi la investirono tanto da farla tornare a sorridere.

Mary stava seduta sulle gambe di Edward, a sua volta seduto sul materasso del loro grande letto mentre teneva le spalle appoggiate alla testiera.
"Andiamo, raccontami l'ultima storia. L'ultima volta, per favore zio Eddie".
Abby, che se ne stava sulla soglia a spiarli dalla porta per non disturbarli, sorrise mestamente e si portò una mano all'altezza del cuore mentre si commuoveva: la sua bambina aveva appena imparato l'arte della ruffianaggine e stava sbattendo gli occhi da cerbiatta perché sapeva che lo zio Edward non avrebbe resistito davanti a quelli occhioni da cucciolo.
Ed infatti Edward sollevò gli occhi al cielo ed annuí, abbracciandola stretta. "E va bene: l'ultima storia, ma poi voglio vederti dormire".
Abby aveva sentito Mary ridere soddisfatta mentre appoggiava il viso sul petto di Edward, il quale le sfiorava i capelli e la schiena per farla rilassare e far si che si addormentasse più velocemente perché aveva perso tutte le idee per creare delle nuove storie fantastiche che tanto piacessero alla piccola.
La sua voce pacata, calda e profonda guidò Mary attraverso i sentieri del mondo dei sogni ed Abby pensò di non avere mai desiderato altro dalla vita mentre li guarda insieme.
E fu in quel momento che Abby si sentì sicura che Edward l'avesse incastrata, perché ormai era troppo innamorata di lui per riuscire ad andare via.
Quando Mary chiuse gli occhi ed il suo respiro cambiò diventando più pesante, Edward smise di parlare e si soffermò ad osservare il viso della piccola che si fosse addormentata fra le sue braccia.
Le sfiorò i lunghi capelli biondi con dolcezza, non riuscendo ad evitare di sentire Mary anche un po' sua.
Non era suo padre e non lo sarebbe mai stato, eppure quella bambina aveva svegliato qualcosa dentro di lui.
Edward le aveva permesso di distendersi meglio e di abbracciare il cuscino, rimboccandole le coperte e depositandole un dolce bacio sulla testa. "Dormi bene, principessa".
Sentiva il cuore battere più velocemente per tutto l'amore che provava verso quella bambina; si alzò definitivamente e quando sollevò lo sguardo verso la porta semiaperta, Edward incrociò lo sguardo commosso di Abby.
Per qualche istante rimase interdetto, perché non voleva infastidirla per il modo forse troppo amorevole con cui trattasse Mary, ma poi osservò le sue labbra piegate in un sorriso e le si avvicinò lentamente. "Pensavo fossi di sotto".
Abby aveva colmato la distanza fra di loro avvicinandosi di più e gettandogli le braccia al collo. "Si, ma mi mancavi quindi sono venuta a cercarti".
Edward sorrise cingendole i fianchi mentre si chinava di più su di lei per appoggiare la fronte alla sua, ed Abby chiuse gli occhi beandosi di quella vicinanza. 
Si sollevò quel che bastasse per baciarlo con dolcezza, mentre sentiva il cuore esplodere dalla felicità e si convinceva sempre di più che di Edward si potesse fidare ciecamente e che non le avrebbe mai e poi mai fatto del male.
Il bacio divenne sempre più intenso, le mani dell'uno scorrevano su quelle dell'altra, mentre i loro sospiri di piacere iniziavano a diventare sempre più rumorosi.
Abby si scansò quel tanto che bastasse per osservare preoccupata Mary che continuava a dormire beatamente, e Edward le sfiorò il volto per riportare lo sguardo sul suo. "Non si sveglierà".
"Certo, l'hai stesa con la tua storia".
Edward rise divertito e tornò a tuffarsi sulle sue labbra, baciandole con dolcezza fin quando Abby rise divertita e si scostò, chiudendo la porta della camera da letto e trascinandolo giù dalle scale fino ad arrivare al locale.
