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Autore: Flofly    01/06/2023    3 recensioni
Lei purosangue Serpeverde. Lui NatoBabbano Tassorosso. Due destini che non si sarebbero mai dovuti incrociare. Ma il fato ha uno strano senso dell'umorismo, specialmente se di mezzo ci sono Passaporte non funzionanti, canzoni stonate e il profumo di un'estate scozzese del 1969.
Storia partecipante alla challenge “Tanti piccoli semi per far fiorire nuove storie” indetto sul gruppo L’Angolo di Madama Rosmerta.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Storia partecipante alla challenge “Tanti piccoli semi per far fiorire nuove storie” indetto sul gruppo L’Angolo di Madama Rosmerta.  
 

***

 

Black House, Scozia Settentrionale, Estate 1969

 

Quando aveva accettato di passare una parte delle vacanze estive insieme alle sue sorelle nella Residenza di famiglia in Scozia, Andromeda Black non era stata lì a rifletterci più di tanto. In fondo, l’idea di evitare ogni possibile, anche se remoto, contatto con i suoi genitori, poteva già considerarsi un motivo più che valido per non fare troppe storie. C’era poi stata una considerazione più pratica: era indubbiamente più vicina ad Hogwarts, e raggiungibile più facilmente con la Passaporta sulla mappa che, casualmente, Silente le aveva fatto scivolare in borsa. Come diavolo avesse fatto a saperlo prima di lei rimaneva un mistero, ma ora apprezzava davvero che le sarebbe bastata una scusa per allontanarsi un paio di giorni a settimana per le sue lezioni private, e tornare dalle sorelle in tempo per il tè delle cinque. O per il whisky delle cinque, secondo la più prosaica definizione di Bellatrix, che aveva minacciato Narcissa di cospargere il viale d’entrata con i suoi vestiti e scarpe ridotte a brandelli, se avesse continuato ad intestardirsi su certe formalità. Al che la minore aveva replicato che avrebbe fatto un grande falò di tutti i libri di Arti Oscure di Bellatrix, e, tanto per essere sicuri, ci avrebbe messo anche una certa fotografia che una certa strega tiene nascosta nel suo baule e che la ritrae con una certa persona,che, guarda caso, non fa di nome Rodolphus.

Andromeda era rimasta in silenzio, godendosi le focaccine di patate appena messe in tavola da Hippy, l’elfa che si erano portate dietro, gongolando all’idea di non essere per una volta lei al centro dei litigi con Bellatrix: come diceva loro madre, sospirando e massaggiandosi le tempie, più che sorelle a volte sembravano quasi gemelle. Stessi capelli ricci e scuri, stesso sguardo affilato, stessa incapacità di seguire le regole. Come fosse uscita fuori Narcissa, bionda e con gli occhi azzurri e la mania di essere la perfetta Reginetta dei Purosangue, solo Merlino lo sapeva. Eppure, sin da quando erano piccole, per i loro genitori Bellatrix era sempre stata la figlia prediletta.

Non che a lei importasse molto, a dire il vero. Da quanto aveva memoria, sua sorella maggiore non aveva mai avuto paura di nulla, se non della sua stessa insofferenza: iniziava mille progetti con entusiasmi, fatto salvo interrompere a metà, stizzita e annoiata. Era stato lo stesso anche con i ragazzi, sembrava quasi collezionarli come Cioccorane, concedendo loro appena un riflesso della sua luce. In questo ammirava davvero Rodolphus che l’aveva corteggiata e supportata per anni, sempre pronto ad incitarla ad intraprendere la prossima avventura che fosse volare sino alla Torre di Corvonero per rubare la bandiera, o sfidarsi a chi reggeva più acquavite elfica. E, piano piano, Andromeda aveva notato il cambiamento nel modo in cui Bellatrix pronunciava il suo nome, come durante i pasti o a lezione si avvicinasse per sussurrargli qualcosa, o il modo in gli occhi le brillavano quando urlava sugli spalti durante le partite di Quidditch. Certo, era più probabile che stesse lanciando insulti agli avversari e non apprezzamenti a Rodolphus, ma per una come lei era praticamente una dichiarazione d’amore. O di insanità mentale, con Bellatrix non si poteva mai dire.

