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Autore: Kana Altair    15/05/2023    1 recensioni
[(M)BylethxDimitri]
Scene principali della route dei Blue Lions, pov di Dimitri.
.
[...]Non potrò mai dimenticare.
Vedere il professore precipitare nel vuoto.
Guardare inerme un’altra persona a me cara scomparire davanti ai miei occhi.
.
Il tetto della chiesa è crollato, a causa di quella battaglia.
L’ultima volta in cui eravamo tutti uniti.
L’ultima volta in cui lo vidi.[...]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Luna della Ghirlanda


 
 
 
“Per oggi è tutto, potete andare”
 
Detto questo, il professore inizia a riordinare la cattedra e raccoglie i suoi libri.
Vedo gli altri alzarsi dalle sedie e parlare tra di loro, per poi allontanarsi dalla classe.
Decido di restare seduto ancora per un po’, fin quando tutti non vanno via.
 
“Altezza, volete restare qui?”
“Si, Dedue, tu raggiungi pure gli altri, verrò con voi dopo”
“Come desiderate”
 
Una volta andato via, in aula cala il silenzio.
Si ode solo un ticchettio incessante proveniente dall’esterno.
Sta piovendo.
 
È cominciata la stagione delle piogge.
 
“Dimitri”
 
Sussulto.
Il professore mi squadra.
Ha in mano una pila di libri, sembrano alquanto pesanti.
 
“Hai bisogno di chiarimenti?”
“Oh, no professore, stavo aspettando che la pioggia diminuisse.
Piuttosto, lasciate che vi aiuti”
“Ti ringrazio”
 

 
Prati colmi di rose bianche occupavano alcune parti del giardino reale.
“La luna della Ghirlanda ha questo nome perché è il periodo di fioritura delle rose bianche, usate per le ghirlande che gli amici o gli amanti si regalano a vicenda”
 
La bambina si avvicina ai cespugli e inizia a staccare alcuni fiori.
“Aspetta, El, potresti farti male!”
“Nah, è semplice se sai come evitare le spine.
Ecco fatto”
 
Dopo aver raccolto alcune rose, Edelgard le sparge sull’erba.
“Facciamo delle ghirlande anche noi, Dimitri!”
“Eh? Ma…”
“Avanti, sbrigati, prima che cominci a piovere”
 
“Questo vuol dire che siamo amici, vero El?”
“Ovvio”
La bambina sorride, in modo sincero e spensierato.
“Lo saremo sempre”
Ricambio il sorriso, indossando il copricapo floreale realizzato da lei.
 

 
“Qualunque cosa accada, sappiate che sarò sempre con voi, fino alla fine”
 
Il professore, dopo le lezioni, è solito aiutarmi ad istruire gli orfani del monastero nell’arte della spada.
Inizialmente ero indeciso sul da farsi, non sono mai stato bravo a dare insegnamenti, perciò chiedere il suo aiuto è stata la scelta più saggia.
Sono felice abbia accettato.
Anche i bambini sembrano molto contenti, e vedere gioia nei loro occhi sovrasta i foschi pensieri che mi assillano di continuo.
 
Ha smesso di piovere da ormai qualche ora, ma il cielo nuvoloso lascia spazio al sole solo per pochi istanti.
 
“Ci vediamo domani!”
Terminata la lezione, i bambini tornano nel monastero.
 
Vedo il professore sedersi sul prato.
Un prato colmo di fiori.
Non sono rose, non sono bianchi.
Sembra stanco, stremato dall’impegnativa giornata trascorsa in Accademia.
 
“Mi scuso per avervi chiesto questo favore”
“Tranquillo, non è un peso per me”
Si gira nella mia direzione e mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
Accolgo l’offerta senza esitazione.
 
L’erba è ancora umida, a causa della pioggia.
 
“Vorrei sapere il perché sono così tanto determinati ad apprendere come brandire un’arma”
“È ammirevole.
 Non credete, professore?
Le armi sono sempre state reputate degli oggetti di valore, nel Faerghus.
Sono un modo per aprirsi un varco verso il futuro”
 
Trascorrono alcuni istanti di silenzio.
“Purtroppo, non tutti la pensano come te, Dimitri”
Quasi deluso da quell’affermazione, cerco di incrociare il suo sguardo, in cerca di spiegazioni.
“Le armi sono state create per fare del male.
Non è un bene che bambini così giovani imparino a ferire gli altri”
 
Regalai quel pugnale ad Edelgard per permetterle di opporsi a chi le avesse arrecato dolore.
Il mio era un gesto sincero.
Quel periodo della mia vita fu meraviglioso, speravo lo fosse per entrambi.
Perché tutto quanto si è ritorto contro di me?
 
