CAPITOLO
II
THE
WORLD STOPPED TURNING
Oceanside,
sabato 8 luglio
2006
Melissa
chiuse la porta d’ingresso del cottage con la punta del
piede. Le chiavi di
casa che ondeggiavano pericolosamente nell’anello del
portachiavi inserito
sulla punta del mignolo, quelle dell’auto inserite malamente
nella tasca
posteriore dei pantaloncini di jeans, il plico della posta sottoascella
e la
scatola con la colazione in mano, sbuffò appena. Raggiunse
il mobile dell’ingresso
senza fare disastri, per miracolo. Appoggiò le chiavi e la
posta. Sì, aveva
esagerato. Specialmente considerato che non le importava un fico secco
di
mangiare di solito.
“Ehi,
scusami, c’era più fila di quanto pensassi e
… Sono passata alla tua cassetta
postale.” Alzò lo sguardo da quello che stava
facendo per fissarlo sul suo
interlocutore che la scrutava torvo, appoggiato ad una delle sedie di
acciaio
che circondavano il tavolo di cristallo del salotto. Nella luce della
tarda
mattinata estiva, i capelli bagnati, i piedi nudi e la camicia di lino
ancora
aperta addosso, Nick Malone continuò a guardarla, seccato.
“Ciao.”
Melissa
si morse il labbro. Non esattamente il risultato in cui aveva sperato,
specie
dopo aver svaligiato una pasticceria perché qualcuno era
goloso.
“Avrei
dovuto fare prima, volevo farti una sorpresa...”
Continuò.
Nick
annuì ed incrociò le braccia, spostando il peso
da una gamba all’altra. Se non
fosse stato alto quasi due metri avrebbe pensato di avere a che fare
con un
bambino petulante.
“Non
sono arrabbiato…” Sospirò lui.
“Solo …” Strano,
perché sembrava tutto il
contrario.
“Solo?”
Melissa lo incoraggiò a continuare, portando la scatola dei
dolci verso il
salotto. Nick si spostò un po’ troppo in fretta. Ok,
l’aveva
inconsapevolmente fatta grossa. Appoggiò la
scatola sul tavolo e gli toccò
il gomito. La guardò e il suo sguardo si fece un tantino
meno torvo. “Niente.
Odio svegliarmi, non trovarti e non sapere dove sei.”
Le
labbra di Melissa formarono una piccola “o” di
sorpresa. Come diavolo aveva
fatto a non pensarci …
“Scusami
…” Si guardò le punte delle scarpe da
tennis, cercando di non arrossire.
“Dovevo andare e venire. Avrei dovuto lasciare un
biglietto.”
Le
dita di Nick le alzarono il mento, finché non lo
fissò. La prese per la vita e
se la tirò vicino. “Ehi … Davvero, non
importa.”
“Non
è vero …” Rispose Melissa. Le parole le
morirono sulle labbra, mentre lo
fissava così da vicino. Con la luce alle spalle e
quell’espressione di passione
velata di tristezza negli occhi blu avrebbe tolto la parola a donne
molto più
forti di lei.
“E,
poi, odio anche i biglietti.” Aggiunse serio, prima di
sbuffare all’assurdità
della cosa. Il suo sguardo si fece interrogativo “Cosa
c’è?” Le chiese.
Melissa
cercò di non sorridere.
“Niente…”
Lui
le gettò un’occhiata scettica. Lei
appoggiò la testa sul suo petto e sospirò
inalando il suo odore. Avrebbe potuto rimanere così per ore,
ma si sarebbe
persa la scena seguente.
Con
la voce così bassa che non l’avrebbe sentita se
non fosse stato letteralmente
ad un soffio da lei, rispose. “Te lo dico, se non ridi di
me.”
Nick
mormorò il suo assenso, senza lasciarla andare. Le sue
lunghe dita le
disegnavano complessi arabeschi sulla schiena.
Si
bagnò appena le labbra e confessò. “Sei
sexy da mozzare il fiato, stamattina.”