Stava sorseggiando con estremo gusto il suo caffè con doppia panna e doppio zucchero, aspettando il momento in cui sarebbero iniziati a volare i vasi di porcellana di Limonges in giro per la stanza, quando l’elfa fece la sua apparizione. E questa volta a mani vuote.

«Sono arrivati i suoi ospiti, Miss Bellatrix», squittì con un grosso inchino.

«Ospiti?» aveva chiesto mentre neanche le due zollette riuscivano a coprire il sapore divenuto improvvisamente amaro. 

«Ospiti, Bella? Avevi detto che era una vacanza solo per noi tre, prima del tuo matrimonio!» aveva ringhiato Narcissa da sopra la tazza di porcellana ripiena di Earl Grey.

«Restano solo qualche giorno, non vi daranno fastidio! Dobbiamo solo… preparare una cosa, diciamo. E poi sono di casa, praticamente».

«Chi è di casa, Bellatrix? Rodolphus? Santo cielo, già lo dovrò sopportare come cognato a breve, perché questo supplizio anche qui?» aveva lagnato Andromeda.

«Guarda che ti sento!» aveva urlato una voce dall’ingresso.

«Peccato che tu non capisca!»

«Oh andiamo Rod, non è niente che non ti abbia già detto, non fare il bambino!» gridò di rimando Bellatrix, mentre altri tre coperti apparivano sulla tavola riccamente imbandita.

«Potreste evitare di urlare come Banshee? Ecco, ci mancava anche Rabastan. E il terzo ospite chi sarebbe? Parkinson? Dolohov? Carrow?» aveva elencato Narcissa rassegnata, cercando di pugnalare i pezzi di fragola e mango che aveva nel piatto.

Bellatrix non aveva risposto, limitandosi ad allungarsi per dare un buffetto alla sorella. E lì ad Andromeda Black si era gelato il sangue nelle vene, perché aveva capito benissimo chi fosse il terzo invitato, e, soprattutto il perché.

«Sei seria, Bellatrix? Ti sei messa a fare la ruffiana?» aveva sibilato Andromeda alla sorella, cercando di non farsi sentire.

«Senti, o lo invitavo o lo uccidevo. È questo che avresti preferito?»

La ragazza era rimasta in silenzio, scrutando gli occhi neri di Bellatrix:«Di la verità, non l’hai fatto solo perché avresti dovuto dare a lui una spiegazione, vero?»

«Probabile», si era limitata a concedere la sorella maggiore scrollando le spalle. Il suo sorrisetto, però, si era spento immediatamente quando aveva visto il volto di Narcissa trasformarsi in una maschera.

E non era difficile capire il motivo di quell’improvvisa pietrificazione in una perfetta bambola di porcellana. Peccato solo per lo sguardo assassino negli occhi azzurri.

«Santo cielo, Malfoy, entra e non restare lì impalato come un idiota», aveva concesso tra i denti la bionda, costringendosi ad ingoiare l’ultimo pezzo di frutta profumata, insieme alle imprecazioni che evidentemente le stavano salendo alle labrra.

«Forse non è stata la mia idea migliore…» aveva sussurrato Bellatrix, così piano da farle quasi credere di aver immaginato tutto.

No, decisamente non lo era stata. Per fortuna, lei non sarebbe rimasta a vedere quella patetica sceneggiata da adolescenti innamorati di cui neanche nei peggiori romanzetti rosa. Sebbene dimostrasse di odiarlo da quando le aveva chiesto se fosse davvero una Black, visto il suo aspetto peculiare rispetto al resto della Famiglia, Andromeda conosceva troppo bene entrambi quei due cretini per non capire il gioco che stavano portando avanti.

A lei dell’amore non interessava.

L’unica cosa che voleva era raggiungere la cittadina più vicina, per poi passare l’intera giornata con Silente, ad imparare incantesimo su incantesimo.

 

 

 

Alla fine l’arrivo imprevisto dei tre ospiti invitati da Bellatrix si era rivelata una fortuna per i suoi piani: dopo aver fatto una lunga cavalcata con Narcissa, durante la quale si era spesa moltissimo per spiegarle perché l’idea di avere un qualcosa che non fosse più di una storiella con quello lì fosse davvero una pessima idea, alla quale la sorella minore sembrava non aver prestato nemmeno mezza volta l’orecchio, affermando con assoluta e granitica fermezza che lei non aveva alcun interesse in Lucius Malfoy, nonostante trovasse piuttosto strano che per quello che sembrava avere il suo più caro amico avesse una così variegata gamma di insulti.