“Sei sempre così gentile e disponibile.
Sei veramente troppo buono”
Il professore si alza, avanzando di qualche passo.
Noto amarezza nella sua voce.
“È ciò che ti rende chi sei.
È il tuo lato migliore, tuttavia…”
 
“Devi fare attenzione, o potresti subirne le conseguenze”
 
Il mondo è crudele.
Nessuno crede nei tuoi ideali, la gente non si fa scrupoli, prima di uccidere non esita nemmeno per un istante.
Non si chiede se sia giusto o meno, non sa cosa sia la giustizia.
Sfrutta gli altri e gode nel vedere la disperazione nei tuoi occhi.
 
La memoria della tragedia del Duscur ritorna alla mia mente.
Avevo visto la cattiveria umana con i miei stessi occhi, in quel giorno.
Ero stato privato di qualsiasi cosa.
Non avevo mai ricevuto una spiegazione soddisfacente.
Chi è il colpevole? Perché sono sopravvissuto solo io?
Merito di vivere?
 
“È davvero un peccato, che al mondo ci siano così poche persone simili a te”
 
Fossimo vissuti in tempi di pace, saresti stato un re benevolo.
 
“Vi ringrazio, professore”
Abbasso il capo.
Quella che indosso è solo una maschera che nasconde le mie vere intenzioni.
Non sono buono come pensate, professore.
Non sono chi credete io sia.
Se solo…
 
Noto che qualcosa viene poggiato sulla mia testa.
Alzo il capo, istintivamente, notando che il professore mi è di fronte.
“Non saranno rose bianche, ma penso possa andar bene comunque”
Tolgo l’arrangiato copricapo e noto con stupore che è una ghirlanda di fiori di campo.
 
“È cominciata la Luna della Ghirlanda, no?
È da poco che ho scoperto questa usanza”
Il professore ride leggermente.
“Non ne avevo mai fatta una, quindi non è uscita un granché”
 
“Saremo sempre amici”
 
Sento i miei occhi inumidirsi per un istante.
“No, va benissimo”
Gli sorrido.
“Vi ringrazio immensamente”
 
Spero che quei bambini sfruttino la loro bravura a fin di bene.
 

 
Inizialmente, pensavo che il professore fosse una persona senza cuore.
Feriva senza esitazione, non mostrando sentimenti.
Detestavo ricevere ordini impartiti da lui, ma ammiravo le sue capacità.
 
Sono stato smentito ben presto.
Vedere la disperazione nei suoi occhi mi ha fatto capire quanto io e lui fossimo simili.
 
Anche oggi piove a dirotto.
 
Il professore, stretto al corpo del padre, ormai privo di vita, piange disperatamente.
 
È solo una ricognizione.
Il Capitano dei Cavalieri di Seiros sarà con noi.
Andrà tutto bene.
 
È la prima volta che lo vedo esternare le sue emozioni così apertamente.
Grida disperato, richiamando quella figura così importante.
Urla il suo nome, maledicendo se stesso per non essere riuscito a salvarlo.
 
Mi dispiace.
Non ho potuto fare niente per aiutarti.
 
Un’altra vita viene strappata dinanzi ai miei occhi.
Non conoscevo bene Jeralt, ma, anche grazie a quanto raccontato dal professore, sono sicuro fosse una persona degna di rispetto.
Di certo non meritava di essere pugnalato alle spalle da chi considerava un suo alleato.
 
Dopo aver insistito, sono riuscito a convincere il professore a tornare indietro, nel monastero.
Non ha proferito parola per tutto il tragitto, ma la sua espressione è stata sufficiente per farmi capire le sue intenzioni.
 
Il suo sguardo urla vendetta.
Il suo, così come il mio.
 
“Dimitri, avvisa il professore, Rhea lo sta cercando”
“Dove si trova ora?”
Alois sospira un attimo, prima di rispondermi.
“… Credo nella stanza del Capitano”
“Va bene”
 
È seduto sul divano, con un libro tra le mani.
Sembrerebbe un diario, antico e rovinato.
Lo vedo richiuderlo e alzare lo sguardo, una volta avvertita la mia presenza.
I suoi occhi sono ancora leggermente arrossati dal pianto.
 
“Scusatemi, professore, ma Rhea vi sta cercando”
Dopo quella affermazione, lui abbassa il capo, restando in silenzio.
“Tuttavia…”
Svio lo sguardo, quasi provando colpa per averlo importunato, in quel momento così difficile.
“Se avete ancora bisogno di tempo, lasciate che sia io ad occuparmene.
Perché non vi unite a noi nel refettorio, stasera?
Potrebbe aiutarvi a…”
 
Notando che le mie parole non suscitano alcuna reazione, decido di parlare apertamente.
 
Distrarsi non allevia il dolore.
Le frugalità diminuiscono la sofferenza solo momentaneamente.
Una cena insieme non resuscita i morti.
 
