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Autore: Johnee    10/05/2023    0 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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28 - A metà

 

Nel cuore della notte, in mezzo al grande ponte che divideva Skyhold dal mondo esterno, Lavellan, il suo segretario e Leliana stavano a metà strada da un esaurimento nervoso.
Infatti, tra il fruscio inquietante delle foglie, l'eco gorgogliante della cascata e le grida di caccia dei rapaci notturni c'erano i toni accesi di un litigio tra un sindaco umano e un cacciatore dalish.
-Non è giusto che ci neghino il loro aiuto quando i nostri bambini muoiono di fame per le strade!- disse l'Umano, indicando il suo avversario con un cenno nervoso.
-I vostri bambini hanno tirato le pietre ai nostri halla fino alla settimana scorsa, e voi li incitavate pure!- ribadì l'Elfo, guardando il suo interlocutore con disprezzo.
-Davvero ti stai impuntando su delle stramaledette capre quando da noi l'unica cosa che respira bene è la fame?-
-E intendo continuare a farlo! Quando noi vi abbiamo chiesto aiuto ci avete accolto con le torce e i forconi, perché adesso dovremmo darvi una mano a titolo gratuito?-
Leliana avvicinò le labbra all'orecchio di Lavellan. -Li fermiamo?-
Lavellan, che si stringeva nel cappotto come se dovesse scapparle da un momento all'altro, scosse lievemente la testa. -Lasciamoli fare. Voglio capire meglio il contesto.-
-A me il contesto sembra chiaro.- intervenne il segretario, sottovoce. -Resta solo da schierarsi.-
Lavellan registrò mentalmente l'intervento, ma non vi interagí.
-Inquisitrice, hanno erbe medicinali e cibo a volontà!- sbottò il sindaco, con lo sguardo sbarrato dalla frustrazione. -Li obblighi a condividerle, la scongiuro!-
Il cacciatore sollevò le sopracciglia, allibito. -Ve l'abbiamo detto e stradetto: le nostre risorse sono razionate per la stagione. Non possiamo condividerle, a meno che non ci venga dato qualcosa di altrettanto importante in cambio.-
-Ma noi siamo disperati, non abbiamo niente da darvi in cambio!-
-E allora non se ne fa nulla!-
-Lo guardi, Inquisitrice, ci gode a vederci soffrire!-
-Un po' sì, lo ammetto. Almeno adesso capisci come ci si sente a ricevere un rifiuto quando sei al massimo della disperazione.-
Lavellan si mosse di un passo per frapporsi ai due. Li osservò attentamente, poi interruppe una replica furiosa del sindaco. -Di cosa avete bisogno, nello specifico?- domandò, invitandolo con un cenno a restare sul pezzo.
-Lui di un paio di sberle, noi di viveri.- rispose subito il diretto interessato, gettando un'occhiataccia al cacciatore. -Un gruppo di cacciatori di taglie ha razziato il villaggio, poi sono arrivati i Templari e hanno preso possesso del magazzino. Quando se ne sono andati, non solo hanno preteso di rifornirsi con le nostre ultime scorte, ma si sono portati via pure i nostri giovani e le coperte!- fece una pausa per riprendersi, perché si era espresso tutto d'un fiato. -I villaggi vicini sono nelle stesse condizioni, se non peggio. Gli unici che stanno bene sono questi qui.- indicò il cacciatore. -E si rifiutano di aiutarci!-
-Mi dispiace.- disse Lavellan, per poi voltarsi verso l'Elfo.
Quest'ultimo non ebbe bisogno di farsi supplicare per prendere la parola. -A fine estate ci siamo stabiliti in una cava in disuso, per organizzarci e passare l'inverno al riparo. È abbastanza distante dal loro villaggio per non dare fastidio, ma non troppo per impedire a loro di dare fastidio a noi.-
Il sindaco fece per replicare, ma Lavellan gli appoggiò una mano sul braccio, segnalandogli di non intervenire.
Il cacciatore la ringraziò con un cenno del capo. -Sei stata anche tu cacciatrice, sai che quando il clan è troppo vicino agli insediamenti umani c'è penuria di viveri. Non puoi tagliare alberi, non puoi contare troppo sulla caccia e l'acqua è contaminata spesso e volentieri... tempo una settimana e abbiamo iniziato ad attingere alle razioni.- diede una rapida occhiata a Shaan. -L'unica soluzione che avevamo era quella di chiedere aiuto e non avendo clan vicini a cui rivolgerci abbiamo dovuto affidarci agli shem.-
-Umani.- lo corresse Lavellan.
Il cacciatore esalò un sospiro seccato. -Umani, sì. E non è andata bene, per usare un eufemismo. Ci hanno impedito di entrare nel villaggio e ci hanno cacciati via ancora prima che potessimo spiegare la situazione.-
-Siete arrivati armati fino ai denti e vestiti da figli della foresta! Che altro dovevamo fare?- gemette il sindaco, puntando un piede a terra.
-Evitare di chiamarci "figli della foresta", per prima cosa.-
-È successo mesi fa!-
-E poi ci hanno vessato per settimane. Non solo i bambini.- proseguì l'Elfo, senza scomporsi. -Al contrario loro, quando sono venuti in lacrime a chiedere aiuto gli abbiamo offerto da bere e da mangiare e li abbiamo ascoltati. Abbiamo promesso di aiutarli in cambio di un compenso, ma a quanto pare per loro non è ragionevole.-
Lavellan non riuscì a impedire al sindaco di intervenire. Era livido. -L'unica cosa che possiamo dargli è il nulla fisico, Inquisitrice! Se non fosse stato per i soldati del vostro avamposto, noi saremmo già morti!-
-Non per causa nostra.- ribadì il cacciatore. -Che è quello che questo shem va dicendo a tutti.-
-Se siamo qui e ora è esattamente perché voi state facendo gli orgogliosi quando il mondo intero sta andando a scatafascio! Ne fate parte anche voi ed è ora che iniziate a rendervi utili.-
Il cacciatore guardò il suo oppositore con scetticismo crescente. -Quando vi comoda siamo tutti dalla stessa parte, ma non appena i problemi finiscono ritorniamo a essere conigli e figli della foresta.-
-Ah, piantala con questa pantomima da emarginato! Siamo tutti sulla stessa barca!-
-Perché ora vi comoda, per l'appunto.-
Lavellan analizzò entrambi, mentre si guardavano in cagnesco, poi esalò un sospiro stanco. -D'accordo, mi sembra di aver sentito abbastanza. Vi ripeterò la domanda un'ultima volta: cosa volete che faccia per voi?-
Il sindaco rispose per primo. -Abbiamo bisogno di aiuto immediato. Coperte, cibo e medicinali. Purtroppo nel vostro avamposto c'è carenza di tutto, quindi l'unico modo è che siano loro- indicò il cacciatore -a fornirceli.-
-I nostri aravel risentono della fine della stagione, lethallin.- ribadì il cacciatore. -Potremmo dividere quel poco che abbiamo, ma dev'essere compensato in modo che il clan non ne soffra. Considerato come si sono comportati fino a questo momento, non posso fornire un aiuto che potrebbe non venire ricambiato in futuro. Il mio clan ha bisogno di garanzie.-
Lavellan ci rifletté giusto un istante, prima di annuire. -Datemi il tempo di consultarmi con sorella Leliana, poi vi fornirò una risposta.-
Lei, Leliana e il segretario si allontanarono abbastanza per evitare di essere sentiti, poi si scambiarono un'occhiata accigliata.
-Devono dargli una mano.- affermò Leliana.
-Su questo non c'è troppo da discutere.- confermò Lavellan.
Shaan guardò entrambe con aria confusa. -Solo io ho sentito la parte in cui dimostrano di essere degli ingrati pretenziosi?- domandò.
-No.- rispose Lavellan. -Ma noi non possiamo risolvere il problema del tutto.-
Leliana, che osservava i due ospiti continuare a litigare, annuì. -In base ai rapporti di Cullen, la logistica in quella zona non è facile. Potremmo inviare al villaggio cibo per una settimana, magari qualche braccio in più per le riparazioni urgenti, ma devono cavarsela da soli e l'unico modo per sopravvivere è contare sul vicinato.-
-Sarebbe comunque un metterci una pezza, ma almeno avrebbero il tempo di riorganizzarsi.- aggiunse Lavellan.
-Cannibalizzare le risorse di un clan non è la soluzione, Ankh.- mormorò Shaan. -Sai benissimo come funziona: quel poco che c'è non basta mai. Sarebbero a rischio e non è detto che riescano a fare fronte comune, visti i presupposti. Una volta saziata la fame, rimarrebbero da soli e con gli aravel vuoti. La possibilità che gli abitanti del villaggio non ricambino il favore è altissima.-
-Lo faranno. Hanno già imparato la lezione.- disse Leliana.
Shaan la guardò con intensità. -Non ci metterei la mano sul fuoco.-
-Nemmeno io.- ammise Lavellan, pensierosa. -Il suo clan non era all'Arlathven, quindi si tratta di un gruppo che fa fatica a spostarsi. Sono pochi, diffidenti, ma hanno mandato un cacciatore fin qui comunque per difendersi dalle ingiurie, facendogli affrontare un viaggio che non poteva permettersi di fare perché il clan sopravviva alle ripercussioni delle scelte del suo Guardiano. Di sicuro è stato lui a proporre di venire a Skyhold; sapeva che avremo preso in considerazione la sua situazione, prima di mediare tra le parti.-
-Accetterebbero di aiutarli, se glielo imponessimo?- domandò Leliana.
Shaan si strinse la cartellina al petto, mentre tamburellava l'indice sul pennino per sfogare lo stress. -No. Partirebbero il prima possibile.-
-Dobbiamo impedirgli di farlo, allora. Condannerebbero quella gente a una morte certa.-
-Se aiutassero quella gente così come vorrebbe il loro sindaco, per il clan sarebbe morte certa.- ribadì Shaan.
-Meno male che tocca a me decidere, insomma.- commentò Lavellan, con l'ombra di un sorriso.
Sollevò lo sguardo verso l'alto, inalando l'aria fredda della notte per placare il senso di nausea che l'accompagnava lealmente dall'Accesso Occidentale.
Era una notte splendida, con fiumi di galassie incastonate di stelle talmente luminose da abbagliare lo sguardo.
Lavellan si chiese cosa si provava a osservare il regno dei mortali dall'alto. Era un altro piano di impotenza, forse era meno frustrante di stare sotto e accanirsi contro un cambiamento talmente lento da rasentare la regressione. Oppure era semplicemente un piano ignaro e inorganico, come i fili che tengono insieme una trapunta. In ogni caso, quella cupola di bellezza faceva parte del momento, anche se solo come sfondo.