Andromeda aveva preferito non insistere, specialmente vista la scena della mattina, ben sapendo che se avesse dovuto descrivere sua sorella con una parola sola questa non sarebbe stata né bella, né elegante, né adorabile, come molti avrebbero pensato. No, lei avrebbe scelto testarda.

Il che, a essere totalmente onesti, si adattava perfettamente a tutte e tre le sorelle Black, e anche alla maggior parte dei loro cugini, ma questo era tutto un altro paio di maniche.

Ringraziando Merlino, tra poche settimane sarebbe ricominciata Hogwarts e se l’anno successivo voleva davvero diventare Caposcuola come diceva sempre, quell’altro idiota che sembrava gravitarle sempre intorno avrebbe dovuto davvero smetterla di tormentare sua sorella.

Ma adesso aveva altre cose cui pensare… tipo raggiungere il paesino dove si trovava la Passaporta. Perché diavolo Silente le aveva dato uno spot così lontano?

E, soprattutto, perché per tutti i Thestral doveva averla nascosta in una cittadina Babbana sperduta nel nulla? Sempre che quell’agglomerato di case e negozi di dubbio gusto potesse chiamarsi cittadina. Le indicazioni erano chiare e aveva trovato piuttosto facilmente la panchina di legno con le rune incise che era segnata. Peccato che della placchetta metallica che avrebbe dovuto trovarsi sotto il sedile non c’era alcuna traccia. Si era persino infilata sotto le assi di legno, maledicendo il momento in cui aveva deciso di dare retta a qualcuno che, evidentemente l’età iniziava a fare brutti scherzi.

E ora si era anche messo a piovere, dannazione. Grossi goccioloni pesanti e gelidi che cadevano fitti da un cielo così grigio da non lasciare molte speranze che finisse presto. Diede un’occhiata veloce in giro, assicurandosi che non ci fossero babbani in vista, o almeno non troppo in vista. Di certo non si sarebbe bagnata sino alle ossa per qualche stupido regolamento del Ministero della Magia: Bellatrix da minorenne aveva fatto di molto peggio rispetto ad un semplice incantesimo deviante, anche se dubitava che avesse mai messo piede in un posto abitato da soli Babbani. O almeno lo sperava.

Stava tirando fuori la bacchetta quando due cose accaddero improvvisamente: smise di sentire la pioggia che le cadeva tra i capelli fin a quel momento perfettamente ricci, e vide un qualcosa di un giallo osceno sbucare da oltre le stecche della seduta.

«Un ombrello?» si chiese perplessa, scivolando fuori per vedere da dove dannazione fosse arrivato. Che lo avesse richiamato inconsapevolmente? Eppure di certo non le era neanche passato per la mente, seppur sembrasse una soluzione piuttosto accettabile. Anche se dubitava fortemente di aver richiamato quell’ osceno pezzo di plastica con quelli che sembravano…

«Tassi?» ripeté sbigottita, chiedendosi se il legno che aveva appena toccato non fosse cosparso di qualche veleno che le stesse provocando le allucinazioni.

Peccato che a quel coso orrendo sembrava esserci attaccato anche un Babbano, visto le gambe coperte da quelli che aveva imparato fossero jeans.

«Molto brava, Black. Dieci punti a Serpeverde. Peccato che la scuola non sia ancora iniziata…»

La voce, così come l’ombrello che teneva in modo che la coprisse mentre le offriva la mano per aiutarla ad alzarsi, non proveniva da un Babbano qualunque.

Già sarebbe stato imbarazzante farsi trovare nel fango di una cittadina Babbana, ma essere beccata da uno stupido Tassorosso, per di più da uno che già era costretta a vedere più del dovuto, proprio a causa dello stemma da Prefetto che portava appeso al collo con una lunga collana che gli ricadeva sul petto,era il colmo. Senza contare che il suddetto NatoBabbano aveva mano un ombrello giallo con degli stupidi tassi strafatti di pozioni acide.