“Professore, sappiate che sarò sempre con voi, fino alla fine.
So bene cosa significhi perdere i propri cari, e sono convinto che piangere la loro morte non sia una debolezza.
Una volta passato questo periodo, riuscirete a capire perché voi vivete, saprete il vostro vero obiettivo”
Serro i pugni, ben consapevole delle mie parole.
“Se è la vendetta ciò che volete, allora ucciderò chiunque voi desideriate.
La mia forza è al vostro completo servizio”
 
Mi avvicino alla porta, intenzionato ad andarmene.
 
“Grazie, Dimitri”
 
Torno a guardarlo.
Ha ancora lo sguardo basso, tuttavia sorride leggermente.
Esito, prima di uscire dalla stanza.
 
Posso comprendere il vostro dolore.
È per questo che non esiterò ad uccidere chiunque vi si opponga.
 

 
Ho perso tutto.
Dal momento in cui Edelgard dichiarò guerra alla Chiesa di Seiros, ho perso anche quel poco che mi restava.
 
Sono diventato l’ombra di me stesso.
Una bestia, un mostro che uccide senza scrupoli.
La vera essenza di tutto ciò che odiavo.
 
Non avrò alcuna pietà.
Meritano una morte terribile.
Non troveranno mai pace.
 Nemmeno dopo aver bruciato per secoli nelle fiamme eterne.
 
La mia lancia, sporca di sangue imperiale da cima a punta, non ha sosta da ormai cinque anni.
 
Ho bisogno di uccidere.
Questi sudici ratti dalle sembianze umane, che si spacciano per portatori di valori, hanno distrutto la mia terra, fatto razzia dei villaggi, ridotto il Regno a un misero ducato dell’Impero.
Hanno ucciso Dedue.
 
Hanno ucciso persino…
 
L’ultimo soldato si inginocchia dinanzi a me, implorandomi.
“Ti prego, risparmiami, ho una famiglia che mi aspetta, devo-“
Sferro l’ultimo colpo, con più violenza dei precedenti, trapassando la gola dell’uomo con la lancia.
 
“Sei veramente troppo buono”
 
“Un mostro come te non ha il diritto di parlare di famiglia”
La mia voce rimbomba nel salone.
Estraggo la lancia dal corpo.
 
Il monastero di Garreg Mach, abbandonato da cinque anni, si erge nuovamente dinanzi a me.
Le sue sale, un tempo colme di gente e piene di vita, sono ora vuote e in rovina.
Cosparso del sangue di coloro che, approfittando della situazione, lo hanno occupato e hanno fatto razzia dei suoi tesori, attraverso il ponte che conduce alla chiesa.
 
“Tra cinque anni, a partire da adesso, ci incontreremo nuovamente”
“Come una specie di riunione di classe?”
“Esatto!
Professore, voi ci sarete, vero?”
Aveva esitato per qualche istante, come già consapevole di cosa sarebbe successo poco dopo.
“Forse”
“Dovete esserci per forza!
Che riunione sarebbe senza di voi?”
 
L’assalto al monastero di cinque anni prima, si rivelò un massacro.
Fummo costretti alla resa, indeboliti ed in inferiorità numerica.
 
Di Rhea e del professore, fu persa ogni traccia.
Le ricerche si protrassero per molti giorni, da parte di quel che restava dei Cavalieri di Seiros.
 
Non potrò mai dimenticare.
Vedere il professore precipitare nel vuoto.
Guardare inerme un’altra persona a me cara scomparire davanti ai miei occhi.
 
Il tetto della chiesa è crollato, a causa di quella battaglia.
L’ultima volta in cui eravamo tutti uniti.
L’ultima volta in cui lo vidi.
 
Dalla voragine nella cupola entra molta luce.
Una volta a contatto con essa, noto un inspiegabile fastidio.
 
Un mostro come me non merita di essere visto.
Ora il mio posto è solo nel buio più profondo, lontano dallo sguardo degli uomini.
Sono solo un morto vivente.
L’onore, la pietà, l’affetto.
Che valore hanno in un questo mondo, basato sulla legge del forte che domina il più debole?
Sono i forti a determinare le sorti della storia.
 
Ed io sono solo un debole.
 
Mi siedo sul pavimento, il più possibile lontano dalla fonte di luce.
La stanchezza pervade il mio corpo.
Il dolore di ferite mai guarite improvvisamente si fa più intenso.
 
Perché sono tornato qui?
È evidente come nessuno terrà fede a quella promessa.
 
Le promesse sono fatte per essere infrante.
Mai nessuno ha mantenuto la parola data, nella mia vita.
Glenn, Gustave, mio padre, persino Dedue e il professore.
Sono tutti scomparsi, uno dopo l’altro.
 
Improvvisamente, riesco ad udire dei passi provenire dall’ingresso della chiesa.
 
Credevo di aver eliminato tutti, ma a quanto pare mi sbagliavo.
 
