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Autore: Milly_Sunshine    11/05/2023    0 recensioni
La A+ Series è una sorta di evoluzione distopica della Formula 1, in cui i risultati possono essere condizionati dall'alto per esigenze di spettacolo e in cui i piloti sono stati privati totalmente della loro personalità, al punto da dovere tenere segreto il proprio nome e a non potere mai mostrare il proprio volto, riconoscibili soltanto dal colore della vettura che guidano e dal loro numero di gara, oltre che dagli occhi nei rari momenti in cui vengono immortalati con la visiera del casco aperta. Noto sportivamente come Argento Quattro, Yannick è sempre stato l'eterno secondo ed è ben disposto a piegarsi al volere della dirigenza, se questo può portarlo alla vittoria dell'ambito titolo mondiale contro gli avversari Viola Cinque e Rosso Ventisette. Il suo incontro con Alysse, che con la dirigenza della A+ Series sembra avere un conto in sospeso, gli apre gli occhi, ma le nuove consapevolezze si scontrano duramente con le regole della serie: Argento Quattro e i suoi stessi avversari rischiano di ritrovarsi con le loro stesse vite appese a un filo. // Remake di una mia fan fiction sulla Formula 1 pubblicata anni fa su Wattpad.
Genere: Azione, Mistero, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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È cambiato tutto, ma sto imparando a conviverci. Sono uno spirito errante, che sente di avere ancora qualcosa da fare. Mi ritrovo catapultata a Miami già da giorni, a guardare gare sprint ciascuna con regole diverse dalle altre. Non so nemmeno più quante ne abbiano fatte, ma il pubblico è entusiasta, sempre ammesso che si possa definire entusiasta una mandria di vip che ha come unico intento quello di mettersi in mostra.
Il campionato è stato aperto da un concerto di Hamster Gangster. Non è più Arancione Otto, adesso, è Argento Tre e fa coppia con Yannick Leroy. Il campione del mondo in carica ha mantenuto il proprio volante, mentre molti altri piloti hanno subito un grande turnover dopo i test estivi. Alysse Mercier non è più Rosso Ventisette, è tornata in nero, non è più Trentacinque come un tempo, ma Trentasei. Sembra tranquilla, quando la intravedo, come se il non essere più al centro dell'attenzione sia stato un toccasana per lei.
Axel è diventato Rosso Ventisette, ma ormai il pubblico non si ricorda quasi più di quel giorno di gloria in Malesia. Gli viene contestato un finale di stagione non troppo brillante, se non fosse per quella vittoria ottenuta più per incidenti e guasti altrui che per vero e proprio merito: è il paradosso del 27, essere la storia del proprio numero di gara invece che una storia personale. Ryuji Watanabe non sembra molto soddisfatto di avere perso Alysse, ma è sempre stato aperto alle sfide, quindi pare possa cavarsela, al fianco di Axel.
Blu Ventuno è stato promosso al posto mio, diventando ufficialmente Viola Cinque. Ricky, ovvero Sei, avrà le sue gatte da pelare, in questa stagione; quel ragazzino va molto più forte di me e l'ha già dimostrato più volte, in questa settimana, non solo nelle sprint, ma anche nella gara principale.
Il Gran Premio di Miami ha visto Argento Quattro leader per parecchi giri, poi costretto ad arrendersi a un guasto al motore. L'arrivo in volata tra il nuovo Viola Cinque e il nuovo Argento Tre è stato favorevole a Tre: il mio amico Hamster Gangster è riuscito a portare a casa la vittoria. Sembra felice, stasera, mentre prepara le valigie per tornarsene in Europa. Ci sarà un po' di tempo prima del Gran Premio del Giappone.
C'è Axel, insieme a Hamster Gangster, che lo distrae mentre cerca di concentrarsi su ciò che fatica a entrare nella valigia. Gli parla di una novità, inserita in questa stagione.
«A Suzuka l'impianto di illuminazione non è sufficiente per disputare un gran premio in notturna. È una follia, l'ennesima follia del CEO e della Heidelberg.»
Hamster Gangster non sembra molto convinto, ma il suo sguardo allegro ormai si è fatto cupo.
«Corriamo già a Singapore di notte... e a volte abbiamo corso con le luci artificiali anche in Bahrein.»
«Posti dove ci sono luci che illuminano la pista a giorno» precisa Axel. «Non mi fido più di loro, sono capaci di tutto.»