-Passami carta e penna.- disse Lavellan, spostando faticosamente lo sguardo su Shaan.
Chiamò a sé i due litiganti, mentre finiva di siglare un documento, ed entrambi la raggiunsero con aria impaziente.
Si rivolse al cacciatore. -Il tuo clan aiuterà gli abitanti del villaggio e loro si impegneranno a risarcirvi nel modo in cui il tuo Guardiano reputerà opportuno.- decretò. -Da questo momento, finché sarete in zona, agirete come agenti dell'Inquisizione. Ciò significa che avete il potere di stabilirvi in un quartier generale, organizzare la ricostruzione e garantirvi libero accesso alle nostre risorse.-
-Non vogliamo unirci all'Inquisizione, lethallin!- sbottò il cacciatore. -L'unica cosa che vogliamo è di finire di accumulare le scorte e partire appena arriva l'estate.-
-Questa è l'unica garanzia ufficiale che posso darti che impedisca a queste persone di rimangiarsi la parola data.- disse Lavellan, mostrandogli il documento. -Avreste la nostra protezione, libertà di azione per contribuire al benessere reciproco e tutti i benefici che avrebbe una collaborazione ufficiale con la nostra causa.-
Leliana finì di leggere il foglio a sua volta, poi annuì. -Tornerete nel vostro accampamento con tutto il necessario per aiutarli a risolvere la situazione, poi una volta esaurito il favore e raccolti i benefici potrete ritirarvi.- disse.
-Resteremo vincolati per tutto il tempo che ci vorrà per la ricostruzione, poi ognuno andrà per la propria strada.- concluse Lavellan.
Il cacciatore però non era per niente contento di quel risvolto, al contrario del sindaco che aveva indossato un'espressione di rivalsa.
-Non ti sto dando un ultimatum, lethallan.- puntualizzò Lavellan, avvicinandosi di un passo. -La scelta spetta a te. O ve ne andate e li lasciate morire in cambio di nulla, o li aiutate a nome nostro, con tutti i benefici che ne  conseguono.- lo guardò dritto negli occhi. -Ti sto dando una soluzione per evitare che vi mettano i piedi in testa semmai decideste di aiutarli.-
-Come se fossimo in condizione di farlo!- brontolò il sindaco. -Siamo alla frutta, Inquisitrice.-
-E loro lo sono da più tempo di voi. Per quello hanno il diritto di scegliere.- dichiarò lei, pacatamente.
Sentì lo sguardo di Shaan e di Leliana trafiggerle la schiena. Con quell'ultima affermazione stava mettendo a rischio le sorti di un villaggio intero, d'altronde, nonché la sua reputazione nel caso di un fallimento diplomatico.
Era il turno del sindaco di mostrarsi scontento e lo diede a vedere platealmente.
Il cacciatore prese il contratto dalle mani di Lavellan e lo lesse, riflettendo per minuti interi prima di prendere una decisione. Niente da dire, tutti attorno a lui stavano trattenendo il fiato.
-Li aiuteremo.- decretò, regalando al vento quattro sospiri di sollievo. -Ma voglio la tua parola, oltre a ciò che è scritto qui.-
Lavellan non lo deluse. -Di fronte a testimoni di sangue umano ed elvhen, io, Ankh del clan Lavellan, Inquisitrice in carica, dichiaro la mia amicizia ed estendo la mia protezione al tuo clan per tutto il tempo che la persona che ho davanti lo riterrà necessario. Andruil'enaste.-
-Ankh del clan Lavellan, io ascolto le tue parole e prometto che farò onore alla mia.- replicò il cacciatore, appoggiando la mano libera sul cuore. -Andruil'enaste.-
Il sindaco si dovette appoggiare ai merli del parapetto per processare il proprio sollievo. -Non so come ringraziarla per averlo fatto ragionare, Inquisitrice.- disse.
-Lo faccia smettendo di ringraziare me e iniziando a ringraziare chi la sta realmente aiutando.- rispose lei, stringendo la mano a entrambi. -Tenetemi aggiornata, mi raccomando.- si premurò, congedandosi.
Una volta rientrati nella fortezza, i tre si scambiarono un'occhiata soddisfatta. -Sono bravetta, eh?- scherzò Lavellan.
Shaan alzò gli occhi al cielo. -Tanto brava da scordarti che in mezzo a un ponte in alta montagna fa un freddo immondo.- fece.
-Oh, non lamentarti!- lo rimproverò Leliana. -Se li avessimo fatti entrare, sai quanti passaggi avrebbero dovuto fare prima di poter ottenere un'udienza?-
-Lo so. Li gestisco io i suoi appuntamenti.- le fece notare Shaan, scarabocchiando un appunto sulla cartellina mentre indicava Lavellan con un cenno del capo. -Avrete una copia del contratto sul tavolo di guerra in mattinata. Farò in modo di riferire all'Ambasciatrice che è il caso di ampliare l'ordine del giorno.- finì la nota e passò uno sguardo veloce su entrambe. -C'è altro che posso fare per voi?-
-Andare a dormire.- rispose, secca, Lavellan.
Shaan strinse le palpebre su un'espressione accigliata. -Suppongo che sia un'idea saggia, dato che ho appena scritto una nota in nevarriano arcaico senza rendermene conto.- disse, scrollando le spalle.
Leliana ridacchiò. -Scommetto che è più comprensibile di quelle del Comandante.-
-Ci vuole poco.- replicò lui, con un sorriso, poi si rivolse a Lavellan. -Ti faccio mandare qualcosa in camera?-
Lei scacciò quella gentilezza con un cenno. -Ruberò un po' di noccioline dalla dispensa en passant, non ti preoccupare.-
Shaan le scoccò un'occhiata di rimprovero, alla quale lei rispose prendendolo per le spalle, facendogli fare un giro su se stesso e spingendolo verso le scalinate che portavano al mastio. -Vai, che io non lo capisco il nevarriano!- disse.
Leliana lo seguì barcollare via con uno sguardo divertito, poi si rivolse alla collega. -Grazie di avermi fatta chiamare.-
Lavellan fece spallucce. -Non facciamo mai niente da sole, io e te. L'unico modo per fare conversazione è tirarti via a forza dai tuoi doveri con una scusa importante.-
Leliana passò uno sguardo scettico su di lei. -Ah, quindi non era un trucco per distrarmi dalla montagna di corrispondenza che assedia la mia scrivania?-
Lavellan abbozzò un sorriso. -Una cosa non esclude l'altra.- ammise.
Leliana ridacchiò, chinando il capo. -Guarda che mi hai messa tu in questa posizione.-
-Ah, adesso è mia la col…-
Un fruscio sommesso distrasse Lavellan, facendole puntare lo sguardo su un ammasso di cespugli a metà strada tra loro e le stalle. Un senso di timore improvviso le mise in tensione ogni muscolo del corpo, facendole sbarrare le palpebre.
Il vento toccava i tendaggi delle bancarelle chiuse, facendole muovere pigramente e l'erba a chiazze del cortile riluceva della luce delle stelle e delle lanterne, come se fossero i flutti di un lago sotterraneo.
Ogni elemento di sfondo contribuiva al grande senso di pericolo che attanagliava Lavellan, immobile a osservare i cespugli con il panico nel viso. Persino le stelle sembravano brillare un po' di meno, in risposta a quell'evento.
-Che succede?- domandò Leliana, sul chi vive.
Lavellan non rispose. Piuttosto, si mise a protezione della collega e liberò il coltello da caccia della cinghia che lo teneva allacciato alla guaina.
Il fruscio si fece più intenso, poi dai cespugli fuoriuscì un gatto con un topo tra le fauci. Sospettoso, si allontanò dal terreno di caccia con la pancia rasoterra e si insinuò in un'impalcatura, scomparendo alla vista.
Lavellan sentì il suo corpo perdere peso, mentre la tensione scemava, ma il senso di disagio restava ancorato ai suoi arti. -Credevo di aver visto qualcosa.- si scusò, imponendosi di ricomporsi. -Forse anch'io ho bisogno di dormire.-
Leliana concentrò uno sguardo attento su di lei. -Cosa pensavi di aver visto?- le domandò, abbassando il tono di voce.
Lavellan dissimulò con un'alzata di spalle fin troppo forzata. -Qualcosa di grosso e di brutto.- disse. -Come la faccia di Mastro Harritt dopo una notte passata a stare dietro alle follie di Dagna.-
Leliana non rise del paragone. -Come un ragno?- chiese, invece.
Lavellan sbuffò una risata nervosa. -Ah, beh, se fosse stato un ragno sarei già arrivata a Crestwood di corsa.- scherzò, muovendosi per lasciare il cortile il più in fretta possibile.
Risalirono le scalinate e arrivarono al salone principale, accompagnate dai quieti rumori provenienti dalle sagome nere degli abitanti di Skyhold, impegnati a ricoprire posizioni e a consegnare messaggi. Una volta al riparo dal vento gelido e avvolte dalla luce calda delle lanterne a olio, si accinsero a congedarsi.
-Hai già scelto un nome, per quando salirai sul Trono Raggiante?- domandò Lavellan, sfiorando con lo sguardo la sedia vuota della scrivania di Varric.
Leliana abbozzò un sorriso. -Mi fa felice sapere che tu lo ritenga un evento certo.-
Lavellan ricambiò. -Seguirai le orme di chi ti ha preceduto, o sceglierai un nome che appartenga solo a te?-
-Ci sto ancora pensando, a dire il vero. Anche se il tempo è agli sgoccioli, vorrei dare alla ricerca della mia nuova identità una certa importanza.-
-Com'è giusto che sia. Ricordati però che Divina Zione è stata una mia idea e se intendi usarla, mi toccherà chiederti una percentuale dei diritti ogni volta che il tuo nome verrà usato in un'opera di narrativa.-
Leliana le assestò uno schiaffetto sul braccio, a mo' di rimprovero, poi si voltò per andarsene. Lavellan fece lo stesso, incamminandosi attraverso il salone per raggiungere le sue stanze.
-Ah, Inquisitrice, un'ultima cosa.-
Lavellan voltò un'espressione curiosa verso la collega, frenandosi dal procedere.
Leliana indugiò sul suo viso con lo sguardo per qualche secondo, poi parlò. -Era la scelta giusta.- espresse, sommessamente.
Lavellan rimase a contemplare un indice di risposte che avrebbe potuto darle, ma nessuna sembrava appropriata. Dopo aver decretato l'impossibilità di esprimersi a dovere sulla questione, si limitò ad accennare un sorriso. -Buona notte, Leliana.- disse, preferendo ritirarsi.
Il senso di nausea tornò alla carica, assieme al formicolio che spesso le faceva prudere le pareti dei vasi sanguigni della mano sinistra.
Flesse le dita, le contrasse, poi le rilassò.
Il fastidio non scomparve.
Se aveva compiuto una scelta giusta, che per una volta avrebbe accontentato tutti, perché la faceva stare così male?