Edward la schiacciò contro il bancone, baciandole il collo e scostando la leggera maglia che indossava per baciarle la spalla, ed Abby iniziò a sfilargli la canottiera che indossasse; si guardarono per qualche istante con una grandissima intesa che avrebbe fatto invidia a chiunque, fino a quando Edward si chinó nuovamente su di lei per sollevarla dalle cosce e farla sedere sul bancone, tornando a baciarla in modo famelico. 


"Vuoi bere qualcosa?".
Abby aggrottò le sopracciglia mentre guardava ancora da lontano la stanza da letto la cui porta fosse spalancata e si voltò a guardare Edward che fosse arrivato proprio accanto a lei, porgendole un bicchiere pieno di Bourbon. 
Abby lo accettò riservandogli uno sguardo grato e bevve degli abbondanti sorsi mentre ancora lo guardava, sforzandosi di non fargli capire che avesse notato come le stanze apparissero fin troppo perfettamente ordinate.
O il letto del tutto sfatto nella sua camera, con un reggiseno che pendeva dall'angolo della testiera.
Abby osservò il modo in cui la guardasse, esattamente come avesse fatto Dean. O Sam. Dan, Silver, Cas ed Anael.
Ed Abby lo detestava, perché non aveva chiesto lei di tornare.
Deglutì a vuoto e si voltò per sottrarsi al suo sguardo, muovendosi in silenzio e lentamente attraverso il soggiorno. 
"Quindi io muoio di parto come se fossimo bloccati a cinquant'anni fa e tu ti fai la nuova barista".
Abby si morse la lingua perché sapeva di non aver alcun diritto per pronunciare quelle parole, ma non riuscí a trattenere quell'istinto nato nel momento in cui avesse posato gli occhi su Bree. Ed il silenzio di Edward le fece capire di avere ragione. 
La donna si voltò ad osservare Edward, che guardandola negli occhi scosse la testa e sorrise amaramente versandosi un altro bicchiere.
E poi Edward si soffermò ad osservare come Abby stesse lentamente sorseggiando il suo bourbon e come si muove per il soggiorno, osservando attentamente ogni cosa.
"Quindi sei tornata".
Non si voltò neanche a guardarlo, sentendosi tremendamente gelosa e arrabbiata come se fosse nella posizione per poterlo essere e scosse la testa, mettendo su una voce acida. "In carne ed ossa. Sono venuta qui perché immaginavo quanto stessi soffrendo per la mia morte e quanto il tuo cuore fosse spezzato, e invece vedo che ti sei dato da fare e ti sei consolato abbastanza in fretta".
"Bree mi da solamente una mano al locale: ha più esperienza di Andrew e mi sostituisce mentre io ho il tempo di occuparmi di altro..".
La sua voce era così pacata e calma che Abby riusciva a percepire il suo dispiacere disseminato fra le parole, ma la ragazza scosse la testa e si voltò a guardarlo con un sorriso ironico sul viso. "No, no Ed: se tu sei felice così, sono contenta anche io per te. Davvero".
Edward guardò nei suoi occhi azzurri intrappolandola con lo sguardo per studiarla, sapendo che Abby non fosse affatto contenta.
Ma quello sguardo era un'arma a doppio taglio perchè mentre Edward leggeva il suo fastidio e la sua gelosia e rabbia mal celate, Abby si aprì un varco dentro di lui fino alla parte più profonda di Edward: Abby vedeva qualcosa nei suoi occhi nocciola che gli fossero mancati da matti, qualcosa di oscuro che non riesce a decifrare.
Qualcosa che però le fece scemare il sorriso ironico, quando iniziò a riflettere sul fatto che avrebbe tanto voluto sapere cosa lo stesse turbando in quel modo.
Se fosse stata la solita Abby, probabilmente sarebbe riuscita a fargli tirare fuori il rospo e fargli dire cosa non andasse nella sua vita. 