«Non lo fanno per eliminarci, se è questo che ti spaventa. Potrebbero farlo in qualsiasi momento, alla luce del sole, come è successo a Tina.» C'è amarezza, nella voce di Hamster Gangster. «Purtroppo non c'è niente che possiamo fare per provarlo. Le indagini volute dal CEO hanno avuto un risultato a suo dire inequivocabile. Però sappiamo bene che è assurdo, la macchina è partita per la propria strada all'improvviso ed è come implosa dopo un contatto lieve contro le barriere. Non è possibile un incidente del genere.»
Axel abbassa lo sguardo.
«Mi sento colpevole ogni fottuto giorno. Vorrei andarmene, eppure mi dico che non posso farlo. Devo restare qui, lo devo a Tina. Se la smettessi con la A+ Series, finirei per fare qualcosa di stupido.»
«Se tu lasciassi la A+ Series, la tua ex moglie tornerebbe sui suoi passi e prima o poi ti convincerebbe a tornare insieme. Hai paura che prima o poi accetteresti, vero?»
Axel alza gli occhi di colpo.
«Tra me e la mia ex è finita.»
«Lo so. Si era stancata di saperti sempre esposto al pericolo e nelle mani del CEO.»
«Sa che, se morissi nell'anonimato, verrei sepolto in una tomba anonima e nessuno le direbbe che non ci sono più. Non è questo che vorrebbe per suo marito e per il padre dei suoi figli. Quindi ha fatto tutto ciò che era in proprio potere: mi ha lasciato, sperando che ci ripensassi. Io, però, sono ancora qui. Mi dispiace che i miei bambini siano figli di un pilota di A+ Series, ma non posso farci niente. Sono quello che sono e Tina è l'unica donna che mi abbia mai accettato come tale. Non tornerò con la mia ex moglie. Resterò qui, in questo campionato maledetto, e cercherò di onorare la sua memoria.»
«Sono belle parole» ammette Hamster Gangster, «Ma forse dovresti davvero fare un passo indietro.»
Axel scuote la testa.
«No, non posso. Tu stesso non te ne vai.»
«Io non ho nessuno che mi aspetti, a casa. Tu hai tre figli, che non vedono l'ora di essere scarrozzati su un trattore tosaerba in giro per la tua fattoria, mentre tu li supplichi di non riferirlo alla loro madre.» Hamster Gangster lo fissa dritto negli occhi. «È davvero così importante guidare la vettura rossa?»
«È il mio sogno.»
«Quella vettura rossa non è la Ferrari di Silberblitz davanti a cui ti masturbavi da ragazzino sognando un giorno di emulare il tuo idolo.»
«Come sei volgare.»
«No, non sono affatto volgare. Svegliati, è solo una vettura come tante, ma è rossa. Non ti sta gettando addosso una storia piena di fascino, è solo una monoposto che, per puro caso, è stata dipinta con vernice rossa.»
«Non puoi capire» replica Axel. «Non posso lasciare proprio adesso, che sono a un passo dai miei sogni. Tina non l'avrebbe voluto.»
Infatti è proprio così, non voglio che rinunci solo perché sono morta. Certo, il mio incidente ha avuto una dinamica abbastanza preoccupante, ma noi piloti della A+ Series sappiamo a cosa andiamo incontro.
Li lascio soli, so che non ha senso spiare la loro conversazione. Sono qui per un motivo e non è sentirli dibattere dell'opportunità che Axel continui a gareggiare nonostante io non ci sia più. Mi ritrovo in un corridoio, devo essere al di là della porta della stanza nella quale si trovano il mio amico e il mio compagno. Sento che sto andando nella direzione giusta, quando di colpo mi trovo nella camera di Yannick Leroy.
Sta parlando al telefono, anzi, sta proprio urlando.
«Le dico che non posso fare niente! Alysse conosce la mia identità e non mi dirà mai una sola parola!»
Ha il vivavoce inserito, perché nel frattempo sta trafficando con un bicchiere e una bottiglia e lo smartphone è appoggiato sul tavolo. Posso sentire chiaramente la voce del CEO che replica: «Ormai ho aspettato anche troppo. Le ho fatto vincere un mondiale e non ho avuto in cambio quello che mi aveva promesso. Posso distruggerla, Leroy. Ha visto cos'è successo oggi.»
Yannick impreca, poi riattacca. Si è venduto in cambio del titolo, ma non può pagare quanto pattuito, qualcosa che ha a che vedere con Alysse.