Nick
gettò gli occhi al cielo, ma le sue labbra sorrisero mentre
le stampava un
bacio tra i capelli “E tu sei un’adorabile
bugiarda”. Al solito, incapace di
prendere un complimento per quello che era. Le diede una
leggera pacca sul
sedere.
“Vediamo
di fare colazione, prima che ci ripensi e decida di mettere alla prova
le tue
parole.” Nonostante il caldo non sarebbe poi stato
così male.
**
*
**
“Cannella
o cioccolato?” Domandò, mentre Nick versava il
caffè.
Alzando
lo sguardo dalla tazza, lui le lanciò un sogghigno.
“Cannella, ma se dovessi
lasciarmi un pezzetto di quella al cioccolato non mi
lamenterei.”
Incorreggibile.
Fortuna che è il figlio di un dentista!
Melissa
cercò di non ridere, mentre continuava a sbucciare
un’arancia. “Ed io che
pensavo di indurti a mangiare un po’ di frutta.”
Nick
appoggiò la tazza accanto a lei, inzuppò
compiaciuto il rotolino alla cannella
nella sua e ne addentò compiaciuto un boccone generoso.
Deglutì. Fece un
piccolo gemito di approvazione in fondo alla gola. “No,
grazie. Non con questo
ben di Dio.”
Come
aveva fatto a pensare di poter rinunciare a questo? A lui?
Melissa
cercò di riprendere il filo dei suoi pensieri, prima che
Nick si accorgesse di
nuovo che lo stava guardando con occhi da triglia.
S’infilò in bocca uno
spicchio d’arancia per prendere tempo. Che diavolo le
prendeva quella mattina? Ah,
già! Si alzò ed andò verso
il mobile dell’ingresso a recuperare le buste.
“Quasi
dimenticavo! C’erano queste nella tua casella
postale.” Spiegò appoggiando una
bolletta ed una grossa busta di carta marrone sul tavolo.
“Hai idea di perché
J.T. ti spedisca qualcosa per posta?” Di solito le
comunicazioni tra loro erano
elettroniche.
Con
le dita ancora appiccicose di zucchero, Nick scostò la
bolletta ed osservò l’indirizzo
sullaltra busta.
“Non
è la sua scrittura, però. J.T. ha certe zampe di
gallina, lui stampa le
etichette se deve scrivere un indirizzo che io sappia. Avrei giurato
che la calligrafia
fosse di…” Continuò pensieroso. Melissa
gli porse un coltello pulito.
“Qualcuno
avrà scritto l’indirizzo per lui.”
Osservò la ragazza, sedendosi e riprendendo a
fare colazione.
Nick
cominciò ad aprire la busta. “Sì,
sì. Somiglia un casino alla calligrafia di … Che
strano.” Addentò un altro pezzetto di dolcetto,
facendo scivolare il contenuto
della busta che aveva aperto sul tavolo.
Un
biglietto scritto a p.c. oscurava due pass d’ingresso e un
catalogo di
fotografia.
Incapace
di trattenersi, Melissa fece scivolare verso di sé uno degli
ingressi.
“È
per una mostra… A San Diego. Tra dieci giorni.”
Mormorò.
Nick
bevve un sorso di caffè, continuando a leggere il biglietto
ed annuì. “Sì, dice
che verrà di persona ad inaugurarla.”
Melissa
si grattò la punta del naso. “Oh, che bella
notizia. Sembra una personale,
Nick. Non pensavo che J.T. potesse esporre... Le sue foto di solito
sono delle
riviste che lo assumono.” Alzò lo sguardo dal pass
e si accorse che Nick non la
stava, esattamente, ascoltando ed aveva smesso di mangiare.
Lo
osservò
incuriosita. Stava sfogliando il catalogo e pareva molto concentrato.
“Vieni
un attimo qui, Mel.”
Melissa
s’alzò e lo raggiunse dall’altro capo
del tavolo.
“Che
ne pensi?”
Melissa
osservò le foto del catalogo. Si strinse nelle spalle. Erano
foto di J.T.
Entrambi sapevano che la sua specialità erano donne poco
vestite o nude. Le
foto di J.T. erano state utilizzate da Maxim, Sport Illustrated e
Penthouse.