Ma Abby non era più quella ragazza.
E Edward sembrò capirlo, perché anche lui lesse nei suoi occhi azzurri che qualcosa non andasse in lei.
Non importava che fosse di nuovo viva davanti a lui, che gli parlasse e sorridesse. 
Negli occhi di Abby mancava qualcosa di più importante. 
Qualcosa che ci fosse sempre stato nonostante le mille disavventure.
Mancava la voglia di vivere.
E quando Abby capì cosa avesse trovato Edward nei suoi occhi, si affrettò a volgere lo sguardo in giro per la stanza ed a bere qualche abbondante sorso di Bourbon.
Edward si schiarí la gola e fece qualche passo avanti per raggiungerla, mentre Abby continuava a rigirarsi nervosamente all'interno del suo soggiorno. "Come stai?".
"Abbastanza bene per essere morta da quattro mesi. La cremazione è stata una benedizione, sai? Dovresti vedere il mio corpo: non ho più neanche una cicatrice". Abby rise nervosamente mentre pronunciava quelle parole, nonostante non trovasse quell'argomento minimamente divertente.
Avrebbe voluto dire semplicemente che stesse bene e che avesse trovato il suo equilibrio da quando fosse tornata così come ripeteva a Dean ogni giorno, ma non voleva mentire proprio a Edward.
Quindi giocò nervosamente con il bicchiere osservando ondeggiare il liquido all'interno, evitando così di guardare nei suoi occhi.  
Ma riusciva a sentire la presenza di Edward molto vicina a sé e percepiva il suo sguardo, che non fosse poi così indagatore perché evidentemente sapeva più di quanto dicesse.
"Sam te l'ha detto, non è vero?". Abby sorrise amaramente, sospirando piano per poi sollevare lo sguardo verso di lui con espressione fintamente serena, e Edward annuí in silenzio sollevando una mano nella sua direzione per spostare un ciuffo di capelli che le fosse ricaduto sul viso. "Che cosa ti ha detto?".
"Solamente che all'inizio eri un po'.." iniziò Edward mentre ancora la guardava, sentendo il cuore duolergli alla visione dei suoi occhi lucidi e sofferenti. "..confusa".
"Confusa". Ripetè Abby lasciandosi andare ad una risatina nervosa, scuotendo la testa e liberandosi dalla sua presa delicata. Bevve l'ultimo sorso di Whisky e si avvicinò all'angolo bar prima di riempirsi di nuovo il bicchiere, sedendosi poi sul divano e muovendo le gambe in modo nervoso. "Non credo che sia il termine più corretto. Che altro ti ha detto?".
Edward sospirò lentamente e scosse la testa, fermandosi per qualche istante ad osservarla: evidentemente Abby non stava bene e ciò che avesse scorto nei suoi occhi qualche momento prima ne era la conferma. "Vuoi sapere se so dell'Inferno?".
Abby lo guardò immediatamente quando gli sentì pronunciare quelle parole e sgranò leggermente gli occhi, scuotendo la testa e sentendo i suoi occhi inumidirsi. 
Nonostante non amasse farsi vedere in quel modo da nessuno, Abby continuava a fidarsi così ciecamente di Edward da lasciare che vedesse quella parte di sé così fragile e delicata, che solamente due persone avessero visto prima di lui: suo padre Jack e Dean.
E mentre si spazzava le lacrime dalle guance, Abby realizzò di essersi ritrovata a guidare nella direzione del Red Right Hand perché aveva un bisogno disperato di tirare fuori ciò che avesse dentro.
Di sfogarsi e di parlare.
Ed Abby voleva parlare solamente con Edward, perché sapeva che non l'avrebbe mai e poi mai giudicata. 
"Sono a pezzi, Ed. Sento che sto crollando giorno dopo giorno e non so come tirarmene fuori questa volta".
