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Autore: guiky80    17/05/2023    2 recensioni
Hinata e Kageyama, la loro veloce, il ritiro a Tokyo.
Se questi tre elementi funzionano, il Karasuno vince.
Ma se la veloce vacilla?
Se Hinata decidesse di allenarsi con qualcun altro?
Come reagirebbe il Re del Campo?
Genere: Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Kozune Kenma, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Un’altra!”

“Sei sicuro?”

“Certo!”

Kageyama si fermò nel centro del cortile. La voce che sentiva era quella di Hinata e proveniva dal retro della palestra tre, verso il bosco.

Era tardi e, di ritorno dal bagno, aveva notato l’assenza del compagno di squadra ed era uscito a cercarlo; quei rumori, per lui inconfondibili di palle contro il muro, lo avevano portato fin lì.

Tuttavia Hinata non era solo. L’altra voce era bassa e la riconobbe poco dopo mentre pronunciava quelle parole: “Shoyo non dovresti insistere, ce la farai, ma se ti massacri ora, domani sarai a pezzi.”

Shoyo… solo una persona lo chiamava così, a parte il libero del Karasuno, solo l’alzatore del Nekoma. Cercando di fare meno rumore possibile si affacciò all’angolo del muro e li vide: Hinata piegato sulle ginocchia sudato e col fiatone, l’alzatore col pallone tra le mani lo fissava. Fu lo schiacciatore a riprendere la parola: “te l’ho detto, se non divento più bravo non ce la farò e si metterà male!”

L’altro sospirò: “non capisco perché non l’hai chiesto a lui, ti avrebbe aiutato. E’ tuo amico e tuo compagno di squadra.”

Hinata alzò il viso e il sorriso che Kageyama scorse era strano, quasi rassegnato, molto diverso dai sorrisi calorosi che era abituato a vedere.

“Siamo compagni di squadra, ma non amici, quello no, è stato chiaro fin dall’inizio.”

“Oh andiamo, stiamo parlando di un sacco di mesi fa, non ci credo che Kageyama non ti consideri suo amico e non voglia aiutarti!” 

Il ragazzo dietro al muro si stupì: parlavano di lui? Hinata credeva che lui non lo avrebbe aiutato? Ma certo che lo avrebbe aiutato! Loro erano compagni di squadra! Lo pensò di getto e si bloccò: compagni di squadra… non amici? Che Hinata avesse ragione? Lui lo reputava un amico? 

Scuotendo la testa si allontanò verso il dormitorio, non lo sapeva, non riusciva a capire se considerava il numero dieci come un componente della squadra e basta. Non capiva nemmeno perché si stesse preoccupando di quello, il ritiro era fatto per migliorare le tecniche di gioco e potersi confrontare con altre squadre, non c'entrava nulla il loro rapporto personale.

Fuori portata d’orecchio, non sentì la frase finale di Hinata. “Non mi considera come amico, come credi possa pensare a me in altri termini?” 

L’alzatore rimasto scosse il capo: “questo non puoi saperlo, sono mesi che hai una cotta per lui e ancora non sei riuscito a capire se a lui piacciono i ragazzi o no. Cosa aspetti?”
 

 

Steso nel buio Kageyama chiuse gli occhi fingendo di dormire quando sentì Hinata stendersi accanto a lui, i futon quasi si toccavano, ma il centrale, che era sempre rumoroso, era stato particolarmente bravo a sgattaiolare via e tornare senza svegliare nessuno. 

Tobio restò con gli occhi chiusi, ma era ormai completamente sveglio: compagni di squadra… amici.

Aveva sempre considerato la squadra come qualcosa di diverso da tutto il resto, i ragazzi che giocavano con lui alle medie li considerava solo quello: ragazzi che giocavano con lui e basta, ma ora era diverso.