*

Il senso dell'udito di chi era presente al Tempio di Dumat era diviso tra l'ululato del vento e lo sfrigolare del fuoco che brucia la pietra.
Lavellan discese con una calma tragica la scalinata che portava al grande cortile che faceva da vestibolo all'edificio. Lì la sabbia era macchiata di un vibrante cremisi, per via del lyrium rosso e della grande quantità di nemici che giacevano a terra.
Era difficile decidere un odore predominante, o descrivere con accuratezza quale fosse l'identità olfattiva del lyrium rosso. Lavellan percepiva chiaramente l'odore di zolfo e di essenza di elettricità tipici dei Templari, ma assieme a essi permeava un profumo dolciastro, a tratti metallico, come quello di una piastra da carne sporca lasciata per troppo tempo al sole.
In ogni caso, il senso di nausea continuava a tormentarla, assieme a un retrogusto ferroso sul palato.
Raggiunse Cullen, chino su un'Ombra, e si posizionò alle sue spalle.
-Ser Albert di Hercinia.- annunciò lui, posando il pollice e l'indice sulle palpebre del nemico per chiuderle. Grazie a quell'atto di pietà, il viso deformato dell'Ombra acquisì un'espressione quasi pacifica.
-Lo conoscevi?- domandò Lavellan, a mezza voce.
Cullen passò una mano sulla fronte del due volte defunto Ser Albert, poi si drizzò in piedi. -Ha importanza? L'abbiamo lasciato indietro.- replicò, con l'amarezza a impastargli il tono di voce. La sua espressione era una maschera di indecisione che oscillava tra la rassegnazione e il fastidio.
Lavellan si aggrappò alla cinghia della faretra. -Mi dispiace.- disse.
Cullen strinse le labbra, esalando un breve sospiro dalle narici. -Anche a me, ma hanno fatto la loro scelta.- fece una pausa, per guardare la sua compagna dritta negli occhi. -Una scelta dovuta alla disperazione, ma pur sempre una scelta.-
Quelle parole ribadirono a Lavellan che ogni volta che decideva, qualcuno veniva lasciato indietro. I Templari, l'Imperatrice, Hawke… erano stati tutti vittime di una decisione. Di uno schema. E su quello schema c'era la sua firma.
-C'era brava gente, nell'Ordine.- proseguì Cullen, avvicinandosi. -Molti sono stati vittime della propaganda, altri si sono semplicemente schierati dalla parte sbagliata, alcuni invece hanno semplicemente seguito la corrente per lealtà...- spiegò. -Ti ricordi della nostra conversazione ad Haven sulla famiglia?-
Lavellan annuì. Oltre a ricordarsela, l'aveva presa a cuore, perché ci si rivedeva.
-Tu uccideresti qualcuno del tuo clan, se le sue azioni influissero negativamente sull'Inquisizione?-
Lavellan dovette soffermarsi a riflettere sulle implicazioni di quella domanda. C'era forse un'accusa, dietro? Una lezione da darle? Una voglia di rassicurazioni? Probabilmente, nemmeno il suo interlocutore lo sapeva.
Il problema era che Lavellan era certa che nessuno dei componenti del suo clan avrebbe compiuto una scelta simile, alleandosi con un essere come Corypheus per disperazione. Si sarebbero opposti.
Si sarebbero opposti?
Anche se fosse stato l'unico modo per sfuggire all'estinzione?
I Custodi ci erano cascati e loro erano votati a una causa ben più alta della pura e semplice sopravvivenza. Cosa c'era di così speciale in lei e nel suo clan per escludere la possibilità di venire sedotti dalla disperazione?
-Non lo so, vhenas.- rispose, coerentemente con il conflitto di ipotesi che si stava scatenando nella sua testa.
Cullen aggrottò la fronte, guardandola struggersi di fronte a un'opzione che non aveva mai considerato. Sapeva di aver aggiunto una preoccupazione senza fondamento a una lista ben più ampia di problemi reali, ma non poteva farci assolutamente niente e Lavellan non gliene fece un torto.
Erano ruminanti di pensieri seriali, dovevano venirsi incontro anche quando le loro preoccupazioni rischiavano di inquinare quelle dell'altro.
-All'interno ci sono abbastanza materiali infiammabili da erigere una pira.- disse lei, scorrendo uno sguardo accigliato sul chiostro.
Cullen fece lo stesso, mettendo a riposare il polso sul pomolo della spada. -Lascia che ci pensi io. È una mia responsabilità. Tu hai cose più importanti da fare.-
-Non è più solo una tua responsabilità, ora è una nostra responsabilità.- puntualizzò lei, tornando a guardarlo. -E non c'è niente di più importante per me di stare vicino alla mia famiglia quando ne ha bisogno.-
Cullen le rivolse un'espressione triste. -D'accordo.- disse, a mezza voce.