Edward rimase in silenzio, limitandosi a sbattere più velocemente le palpebre per spazzare via le lacrime che si fossero condensate nei suoi occhi, perché vedere Abby così sofferente gli spezzava il cuore più di qualsiasi altra cosa; si avvicinò lentamente per sedersi proprio al suo fianco sul divano.
Non aveva detto una parola, perché sapeva che Abby non avesse bisogno di sentire una risposta da lui.
Le aveva sfiorato la schiena e poi aveva lasciato scivolare la sua mano sul fianco della ragazza per avvicinarla di più a sé ed Abby non aveva perso tempo a tuffarsi sul suo collo, trovando il posto dove potesse sfogarsi senza doverlo necessariamente guardare negli occhi.
"Non sono mai stata all'inferno, Ed. Io ero in pace, con mio padre e con tutte le persone che ho perso in questi anni. Non provavo altro che felicità li, non dovevo guardarmi le spalle continuamente, non dovevo combattere. Ero in pace. E sono stata strappata da quel posto per sempre".
Edward sentì la voce di Abby tremare e presto sospirò scuotendo la testa, appoggiando la schiena al divano e portandola con sé; Abby si sistemò sul suo petto chiudendo gli occhi mentre ancora lacrime le rigavano le guance, e Edward le carazzeva i capelli e le braccia per permetterle di rilassarsi ed aiutarla a liberarsi del peso che portava. "Eri in.. Paradiso?". 
Abby accennò un sorriso e sollevò lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi nocciola, prendendosi gioco di Edward perché sapeva quanto per lui fosse difficile credere in quella storia del Paradiso e dell'inferno.
Ma la ragazza annuí e Edward la strinse un po' più forte, avvicinandosi a lei per baciarle la fronte con dolcezza e facendole il solletico con la barba.
Quando tornò a guardare nei suoi occhi azzurri, Edward le sfiorò la guancia e l'asciugò dalle lacrime prima di sorriderle con dolcezza. "Starai bene. Te lo prometto".
Abby sorrise amaramente guardando nei suoi occhi mentre sentiva la presa su di lei farsi sempre più stretta.
Edward l'avvicinò ancora di più a sé e avrebbe voluto consolarla il più possibile, aiutarla a dimenticare ciò che avesse passato.
Quando lo sguardo di uno cadde sulle labbra dell'altra ed Abby sentiva il cuore iniziare a batterle più forte nel petto.
Sapeva che si stesse facendo coinvolgere un po' troppo e che se non si fosse alzata probabilmente avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentita.
Così abbassò lo sguardo e scosse la testa mentre sentiva ancora il suo respiro irregolare, e si alzò da quel divano per tornare a respirare di nuovo e per mettere un po' di distanza fra loro. 
Sentì il sospiro di disappunto di Edward ed Abby giunse fino alla finestra del soggiorno che dava direttamente sul parcheggio e sull'ingresso del locale, notando come le auto dei clienti continuassero ad arrivare sempre più numerose.
Sentì il Bourbon scivolare dalla bottiglia fino ad un bicchiere, ed Abby capì che Edward si fosse alzato per farsi un'altra bevuta e non fu sorpresa quando si voltò e lo vide al suo fianco mentre le riempiva il bicchiere. 
Incrociò nuovamente lo sguardo dell'uomo al suo fianco che le sorrise e fece scontrare il bicchiere col suo primo di portarselo alle labbra. "Amo passare il tempo insieme a te, ma questa non è solamente una visita di cortesia, bartender". 
Edward sorrise ed annuí in silenzio, guardando fuori dalla finestra e riconoscendo tanti dei suoi soliti clienti. "Che ti serve?".
Abby accennò un sorriso complice nella sua direzione, nonostante una parte di sé fosse tremendamente dispiaciuta perché non era stata in grado di parlare con Dean come avesse appena fatto con Edward, recandosi fino al locale per liberarsi del peso che portava dentro e per sentirsi appena un po' meglio.