Pensò ai senpai, erano sicuramente amici tra di loro, si preoccupavano, si aiutavano sempre, il Capitano e Sugawara erano molto legati tra loro, li vedeva anche a scuola, li vedeva insieme, ridere e scherzare, anche l’asso era spesso nel loro gruppo, poi c’erano quelli del secondo anno: Tanaka e Nishinoya erano sempre insieme, fingevano di farsi guerra per le attenzioni della manager, ma finivano sempre col fare battute e darsi pacche sulle spalle. Persino Tsukishima e Yamaguchi erano amici, poi c’era lui: Hinata, quello che aveva legato con tutti per via del suo carattere allegro e solare. 

Pensò infine a se stesso, lui era l’alzatore prodigio, quello che aveva fregato il posto da titolare al senpai, quello che poteva far volare Hinata ancora più in alto, che poteva aiutarlo a sfruttare al meglio le veloci. Se così era, perché lui si era affidato all’alzatore di un’altra squadra?

Aprì gli occhi nel buio della stanza, si voltò verso sinistra e scorse appena il profilo dell’altro, russava leggermente, doveva essere stanco morto, eppure aveva continuato a schiacciare, ma senza di lui.

Quel ritiro era iniziato due giorni prima, era il solito a cui erano stati invitati, erano partiti galvanizzati all’idea di confrontarsi con altre squadre, tuttavia, avevano vinto solo una partita: forse Hinata si sentiva responsabile? Ma perché quell’alzatore lo aiutava? Alla fine erano avversari… eppure lui non abbandonava mai Hinata, nemmeno durante l’anno scolastico. 

Aveva visto le foto postate sui social quando si erano incontrati durante le pause scolastiche, le feste comandate o semplicemente in giorni di riposo dagli allenamenti e dire che abitavano lontani. Sapeva che si scambiavano delle mail, parlavano di pallavolo ovvio, ma una volta Hinata aveva raccontato anche qualcosa che con la squadra avversaria non centrava nulla.

Infine capì, l’illuminazione arrivò: erano amici. 

Hinata e quel tizio che lui tanto odiava, erano amici.

Storse la bocca, quei due erano troppo in confidenza e a lui la cosa proprio non andava giù! Era lui l’alzatore di Hinata, non quel tizio! Eppure il suo compagno di squadra non aveva voluto chiedergli aiuto.

Strinse i denti: no, non aveva amici in quella squadra.


Kageyama fissò Hinata a colazione, era il terzo giorno che il numero dieci del Karasuno si alzava stanco continuando a sbadigliare, il suo atteggiamento non sfuggì al Capitano che decise di vederci chiaro, già il giorno precedente Suga aveva detto a Daichi che doveva esserci qualcosa che non andava.

“Hinata, c’è qualche problema? Non riesci a dormire? Mi sembri stanco.”

L’altro sussultò: “no, tutto a posto Capitano, davvero. In effetti dormo un po’ male, sarà il cambio di futon.”

Sghignazzando imbarazzato, il più piccolo cercò di deviare il discorso, chiedendo contro chi avrebbero avuto la prima amichevole quel giorno.

Kageyama continuò a sbirciare verso Hinata: doveva dirgli di smetterla di alzarsi in piena notte? Che lo avrebbe aiutato? Ma così facendo si sarebbe tradito e il ragazzo avrebbe capito che l’aveva visto. Sbuffò sonoramente attirandosi l’occhiataccia di Tsukishima, mentre gli restituiva lo sguardo per farlo desistere, notò Kenma passare poco lontano e sentì il rumore provocato dalla sedia di Hinata lanciata indietro per alzarsi e correre dall’amico. 

“Shoyo, tutto bene?”
“Sì certo, grazie.”

Sorridendo i due lasciarono la sala colazioni, dove rimase l’alzatore del Karasuno a fissare la porta da cui erano usciti, a ripensare ai sorrisi e allo scatto fatto da Hinata, nonostante due secondi prima sembrasse sul punto di crollare dal sonno sul tavolo. Decisamente il loro rapporto era troppo stretto e a lui dava sui nervi.