*

-Aveva ragione, dottoressa, è troppo scollato.-
Lavellan lanciò una rapida occhiata ad Adra, poi tornò a osservare l'immagine di entrambe riflessa sullo specchio.
Con aria pensosa, Adra si reggeva un gomito, passandosi le dita della mano libera sulle labbra strette. -Ho avuto una pessima idea.- bofonchiò, analizzando il completo che aveva appena fatto provare a Lavellan: un abito verde foresta dalla doppia manica, il cui scollo partiva dall'apice delle spalle e si chiudeva sullo sterno, riaprendosi quindi in uno spacco che discendeva per mostrare un paio di pantaloni verde rame baroccamente ricamati sulle cuciture laterali.
-Potrei metterci sotto qualcosa.- propose Lavellan, raddrizzandosi le maniche sui polsi.
-Oppure potresti semplicemente fregartene e metterci una collana piena di brillocchi.- suggerì Amun, che stava impreziosendo una stola alla sua postazione.
Adra alzò gli occhi al cielo. -Per te i brillocchi sono la soluzione per ogni problema del mondo.- commentò.
Amun non si scompose. -Un completo senza un punto luce è come un cielo senza stelle.-
-Il tuo mondo ideale sarebbe una grotta di cristalli abitata da persone fatte di cristallo.-
-Dipende dal cristallo.-
Lavellan ridacchiò. -Anche se mi mettessi la collana più eccentrica del Thedas, il problema rimarrebbe: non posso presentarmi in riunione così.- indicò il suo petto nel riflesso. -Li voglio sul pezzo, non con lo sguardo fisso sul cuore.-
-Direi che è anche ora di buttare la sobrietà alle ortiche, no?- intervenne Amun, nuovamente. -È un bel vestito, il colore ti sta bene. Se proprio vuoi coprirti, puoi risolvere con una spilla.-
Adra gli scoccò un'occhiata truce. -Le spille sono per gli stilisti pigri, le vecchie e i pannoloni dei bambini.- sbottò.
-L'ho sempre detto che non ci capisci un accidente di accessori.- replicò Amun, appoggiando la stola per raggiungerle. -Seriamente, Ankh, ti sta bene.- ribadì, facendo un giro attorno a Lavellan per osservare il vestito con attenzione. -Ma se proprio vuoi renderlo più sobrio, potresti mettere sotto il corsetto ricamato del completo prugna e tenere la chiusura addirittura più morbida.-
Adra esalò un verso di profonda scontentezza. -Diamine, odio quando hai buone idee!- brontolò, per poi raggiungere una rastrelliera.
Amun strizzò l'occhio a Lavellan, che ricambiò con un sorrisetto.
-Comunque, qualcuno poteva anche dirmi che quel Custode che si aggirava nelle mura era il fratellastro di Re Cailan (pace all'anima sua).- borbottò Adra, spingendosi un paio d'occhiali da vista sul naso. Indicò a Lavellan di sfilarsi il vestito in modo da correggerlo con il corsetto.
-Non pensavo fosse necessario. La storia del figliastro del re che torna per rivendicare la corona è abbastanza nota, persino tra i Dalish.- ammise Lavellan, sollevando le braccia per aiutare Adra nella vestizione.
-Che poi, scusa, tu non eri a corte quando è successo?- domandò Amun, perplesso.
-No che non ero a corte! Quando Loghain Mac Tir ha preso il potere, il signor Tholomeus ha pensato bene di fare i bagagli e tornare ad Altura Perenne.- spiegò Adra, stringendo le palpebre per adattare la vista al lavoro minuzioso che stava compiendo. -Pessima idea, tra l'altro, perché senza il teyrn quel posto è andato a scatafascio nell'arco di un mese. Non vi dico in che condizioni era l'atelier quando siamo ritornati! Hanno dovuto ingaggiare dei mercenari per proteggere le stoffe più costose. Enfasi sulle stoffe, perché noi sarti abbiamo dovuto arrangiarci.-
-Ah, già, Altura Perenne è dov'è nato l'Eroe del Ferelden.- disse Amun, sedendosi sul bordo di un tavolo. -Era la figlia minore del teyrn, no?-
-La minore, ma quella più scalmanata.- rispose Adra, in procinto di finire il lavoro. -Tra tutti gli eroi a cui il Ferelden ha dato i natali, lei è quella che non ci meritiamo ma di cui abbiamo un estremo bisogno. Un'eroina con la "e" maiuscola.-
-Ma tu non li odiavi i nobili?-
-Non quelli che tagliano la testa agli Arcidemoni.-
-Oh, beh, niente da ridire su questo.-
Adra gli gettò un'occhiata rapida, con una certa ilarità impressa nei lineamenti. -Lo credo bene, ha... dottoressa, ho quasi finito.-
Lavellan però non la sentì. Nelle sue orecchie c'era un ronzio talmente intenso da offuscare persino il suo sguardo.
"L'eroe che non ci meritiamo ma di cui abbiamo un estremo bisogno".
Un eroe che aveva promesso ai Dalish terre e un trattamento dignitoso in cambio del loro aiuto durante il Flagello, senza rispettare il giuramento; un eroe che aveva supportato un regicida, regalandogli una nuova corona; un eroe che aveva fatto delle scelte urgenti per mettere fine al Flagello.
In che modo non se lo meritavano? La sua gente forse non aveva il diritto di farsi spalleggiare da qualcuno dopo lustri di esilio e repressione?
-Dottoressa?-
Lavellan si appoggiò una mano sullo stomaco, sentendolo ribellarsi. La voce di Adra era dolce e comprensiva, ma la sua testa la percepì come un disturbo.
-Ankh?-
Lavellan prese un respiro profondo, poi si infilò nuovamente il vestito, procedendo a chiuderlo lei stessa. -Ero sovrappensiero.- si scusò.
Con il corsetto stava meglio di prima, certo, ma c'era sempre qualcosa che non andava. Il problema era stato accentuato, dando forma alle sue curve e mettendole persino in risalto.
Al contrario suo, Adra e Amun sembravano entusiasti di quel cambiamento e ciò la confuse. Era il riflesso accurato del suo mandato: vittorie a metà, con l'altra metà di ripercussioni che le rendevano vane. E nessuno oltre a lei e la parte offesa sembravano rendersene conto.
-Direi che ancora una volta abbiamo portato a casa un successo.- disse Adra, sorridendo con soddisfazione. -E io che stavo già pensando a come riciclare la stoffa!-
-Non penso che potrò indossarlo.- dichiarò Lavellan, che a quel punto aveva più pensieri che massa muscolare.
Adra e Amun si scambiarono un'occhiata incerta. -Beh, sarebbe un peccato, dato che ci ho lavorato una settimana intera.- disse la prima. -Mi ascolti, dottoressa, non è niente che non abbia già portato, è solo un po' meno modesto.-
Amun appoggiò una mano sul braccio della sorellastra, guardandola con l'affetto negli occhi. -Ma almeno ti piace, al di là della scollatura?-
Lavellan ci pensò, provando ad affrontare il problema con razionalità. -È un capolavoro, come tutti i vestiti che crea Adra.- ammise, con sincerità.
-Allora fagli fare un giro di prova, giusto perché oggi non sei piena di appuntamenti.- insistette Amun, mentre Adra recuperava un paio di guanti e di stivali in tinta. -Ti facciamo truccare al volo, ti mettiamo due accessori per completare il lavoro e stasera tiriamo le somme.- strinse appena la presa. -I giorni in cui stiamo peggio sono i giorni in cui vogliamo apparire al meglio e questo, oh, è un gran vestito per sviare l'attenzione dal magone!-
Lavellan gli sorrise. -E io che ero già pronta a chiederti in prestito un vestaglione di lana.- scherzò.
-Il giorno in cui indosserà un vestaglione di lana sarà il giorno in cui chiederò le dimissioni.- affermò Adra, solennemente.

