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Autore: GinChocoStoreAndCandy    11/05/2023    0 recensioni
Leggere questa storia causa follia!
Specialmente se sei un fan accanito di Star Wars!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: Nonsense | Avvertimenti: Furry, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Alla fine


 

 

1

 

Il computer era un vecchissimo modello, tuttavia ancora funzionava. L’immagine che proiettava aveva numerosi glich che creavano delle zone segmentate spostate rispetto alla forma originaria; era rozza come tecnologia, apparteneva ai tempi della Vecchia Repubblica, ma era efficace. Al centro mostrava quattro individui, divisi nei due angoli dell’immagine, i tre in primo piano salutavano amichevolmente, la quarta, mostrava indifferenza. Erano dentro la cabina di comando di quella piccola e irritante corvetta dalle bande porpora; sullo sfondo delle quattro figure, tra i due gruppi, si vedeva l’interno confuso di una torretta di quello che doveva essere uno star destroyer, forse un nuovo modello; il volto dell’ufficiale in comando era spalmato, con il naso sanguinolento e la bocca che sputava organi interni, sul vetro esterno della cabina. Lo scatto doveva essere stato fatto un istante prima che la folle velocità d’impatto riducesse ad un ammasso di poltiglia l’ufficiale.
L’invio invece, doveva essere approssimativamente di qualche minuto dopo che la corvetta era atterrata sul pianeta che si intravedeva in oltre il macello in atto, nell’angolo di destra: un banale ammasso di media grandezza con una luna pressoché insignificante.
Con un semplice tocco, la mano guantata allargò l’immagine che divenne sfocata, però abbastanza comprensibile per mostrare la superficie color ocra giallo.
«Imposta la rotta per il pianeta Ostrich» la voce caustica ordinò al pilota che silenzioso, agì immettendo i dati di navigazione.
Il sith tornò a scorrere i volti sull’ologramma, l’espressione si fece rabbiosa soffermandosi sul come quei maledetti tre salutavano sprezzanti.
Erano lì, liberi! Poi qualcos’altro catturò la sua attenzione.
Tra la punta dell’ultima goccia di sangue dell’ufficiale e il bordo superiore dell’immagine, una minuscola chiazza nera lasciava il pianeta; lo capì dalla forma appiattita e sfuocata che mostrò quando, questa volta, ordinò al computer di ingrandire e rendere nitida la zona; girò attorno all’oloproiezione, scrutandola sostare sospesa sopra lo schermo. Lo aveva scambiato per un detrito derivato dallo schianto, quando invece era altro.
Anche quelli liberi doveva succedere.
Ed ora, tutti loro, avrebbero ricominciato finalmente da dove avevano lasciato.

 

2

 

L’interno del tempio, varcato il solenne ed immenso portale d’ingresso, era illuminato dai colori che emanava il corpo abbattuto dello star destroyer. Le tre sagome si delinearono allungando le proprie ombre sulla superficie grettata e scomposta dell’atrio, longilinee, scarne negli arti e senza origine, apparivano simili a fantasmi sebbene i colori tradissero la natura delle ombre.
Al crepitare consuntivo delle fiamme e delle esplosioni, si univa il suono pesante degli stendardi con il simbolo dell’Ordine dei Jedi: sventolavano svogliati e lenti, producendo un rumore schioccante soffuso, appesi nella parte di sinistra a decoro del corridoio. Sulle maschere dei tre, il riflesso era diviso in due, uno oscuro, come la parte dell’edificio avvolta dal buio e dal fumo delle sale sterili; l’altra, tempestata dai bagliori della carcassa fatta di ferro. Camminando, parve loro di avanzare dentro il ventre di un essere gigantesco, abbattuto dal suo nemico e con lui morto: un’orgia di lamiere, ionizzatori solari, armamenti e carni dell’equipaggio che si accompagnava al calore rovente del fuoco.
I tre jedi, non poterono far altro che gioire in silenzio del loro operato.
La forma della carcassa era inclinata in prossimità della terrazza che si affacciava, a qualche metro di distanza, sulla parte bassa del tempio, con le sale del concilio, gli appartamenti, le sale d’addestramento e le utenze.
Ci sarà qualche sopravvissuto? Lo jedi più giovane si guardò attorno, ma vide solo ciottoli e detriti, allo sfrigolare del fuoco e dei corpi liquiescenti che pendevano dagli squarci, si unì il suono pungente e il fischio di uno dei sostegni degli stendardi che per metà pendeva, ancora trattenendo il pesante peso della stoffa azzurra; l’altro, libero, dondolava al vento che entrava dalla porta principale Assurdo, siamo vicino all’orlo esterno, ma com’è che è così antiquato il mondo? Era rimasto così com’era, pensò poco dopo e al giovane jedi venne un dubbio, che anche ciò che era stato lasciato lì prima dell’esilio fosse rimasto uguale.
Si staccò dalla formazione, procedendo verso l’ala est del tempio, tra le immense colonne che facevano apparire quella zona come una sinistra foresta delle paludi di Degoba. L’odore del fumo si unì alla foschia che saliva fino a sostare nella parte mezzana, lasciando un vuoto spettrale tra soffitto e pavimento. Lo jedi si mosse a passo sicuro, presto la sua ombra si perse nel buio, inghiottita dall’oscurità; i due che erano con lui, rimasti indietro, deviarono a loro volta cominciando a seguirlo.
Giunto a metà, grazie alla luce della spada accesa, vide che qualche spanna sopra la propria testa il fumo dell’incendio dello star destroyer si arricciava, spariva per poi tornare ad unirsi al mucchio, scompigliando lo strato di nebbia che in quella parte era diventato uniforme e molto spesso. Tirò su la maschera, alzò la lama color ciano: alla luce prodotta dal cristallo kyber, si delineò quella che era una parete dall’aspetto butterato, dal colore arancio bruciato con delle strane striature nere, con protuberanze acuminate; muovendo la spada a destra e sinistra, sembrò che la parete si estendesse per quasi dodici metri di lunghezza. Lo jedi sorrise, poi un grugnito ruvido, di una gola immensa, si levò quasi a lamento di fastidio; il giovane allungò il braccio con la spada in direzione dell’origine del suono, intravedendo una massa rettangolare e il terminale del muro che si fletteva per scendere in una curva brulla.
Uno sbuffo stizzito e la luce della spada si rifletté su una superficie lucida tonda.
«Maestro Rex?».