Storse la bocca in una smorfia che si attirò una nuova occhiata da Tsukishima. Era già qualche giorno che il entrale teneva d’occhio il duo bislacco, aveva notato che Hinata sembrava stanco e Kageyama irritato, non vi aveva dato peso all’inizio, ma quando la ‘veloce’ aveva cominciato a fare cilecca più di una volta in partita, aveva deciso di controllarli meglio. 

Ogni volta che il numero dieci si allontanava o solo parlava con l’alzatore del Nekoma, Kageyama diventava più ingestibile del solito. Il numero undici aveva alzato un sopracciglio, forse cominciava a capire come stavano le cose. 


Poco dopo, durante il riscaldamento in palestra, Kageyama alzò diverse palle per Hinata, ma il ragazzo ne mandò a segno meno della metà. Il Capitano decise di tornare alla carica: “Hinata, sei sicuro di star bene? Mi sembri lento oggi.”

“Scusa, ho dormito male, te l’ho detto.” 

Il giocatore si inchinò davanti al più grande che si accarezzò il mento con fare meditabondo, prima di lanciare un’occhiata al loro alzatore titolare che stranamente non si era arrabbiato. Tsukishima seguì la scena e colse lo sguardo di fuoco che Kageyama lanciò a Kenma che si era avvicinato a Hinata per consolarlo, solo pochi istanti, poi era tornato alla sua squadra, ma fu sufficiente e far inalberare il numero nove del Karasuno. 

“Hinata, muovi il culo e cerca di prendere qualche palla!”

Mentre lo schiacciatore, borbottando, si apprestava al suo turno di battuta, Tsukishima ultimò il proprio e passando accanto a Tobio sussurrò: “devo ancora capire se ti dà più noia che ti portino via lo schiacciatore o il ragazzo.”

L’altro drizzò la schiena di colpo: “tzé, non so di che parli.”

“Oh andiamo sì che lo sai… non vuoi perdere il numero dieci che schiaccia le veloci, o non vuoi perdere Hinata?”
“È la stessa cosa.”

“Non direi.”

Tsukishima tornò verso il fondo del campo nel momento in cui la voce di Hinata richiamò il setter per dire che era pronto. Kageyama alzò il viso inquadrandolo già in posizione e prese un profondo respiro, si concentrò e alzò.

Hinata schiacciò e fu la migliore della giornata e forse dell’ultimo periodo. 

La rabbia di Kageyama per le parole di Tsukishima e la frustrazione per i mancati punti di Hinata si fusero in maniera perfetta e mentre tutti esultavano, Kageyama potè vedere di nuovo il sorriso del piccoletto che si posò su di lui solo un attimo, prima che dall’altro lato della palestra un altro alzatore si congratulasse attirandosi un sorriso ancora più ampio.

Kageyama digrignò i denti. 

 

‘Non vuoi perdere il numero dieci o Hinata?’ 

 

Che cazzo di domanda! Hinata era il numero dieci!

Ma nel profondo lui sapeva quale fosse la vera natura della domanda di Tsukishima.


L’ultimo set di quel giorno fu combattuto fino alla fine, ma gli altri ottennero i punti necessari alla vittoria. Ukai fece un breve discorso ai ragazzi visto il buon lavoro fatto, nonostante la sconfitta.

Subito dopo cena Hinata e Kenma sparirono nella saletta del piano terra, il coprifuoco sarebbe stato un’ora dopo e Kageyama non sapeva che fare. Tsukishima e Yamaguchi lo guardavano da lontano. 

“Tsukki, lascialo perdere.”

“E perché? Mi diverto, e poi è un idiota, va svegliato!”

Camminando con la solita lentezza si avvicinò all’ignaro alzatore che stava guardando fuori dalla finestra. 