Dorian spostò brevemente l'attenzione dal libro che stava leggendo, per assegnarla a Lavellan.
Scorse lo sguardo su di lei, trasse le sue somme, poi tornò a concentrarsi sulla lettura. -Se avessi saputo che oggi era la giornata del verde mi sarei organizzato diversamente.- bofonchiò.
Lavellan si portò al suo fianco, di fronte allo scaffale che stava assediando. -È stata una decisione dell'ultimo minuto.- spiegò, per poi spiare il contenuto del libro. -Stai ancora appresso agli alberi genealogici?-
Dorian arricciò il naso. -Ci starò appresso finché non avrò trovato quel nome, puoi giurarci!-
-Stai facendo piovere nel reparto della narrativa.-
-Oh?-
Dorian si voltò in direzione di un paio di Maghi librai, completamente inzuppati, che cercavano di sciogliere l'incantesimo che lui aveva inavvertitamente evocato. Aspettò di vedere come avrebbero risolto il problema, prima di dissolverlo con una facilità disarmante.
-Mai che mi riesca di far piovere in testa a Solas!- borbottò Dorian, tornando ad abbeverarsi di nomi propri e diagrammi.
-È già successo?- domandò Lavellan, recuperando dallo scaffale un libro autobiografico scritto dalla divina Galatea.
-Ti sei persa la parte in cui dicevo "mai che mi riesca", o oggi hai un problema di ascolto?- replicò Dorian, con una nota di nervosismo nel tono di voce.
Lavellan aggrottò la fronte. -Intendevo in generale, non nel caso specifico e un'incomprensione non è comunque una scusa per fare lo stronzo.- lo rimproverò, senza metterci troppa enfasi.
Dorian sbuffò sonoramente, passandosi una mano sul viso. -Sono sveglio da tre giorni e l'unica cosa utile che ho trovato è una ricetta.-
-Che genere di ricetta?-
-Focaccia all'olio d'oliva.-
-Potrebbe essere utile per farlo appesantire in vista del prossimo scontro.-
-È quello che ho pensato anch'io, prima di rendermi conto che non possiamo caricare i trabucchi a focacce.-
Lavellan prese a ridacchiare. -Caricare i trabucchi a focacce.- gli fece eco. -Potremmo scriverci delle ingiurie con le olive. Ci servirebbero tanti cuochi che ci distribuiscano il sale sopra prima del lancio, ma penso che ne varrebbe la pena. Ne parlerò con Cullen.-
Dorian formulò un sorriso sotto ai baffi. -Quanto sei stupida!- disse, rivolgendole un'occhiata carica di affetto.
Lei gli lanciò un bacio, poi tornò a sfogliare il libro che si era ritrovata tra le mani. Lesse ben due pagine di descrizioni religiosamente ispirate, prima di arrendersi al pensiero che la Divina Galatea avesse un chiaro bisogno di farsi un bagno in una piscina riempita di lava. Pensiero che espresse ad alta voce, facendo ammiccare Dorian dalla sorpresa.
-E poi sarei io lo stronzo!- la prese in giro, rubandole il libro per riporlo in un punto più alto dello scaffale. -Però non posso darti torto. È tipico della Chiesa compiere azioni terribili mascherandole come scelte morali. Chiedilo a Cassandra, in relazione a quello che è successo a Dairsmuid.-
Lavellan dovette prendere un respiro profondo. -Con Leliana sarà diverso.- disse.
Dorian la guardò con aria scettica. -Con la Mano Sinistra della Divina, ovvero colei che ha supportato l'ordine?- puntualizzò.
Ecco un'altra scelta a metà, una le cui ripercussioni erano ancora premature. La nausea si mescolò a un batticuore tartassante, impedendo a Lavellan di pensare con chiarezza.
Era certa della sua decisione, così com'era certa di ogni singola scelta che aveva compiuto durante il suo breve mandato. Eppure, faceva schifo tanto quanto le altre.
Forse non erano le decisioni a fare schifo, era lei.
-Sarà il pre-ciclo.- mormorò, passandosi una mano sullo stomaco.
-Non ti leggo nella mente, Ankh.- la rimproverò Dorian, chiudendo finalmente il suo libro per sostituirlo con un altro. Ormai ci era abituato a sentire parole insensate a conclusione dei suoi ragionamenti, ma smettere di farglielo notare non era nei suoi piani.
-Meno male.- rispose lei, appoggiando la schiena alla parete. -Avresti due infarti al minuto.-
-Ho già due infarti al minuto.- disse lui, mostrandole una serie di orecchiette fatte a bordo pagina. -Guarda che schifezza! Questa gente tiene i libri come se fossero oggetti.-
-Beh, tecnicamente lo sono.-
-Dillo un'altra volta e ti faccio piovere nella stanza per una settimana. Deliberatamente.-
-Ma così rovineresti tutti i libri che mi hai prestato e che sto tenendo in ostaggio.-
-Sei una brutta persona.-
-Disse quello che non ha smesso di offendermi da che ho messo piede in biblioteca.-
Dorian alzò gli occhi al cielo. -Ti sei ripresa, almeno?-
Lavellan accennò un sorriso, ma non rispose. Lui accettò quell'assenza di riscontro senza lamentarsi. Con quell'interazione erano riusciti a rassicurarsi vicendevolmente, per fortuna.
-Non è esattamente una cosa che metteresti.- disse Dorian, tornando a guardarla. Più che guardarla, le diede una squadrata di rinforzo.
Lavellan chinò lo sguardo sul suo petto. -Lo sto rodando per vedere se mi trovo a mio agio. A quanto pare, dicono che mi stia bene.-
-Eh, il velluto di cotone non è tra i miei tessuti preferiti, ma c'è di peggio.-
Lavellan inclinò uno sguardo scettico nella sua direzione. -Sei ancora arrabbiato con Adra perché non vuole farti uno sconto, eh?-
Dorian sollevò l'indice per fare una precisazione acida. -I tuoi consiglieri stanno nella bambagia a discutere e hanno i vestiti a titolo gratuito, invece io che ti seguo tra deserti e ghiacciai devo pagare la roba di tasca mia. Ti sembra giusto?-
-Beh, sì, il suo contratto prevede che si occupi di me e, se necessario, di loro. E non è "a titolo gratuito", la paghiamo.- specificò Lavellan, divertita da quell'impuntarsi. -Se vuoi posso metterci una buona parola.-
I lineamenti di Dorian si trasformarono in una maschera d'indignazione. -Non l'hai ancora fatto?!- gemette. -Pensavo mi tenessi su un palmo di mano. Pensavo fossimo colleghi per la vita, compagni d'arme... per un attimo ho creduto davvero di essere la tua spalla gay prescelta.-
Lavellan sbuffò sonoramente, roteando lo sguardo. -D'accordo, d'accordo, le parlerò nel pomeriggio.-
Dorian le rivolse un'espressione soddisfatta. -Ci voleva tanto?-
Lavellan fece per replicare, ma le sue orecchie percepirono un rumore di passi che di solito precedeva un tipo di sollievo che in quel momento non poteva permettersi.
Non voleva permetterselo.
Si voltò verso il tavolo degli studi di Helisma con un misto di aspettativa e tensione nello sguardo, perché Cullen l'aveva appena oltrepassato. Non si aspettava di vedere nei suoi lineamenti la stessa difficoltà che aveva lei, ma non si sorprese più di tanto nel riscontrarla.
-Devo trovarti una scusa al volo?- mormorò Dorian, notando quello scambio stressato.
Lavellan esalò un respiro pesante dal naso. -No, non penso sia necessario.- disse, notando che tra le dita di Cullen c'era un cilindro proteggi-missive. Era lavoro, e il lavoro era un ottimo espediente per non lasciare troppo spazio a quello che c'era tra loro.
La nausea si fece viva comunque, forzandola a contrarre il viso in una smorfia di dolore.
-Te la rubo giusto un istante.- disse Cullen, dopo averli raggiunti.
-Non tardare troppo a riportarmela indietro.- lo avvisò Dorian, descrivendolo con un'occhiata.
Cullen sbatté le palpebre su uno sguardo scettico. -Non contarci.- dichiarò, per poi seguire Lavellan dietro alla scaffalatura del reparto saggistica.
Una volta riparati dall'indiscrezione degli occupanti della biblioteca, Lavellan ebbe un micro-momento di crisi mistica e pregò Andraste che la salvasse, mandandole un impegno improvviso. Quando si rese conto di quello che aveva appena pensato, la nausea si trasformò in una sensazione di malessere psicologico.
-Inquisitrice.- la salutò lui, porgendole il cilindro.
Lei lo raccolse per aprirlo, poi glielo ritornò, tenendosi la pergamena arrotolata che conteneva. La aprì, la lesse, poi accusò il colpo con un'alzata di sopracciglia e un'espressione sorpresa.
Cullen increspò le labbra a sorriso. Nella missiva c'era scritto "Una scusante" con la sua calligrafia.
Lavellan non poté fare a meno di sciogliersi in una risata. Dal modo in cui i suoi muscoli si rilassarono, era evidente che ne avesse un gran bisogno.
Senza aspettare oltre, Cullen appoggiò una mano sul suo viso e si chinò su di lei per baciarla.
Lavellan aveva un gran bisogno anche di quello. E dal modo in cui lui si era affisso alle sue labbra, pareva che fosse reciproco.
Per un po', parlare non fu necessario. Stavano già comunicando, in una maniera tale da spegnere le mille elucubrazioni che Lavellan si portava appresso. C'era solo un grande desiderio che ogni singola anima nella biblioteca sparisse magicamente, lasciandoli da soli ad affrontare ogni singola superficie che si trovava nella loro scia.
Lo stato di apnea sensoriale fu talmente soverchiante che Lavellan ebbe l'impressione di precipitare, di fluttuare e di aver corso i cento metri piani ad alta velocità allo stesso tempo.
Smetterla fu un sollievo atroce.
-Mi dispiace.- disse lui, sottovoce, rivolgendole un sorriso appena accennato. -Ti ho rovinato il rossetto. Di nuovo.-
Lavellan si aggrappò al suono della sua voce per riprendere coscienza del mondo attorno a sé. -Non è rossetto.- specificò, recuperando un filo di razionalità che rischiava di perdersi tra l'amalgama di ormoni e frustrazione che quel bacio le aveva provocato. -Praticamente pungi il labbro inferiore con un ago in tre punti e...- deglutì, sentendo la gola riarsa. -È una cosa che fanno gli orlesiani. Fanno tante cose estremamente dannose per la loro salute fisica. Le loro lumache le cuociono nel burro, sai? Usano tanto burro, anche per la pelle. Non so come facciano a non friggersi le braccia al sole. Per carità, profumano di buono, ma...- deglutì di nuovo, poi esalò una risata nervosa. -Scusa, mi hai un po' spiazzata.-
Cullen allontanò il viso dal suo abbastanza per permetterle di riprendere fiato. Ampliò di poco il sorriso, aggrottando la fronte su un'espressione incerta. -Ecco spiegato perché sai di ferro.- disse, scostandole un ciuffo di capelli dal viso. -Mio dolce goblin che rincorre i fuochi fatui nelle paludi, non prendere i vizi degli orlesiani ti prego. Di peggio c'è solo essere scuoiati vivi con lo sguardo da Josephine quando non vengono usati i sottobicchieri sulla mappa tattica.-
Lavellan ridacchiò. -Te lo sogni ancora di notte quel sottobicchiere.-
-Beh, mi ha colpito dove nessuno dovrebbe essere colpito. Come minimo, lo sognerò per altri dodici mesi.-
Si scambiarono un'occhiata divertita.
-Mi dispiace averti teso un'imboscata.- disse lui, appoggiando il mento sulla sua fronte. -Volevo solo vederti, senza secondi fini.-
Lei chiuse gli occhi. Avrebbe voluto ascoltarlo e parlargli francamente, ma allo stesso tempo era necessario che evitasse il confronto. Con lui, soprattutto, che sapeva quanto le costava prendere determinate decisioni.
-Non mi dispiacciono i secondi fini...- disse, preferendo il conforto alle voci. -...se sono come quelli che ci hanno trattenuto nella sala di guerra dopo il lavoro l'ultima volta.-
Cullen si discostò per offrirle un sorriso intrigato, che lei ricambiò.
-E me lo dici così, tra un Genitivi a caso e un compendio per misurare l'intelligenza dei bambini in base alla lunghezza delle dita dei piedi?- commentò lui, ridendo nervosamente.
-Avresti preferito che te lo dicessi davanti ai sonetti erotici della Divina Renata?-
Cullen rivolse il suo sorriso al pavimento, ed era un sorriso talmente genuino da ringiovanirlo, nonostante fosse supportato da una buona quantità di rughe d'espressione. Rimase così per qualche istante, poi abbagliò Lavellan con uno sguardo così incredulo che le fece intuire quanto a lungo si fosse dovuto privare di quelle interazioni che potevano avere solo l'una in presenza dell'altro. -D'accordo. Andiamo.-
Lavellan rimase rintronata da quella decisione. Si aspettava una scusa, o l'ennesimo rimandare a data da destinarsi. -Cosa? Adesso?- domandò, infatti.
Cullen le posò un bacio sulla guancia, le sussurrò qualcosa all'orecchio, poi indietreggiò fino al terminare dello scaffale. Nel farlo, fece cadere una catasta di libri. -Uh, a... a dopo.- disse, guardandosi intorno con circospezione, poi si dileguò.
Non diede il tempo a Lavellan di metabolizzare la situazione, perché tornò immediatamente sui suoi passi, si affacciò dal fondo della scaffalatura e rimase con le parole sulla punta della lingua per qualche istante, prima di aprire bocca.
-Sei...- la indicò, con un imbarazzo sognante, poi diede un cenno circolare con il braccio per enfatizzare l'apprezzamento. -Diamine!- esclamò, sorridendole. -Diamine!- ripeté, andandosene così com'era ritornato.
Lavellan si dovette tappare a forza la bocca pur di non scoppiare a ridere sonoramente, mentre dall'altro capo della libreria proruppe un terzo "diamine" accompagnato dal rumore dell'ennesima catasta di libri buttata a terra.