La stanchezza mi impedisce di alzarmi, ma serro la presa sulla lancia, cercando di identificare la figura che, lentamente, si avvicina.
 
No…
Non di nuovo.
 
Le allucinazioni mi assalgono ancora una volta.
Dinanzi a me scorgo la figura del professore.
Illuminato dal chiarore della luce, riesco a ricordare perfettamente i suoi lineamenti.

 



 
 
Persone come lui, meritano di essere cosparse dell’albore solare.
 
Mi porto le mani al viso, esasperato.
 
“Lasciatemi in pace…”
 
“Dimitri…
Allora sei vivo”
 
Sussulto.
Riesco ad udire chiaramente la sua voce.
Non è ovattata, confusa, come quella delle visioni.
Mi spingo indietro, spaventato.
 
“Non può essere…
Tu sei morto, ti ho visto cadere davanti ai miei occhi!”
 
Lo vedo scuotere la testa.
È sollevato, penso sia felice di vedermi, tuttavia…
 
Perché sei tornato solo ora?
Per tutto questo tempo, avresti almeno potuto…
 
“Ah, adesso capisco”
Facendo leva sulla lancia, cerco di sollevarmi, invano.
“Devi essere una spia imperiale, non c’è altra spiegazione.
Sei qui per uccidermi?
Viste le mie condizioni, non sarà difficile per te”
 
La sua espressione si rattrista.
“Perché mai dovrei farlo?”
 
Mi si avvicina senza timore, porgendomi la mano.
“Non avrei motivo di farti del male.
Mi dispiace.
La mia lunga assenza è stata imperdonabile”
Digrigno i denti, rifiutando di prendere quella mano, che in altre occasioni avrei afferrato senza esitazione.
 
Se solo fossi tornato prima.
Non sai quanto tempo ho aspettato.
La solitudine mi ha dilaniato.
Ormai…
 
“Le tue scuse non valgono nulla”
 
… Il Dimitri che conoscevi è morto.
 

 
La pioggia accompagna la terribile serata.
 
Devo raggiungerla.
Non sarò calmo fin quando non le avrò staccato la testa.
 
“La ucciderò, lo giuro, perciò non guardarmi con sdegno!
Non tormentarmi anche tu.
Le vostre urla mi perseguitano, il vostro pianto mi terrorizza.
Cos’altro posso fare per liberarmi di voi?”
 
La mia volontà, apparentemente salda, vacilla.
Perché lui decide di ostacolarmi.
 
Togliti di mezzo
 
Vattene, professore, ferirti mi provoca dolore, ma non ho scelta.
Per placare le loro urla, io…
 
“Stai andando ad Enbarr, giusto?”
 
Ti prego, spostati.
 
“Non puoi fermarmi dal compiere il mio dovere”
“Devo farlo”
 
Perché ostacoli il mio volere?
Perché, dinanzi a te, sento di perdere fermezza, dimenticando il desiderio di vendetta?
 
“Resta qui, Dimitri.
Non possiamo perderti”
I suoi occhi, così luminosi, mi fissano con decisione.
“Il tuo posto è con noi.
Abbiamo bisogno di te”
Mi tende la sua mano.
 
Aiutami.
 
Guardo le mie mani, sporche del sangue versato nell’ultima, atroce, battaglia.
Ho perso la possibilità di vendicarli.
Edelgard era fuggita nuovamente, davanti ai miei occhi.
 
Perché mi hai fermato?
 
“Le loro voci mi assillano da nove anni.
Urlano vendetta, gridano affinché io mi sbrighi ad ucciderla.
Sento il loro dolore come se fosse il mio.
Non posso più sopportarlo
 
Torno a guardare il professore.
 
“Ma sembra che tu sappia tutte le risposte alle mie domande.
Perciò…”
 
Mi avvicino leggermente a lui, come per cercare il suo sostegno.
 
“Ti prego, professore.
Per favore, dimmi”
La mia voce trema.
“Cosa dovrei fare?
Come posso mettere a tacere i loro pianti disperati?
Come posso… Salvarli?”
Sull’orlo delle lacrime, cerco il suo sguardo con disperazione.
 
Mi sorride.
“Devi seguire la tua strada.
Hai tutto il diritto di fare le tue scelte.
I morti sono morti, Dimitri.
Non saranno loro a influenzare il tuo cammino
 
Una lacrima scende lungo la mia guancia.
 
Mi sento in colpa.
Meritavano di vivere molto più di me.
A cosa serve la mia vita, se non a soddisfare le loro ultime volontà?
 
“Ma io sono l’unico sopravvissuto.
Posso davvero, avere il diritto di fare le mie scelte?
Può, un mostro come me, godere del privilegio di percorrere una strada tutta sua?”
 
Il peso delle loro vite, spente prematuramente, gravava sulla mia anima dal momento della tragedia.
 
“Si.
Sei libero”
 
Tende entrambe le braccia verso di me.
 