“E allora Kageyama, hai risposto alla mia domanda di oggi?”
Sussultando l’altro si voltò di scatto. “Non era una domanda sensata, perché dovrei rispondere?”
Inclinando il capo Tsukishima lo fissò: “Andiamo, ti facevo più intelligente.”

“Fatti i cazzi tuoi!”

“Sono cazzi miei se due idioti non riescono a comunicare e poi ne risentono anche in campo, odio perdere.”

“Anch’io!”

“E allora risolvi la cosa tu che puoi!”

Si allontanò tallonato dall’amico, lasciando Kageyama a borbottare da solo, senza pensarci si avviò alla saletta dentro cui era sparito Hinata. Cercò di origliare e alla fine entrò, la scena che vide lo lasciò basito: Hinata e Kenma era seduti vicini, molto vicini, con le teste appoggiate una all’altra, lui li vedeva di spalle, ma era ovvio che Kenma stesse sussurrando qualcosa al piccoletto. Rimase ipnotizzato a seguire il movimento dell’alzatore che lentamente si voltava lasciando un bacio sulla testa dell’altro, prima di alzarsi stiracchiandosi. 

Hinata non si mosse, Kageyama si allontanò di gran carriera, ormai era chiaro: quei due avevano una relazione. 

Strinse i pugni e digrignò i denti, mentre guadagnava l’uscita e iniziava a correre, doveva sfogarsi doveva sentire il vento in faccia, doveva picchiare Hinata e fargli tanto male!


Più tardi, arrivato in camera, Kageyama notò il futon accanto al suo vuoto, respirò pesantemente mentre qualcuno sghignazzava alle sue spalle, chiuse gli occhi sperando ardentemente che non fosse lui, invece…

“Ma guarda un po’ pare che qualcuno non sia ancora arrivato. Ma tu continua pure a dire che non ti interessa, mi raccomando. O meglio, continua pure a credere che ti manchi solo il tuo schiacciatore.”

Con il solito passo lento Kei raggiunse il suo giaciglio posto accanto a quello vuoto del numero dieci. Era stato il Capitano a disporre i posti letto in ordine di numero di maglia, scatenando le ire proprio del numero undici che non voleva dormire accanto al rumoroso Hinata.

Tobio fissò per un istante il suo futon, poi decise di tornare verso i bagni, non avrebbe retto le occhiate degli altri due del primo anno.

Fu prima di svoltare un angolo che sentì la voce alterata del Capitano del Nekoma.

“Kenma devi smetterla, non dar sempre retta al pel di carota! Non sei abituato ai suoi ritmi di allenamento, finirai per risentirne in partita!”

Come sempre la voce dell’altro era bassa e cadenzata.

“Non ti preoccupare Kuroo, sto bene, Shoyo ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare e sfogarsi.”

Sporgendosi un po’ dal muro, Kageyama vide il numero uno del Nekoma incrociare le braccia al petto, mentre l’altro ragazzo restava addossato al muro con lo sguardo basso.

“Ho capito, so che siete amici, ma lui è pieno di amici, perché non parla con quell’alzatore prodigio, quel tizio tenebroso?”
Il sorrisetto di Kozume non era rassicurante.

“Perché appunto è tenebroso, e poco incline ad ascoltare e soprattutto… è lui il problema di Shoyo.”

Kageyama sussultò: lui era il problema di Hinata? Ma come era possibile?

“Davvero? Il problema è lui? E come mai?”

Kuroo si piegò leggermente verso l’amico, poi alzò le sopracciglia in due archetti perfetti. “Non mi dire! Oh ma no! Vuoi dire che il piccoletto…”

“Sì, ma non lo sa nessuno, Kuroo.”

Alzando le mani a mo’ di difesa il Capitano avversario sorrise. 

“Non temere da me non sapranno niente. In ogni caso, se devi aiutare il tuo amico, fallo senza allenamento extra o crollerai, e crollerai solo tu, quello ha le pile sempre cariche!”