 

3

 

Il co-pilota del Persecutor 42 fissava disgustato la serie di colonnine che adornavano la piattaforma di atterraggio. Il respiro che usciva da sotto il cappuccio era roco e concitato: quel genere di sith mal sopportava gli affronti.
Il braccio meccanico si contrasse, il pugno si strinse fino a far sfrigolare il metallo di cui era composto, l’altro accanto a lui era calmo, gli mise una mano sulla spalla per bloccarlo. Il sith si ribellò immediatamente, usando la Forza come un’onda violenta per scacciarlo, tuttavia questa si infranse contro il muro sollevato dall’altro.
«Mi occupo io di questa faccenda» la voce era gelida, nonostante le esplosioni dello star destroyer avessero ormai diffuso nell’aria il calore del fuoco.
«Precedetemi, ci incontriamo al piano inferiore» fece cenno agli altri due appena scesi.
Lasciò la presa sul terzo, non prima di avergli sussurrato all’orecchio di fare attenzione al custode.
Se c’era.

 

4

 

All’ombra dell’imponente sagoma del Maestro Rex, una più umanoide ed imbronciata emerse, accarezzò un paio di volte la pelle fredda dell’immenso rettile, lasciando che la luce riflessa della spada laser si rimpicciolisse o si allargasse in base ai movimenti della testa calva dell’uomo che si era appena palesato.
Aveva lo sguardo seccato, sotto la cappa marrone aveva la tradizionale divisa da jedi, la testa glabra rifletteva la luce della spada azzurra con una certa grazia; il giovane si stupì nel vederne uno ancora vivo e con gli abiti classici. Se ne stava come se niente fosse ad accarezzare la grossa bestia, che, da emettere borbottii irritati, tornava ad arricciare il fumo con il respiro regolare del sonno.
«Sta usando la Forza per calmarlo» mormorò il giovane tra sé.
Uno scoppio vistoso illuminò le sagome: il jedi, i fantasmi e il rettile.
La luce come era esplosa e lentamente affievolì, resistendo affinché tra le due fazioni ci fosse la possibilità di vedersi. Il giovane jedi con i capelli lunghi fece per avvicinarsi, ma l’altro che aveva di fronte lo fermò, sbarrandogli la strada, puntandogli la sua lama verde al petto.
«Non ti avvicinare, Ivantyl» la voce accorta del capo dei tre avvertì con calma:
«È uno jedi consolare, in teoria non dovrebbe neanche essere qui» insinuò, avvicinandosi, mostrando il logo che aveva cucito alla spalla.
L’altro lo fissò con disinteresse, smise di ammansire il Maestro Rex e si volse verso i nuovi venuti.
«Quindi vi hanno rilasciato, come un branco di anoobas rabbiosi» fece cenno col capo alla carcassa dello star destroyer.
«Il resto della mandria sarà qua attorno» in modo sprezzante, il jedi consolare si guardò attorno non notando altro che quelle tre ombre.
«Siamo solo noi, Jaari-Len» puntualizzò il capo:
«E un membro del Concilio, abbiamo dovuto operare una riduzione dell’organico» il capo parlò seriamente, ma il suo compare con la divisa scura sghignazzò allegramente.
Jaari-Len si voltò all’istante, afferrò qualcosa che lanciò ai piedi di quello che rideva, lo jedi si fece indietro con un balzo.
«Cos’è questo?» chiese muovendo appena la testa in direzione dell’oggetto.
«Il cazzo che me ne frega» eloquente, il jedi consolare si tirò su il cappuccio, spense la spada e si incamminò verso il capo di tre; gli si fermò a fianco, all’altezza della spalla.
«Della vostra noiosa faida non mi importa, ma non siete l’unico ordine rimasto nell’ombra, quindi badate bene a non intralciare le mie missioni, Maestro Phex» risoluto, Jaary-Len, il jedi consolare, restò accanto alla figura del suo collega finché non si fu assicurato che il messaggio fosse stato recepito.
«Ci vediamo in giro e anche non ci rivedessimo, chi se ne frega» il jedi consolare se ne andò, camminando a metà tra luce di fuoco e buio dell’ombra.
Avrei voluto incontrarli più tardi pensò il Maestro Phex e si appuntò un nuovo nemico da ammazzare.
«A che ordine jedi apparteneva quello là?» Ivantyl si ritirò giù la maschera, rivolgendosi al superiore.
«Ad un ordine più antico del nostro» rispose il capo, continuando a fissare la sagoma del jedi consolare che si affrettava verso l’uscita riflettendosi sulla maschera.
«L’Ordine dei Jedi Stempiati».