Ma Abby sapeva che Edward non l'avrebbe mai giudicata e che avrebbe trovato il modo di aiutarla, così la ragazza si fece coraggio e parlò. "C'è qualcosa che non va, in me. Mi sento così diversa ed inadeguata, come se non appartenessi a questo mondo". 
"Che vuoi dire?".
Abby sentì il suo sguardo confuso su di lei e la ragazza si trovò a deglutire a fatica, sentendo il cuore battere più velocemente per l'agitazione ed il nervosismo.
Stringeva ancora il bicchiere fra le mani, così Abby decise che avesse bisogno di un altro po' di coraggio liquido e decise di mandarlo giù tutto d'un fiato.
Si voltò di scatto, tornando verso il salotto ed abbandonando il bicchiere vuoto sul tavolo di legno davanti al divano, e presto estrasse dalla tasca interna della sua giacca un foglio.
Non era perfettamente piegato, anzi era visibilmente spiegazzato come se fosse stato appallottolato fra le mani.
Abby aveva provato a ripiegarlo in modo ordinato, ma le pieghe ormai avevano regalato alla carta delle sottili venature più scure.
Edward non perse neanche uno dei suoi movimenti, avendola seguita per tutto il tempo con lo sguardo, e quando Abby sollevò lo sguardo per osservarlo, sospirò e gli si avvicinò velocemente mettendogli il foglio fra le mani.
L'uomo la guardò in maniera confusa e poi aveva dato un'occhiata a quel foglio: era bastato un rapido sguardo per capire di cosa si trattasse.
Edward aveva già letto e studiato le parole che ci fossero scritte.
Aveva lavorato sodo per tradurre il testo originale in quello semplificato che adesso stringeva fra le mani. 
Lo aveva imparato a memoria, ricordava ogni singola parola.
Il suo magazzino era pieno di ogni singolo ingrediente elencato su quel foglio che avesse scritto proprio lui.
Si schiarì la gola e si finse sorpreso, tornando a guardare gli occhi azzurri di Abby con la paura che la ragazza avesse scoperto tutta la verità sul suo ritorno, ed iniziò a pensare a tutti i modi possibili con cui avrebbe potuto spiegarle come fossero andate le cose, ma Abby parlò prima che Edward potesse anche solamente mettere insieme una frase. 
"È il rituale di magia nera che Isobel ha usato per riportarmi in vita. L'ho trovato accanto al suo cadavere".
Tirò un sospiro di sollievo pensando di avere schivato quella pallottola, nonostante Edward sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dirle la verità. 
Ma Abby avanzò di nuovo verso di lui dopo essersi mossa in maniera nervosa per il soggiorno e sospirò, giungendo le mani in preghiera. "Devi parlare con il tuo amico Dylan per me".
"Abby..".
Edward scosse la testa e scosse la testa con aria preoccupata, chiedendosi perché dopo tutto quel tempo la donna davanti a sé non avesse ancora capito che Dylan non fosse un suo amico, ma che piuttosto tollerasse la sua presenza chissà per quale strano motivo.
La vide scuotere la testa ed avanzare, afferrandogli con le dita la mano con cui stringesse ancora il foglio. "Ti prego, Ed. Io non posso andare: fra i bambini che hanno bisogno di me e Micheal in arrivo dall'altro mondo, non posso assentarmi dal bunker. Devi farlo tu, per me".
Scosse la testa mentre guardava nei suoi occhi azzurri così speranzosi, perché anche se Dylan avesse trovato delle risposte e si sarebbe sentito così gentile per dirglielo, Edward non avrebbe saputo come dire ad Abby la verità sulla morte di sua madre.
"Questo non ti ridarà tua madre. Isobel è morta". 
"Questo lo so. Ma Castiel dice che Isobel si è distrutta contro delle forze del male per riportarmi in vita. E mi ha marchiata, Ed. Ha marchiato la mia anima ed io devo scoprire come rimediare".