Ridacchiando si allontanò, mentre Kenma sospirava scuotendo la testa.

Tobio tornò verso la stanza con la testa piena di domande, e proprio non vide il corpo contro cui sbatté e che venne sbalzato indietro nell’impatto. D’istinto lo prese per un polso e lo tenne in piedi, solo in un secondo momento notò che era proprio l’oggetto dei suoi pensieri.

“Hi-Hinata.”

“Kageyama, cosa fai ancora in giro?”
“Io… no aspetta e tu cosa fai in giro?”

Rifuggendo il suo sguardo Hinata bofonchiò: “Andavo al bagno, poi a letto.”

Annuendo Tobio lo lasciò andare superandolo.

Avrebbe voluto approfondire, avrebbe voluto riempirlo di domande, ma non fece nulla di tutto ciò. Si limitò a raggiungere il suo posto e stendersi, chiuse gli occhi, nonostante le risate sguaiate di Tanaka e Nishinoya poco lontano, nonostante lo sguardo insistente di Tsukishima, nonostante tutto: restò a occhi chiusi, smise quasi di respirare quando sentì il libero salutare Hinata appena entrato in camera. Quindi davvero l’alzatore del Nekoma non aveva voluto partecipare a nessun allenamento extra, o forse semplicemente si sarebbero visti quando tutti dormivano come avevano già fatto nelle sere precedenti.

Sentì il numero dieci rispondere a una battuta di Tanaka e poi stendersi con la sua solita leggiadria.

Quando tutto divenne buio, Kageyama aprì gli occhi, fissò il soffitto, poi si voltò verso sinistra, notò un movimento strano e realizzò: Hinata si stava alzando. 

Avrebbe atteso qualche istante prima di seguirlo, così da non farsi vedere, i suoi piani vennero anticipati dal movimento repentino del futon di Tsukishima.

Lo vide alzarsi e seguire il numero dieci, Tobio si morse il labbro prima di decidere di seguirli a sua volta. Li trovò in corridoio poco lontano, il numero undici aveva raggiunto l’altro placcandolo al muro.

L’immagine di Tsukishima, che chiudeva col suo metro e novanta Hinata al muro sovrastandolo di quasi trenta centimetri, poteva risultare comica, se non fosse stato per le parole.

“Dove cazzo stai andando? Dal tuo nuovo amichetto-alzatore?”
Hinata ripresosi dalla sorpresa aveva indurito lo sguardo: “che diavolo vuoi?”
“Senti, chiariamo un paio di concetti: tu puoi fare quel che vuoi per quello che mi interessa, ma il tuo comportamento esaspera quell’idiota di Kageyama, e io sono stanco di perdere perché la vostra veloce non funziona. Cosa muro a fare io, se poi tu non segni? Chiarisci la situazione con il tuo alzatore!”

Sentir definire Kageyama suo aveva fatto sussultare Hinata che strinse le labbra.

“Non ho niente da chiarire, io non ho fatto nulla a Kageyama, il fatto che mi veda con Kenma per un allenamento extra non c'entra nulla con lui.”

Tsukishima si raddrizzò sbuffando. 

“Andiamo! Lo sanno tutti che Kageyama è fissato come te con la pallavolo, se gli chiedessi gli straordinari non ti direbbe mai di no! Mentre mi risulta che ‘testa di budino’ non sia felice di fare gli extra.”

“E’ un amico lo fa per me… ha detto che non gli pesa e non chiamarlo così!”

“Te lo chiedo direttamente: ti piace l’alzatore del Nekoma?”

Kageyama si fece attento trattenendo quasi il fiato, senza chiedersi perché, mentre Hinata fissava chi gli stava davanti come se fosse pazzo. 

“Cosa dici? Io e Kenma siamo amici!”

“E basta?”

“E basta!”

Il numero undici sembrò finalmente convinto. 