Anzi,
a dire il vero, stavolta i nudi erano sorprendentemente delicati.
Più artistici.
In bianco e nero, con tocchi di colore qua e là. I visi
delle modelle per lo
più nascosti dall’angolo, dalla luce o dallo zoom
della fotografia.
“Per
l’amor del cielo…” Sussurrò
Nick, accanto a lei. Riprese la busta e osservò di
nuovo l’indirizzo.
Melissa
lo guardò perplessa. “Cosa?”
Nick
appoggiò la busta sul tavolo e continuò a
sfogliare il catalogo, finché non
arrivò ad una foto in particolare. Era un primo piano. La
luce alle spalle
della modella ed i suoi capelli ne oscuravano pressoché
completamente il viso,
nell’atto di voltarsi verso il fotografo. Tutto quello che si
poteva vedere era
la pelle diafana della schiena della modella, i capelli gettati su una
spalla,
una mano maschile appoggiata sull’altra, come per richiamarne
l’attenzione e
chiederle di girarsi. Tutto era in bianco e nero, salvo i capelli della
donna
che erano una cascata di fuoco. Era una delle foto più
innocenti che Melissa
avesse mai visto scattare a J.T. eppure era meravigliosamente bella,
sensuale.
“Wow.”
Sospirò Melissa. “Non pensavo… Sono
bellissime.”
Nick
la fece sedere sulle sue ginocchia e continuò a sfogliare.
“Già. Non mi
sbagliavo, sai.” Mormorò. Non si
sbagliava su cosa? Non le aveva ancora
risposto. Melissa continuò ad osservare le foto
susseguirsi, finché giunto
alla fine del catalogo, Nick tornò alla foto della donna dai
capelli rossi.
Nick
prese un sorso di caffè, poi, si abbassò verso il
suo orecchio e con un certo
giubilo nella voce. “Guarda bene, amore. Chi conosciamo con i
capelli così
rossi?”
Melissa
rise. Non poteva essere! Sarebbe stato più
plausibile che J.T. avesse
fotografato lo yeti. Doveva
aver
trovato una modella con i capelli rossi come Kay. Si girò a
guardare negli
occhi Nick pensando di vedere che la stava prendendo in giro, ma era
serio.
“Come...?”
Cominciò a chiedere, poi, si ricordò che, per
quanto preferisse non pensarci
troppo, Nick sapeva esattamente come fosse fatta Kay nuda.
“Ce
ne sono almeno altre cinque… Non ho idea di come
l’abbia convinta, ma è
sicuramente Kay.”
“Sei
sicuro?”
Nick
annuì. Melissa rubò la sua tazza di
caffè e ne bevve un sorso, anziché recuperare
la sua dall’altro capo del tavolo. Improvvisamente, non aveva
parole.
“Anche
l’indirizzo… È la calligrafia di
Kay.” Le spiegò Nick, continuando ad osservare
la foto, pensieroso. Poi, sorrise a quarantadue denti.
“Fottuto figlio di …”
Sussurrò giubilante.
“Nick!”
Lo interruppe Melissa.
“Non
guardare lei. Guarda la mano, Mel.” La donna prese il
catalogo tra le mani per
guardarlo meglio.
“L’anello!”
Mormorò lei, incredula. “Nick! È
l’anello di J.T!”
Nick
rise di gusto, vedendola arrivare infine alla sua stessa conclusione.
“Lo so, tesoro,
lo so. Era terribilmente compiaciuto l’ultima volta che
l’ho sentito al
telefono!”
“Tu
pensi che…” Melissa si interruppe, quasi non
volesse dirlo per timore di
rovinare la cosa.
“Io
penso che il mio ex coinquilino ha un modo tutto
suo di annunciare le
cose!”
“Oh,
Nick… Sarebbe così bello se non fosse solo una
collaborazione, se ci fosse
qualcosa di più.”
Nick
annuì vigorosamente e s’allungò sul
tavolo per afferrare la brioche al
cioccolato. “Anch’io. Quella foto è una
dichiarazione d’amore a tutti gli
effetti, se ne ho mai vista una. Mi servono altri zuccheri per
compensare.” Ne
addentò un pezzetto e la porse a Melissa.