*

Il fumo dell'incenso e di candele consumate a metà oberava l'atmosfera, già pregna di odore di pietre per l'affilatura bagnate e polvere metallica.
L'armeria, così come gli altri luoghi destinati ai mestieri su Skyhold, era deserta.
Tutti erano dispersi tra il grande cortile e le mura, per assistere alle conseguenze dell'ennesima decisione. L'ennesima messa in scena. L'ennesimo errore. L'ennesimo parto di un potere troppo pesante nelle mani di un misero essere vivente.
Lavellan aveva del tempo da perdere. Non troppo, ma il giusto per incidere nella sua testa quello che stava andando a fare, le motivazioni per le quali lo stava facendo e la stupidità di suddette motivazioni.
Era una scelta ragionata, dovuta, e purtroppo senza vie d'uscita. Una scelta in cui la logica sfiorava la convenienza.
Rimase a contemplare una fila di spade forgiate di recente appese al muro. Si chiese se una spada fosse realmente vergine anche prima di assaggiare il sangue. Il metallo veniva fuso, plasmato, battuto, abusato e subiva una lavorazione massiccia prima di essere affidato alle mani di qualcuno che l'avrebbe usato per fare del male.
Ha senso assegnare l'innocenza a chi è cresciuto a batoste?
Non aveva senso pensarci. Nella testa di Lavellan c'era solo spazio per una decisione presa a mente lucida, che in quel momento le veniva da rinnegare. Per quello il suo istinto cercava paragoni, metafore a cui appigliarsi per prendere le distanze da quell'idea.
La porta si aprì, ma lei non mosse un muscolo.
Era arrivato il momento di parlarne. Parlarne davvero, senza la divisione imposta da un ruolo di comando a un ruolo di obbedienza.
Lo scricchiolio dei cardini echeggiò nell'ambiente vuoto, così come l'incedere deciso dei passi e il suono del metallo che si muove assieme a chi lo indossa.
Lavellan si concentrò su quei rumori.
Rumori che accorciavano il tempo e riducevano lo spazio.
Le spade si trasformarono subito in un ottimo intrattenimento visivo. Il riflesso nel metallo schiacciava due figure, modificando e ridistribuendo i volumi nello stesso modo in cui la testa di Lavellan schiacciava lei quotidianamente.
-Oggi hai decisamente un secondo fine.- disse Lavellan. La sua voce era ferma e intransigente.
Cullen arrivò finalmente al suo fianco, prendendo a guardare le spade a sua volta. -Sono qui per dirti che non è troppo tardi per cambiare idea.-
Lavellan schiaffeggiò quella proposta con la mente, distanziandosi da essa come se bruciasse più della sua stessa decisione. -Non ho altra scelta.-
Cullen voltò appena la testa nella sua direzione. -Tu non credi nelle punizioni, Lav. Questa decisione te la porterai appresso per il resto dei tuoi giorni.-
-Lo so.-
Cullen serrò la mascella, mentre la frustrazione si impadroniva del suo viso. -Lascia che lo faccia qualcun altro, allora.- la supplicò, a denti stretti.
Lavellan fece un singolo gesto di diniego con il capo. -Sai benissimo perché non posso delegarlo.- disse. -E sai anche che la mia scelta è l'unica che gli eviterebbe di ferire se stesso e il prossimo.- fece una pausa.
Cullen sembrava ribollire nella sua impotenza. -Non è l'unica.- si azzardò a dire, pentendosene immediatamente.
Lavellan si voltò di scatto, fulminandolo con lo sguardo. -Quella non è un'opzione. Non sarà mai un'opzione.-
Lui annuì sommessamente. -Mi dispiace.- replicò, ma nella sua voce non c'era troppo sentimento.
Lavellan si sentì minuscola, infinitesimale, anche se in quel momento aveva i poteri di un dio. Avrebbe dovuto sentirsi l'opposto, ma più saliva nell'olimpo dei potenti, più sentiva quanto il mondo attorno a sé fosse oscuro e ingiusto, a partire da chi condivideva lo stesso potere che lei brandiva.
Non c'erano più le scuse dell'autodifesa, della protezione dei più deboli e del voler creare un mondo migliore. C'era lei di fronte a tre soluzioni terribili e nessuna di esse beneficiava il suo operato.
Avrebbe potuto dire che era una scelta imposta dal suo nemico, che annetteva nelle sue file uomini marci nell'anima, pronti a tutto per una gloria avida. Ma nemmeno quella sarebbe stata una scusante valida per calare la spada sul collo di qualcuno.
Cullen la osservò con attenzione, prima di riaprire bocca. -Prenditi i tuoi tempi per creare una parabola.- disse, addolcendo il tono di voce. -Quando è in traiettoria discendente aumenta la forza di spinta. Più il taglio è pulito, meno soffrirà.-
Lavellan sentì la bile ribollirle in gola, mentre il suo corpo entrava in uno stato di tensione più accentuato. Deglutì, spostando lo sguardo altrove. -Sarò veloce.-
Cullen allungò una mano verso il suo viso, ma invece di donarle una carezza posò le dita appena sopra l'attaccatura posteriore del suo collo. Fece una lieve pressione, poi ritrasse l'arto.
Lavellan registrò l'informazione, poi prese un respiro profondo. -Chi bandirà la...- non riuscì a terminare la frase.
-Avrebbe dovuto farlo Josephine. Ho preferito prendermene io la responsabilità.- rispose lui.
Una fitta di sollievo temporanea attraversò Lavellan. -Hai fatto bene.- disse, anche se avrebbe dovuto ringraziarlo.
Cullen la guardò dritta negli occhi. -Non sei solo l'Inquisitrice, sei la mia compagna. Voglio essere al tuo fianco. È un mio dovere, ed è una mia pretesa.-
Lavellan avrebbe avuto tutte le carte in regola per sfogarsi, per dirgli come si sentiva, per donarsi un attimo di respiro prima dell'inevitabile, ma si impose di non farlo.
Annuì, neutra, mentre il suo corpo intero urlava.
-Madre Giselle dovrebbe aver finito.- dichiarò, lisciandosi la giacca sullo stomaco.
Cullen si schiarì la voce, poi si sporse su di lei. Controllò l'affilatura della spada che portava sul fianco, le sistemò la cintura, poi le appoggiò le mani sulle spalle, brevemente. Fece quello che avrebbe fatto con uno degli ufficiali che aveva accuratamente scelto, con una professionalità encomiabile. -Sei pronta.- affermò.
Lavellan lo ringraziò mentalmente per non averglielo domandato, poi fece strada verso l'uscita.