Si porta il bicchiere alla bocca e dubito che il contenuto sia analcolico. Mi siedo di fronte a lui, vedendo che nella bottiglia manca una parte di contenuto abbastanza elevata. Lo osservo, mentre già si rende conto che l'alcool non farà nulla per dargli sollievo. Il CEO gli ha promesso di farlo diventare campione del mondo e l'ha fatto, ma non penso sia questa la ragione per cui sono morta. Sarebbe bastato che il motore esplodesse in una nuvola di fumo, per dare a Yannick ciò che gli aveva accordato. Mania di protagonismo, se posso spingermi a formulare un'ipotesi: il CEO voleva eliminarmi in ogni caso, non certo per rendere le cose più facili a Leroy, quanto per guadagnarvi in consensi, like e introiti. Non c'era nulla di più catalizzatore di attenzione che mandarmi a morte sotto gli occhi di tutti, mentre mi stavo giocando il mondiale, nell'ultimo gran premio della mia carriera.
Il telefono di Yannick resta muto. Sono convinta sia stato lui, poco fa, a contattare il CEO, non viceversa, deve essere per questo che nessuno lo sta richiamando. Adesso si versa un altro bicchiere e lancia un'occhiata fugace al cellulare. Sembra sul punto di prenderlo in mano, ma non lo fa. Riprende a bere e poi alza gli occhi su di me.
Non può vedermi, ma io vedo molto bene lui. Sembra solo la caricatura di un antieroe, ormai completamente allo sbando, senza più alcuna certezza.
«Perché l'hai fatto, Yannick?» mormoro. «Perché ti sei messo nelle mani di quello stronzo?»
Mi sembra che mi fissi, ma è solo una mia fantasia. Sta ancora bevendo. Non può né vedermi né sentirmi. O almeno è quello che penso. Mi rendo conto ben presto che l'alcool altera le sue percezioni.
«Tina?»
È la prima volta, da quando sono morta, che qualcuno dà segno di potere interagire con me. Mi viene il dubbio che fosse proprio questa la mia missione.
«Mi senti?»
«Sì.»
«E mi vedi?»
«S-sì. Un po'. Sei sfuocata.»
Non sembra spaventato, ma lo rassicuro: «Non posso farti niente.» Ridacchio. «Purtroppo. Vorrei tanto poterti afferrare per le palle e stringere con tutta la forza che ho in corpo. Però non ce l'ho più, un corpo. Chissà invece tu per quanto tempo ne avrai uno. Non te l'ha mai detto Alysse che con certe persone è meglio non averci a che fare?»
«A-Alysse?»
«Possibile che tu non sappia fare altro che balbettare? Di solito hai la lingua piuttosto sciolta e sembra che non ti spaventi niente. Vuoi forse farmi credere che avere davanti un fantasma ti mette in difficoltà? Non voglio farti del male, Yannick.»
«Lasciami in pace.»
«Stai tranquillo, quando ti avrò detto tutto me ne andrò e non mi vedrai più. Prima, però, dobbiamo fare quella chiacchierata che non abbiamo mai fatto quando ero ancora viva.»
«Cosa vuoi?»
«Innanzi tutto che ti rilassi. Eri così teso quando Alysse ti sbottonava i pantaloni?»
Per la prima volta da quando percepisce la mia presenza, Yannick sembra divertito.
«Vuoi sbottonarmi i pantaloni?»
«L'unica cosa che farei con il tuo membro è metterlo dentro un frullatore, quindi per tua fortuna non voglio sbottonarti i pantaloni... e nemmeno potrei. Però, dimmi, ti piaceva avere Alysse che trafficava con la cerniera dei tuoi pantaloni?»
«Beh, sì.»
«Se tu non avessi fatto quello che hai fatto, probabilmente adesso sarebbe qui e ti starebbe spogliando. Non saresti ubriaco e non staresti pensando che è stata tutta una fregatura. Ne valeva la pena? Se potessi tornare indietro, butteresti di nuovo via tutto per un campionato del mondo?»
Yannick abbassa lo sguardo.
«Non puoi giudicarmi.»
«Forse dovresti essere tu a giudicare te stesso» replico, fredda. «Magari, se ti rendessi conto della cazzata che hai fatto...»
Stavolta Yannick ritrova la sicurezza che ha sempre mostrato.
«Se mi rendessi conto della cazzata che ho fatto, cosa succederebbe? Sentiamo cosa faresti tu, al posto mio.»