“Bene, ma ora torna a letto, è troppo tardi e domani sarai rintronato come oggi se non dormi abbastanza e non ho voglia di assistere ad altre scene pietose durante gli allenamenti e le partite. Muovi il culo!”

“Ma Kenma mi sta aspettando!”

“Se non ti vedrà arrivare se ne andrà, figurati!”

Mentre Tsukishima trascinava Hinata in camera, Kageyama decise di andare a cercare l’altro alzatore.


Lo trovò dietro al muro dove sempre si vedevano, quando il setter del secondo anno sentì i passi avvicinarsi si voltò sorridendo, ma subito si fece serio.

“Kageyama, come mai qui?”
“Sono venuto a dirti che Hinata non verrà stasera e nemmeno domani.”

L’altro lo fissò un attimo prima di inclinare la testa. “E come mai?”

“Perché negli ultimi giorni era rincoglionito e così non ci serve in squadra e poi anche a te non va di fare gli straordinari, no?”

“Lo faccio volentieri per gli amici.”

“Amici? Solo amici?”
Kenma sorrise lentamente.

“Quindi è questo il problema? Ti dà fastidio che abbia scelto di allenarsi con me?”
Kageyama alzò il mento con fare risaputo. “Ovvio, sono io il suo alzatore!”

“E sei solo questo?”
Tobio strinse gli occhi a fessura. “Che vorresti dire?”
“Per te Shoyo è il centrale del Karasuno? Un compagno di squadra?”
“Esatto!”

“Non un amico… sicuro?”
Kageyama respirò forte. “Non sono affari tuoi!”

“Vero, ma vedi il problema è che secondo lui tu non lo consideri un amico e se non lo consideri amico figurati se puoi considerarlo altro.”

Il numero nove sbatté gli occhi confuso.

“Altro… che vuoi dire?”
“Pensaci, scommetto che ci arrivi se ci pensi attentamente.”

Alzando una mano in segno di saluto Kozume si allontanò. 

Tobio restò a fissarsi le scarpe per qualche minuto prima di tornare verso la camerata. 

Le parole di Kenma si confusero con quelle di Tsukishima.

 

‘Hai paura di perdere lo schiacciatore o Hinata?’ 

‘Shoyo è solo il centrale del Karasuno?’

 

Grattandosi la nuca arrivò a destinazione e proprio appena fuori dalla porta notò Hinata.

Si fissarono pochi istanti, fu l’alzatore a prendere in mano la situazione, afferrò per un polso il compagno di squadra e lo trascinò in bagno. L’altro non oppose resistenza, né disse una parola.

Appena la porta fu chiusa, Kageyama lo fissò. 

“Mi spieghi che diavolo succede? Sei distratto, non dormi e ti alleni con un altro alzatore!”

Hinata sussultò: “te l’ha detto Tsukishima?”
“Ti ho visto!”

“Oh…”

Tobio sospirò cercando di mettere a tacere tutte quelle parole che, prepotentemente, iniziarono a ronzargli in testa. Voci che appartenevano ad altre persone. 

“Perché non hai chiesto a me le alzate extra?”

“Credevo fossi stanco.”

Hinata lo disse fissando il pavimento.

Il sopracciglio di Kageyama scattò verso l’alto.

“Non dire cazzate! Ci sono sempre stato per gli allenamenti, lo sai! Dì piuttosto che preferivi il tuo amichetto a me!”

“No!” Hinata sollevò la testa di colpo.

“Kenma è bravo, ma non è… non è come con te, non sento la stessa adrenalina, non ho la certezza assoluta che la palla arriverà.”

Kageyama si sentì quasi sollevato, stupidamente felice di essere considerato migliore dell’altro.

“E allora perché non hai chiesto a me?”

Deglutendo vistosamente Hinata si morse il labbro inferiore.

“Volevo migliorare, volevo farti vedere che potevo farcela da solo, volevo… che tu fossi orgoglioso di me.”