Per un attimo Andromeda Black si rese conto di essersi soffermata un attimo di troppo su quella medaglietta lucente. Da quando era così in forma? Scosse la testa, rialzandosi impettita e cercando di lanciare un incantesimo ripulente sui vestiti. Mentre stava per agitare la bacchetta lui però le bloccò le mani, sgranando gli occhi..

«Ma sei matta? Ti ho appena salvata e tu ti metti a fare un incantesimo qui? Mai sentito parlare di Leggi sulla Restrizione della Magia per i Minorenni?» aveva imprecato il ragazzo, guardandosi convulsamente intorno, tenendole ancora ferma la mano.

«E tu hai mai sentito parlare della Famiglia Black? I miei sono stati a cena con il Ministro non più tardi di una settimana fa, pensi sul serio che qualcuno si prenderebbe la responsabilità di fare una segnalazione? Chi vuoi che crederebbe che io, la più brillante strega della mia generazione e figlia modello, sia qui?», replicò guardandolo con commiserazione. «Fattelo dire, portare il distintivo da Prefetto fuori da Hogwarts è da sfigati.»

«Figlia modello che sta frequentando delle lezioni segrete con un certo Professore di Trasfigurazione? È per questo che ti sei messa a strisciare come un Occamy nel fango? Cercavi questa per caso?» Ted Tonks non sembrava particolarmente colpito dal suo sarcasmo. Anzi, la guardava con una strana luce che gli illuminava gli occhi nocciola, mentre lentamente le lasciava andare la mano per tirare fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni quella dannata placchetta metallica che stava cercando disperatamente.

«L’hai rotta, Tonks? Merlino,dovete smetterla di fumare le erbe a Tassorosso, poi ci credo che diventate ancora più stupidi di quando vi smistano. Il che è davvero una Magia, non credevo fosse possibile. Anche se quell’ombrello fuga i miei ultimi dubbi sulla vostra sanità mentale».

«Bello, vero? Me l’ha regalato Arthur Weasley. Lui e Molly… Ti ricordi di lui e Molly Prewett … i Prefetti di Grifondoro che si sono diplomati lo scorso anno? Stavo dicendo… Lui e Molly sono venuti qui qualche giorno fa e mi hanno portato questo. Una volta l’ho incontrato per caso nella parte Babbana di Edimburgo e l’ho invitato a passare qualche giorno qui, visto che voleva provare il trekking nella costa settentrionale. È così appassionato di cose da Babbani… e dovevi vedere quando gli ho fatto scoprire il rugby… Figo, vero?»

«Tonks. Concentrati. E non dire figo, è da sfigati. Te lo ripeto lentamente: hai per caso rotto la Passaporta?» chiese scandendo lentamente le parole, quasi non parlassero più la stessa lingua.

«Si, Black, certo. E tutto solo per vederti strisciare sotto una panchina Babbana. A dire la verità sono appostato qui da giorni, in attesa della grande Andromeda Black, purosangue Serpeverde» rispose lui contrariato riportando l’ombrello solo su di sé. «Oppure, più semplicemente, mi è stato chiesto di dirti che c’è stato un problema con la Passaporta e di rimuoverla prima che qualcuno potesse farsi male. E ora che il mio lavoro è finito, posso tornarmene a casa».

«A te? Lo hanno chiesto a TE? E perché? Chi? Perché non hanno mandato direttamente a me un Gufo?» Una serie di interrogativi senza risposta le affastellavano la mente, ma quello stupido Tassorosso già si stava allontanando a grandi passi, tenendosi l’ombrello: «Ehi! Aspetta!Dove stai andando?»

Tonks si era girato, sorridendole di nuovo:«Se hai finito con Jeopardy, potremmo andare qui vicino a ripulirci. Il negozio dei miei non è distante e a quest’ora è chiuso: puoi usare tutta la magia che vuoi, visto che non sembri preoccuparti. Oppure, puoi fare come le persone normali e utilizzare un asciugamano. Ma dubito che qualcuno possa considerati normale»

«Lo prenderò come un complimento, Tonks!»ringhiò Andromeda sotto i denti, raggiungendolo velocemente sotto l’ombrello. Non le andava di tornare indietro dalle sue sorelle, soprattutto non con una Narcissa infuriata e una Bellatrix in preda al delirio. Senza contare gli ospiti.

«I tuoi hanno un negozio? Non dirmi uno di quei raccogli ciarpame che ho incontrato per strada…»

Di nuovo quel sorriso che gli illuminava gli occhi, in un modo che non aveva mai notato.