Sgrano il mio occhio sinistro.
Un impulso sconosciuto mi spinge verso di lui.
Mi aggrappo al suo corpo, in preda ai singhiozzi.
 
“Non sono riuscito a salvare nemmeno Rodrigue…”
 
Il professore ricambia il gesto, abbracciandomi con forza.
“Devi vivere come preferisci.
Anche lui lo avrebbe voluto”
Poggia la sua mano dietro la mia nuca.
“Hai già sofferto abbastanza”
 
Il calore di quel gesto quieta, anche se per poco, il mio animo lacerato.
 
“Le tue mani sono così calde…
Lo sono sempre state…?”
 
Il tempo passa, e lo scrosciare della pioggia si fa sempre più insistente.
 

 
Fhirdiad era finalmente stata riconquistata.
Accecato dal desiderio di vendetta, avevo trascurato i miei doveri.
 
Grazie al suo aiuto, sono riuscito a voltare pagina.
La testa di El non placherà le loro anime.
Sprofondando nel buio più totale, ho solo distrutto me stesso e messo da parte chi tiene a me.
Stavo quasi per puntare la mia lama contro colui che mi ha salvato.
Ho quasi reso carne da macello quegli amici che, nonostante le mie condizioni, mi hanno sempre seguito senza esitazione.
 
I festeggiamenti sono ancora in corso, per le vie della capitale.
Ma non sono ancora pronto a prenderne parte.
Sento di non essere ancora degno di diventare re.
 
Come posso espiare le mie colpe?
 
Mi allontano dalla folla, silenziosamente.
Salgo le scale del palazzo, dirigendomi verso l’immensa terrazza, che si affaccia sulle vie della città in festa.
 
Con stupore, noto di non essere solo.
Colui che mi ha salvato la vita è poggiato sulla balconata, intento ad osservare i frutti del nostro impegno.
 
È arrivato il momento di ringraziarlo come si deve.
 
“Stanco di festeggiare?”
 
Nel dirlo, distoglie l’attenzione dal panorama.
Si è accorto della mia presenza, e ora punta le sue iridi cristalline verso di me.
Intravedo un leggero sorriso sulle sue labbra.
 
“No, è che…
Ho difficoltà a stare con così tanta gente, al momento”
 
Lo sento ridacchiare, girandosi verso di me e avvicinandosi.
“Quando questa guerra sarà finita, potrai tornare a godere di queste occasioni a pieno”
 
La guerra finirà, molto presto.
 
“Professore…”
Notando il mio tono serio, la sua espressione tranquilla muta.
“Ti ringrazio dal profondo del mio cuore”
Nel dirlo, trovo doveroso fare un inchino.
“Se non mi avessi trovato nel monastero, qualche mese fa, probabilmente sarei morto inutilmente, accecato dalla mia ira”
Guardandolo nuovamente, vedo che è tornato a sorridere.
 
“Voi, no…
Tu mi hai insegnato a vivere.
Mi hai insegnato a capire qual è il mio vero obiettivo, che non ha niente a che vedere con l’uccidere o no Edelgard.
Tu sei…”
 
Esito per qualche istante, ripensando al momento in cui, illuminato dal sole, il professore mi ha teso la sua mano, strappandomi dalle tenebre.
 
“… Sei la luce che mi ha salvato
 
La Luna Azzurra, in assenza del Sole, non può illuminare il pianeta.
Lo stesso vale per me.
Senza di te al mio fianco, non avrei mai potuto brillare, portando speranza tra la gente.
 
“Sono orgoglioso di te, Dimitri”
“Non dovresti esserlo.
Ho ucciso troppe persone, per essere degno del tuo orgoglio”
 
“Voglio che tu sia felice.
Sono disposto a sacrificare me stesso, pur di farlo”
“Il tuo sacrificio non mi renderebbe tale…”
“Lo so, ecco perché voglio chiederti solo un favore”
 
Farei qualsiasi cosa.
 
“Se ne hai bisogno, aggrappati a me.
Non combattere da solo la tua guerra.
Chiedi aiuto, e ti sarà dato”
 
Quel giorno ritrovai la forza di vivere, grazie alle tue parole.
Grazie alla forza con cui strinsi il tuo corpo a me.
 E alle lacrime, che avevo soffocato per tanto tempo.
 
“Lo farò”
 
Mi avvicino alla balconata, meravigliato dalla vista sublime, con il cuore pieno di gioia.
 
Merito di essere felice?
 
Il professore mi è accanto.
Il suo sguardo è rivolto verso l’orizzonte.
Le sue vesti e i suoi capelli, mossi dal vento ed illuminati dalla luce delle fiaccole, impreziosiscono i suoi lineamenti.
È evidente come, per qualche motivo, egli abbia un legame con la Dea stessa.
È come se Lei mi sia vicino in questo momento.
 