«Cercherei di riallacciare i rapporti con Watanabe, specie considerato che è un amico di Alysse.»
«Non capisci proprio un cazzo, Tina. Se io e Ryuji tornassimo amici e cercasse di metterci una buona parola con Alysse, convincendola almeno a starmi a sentire, sarei comunque nella merda tanto quanto adesso. Il CEO vuole da me qualcosa che non posso dargli, non ho tempo per inseguire amici o fidanzate. Mi ha sabotato mentre ero in testa e potrebbe farlo tante altre volte.»
Gli strizzo un occhio.
«Pensa, ha sabotato anche me mentre ero in testa. È successo a Montecarlo, ma dopo non è più potuto succedere.»
«Non voglio mancarti di rispetto, Tina» puntualizza Yannick. «Non mi aveva detto che ti avrebbe ammazzata. Non ne avevo idea. Adesso, però, potrebbe farlo con me.»
«A maggior ragione dovresti scusarti con Watanabe. Almeno gli rimarrebbe un buon ricordo di te.»
«Fottiti.»
«Stavo scherzando. Cerca di essere meno suscettibile.»
«Cosa vuoi da me, Tina?»
«Non so, tu cosa volevi da me, quando hai fatto promesse che non potevi mantenere per convincere il CEO a farti vincere il mondiale? Eri davvero così convinto che, senza il suo prezioso aiuto, avresti perso?»
Yannick sospira.
«Credi davvero che sia stato io ad andarlo a cercare e a proporgli di farmi vincere il mondiale in cambio di qualche confidenza strappata ad Alysse?»
«Non so, magari puoi spiegarmi tu com'è andata» lo invito.
Me lo spiega.
«Il CEO mi ha fatto ritirare per un guasto al motore, poi mi ha chiesto se volevo evitare che succedesse di nuovo. Non solo, mi ha anche promesso il mondiale, in cambio del mio aiuto. Se avessi rifiutato, non mi avrebbe concesso la possibilità di cercare di vincere lealmente. Mi avrebbe mandato il motore in fumo ogni volta, impedendomi di ottenere risultati. O con lui o contro di lui, o vincere in modo telecomandato o essere sabotato affinché non vincessi. Sapeva i miei fatti privati. Aveva capito che Alysse non era solo una donna che mi portavo a letto, ma che valeva molto di più. Mi ha incastrato. Forse potevo tirarmi indietro, ma le conseguenze sarebbero state devastanti. Non l'ho fatto per "rubare" un mondiale, l'ho fatto per non essere derubato... o peggio, quindi faresti meglio a evitare di sparare sentenze. Non ti sei mai ritrovata messa con le spalle al muro. Ti ha fatta morire e basta, non ti ha mai chiesto di aiutarlo in cambio della tua presunta sopravvivenza. Non voglio dire che morire sia una cosa da niente, ma almeno non hai dovuto scegliere da che parte stare.»
«Ecco, appunto» confermo. «Io non ho dovuto scegliere. La storia della A+ Series è stato un continuo non avere scelta, per noi piloti. Con te, qualcosa è cambiato.»
«Avrei preferito che non accadesse.»
«Significa che il CEO non è più infallibile come una volta.»
«La mia scelta non era una vera scelta.»
«Però il CEO ti ha coinvolto. Fino a poco tempo fa non avrebbe cercato la complicità di un pilota. Con te l'ha fatto. Vuole dire che sente che potreste voltargli le spalle... e lo farete. So che lo farete.»
Yannick si lascia andare a un mezzo sorriso da ubriaco.
«Sei venuta qui per dirmi questo?»
«Sono qui per aprirti gli occhi che ti ostini a tenere chiusi» concludo. «Puoi farcela, Yannick. Tutti potete farcela. Potete uscirne fuori. Non dovete farlo per me, ma per voi stessi. Io sono morta, ma voi potete salvarvi. Promettimi che farai tutto quello che è in tuo potere per cavartela.»
Yannick mi fissa con sguardo assente.
Io insisto: «Promettimelo.»
«Non ti prometto che farò qualcosa» replica Yannick, «Ma cercherò di uscirne, in un modo o nell'altro.»
«Devi farcela» insisto. «Dovete farcela.»
Sono le ultime parole che pronuncio. Ormai ho esaurito il mio ruolo, è il tempo di passare oltre. Non so fino a che punto Yannick mi ascolterà, ma spero possa esserci una via d'uscita.

   
 
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