L’alzatore sgranò gli occhi.

“Orgoglioso di te? Ma cosa dici? Sei migliorato tantissimo da quando sei al Karasuno. Certo fai ancora schifo a ricevere e servire, ma i tuoi punti sono i più spettacolari della squadra e quando alzo a te… anch’io sento l’adrenalina nelle vene che viene pompata a mille, so che tu arriverai, ovunque io alzerò, so che tu ci sarai, sempre.”

Senza rendersene conto, lo prese per le spalle avvicinandosi a lui, tanto, forse troppo, considerato che lo vide arrossire. Quando fece per lasciarlo andare, Hinata lo trattenne chiudendo la sua t-shirt nel pugno.

Poggiò la fronte al suo petto e inspirò a fondo. Kageyama lo fissò senza capire, ma qualcosa si smosse dentro di lui, tanto che le mani andarono a chiudersi intorno alla sua schiena abbracciandolo, quasi senza rendesene conto.

Restarono stretti a occhi chiusi, fermi, nessuno dei due voleva rompere l’idillio.

Fu il sospiro di Hinata a riportarli alla realtà, Kageyama allargò le braccia di colpo, mentre l’altro sollevava il viso, uno sguardo deciso negli occhi, lo stesso che aveva prima di schiacciare, lo stesso che gli vedeva quando la veloce era in minus tempo.

Stavolta però non c’era una palla da raggiungere, non c’era un muro da evitare, c’erano le labbra di Kageyama da catturare e Hinata lo fece. 

Poggiò le sue su quelle del setter che restò di sasso, i baci a stampo furono uno, due, tre, finché Kageyama lo abbracciò di nuovo e fu sua la lingua che cercò quella del numero dieci.

Le mani di Hinata corsero a chiudersi intorno alla schiena del suo alzatore e strinse forte per non farlo scappare. 

Solo quando si ritrovarono fronte contro fronte, Kageyama sussurrò: “che significa?”

“Che volevo migliorare per te, che volevo tu fossi orgoglioso perché mi piaci, volevo essere al meglio per te.”

Kageyama sbuffò un sorriso: “quanto sei scemo! Voglio essere io a farti migliorare, voglio essere l’unico alzatore per te in campo e fuori.”

Hinata lo guardò negli occhi. 

“Davvero?”

“Non ci avevo mai pensato, ma vederti con quel tizio… mi ha fatto incazzare.”

“Kenma è un amico. Ma tu…”

“Io?”

Shoyo sospirò: “mi piaci, come non mi era mai piaciuto nessuno prima.”

Tobio annuì: “possiamo vedere che succede… potremmo… uscire insieme.”

“Potremmo.”

Sorrisero tornando a far incontrare le loro labbra.

Tornati a letto e stesi nei rispettivi futon, la mano di Kageyama fu veloce e furtiva a raggiungere quella di Hinata che subito intrecciò le dita alle sue.

 

Tsukishima fu il primo a svegliarsi, si stiracchiò alzandosi in piedi, il bagno non poteva attendere ancora molto. Lanciò un’occhiata al modo scomposto di dormire di Yamaguchi, poi si voltò e sgranò gli occhi: la notte aveva portato consiglio?

Kageyama dormiva al limite del suo futon, stessa cosa aveva fatto Hinata, le fronti erano vicine, sorridevano entrambi, ma le coperte scivolate un po’ troppo in basso rivelavano quelle mani intrecciate. Si guardò attorno e immaginò i commenti dei senpai se li avessero beccati così. Scosse la testa e decise, per una volta, di essere gentile con i compagni del primo anno con cui avrebbe dovuto condividere la vita ancora per molto tempo, in squadra almeno.

Lentamente sollevò la coperta e nascose le mani dei due, uscì e raggiunse il bagno, un sorrisetto si disegnò sulle sue labbra: quel giorno avrebbero vinto.

 
   
 
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