Di nuovo i suoi occhi speranzosi divennero lucidi e di nuovo Edward percepí il suo cuore stringersi a quella visione, e si chiese come avesse potuto lasciare che Abby affondasse le radici così in profondità nel suo cuore, trasformandolo in quell'essere così stupido ed emotivo che l'amasse in maniera così incondizionata da renderlo un idiota senza spina dorsale. "Oh maledetta ragazza, certo che ci andrò. Andrei fino in capo al mondo, se fossi tu a chiedermelo. Troverò Dylan per te, rossa. Te lo prometto". 
Abby accennò un grande sorriso contento e non ci pensò più di tanto prima di sollevarsi sulle punte e stringerlo in un abbraccio stretto, affondando la testa sul suo petto mentre lo sentiva cingerle la schiena. 
"Grazie bartender".
Sciolse quell'abbraccio prima del previsto e lo guardò negli occhi con uno sguardo grato e.. colmo d'amore. 
Ma Edward la conosceva e sapeva a che punto della conversazione fossero arrivati, così sospirò. "Devi andare, non è vero? Va' allora. Ti chiamo quando ho novità". 
Abby lasciò scivolare le mani sul suo petto possente ed accennò un sorriso amaro, annuendo in silenzio e facendo spallucce.
Lasciò la presa su Edward ed indossò nuovamente la sua giacca di pelle lasciando scivolare i capelli sulla schiena, e gli lanciò un ultimo sguardo grato prima di giungere alla porta per scendere al locale. 
Ma si fermò sulla soglia mentre ancora teneva la porta aperta, indugiando sul pianerottolo prima di tornare a voltarsi verso di lui facendo un passo incerto nella sua direzione. 
Edward aggrottò le sopracciglia e si avvicinò appena, chiedendole con lo sguardo cos'altro le servisse, ma Abby abbassò il proprio per una manciata di secondi, pensando che da quando era tornata sulla Terra non era riuscita a sentire più niente, ma da quando fosse entrata nel locale quella sera e avesse stretto la sua mano, Abby era tornata a sentirsi come la stessa ragazza di quattro mesi prima.
"Richard.. lui.. beh, volevo che sapessi che.. sta bene. E ha i tuoi stessi occhi, sai? Sono sicura che anche i suoi capelli diventeranno ricci come i tuoi".
La ragazza tornò a guardarlo con lo sguardo lucido, facendo spallucce e sospirando mentre sentiva il cuore battere forte per il nervosismo. "Se un giorno vorrai conoscerlo, sappi che potrai venire quando vuoi al bunker".
Edward accennò un sorriso amaro nella sua direzione, nascondendo il fatto che avesse aspettato quelle parole da quando l'aveva rivista. 
Annuì in silenzio, trovandosi costretto a distogliere lo sguardo da Abby per non permetterle di vedere i suoi occhi lucidi prossimi al pianto.
Ma quando la sentí uscire dalla stanza, questa volta fu lui a fare un passo avanti ed a richiamarla a voce alta, osservandola voltarsi nuovamente verso di lui.
Edward respirò lentamente e tirò su col naso, scuotendo la testa e guardandola con aria seria e solenne.  "Posso accettare di non stare più insieme a te Abby, ma non posso sopportare di perderti".
Abby accennò un sorriso dolce nei suoi confronti e se fosse stata vicino a lui gli avrebbe sicuramente stretto le mani, ma la situazione stava diventando sempre più profonda ed Abby doveva tornare dai suoi figli ed a Dean, l'uomo che aveva scelto.
"Non mi hai persa, Edward. Sei la prima persona a cui ho detto come mi sento davvero; il primo a cui ho mostrato il rituale. Perché, che tu ci creda o no, neanche io posso accettare l'idea di tenerti fuori dalla mia vita e di perderti, bartender".

 
 
  
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