Merito di essere al suo fianco?
 
No…
Troverò una risposta solo quando sarà tutto finito.
 
“Sarebbe un peccato non approfittare di questa atmosfera, non credi?”
 
Lo guardo, visibilmente scettico.
 
“Torniamo indietro, gli altri si staranno sicuramente chiedendo dove tu sia”
 
“Ma certo, andiamo.
Insieme”
 

 
“El…”
 
Afferra la mia mano.
Possiamo giungere ad un compromesso.
Voglio porre fine a questi spargimenti di sangue.
Basta uccidere.
 
La guardo con decisione, rivolgendole il mio supporto senza alcuna ostilità.
Il professore mi è accanto.
Se dovesse succedere il peggio, lui saprà sistemare sicuramente tutto.
 
Edelgard sorride.
 
“Il nostro destino sarà deciso sul campo di battaglia”
 
Ma lei, invece di prendere la mia mano, estrae il pugnale.
 
Quel pugnale che le regalai, quando eravamo ancora bambini.
 
I miei riflessi agiscono autonomamente.
Areadbhar le trapassa il petto, uccidendola, mentre il mio pugnale viene conficcato nella mia spalla.
 
“Saremo sempre amici”
 
Puntavi al cuore.
Fino all’ultimo istante, hai sempre e solo sperato di uccidermi.
 
Estraggo la lancia, profondamente addolorato, mentre osservo il corpo senza vita dell’imperatrice accasciarsi su se stesso.
 
Perché deve sempre sfociare tutto in violenza?
Così fu nel Duscur, così fu al monastero, e così lo è stato durante la guerra.
 
Estraggo il pugnale, abbandonandolo al suolo, vicino a lei.
 
“Grazie, mio caro amico”
 
Il suo modo per aprirsi un varco verso il futuro, comprendeva a prescindere la mia morte.
Volevo solo che fosse libera.
Ma a lei non è mai importato ciò che pensavo.
Le sue erano parole vuote, non sentite dal profondo del cuore.
 
Mi volto, seguendo il professore.
Non provo ira, dolore o soddisfazione.
 
Sono così deluso.
 
In prossimità della porta d’ingresso, però, sono costretto a fermarmi.
Mi dispiace.
Ripeto nella mia mente.
 
Mi dispiace.
 
Colto dal rammarico, decido di tornare indietro, verso il trono, senza un chiaro obiettivo in mente.
Ma la mia mano viene stretta con forza, nel tentativo di fermarmi.
 
Il professore mi guarda, visibilmente preoccupato.
 
“È fatta, Dimitri”
 
Sgrano il mio occhio sinistro.
 
“Non guardarti indietro.
Va’ avanti”
 
Trattengo il respiro.
 
“Ora, puoi ricominciare a vivere”
 
Urla trionfanti, provenienti dall’esterno, annunciano la vittoria del Regno.
 
“Andiamo”
 
Abbandono la buia sala del trono imperiale, per immergermi nella luce del nuovo giorno, tenendo stretta a me quella mano così cara.
 
Così fragile, ma capace di salvarmi.
Capace di sostenere il peso che gravava su di me.
 

 
“È quasi giunto il momento.
Altezza, siete pronto?”
 
Altezza.
Mi mancherà questo appellativo.
 
“Lo sono, Dedue.
Ho aspettato questo giorno per così tanto tempo”
 
Il mio attendente, che credevo avesse sacrificato la sua vita per me, ora è al mio fianco, lungo la strada che porta al Garreg Mach.
Il viaggio a cavallo, da Fhirdiad, è stato molto lungo ed estenuante.
 
È arrivato il momento di prendere il posto che mi spetta.
 
Rivolgo il mio sguardo al cielo.
Solo alcune nubi impediscono al sole di mostrarsi in tutto il suo splendore.
 
La pioggia è ormai lontana.
 
Le valli antistanti il monastero, ricche di alberi da frutto e prati fioriti, mostrano le bellezze che la bella stagione ha da offrire.
Il terrore della guerra è ormai un lontano ricordo, pur avendo inevitabilmente lasciato delle tracce, nella mente della gente e sulle terre del Fòdlan.
 
È davvero una meravigliosa giornata, per essere vivi.
 
Quando scorgo la sagoma del monastero, in distanza, l’agitazione mi assale.
 
Non è una sensazione spiacevole, tuttavia…
 
I miei doveri in quanto futuro re, le aspettative riposte su di me e le mie responsabilità iniziano ad occupare la mia mente.
I miei desideri sono stati esauditi.
Ora sono libero, felice, autonomo.
 
Ma…
 
“Siamo quasi arrivati”
La voce di Gustave mi riporta alla realtà.
“I Cavalieri di Seiros saranno lì ad accoglierci, Altezza.
È giunto il momento”
Lo vedo accelerare, precedendo tutta la scorta.
 