“Non
ci resta che aspettare un decina di giorni per saperlo!”
Mormorò lei, prendendo
la mano di Nick nella sua.
**
*
**
New
York, 25 aprile 2006
Kay
osservò nuovamente la busta di manila appoggiata sulla sua
scrivania. J.T.
gliel’aveva consegnata la mattina ed era tutto il giorno che
cercava di farsi
coraggio ed aprirla. Era stupido. In fondo era stata una sua scelta.
Eppure.
Talvolta fare le cose era meno spaventoso di rivederle a mente fredda.
Di
cosa aveva paura?
Non ne aveva esattamente idea.
Se
era riuscita a sopravvivere a spogliarsi in uno studio
fotografico… Garantito
J.T. aveva buttato fuori quasi tutti, senza troppe buone maniere. Era
rimasta solo
la ragazza che s’era occupata di truccarla e pettinarla e,
dopo un quarto
d’ora, Kay s’era dimenticata, quasi, anche di lei.
Come avrebbe potuto fare
altrimenti? J.T. la guardava come se avesse davanti una delle sette
meraviglie
del mondo ed era in piena sessione creativa. Incredibile a dirsi, ma
avrebbe
detto che fosse persino … Affascinante in quel momento.
Cercò
di non perdersi troppo nei suoi pensieri.
Prese
il bicchiere di vino che si era versata. Coraggio liquido.
Calzante, in un
certo senso. Anche se, a dirla tutta, non aveva accettato
perché aveva bevuto.
Aveva accettato perché quell’animale di Alan Davis
l’aveva fatta sentire senza
un minimo di valore e … Non sapeva perché o non
voleva ammetterlo.
Sospirò
ed aprì la busta, facendo scivolare fuori le sue trenta
fotografie che J.T.
aveva stampato perché lei scegliesse quali preferiva per la
mostra.
Le
allargò sulla scrivania e prese un lungo sospirò.
Ingoiò il vuoto. Le gambe le
tremarono un po’ e dovette sedersi. Le aveva stampate in
bianco e nero, ma
ognuna aveva un particolare o due a colori. Un
groppo le si formò in gola. Erano
fantastiche. Le sfogliò, cercando di rimanere distaccata.
Non era umanamente
possibile. Afferrò il cellulare. J.T. rispose al secondo
squillo.
“Ehi
…Le hai viste? Ti piacciono?” Chiese lui
dall’altro capo, ancora prima di
sentire la sua voce. Probabilmente attendeva quella telefonata da tutto
il
giorno. Kay cercò inutilmente di schiarirsi la gola.
“Sì.”
Rispose, infine, con voce un po’ strozzata. “Sono
stupende. Io … Sembro
stupenda.”
Sentì
il sorriso nel tono di J.T. mentre le rispondeva.
“Tu
sei, sempre, stupenda, Kay!”
Non
era vero, ma … In quelle fotografie sembrava lo fosse!
Stettero
un attimo in silenzio, ascoltando il respiro l’uno
dell’altra nel telefono.
“Allora,
me le farai pubblicare?” Domandò lui.
Kay
sfilò una foto in particolare. Era l’ultima che
J.T. le aveva fatto. Era già
voltata per andarsi a vestire e lui le aveva posato una mano sulla
spalla e
l’aveva scattata mentre si voltava verso di lui. Avrebbe
dovuto vedersi il suo
viso, ma il gioco delle ombre ed i suoi capelli oscuravano i
lineamenti. La
mise in cima alle altre. Era l’unica in cui appariva anche
J.T.
“Promesso!”
Rispose, osservando quell’immagine. J.T.
l’aveva detto che avrebbero fatto
un capolavoro insieme. Perché non gli aveva creduto?
“Ti
voglio bene, Kay. Buonanotte” Lo sentì dire
dall’altro capo del telefono. Lo
conosceva troppo bene per non rendersi conto che stava facendo di tutto
per non
dire cose di cui si sarebbe pentito.
“Buonanotte
J.T.” Lo salutò, prima di fare anche lei qualcosa
di imperdonabile, tipo
commuoversi al telefono.