Il percorso che compì dalla fucina alla forca assieme al corteo del condannato fu lento e solenne, ma lei lo percepì come un battito di ciglia.
Si rese conto che si stava muovendo come se qualcuno la stesse trasportando, nonostante si sforzasse di sfruttare la tensione che provava per darsi un'austera immobilità. Aveva imposto al suo viso un'espressione severa, ma dietro la facciata c'era una voglia incredibile di buttarsi ai piedi di Cassandra e piangere come non aveva mai fatto in vita sua.
Ascoltò la voce di Cullen risuonare nel vento che sferzava le mura, come il ronzio delle ali di una mosca soffocato dal vociare di un sabato sera in taverna. C'era troppa gente, c'erano troppe opinioni e in mezzo a esse c'era un'esultanza neanche troppo timida da parte di chi condivideva appieno quello scenario.
Con la coda dell'occhio, Lavellan notò Josephine, che come lei cercava di appigliarsi a tutta la sua professionalità pur di non cedere. Il fatto di non essere la sola a stare in quel modo le ricordò che quella non era una situazione né normale né giusta.
Dopo che Cullen ebbe finito di bandire la condanna, anche il vento smise di fiatare. Il rumore della spada che scivola sulla guaina echeggiò nel cortile, poi risuonarono pochi passi decisi, che identificavano il posizionamento di Lavellan al fianco del condannato, sul patibolo.
"Non stai tagliando la legna." disse Cullen, nella sua testa. "Devi farlo come lo farebbe un cavaliere. Aggraziato"
Lavellan diede la possibilità a Livius Erimond di esprimersi, poi impugnò la spada a due mani, portando l'elsa di fronte ai suoi occhi.
"Preciso"
Calcolò il peso della spada, l'arco della parabola e la forza che avrebbe impresso all'arma in discesa. Poi, eseguì.
"Compassionevole"
Il rumore del taglio precedette il tonfo.
"Pulito."
Il pubblico smise di trattenere il fiato.
Il sangue scivolò sul metallo della spada, accumulandosi sul filo e distanziandosi sulla lama per assottigliarsi in cerchi e ovali.
Lavellan si premurò di guardare la vita che lasciava lo sguardo di chi aveva appena punito prima che venisse coperto da un sudario, poi si rivolse a chi assisteva.
-Oggi è morto un uomo. Non era un brav'uomo, non era peggiore di altri...- disse, con fermezza, abbrancando l'impugnatura della spada. Avanzò fino all'orlo del patibolo che si affacciava sulla folla, preparando i polmoni per alzare la voce in modo che venisse sentita da tutti. -Lo abbiamo condannato per la sua affiliazione al nemico, per i mezzi in cui lo serviva e per i crimini che ha commesso nei riguardi dei nostri alleati.- si prese un istante per scorrere lo sguardo dapprima sulla folla che anticipava il patibolo, poi su quella agglomerata nel cortile sottostante. -Livius Erimond, di Vyrantium, era un uomo devoto alla sua causa, così come noi siamo devoti alla nostra. Seguiva ciecamente il suo condottiero, così come voi seguite me. E voglio dirvi questo: davanti a voi non c'è la promessa della gloria, c'è un sogno affidato nelle mani di persone come voi, con virtù e mancanze. L'unica cosa che ci distingue è la competenza. Una competenza che cresce mano a mano che voi la arricchite.- pulì la spada con cura, poi la rinfoderò. -Un sogno può distorcere la percezione della nostra individualità per favorire se stesso, offuscando la morale giustificando i mezzi che usiamo per raggiungere qualcosa di più grande, di intangibile nel presente.- prese fiato. -L'Inquisizione è un mezzo per raggiungere uno scopo, ma non è l'unica via.-
Diversi soldati si scambiarono occhiate incerte, ma Lavellan l'aveva messo in conto.
-All'inizio del mio mandato vi ho promesso solidità e coerenza. Cerco ogni giorno di rendervi fieri delle mie decisioni, perché non riguardano solo la mia persona, riguardano chi come me vuole consegnare un mondo migliore nelle mani delle generazioni a venire. E se per restare coerente con questa promessa mi venisse richiesto di andare contro alla mia natura, allora andrò contro alla mia natura. È una mia decisione.-
Gli indecisi rilassarono la postura, qualcuno batté le mani, altri la ringraziarono. I Custodi presenti rimasero ad ascoltarla, senza tradire un'emozione.
-Se doveste avere un dubbio, un solo singolo dubbio su di me e sull'ideale che servo perché non collimano con le vostre intenzioni, non esitate ad andarvene.- proseguì lei. -Ma se mi farete l'onore di restare, non abbiate mai dubbi sulla mia devozione nei vostri riguardi. Sarò qui finché lo riterrete necessario, onorando la vostra fiducia ogni singolo giorno, a costo di impregnarmi le mani di sangue finché non saranno più riconoscibili.- fece una pausa, per lasciare che le parole attecchissero. -Ma serannas.- disse, a pieni polmoni.
Non rimase a distinguere le grida di apprezzamento da quelle di lamentela, perché il suo corpo intero le implorava di fuggire.
Aveva fatto quello che doveva fare, alle spese di chi aveva appena punito, trasformando un patibolo in un palcoscenico. Usare la morte, ciò che lei rispettava più di se stessa, come una messinscena le aveva confermato ciò che già era ovvio: Ankh del clan Lavellan non era più una persona, era un mezzo.
Ma era lei a volersi sacrificare per la causa, o era la causa stessa a sacrificarla per la sua sopravvivenza?
Era spada, o era quella che la impugnava? Forse, la risposta era a metà di entrambe le domande.
La nausea la stava strozzando, ma Lavellan resistette il tempo necessario a salvare le apparenze. Ci era abituata, poteva gestirlo ancora un po'.
Strinse la mano a un veterano dei Custodi, promise a Josephine di esserci alla riunione che avrebbero avuto con gli emissari della Vedova e si organizzò con Leliana per l'ambasceria che avrebbero intrapreso il giorno successivo. Però si rifiutò categoricamente di guardare Cullen negli occhi, men che meno di interagirci. Se l'avesse fatto, ogni suo sforzo di restare impassibile sarebbe stato vano.
-Mi cambio al volo e ci sono.- disse a Cassandra, che premeva per avere la sua attenzione a proposito della prossima seduta del consiglio.
Un piede davanti all'altro, risalì a fatica i gradini che dal salone portavano alle sue stanze. Diede un sorriso di circostanza alle guardie. Appoggiò una mano sulla spalla a Neria, appena tornata da una missione.
Stava scavando la terra con un cucchiaino, dopo una frana di dimensioni titaniche.
Chiuse la porta della sua camera studio con calma e senza esitare percorse il corridoio che anticipava le scale del mezzanino.
Quando, una volta in cima, vide che non era da sola, il cucchiaino si spezzò.
Shaan e Amun la aspettavano in piedi in mezzo alla stanza, con la consapevolezza nel viso.
-Non eravate giù.- disse lei, aggrappandosi alla sua dignità con tutta la forza che le restava. Era poca, davvero poca, e lei aveva davvero bisogno di restare da sola.
Amun avanzò verso di lei con decisione e la abbracciò.
Lavellan esalò una singola vocale, mentre il suo corpo rilasciava la tensione brutalmente, costringendola a sorreggersi a lui.
Fu un'esplosione.
Lavellan si ritrovò ad abbracciare il suo vaso da notte, mentre la sua gola soffriva del fatto che nel suo stomaco non ci fossero sostanze da espellere. Le mani di Shaan le liberavano il viso dai capelli, quelle di Amun la sorreggevano in posizione curva, evitando che crollasse.
-Non può continuare così, la ucciderà.-
Lavellan avrebbe voluto dire a suo fratello che non poteva fare altrimenti, ma non riusciva a comandare al suo fisico di smetterla di disubbidirle.
Shaan le passò un fazzoletto umido sul viso, come se fosse una bambina nell'atto di imparare a gestire le sue azioni durante i pasti. -Il nostro compito è quello di rimetterla in piedi.- fece.
Lavellan ringraziò mentalmente il suo pragmatismo, perché le permise di usarlo come faro per uscire dalla nebbia. Diede il tempo necessario al suo corpo per rilassarsi, poi prese un respiro profondo.
-Ho bisogno di un cambio.- disse, con voce arida e grattata.
-Ho pensato a tutto io.- la rassicurò Shaan, con la decisione che a lei in quel momento mancava. -Sei nei tempi, puoi riposare.-
Lavellan provò sollievo per la prima volta in quella giornata troppo lunga. Si fece aiutare a salire sul letto, troppo debole per pensarci da sola, poi sprofondò in un sogno talmente oscuro che le parve di essersi svegliata subito dopo essersi addormentata.