 

5

 

La testa saltò via schizzando in cielo per l’impeto vibrato dalla lama rossa che decapitò l’ultimo dei parchimetri.
Il sith raccolse l’oggetto, gettando il mozzicone di metallo nella pila con gli altri; aveva il fiato grosso, non per lo sforzo di aver distrutto dei miseri oggetti che misuravano il tempo, ma per la felicità di averlo fatto.
Il comune ha cambiato l’ordinanza due anni fa, ridicolo! Aveva pensato. Quando gli era giunta la notizia, si era ripromesso di distruggere quelle inutili cose una volta libero Nessuno monetizza il suolo sacro di un tempio, solo lo si bagna con il sangue dei jedi che lo abitano! Estrasse un droide LO-LA59 modificato, lo lanciò in aria e questo rimase sospeso muovendosi a scatti per inquadrare per intero la figura del sith.
Sto arrivando, Maestro Phex!

 

6

 

Lo jedi con gli abiti scuri, Kai Senko, era in ginocchio vicino all’oggetto che il jedi consolare aveva buttato.
Lo stava esaminando con cura, spostandolo e rigirandolo produceva dei rumori viscidi e spugnosi eppure il rivestimento era rigido, ruvido, pareva di stare toccando la foglia di una pianta, ma la forma era quella di uno pseudopodio o di una protuberanza simile.
«Questa è roba per Lyl» concluse, alzandosi e calciando via quel resto.
«Dov’è?» domandò; Phex scrollò le spalle:
«Sarà a mettere il disco orario alla corvetta; ora la chiamo così a quello ci pensa lei, noi abbiamo i nostri bisogni da appagare» prese l’olocron di trasmissione dalla tasca alla cintura, digitò un paio di tasti inviando il segnale di allerta; quando scomparì dallo schermo, apparve subito una notifica che fece bloccare lo jedi.
Gli altri due, notando lo strano umore del compagno, si avvicinarono.
Nello scoppiettio delle fiamme e nel salire pigro del respiro del Maestro Rex, i tre jedi contemplarono l’immagine di un sith che calpestava un cumulo di moncherini di metallo; su di essi c’era stata aggiunta una scritta in basic: I prossimi siete voi.
Le teste dei tre si alzarono all’unisono.
«Sono qui».

 

7

 

Era cominciato tutto come un incubo.
Prima il messaggio del Maestro Kenobi, dopo lo sbarco in massa di stormtroopers e infine il massacro.
Tutto era diventato un turbinio incessante di colpi di blaster, sfrigolii di spada, grida, urla e corpi che cadevano. Uno dopo altro, sul suolo del tempio.
Dove si girava vedeva i propri compagni di una vita morire crivellati dai colpi che come frecce scarlatte, volavano e uccidevano. Di centocinquanta tra cavalieri, maestri e padawan erano rimasti in cinque; lui e la sua amica, gli ultimi due maestri avevano mandato le loro padawan e l’ultimo dei cavalieri all’archivio, eppure la Forza gli stava trasmettendo un’altra massiccia sensazione di qualcosa di tremendo che era appena cominciato.
Quello star destroyer precipitato li aveva salvati.
O condannati tutti.
Alla fine, era una questione di punti di vista.

   
 
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