Smonto dal cavallo, giunto al portale d’ingresso, subito accolto da volti a me noti.
 
Quanta nostalgia.
È tornato tutto come ai tempi dell’Accademia.
 
Volgendo lo sguardo verso l’alto, noto una figura affacciata dalla terrazza del secondo piano.
 
“Non chiamarmi professore, Dimitri.
Siamo alla pari, ormai.
Dopotutto, ho anche rinunciato all’insegnamento, da quando sono stato nominato arcivescovo”
“Quindi… Come dovrei chiamarti?”
“Con il mio nome, così come ho sempre fatto io con te”
 
“Byleth…”
Colui che fu il mio professore, prima di allontanarsi, alza la sua mano, come per salutarmi.
Per quel che è possibile, cerco di ricambiare il gesto.
 
No, non tutto è tornato come prima.
Ma questi cambiamenti non sono poi così male.
 
Gli amici di una vita, che mi hanno accompagnato durante i momenti più bui, affollano le sale del monastero.
 
Un tempo in rovina, ora nuovamente piene di vita.
 
Da quando Byleth ha sostituito Rhea, è cominciata una nuova era per la Chiesa di Seiros.
Ed oggi, una nuova alba sorgerà per il Regno del Faerghus.
No…
Per tutto il Fòdlan.
 

 
Sotto i raggi solari, poco più avanti rispetto all’altare, Byleth attende.
Tra le sue mani, brilla la corona del re del Faerghus.
 
Lo sguardo di tutti i presenti nella chiesa è concentrato su di me, nel mentre in cui percorro la navata centrale.
Poco importa, in quanto la mia attenzione è totalmente rivolta in direzione dell’arcivescovo, ormai a pochi passi di distanza.
 
Sii orgoglioso di me, mio caro professore.
 
Lo vedo sorridere, e non posso che fare lo stesso.
 
Sono felice.
Sono al tuo fianco, ora.
Merito di esserlo.
 
Mi inginocchio, una volta giunto dinanzi a lui.
Abbasso il capo e congiungo le mani, in preghiera.
Chiudo gli occhi.
 
Dea Sothis, ti ringrazio.
Anche se la mia vita è stata dolorosa, pregna di sangue e sofferenza.
 
“In quanto arcivescovo della Chiesa di Seiros, ti proclamo…”
 
So che da ora in poi tutto cambierà.
 
“… Nuovo re del Sacro Regno del Faerghus”
 
“Non saranno rose bianche, ma penso possa andar bene comunque”
 
Il peso della corona grava sulla mia testa.
Ma è un fardello che accetto volentieri.
 
“Alza il capo con orgoglio”
 
Riapro gli occhi, sollevandomi lentamente.
Byleth incrocia il mio sguardo, in attesa di pronunciare le ultime parole.
 
“Re Dimitri”
 
Un coro di applausi rimbomba nella cattedrale.
Rivolgo lo sguardo verso i presenti.
 
“Il tuo posto è con noi”
 
Mi risulta difficile sostenere lo sguardo di quelle persone, così colmo di gioia e speranza.
Tra la folla, tuttavia, mi pare di scorgere quelle visioni che mi assillano da ormai dieci anni.
 
Non urlano disperate, non gridano vendetta.
Applaudiscono, insieme agli altri.
 
Vedo mio padre, la mia matrigna, Glenn, e tutti coloro che persero la vita nella tragedia, sorridere.
Sorridono per me…
La voce di mio padre, ancora così viva nella mia memoria, sussurra alle mie orecchie.
Per l’ultima volta.
 
“Sono fiero di te, Dimitri”
 
Dopo aver osservato la scena per qualche istante, incredulo, avverto un tocco delicato sulla mia spalla.
Mi volto.
 
“Sei felice, ora?”
 
Quella persona a me cara mi rivolge la parola.
Non come arcivescovo, non come professore.
Ma in quanto Byleth.
 
“Io…”
 
Tornando a dedicare attenzione alla folla, noto che quelle visioni sono scomparse.
I morti non mi perseguiteranno nuovamente.
 
Loro… Hanno finalmente trovato pace.
 
“Non lo sono mai stato così tanto”
 
I miei occhi si inumidiscono.
 
Addio.
Questa volta per sempre.
 
“Io…”
 
Mi porto le mani al volto.
 
È un giorno felice.
Allora perché sto piangendo?
 

 
Dopo la cerimonia, ho sentito la necessità di restare solo.
Una volta firmato il giuramento e congedati i presenti, mi sono recato alla Torre della Dea.
Senza alcuno scopo ben preciso.
Forse semplicemente per la posizione della struttura, isolata rispetto al resto del monastero.
 
Sono il nuovo re del Faerghus.
 
Salgo, lentamente, le scale della torre.
Ogni passo mi sembra pesante, ogni scalino mi accompagna nel ricordo di tutti i sacrifici compiuti per giungere a questo punto.
Tutte le vite che ho strappato con le mie mani.
 