Schiuse le palpebre nella tenue luce di un pomeriggio plumbeo, con il fastidio della vuotezza del suo stomaco, ma con l'anima sollevata di gran parte del peso che si portava dietro da Adamant. La nausea era andata via, ora doveva fare i conti solo con le pulsazioni dell'Ancora e la fiacchezza tipica di una dormita pomeridiana.
Si rese conto di essersi addormentata su un fianco, abbracciata a suo fratello che per passare il tempo in attesa che lei si svegliasse stava ricamando un paio di guanti di lana. Il calore che emanava il suo corpo la mise in pace con il mondo.
-Ma serannas.- si sforzò di dire.
-Non dirlo neanche.- rispose lui, senza guardarla nemmeno. -Vuoi un po' d'acqua?-
Lavellan ci rifletté, anche se la sua gola aveva un gran bisogno di essere curata. -Possiamo restare così ancora per un po'?- chiese, invece.
In risposta, Amun non si mosse di un millimetro. Le mostrò il lavoretto, sfiorando con l'ago il disegno dettagliato di un giglio. -Che dici, all'Ambasciatrice andrà bene?-
Lavellan si strinse a lui, strofinando la guancia sul suo petto. -È bellissimo.- replicò. -Ma io non ci capisco un accidente di queste cose.-
-Non serve capirci qualcosa per decidere se una cosa è bella o meno.-
-No, ma serve per apprezzarla meglio.-
Amun la sfiorò con lo sguardo. -Vorrei avere il tuo stesso approccio nei riguardi di tante cose.- ammise.
Lavellan sorrise debolmente. -La curiosità mi impedisce di impazzire.-
Amun rimase in silenzio a ricamare per diversi minuti, prima di rispondere. -Sai cos'altro ti impedirebbe di impazzire? Andartene da questo posto prima che smembri la persona che sei.-
Lavellan strinse le labbra. -Lo farò quando avrò la certezza che le mie azioni abbiano avuto un peso.-
-Hanno già un peso.-
-Non posso lasciare tutto così.-
-Ti distruggerà.-
Lavellan prese un respiro profondo, poi si sfilò il guanto sinistro per mostrargli la mano. -Non ho il tempo di pensarci.-
Amun smise di lavorare, prendendo un'espressione mortificata. Si portò una mano a coprirsi la bocca, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. -Perché a te?- gemette.
Lavellan flesse le dita martoriate di luce verde. -Perché non sono assolutamente in grado di farmi i cazzi miei.- disse, con una tranquillità disarmante.
-No, sei solo stupidamente altruista. Enfasi sullo stupidamente.- replicò Amun, stringendola a sé.
-Stessa cosa.-
Indugiarono in un silenzio ricco di tensione commossa, aggrappandosi l'una all'altro per non farsi sopraffare.
-Non te lo meriti. Non te lo meriti per niente.-
-Se non fosse capitato a me sarebbe capitato a qualcun altro. E dato che non augurerei a nessuno un destino del genere, meglio che sia io a farmene carico.-
-Lo dici sul serio o...-
-No. Fa schifo e basta.- rispose Lavellan, stringendosi a lui con più forza.

-Mi sembra un'ottima soluzione. La Regina Anora sarà contenta di come abbiamo gestito le cose.-
Josephine diede un cenno d'assenso, rigirando il cucchiaino nella tazza distrattamente. Il suo studio era un'oasi di pace, rispetto al salone e alla sala di guerra, tenere la riunione lì era parsa a tutti una buona idea.
Cullen, che aveva appena parlato, osservava la vivacità del fuoco nel caminetto con un'espressione assorta. In piedi vicino a lui, Leliana appariva preoccupata.
Josephine li pesò con lo sguardo. Considerò, in testa sua, che sembravano due statue provenienti da periodi storici diversi. Una diversità che rimaneva fedele a se stessa persino nei materiali.
Da un lato c'era un bassorilievo raffigurante una posa plastica in pietra porosa, scelta artistica di uno scultore che preferiva la sperimentazione alla lungimiranza. Dall'altro c'era una statua ornamentale in bronzo, di quelle tipiche che si trovano in mezzo a una piazza, scelta come tributo e monito da committenti. Chi fosse cosa non era importante, ma la gravosità dei loro pensieri li rendeva immobili nel tempo e nello spazio.
-Dovreste bere il tè prima che si raffreddi.- li invitò Josephine, con voce rassicurante.
Cullen ebbe un leggero fremito, poi si voltò verso la sua tazza, che aveva smesso di fumare da un po'. Si mosse verso il tavolino, ignorò il contenitore in virtù di quello che gli stava accanto e che porse a Leliana.
-Grazie.- disse lei, avvolgendolo tra le mani prima di prendere una buona sorsata. Cullen prese semplicemente posto sul divano, a fianco di Josephine. -Quando avrà luogo l'ambasceria?-
-Fra sette giorni.- rispose Josephine, recuperando un foglio dal tavolino. -L'Inquisitrice si è occupata di discuterne con l'ambasciatrice Briala, l'Imperatore non sarà un problema.-
-Il problema è che nei salotti si sta già spargendo la voce che l'assassinio dell'Imperatrice non sia stato convenientemente impedito.- intervenne Leliana. -Non siamo stati abbastanza cauti.-
-Anche se li istruisci alla discrezione, i soldati parlano.- affermò Cullen, sporgendosi in avanti. -Pensi che queste voci siano già arrivate alle orecchie di Briala?-
Leliana gli rivolse un'occhiata idiomatica.
Messo di fronte a quella risposta, Cullen si ritrovò a sospirare stancamente. -Che cosa te l'ho chiesto a fare?- borbottò.
Josephine e Leliana accennarono un sorriso.
All'improvviso, la porta del salone si aprì costringendo gli sguardi di tutti a convergere su di essa.
Lavellan fece un passo all'interno della stanza, stranita da quell'accoglienza silenziosa. -Buonasera anche a voi.- disse, inarcando un sopracciglio.
Josephine ebbe un tuffo al cuore.
Sembrava che non fosse successo niente, a partire dall'aspetto curato fino alle normalissime condizioni del suo viso. Le occhiaie erano patrimonio della leadership dell'Inquisizione, d'altronde, non c'era modo di risolverle, o di trattarle come un evento eccezionale.
-Stavamo discutendo di...- iniziò Leliana.
Lavellan la fermò con un cenno. -Dammi una vittoria, poi possiamo tornare a parlare del casino che abbiamo fatto in Orlais.-
Josephine si affrettò a scorrere l'ordine del giorno con lo sguardo. -Vittoria, vittoria...-
-Ne ho una io.- intervenne Cullen, alzandosi per galanteria. -Bann Olivier ha letto la trascrizione del tuo discorso di stamattina. Si è offerto di ristrutturare un vecchio avamposto dei Custodi nel Bannorn e domani confermerà l'invio di una truppa a Skyhold.-
Lavellan si appollaiò sul bracciolo del divano. -Era anche l'ora che si desse una svegliata! Gli sto facendo la corte da settimane.-
-Cos'è che stai facendo tu, scusa?-
-Vhenas, è un modo di dire.-
Cullen le scoccò un'occhiata di rimprovero finta come la castità di un cicisbeo, poi tornò a sedere. -Il Tenente Burrows si occuperà della logistica, sotto supervisione del Capitano.-
-Meno male, le capacità organizzative di quel ragazzo sono direttamente proporzionali alla sua imbranataggine.- commentò Josephine, ricevendo un'occhiataccia da Cullen.
-Hai dimenticato il "senza offesa".- le suggerì Lavellan, mentre Leliana si portava alle sue spalle per appoggiarci una stretta confortante.
-Sono antivana. Non dimentico mai niente.- replicò Josephine, indossando un sorriso ironico.
Lavellan usò il corpo di Leliana come schienale e le spalle di Cullen come bracciolo. Rimase qualche istante a sollazzarsi nel supporto silenzioso dei suoi colleghi, poi li guardò uno a uno, distrubuendo sorrisi più tirati del solito. -Così va meglio! Adesso possiamo tornare a parlare di burattini e burattinai.- dichiarò.
-Ogni tuo desiderio è un ordine, Inquisitrice.- scherzò Leliana, distanziandosi.
Lavellan prese un respiro profondo, salutando il ritorno della nausea, poi tutto riprese a funzionare.

 

-Nota-

Aaah, non so come scusarmi per il maxi ritardo, ma questo è stato un periodo assurdo e non so davvero da che parte iniziare a riprendere in mano le cose.
Spero che la qualità di questo capitolo non sia orribile. L’ho riletto un po’ di volte ma nella mia testa ci sono le scimmiette che battono i piatti, quindi mi sa che ci dovremmo accontentare :’D
<3

 
   
 
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