«No. Di fiori e piante, sono piuttosto famosi, sai?»

«Piante e fiori. E tu sei un Tassorosso. Ma che originalità!»

«Di sicuro non come l’erede della Nobilissima e Sempre Pura Famiglia dei Black che si ritrova in una cittadina Babbana a cercare di smontare una panchina…»

Per la prima volta in vita sua, Andromeda Black non sapeva cosa rispondere. Anche perché di tutte le situazioni in cui aveva pensato di trovarsi in quell’estate, di certo quella era la più inaspettata.

Si limito quindi a chiedere «Per Salazar Serpeverde, cosa diavolo è Jeopardy?»

 

 

 

Come aveva detto Tonks, il negozio dei suoi genitori era vicino e, soprattutto, deserto. Sebbene di solito riuscisse a fare conversazione con chiunque e sapesse decisamente come affascinare gli adulti, in quel momento Andromeda davvero non aveva voglia di mettersi a fare conversazione con due sconosciuti Babbani. Soprattutto perché li immaginava come fieri mamma e papà tasso di quel petulante e saccente che sperava sempre di prendere dei voti migliori dei suoi. Cosa che al momento non gli era mai riuscita, e che mai sarebbe accaduta fino a quando avesse avuto un fiato in corpo.

La giovane Serpeverde entrò con circospezione: nonostante i libri letti, non le era mai stato ben chiaro come funzionasse il mondo Babbano. Secondo quello che le era stato inculcato sin da piccola, era un posto pericolosissimo e terribile, pronto a farle del male solo perché nata Strega. Certo, la narrazione perdeva credibilità quando i suoi genitori si ritrovano con gli amici della loro cerchia sociale a ricordare con nostalgia i tempi in cui nei giardini di Villa Black si praticava la Caccia al Babbano… però era anche vero che lei stessa aveva letto dell’Inquisizione e del Massacro dei Maghi che aveva portato alla nascita di Hogsmeade. Insomma, persino la teoria, che solitamente era la sua ancora di salvezza, questa volta le causava più problemi che altro.

Eppure quel posto era davvero accogliente, anche contro tutte le aspettative. Le pareti erano ricoperte da grandi scaffalature di legno massello, sulle quali facevano bella mostra piante dai lunghi steli colorati e foglie d'un verde brillante, mentre dal soffitto ricadevano morbidi rampicanti di edera e nuvole di lillà. Nel centro della stanza troneggiava un grosso tavolo, cosparso di vasi di ogni forma e misura, ricolmi di ogni tipo di fiore che le potesse venire in mente. Nell’aria non c’era l’odore muffoso e terraceo che si respirava di solito nella serra, quello che sentiva era invece un profumo dolce ma non invadente, meno floreale di quello che si sarebbe aspettata. E soprattutto senza quell’odore di vegetazione in decomposizione. Era l’odore che si respirava le prime sere d’estate dall’alto della Torre di Astronomia, quando l’aria diventava dolce e si iniziava a pensare alla libertà delle vacanze estive.

Andromeda sfiorò con un dito l’etichetta di uno dei vasetti di vetro colorato disposti tra le piante, prima di prenderlo in mano incuriosita.

Un secondo dopo la candela al suo interno si accese, rilasciando nell’aria il suo odore rassicurante e dolce. Sapeva di vaniglia, di bourbon dolce e caramella toffee, di camino acceso e di zucca…

«Ma questa è l’odore dei Tre Manici di Scopa!» esclamò, sgranando gli occhi, mentre finalmente riconosceva quell’odore famigliare. «Sei definitivamente uscito di senno, Tonks?»

Lui scrollò le spalle. «Non è mica vietato, sai. Sono piuttosto bravo ad imprigionare gli odori, e soprattutto a bilanciarli per ottenere dalle piante l’odore che voglio. Se guardi lì , puoi vedere anche quelle ispirate alla Foresta Proibita, al Lago Nero, all’Aula di Divinazione… Merlino, non vedo l’ora di provare dal vivo il bagno dei Prefetti!» elencò soddisfatto, indicando una candela dopo l’altra, tutto tronfio.«Anche se devo ammettere che Lumacorno mi ha aiutato moltissimo».