Le mie mani sono pregne di sangue.
L’unico modo per espiare i miei peccati, è garantire un futuro migliore per tutti.
 
Nessuno deve vivere come ho vissuto io.
La violenza non è la soluzione.
 
Salita l’ultima rampa di scale, mi trovo ad osservare il tramonto, da una larga fessura, che si affaccia sull’esterno.
 
Tutte le nubi sono scomparse.
Ora il sole è libero di mostrarsi senza alcun ostacolo.
 
Una leggera brezza smuove i miei capelli.
Chiudo gli occhi.
 
Che pace.
 
Questa atmosfera riporta alla mia mente il momento in cui ho rivisto Byleth, dopo quegli interminabili cinque anni.
 
Byleth…
 
Mi avvicino alla larga fessura, concentrando il mio sguardo sul sole, per un momento, prima di esserne accecato.
 
… Tu sei molto più della luce.
Tu sei il Sole stesso.
Apparentemente alla mia portata, ma al contempo così inarrivabile.
 
Se solo per un istante, potessi aspirare a raggiungerti…
 
La mia mente è confusa.
Desideri impossibili offuscano il mio pensiero.
 
Eppure… Questa sensazione non è affatto spiacevole.
 
Il ricordo delle sue mani, così delicate, che poggiano quella ghirlanda sulla mia testa, che oggi vi hanno posato la corona, provoca una stretta al mio cuore.
I suoi capelli chiari, i suoi occhi così brillanti, il suo viso…
 
Mi accosto alla parete, lasciandomi trasportare da desideri, che so di non avere il diritto di realizzare.
 
“Finalmente, ti ho trovato”
 
Sussulto, colto alla sprovvista.
 
“Eri scomparso, mi sono preoccupato per te”
 
Quella persona, che da qualche tempo occupa i miei pensieri, mi è davanti.
Rilasso il corpo, nuovamente, appoggiandomi alla parete.
Sospiro, chiudendo gli occhi.
 
Sento i suoi passi avvicinarsi, con cautela.
Con sacralità.
 
Le sue dita sfiorano la mia guancia, costringendomi ad incrociare il suo sguardo.
 
“Dimitri, va tutto bene?
Hai bisogno di qualcosa?”
 
Ciò di cui avevo bisogno, ora mi è dinanzi.
 
Sorrido, nel pensarlo.
 
“Byleth…”
 
Per un attimo resta sorpreso, dalla naturalezza con cui pronuncio il suo nome.
 
“Tu sei…”
 
Sospiro.
Decido di non concludere la frase, discostando la sua mano dal mio volto.
Provo quasi dolore, interrompendo quel contatto.
Mi allontano da lui, intenzionato ad andare via.
 
“Chiedi aiuto, e ti sarà dato”
 
Odo la sua voce alle mie spalle.
Abbasso il capo, indeciso su come esprimere la confusione di pensieri che vorticano nella mia mente.
 
“In quanto re del Faerghus e discendente della stirpe dei Blaiddyd, è mio dovere far sì che la dinastia reale continui ad esistere, ma…”
 
Serro i pugni.
Il mio cuore batte all’impazzata.
La mia voce trema.
 
“Posso, anche solo per un giorno, dedicare alla persona che amo veramente, l’affetto che merita?”
 
La stessa persona che mi ha insegnato a vivere.
Che mi ha strappato dalle tenebre.
Che ora mi è vicino.
 
Avverto il suo tocco delicato, sulla mia spalla.
Mi spinge a guardarlo nuovamente.
 
Come posso nuovamente sostenere il tuo sguardo, adesso?
Con che coraggio, posso…
 
Mi sorride, come forse non aveva mai fatto prima d’ora.
Mi accarezza nuovamente la guancia.
 
“Sì…”
 
In quel momento, quel poco di logica rimasta in me, perde importanza.
Stringo a me il suo corpo, avventandomi sulle sue labbra, disperato.
 
Non opporti…
Non rifiutarmi…
 
Avvolge attorno al mio collo le sue braccia, ricambiando il gesto impulsivo.
 
Se solo questo momento potesse durare per sempre.
 
I raggi del tramonto invadono la stanza.
 
Se solo potessi essere sempre al tuo fianco.
 
Affondo le mie dita tra i suoi capelli.
 
Se solo potessi assaporare le tue labbra ogni giorno della mia vita, illuminato dalla tua luce, degno di osservare il tuo divino aspetto.
 
Mi discosto, riaprendo i miei occhi, sbalordito e incredulo su quanto sia appena avvenuto.
 
 
La stagione delle piogge è ormai giunta al termine.

 


 
N.A: i disegni sono realizzati da me. 
Account Ig: Geistyz.art!

Spero la storia vi sia piacituta, alla prossima!
   
 
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