«Stai praticamente vendendo Hogwarts ai Babbani, idiota!» ringhiò, rendendosi conto che quella specie di mago da strapazzo aveva praticamente imbottigliato sotto forma solida ogni singolo angolo della Scuola.

«Guarda che i Babbani non sanno cosa sia Hogwarts. E i nomi sono piuttosto poetici, non trovi? Sono tutti nomi che fanno riferimento all’Astronomia, pensavo avresti apprezzato», rispose lui scrollando le spalle. «E poi i posti che ti fanno stare bene sono universali. Sai a volte basta un odore, un colore… non siamo poi così diversi, no?»

Andromeda ripose in silenzio la candela che teneva in mano, pensierosa. Davvero per i Babbani l’odore dell’Aula di Pozioni aveva un senso? Seppure non avessero mai visto un calderone o un veleno in vita loro? Potevano davvero apprezzare l’odore metallico scaldato da un fuoco magico, o il fascino dei fumi speziati che salivano su dal liquido che sobbolliva lento?

«Questa piacerebbe tanto a Cissy», si trovò a mormorare a mezza voce, più che altro a sé stessa.

«Sono cinque sterline».

La candela cadde in terra con un tonfo: «Cosa?»

«Le sterline sono i soldi Babbani» spiegò Ted con calma, come se stesse parlando ad una bambina, in maniera molto simile a come lei gli si era rivolta poco prima.«Se vuoi posso dirtelo in Galeoni.»

«So cosa sono le sterline, stupido Babbano. Ma non posso credere che tu mi stia chiedendo di pagare per una candela che, ovviamente, non avevi alcun diritto di creare. E poi che razza di hobby sfigato è quello di fare le candele?»

«Uno piuttosto redditizio, direi. Sono uno dei nostri prodotti di punta. E per altre tre sterline puoi acquistare un bouquet abbinato», replicò Ted passando finalmente l’asciugamano bianco e caldo che teneva in mano.

«I Black non pagano, Tonks. Di solito la gente è grata che ci degniamo di prendere in considerazione quello che vendono» disse piccata, incrociando le braccia. «E poi non ho soldi dietro. Come ben sai, i miei programmi erano altri»

Lui si girò noncurante:«Tu pensaci, io intanto metto su il tè, qui dietro c’è un bollitore elettrico».

Andromeda si morse la lingua prima di chiedere cosa diavolo fosse un bollitore elettrico. Invece gridò dietro alla schiena che si allontanava: «Mi raccomando, fai riposare l’acqua qualche minuto, io non bevo tè bruciato!»

Poi, di nascosto, si trovò ad annusare avida l’ultima candela della fila, quella dedicata alla Biblioteca di Hogwarts. E, stranamente, si trovò a pensare che in fondo non le dispiaceva così tanto non essere tra i libri quel pomeriggio.



 

Qualche giorno dopo, senza sapere neanche il perché, Andromeda si era ritrovata nuovamente di nuovo di fronte al negozio dei genitori di Tonks, cercando di mimetizzarsi nella folla. Si era detta che avrebbe fatto solo un salto, giusto per vedere se la Passaporta fosse stata riparata.

Si, un salto veloce e nel migliore dei casi finalmente avrebbe passato quelle ultime settimane di vacanza come aveva preventivato. Nel peggiore, invece, per lo meno avrebbe riposato il suo cervello per qualche ora. Non sapeva se fosse peggio sentire continuamente Bellatrix e i Lestrange parlare di quel Lord Voldemort che sembrava suscitare su di loro un’ammirazione senza pari, oppure sentire continuamente battibeccare Narcissa e Lucius. Morgana, Circe e tutte le Morge… quasi quasi preferiva quando si era quasi trasformata in una delle statue di marmo che ornavano la sala da pranzo neoclassica di Villa Black.

Solo che alla panchina non ci era proprio arrivata, quasi senza rendersene conto si era ritrovata a sbirciare la vetrina incorniciata dall’edera, appiattendosi contro il muro quando aveva notato due strani tipi che la salutavano da dietro il vetro facendole cenno di entrare.

«Non vi preoccupate, è una mia amica della Scuola. È un po’ strana ma innocua!» Ted, no Tonks, la fissava beffardo con la schiena appoggiata allo stipite della porta.

«Ti serve qualcosa, Black?»

«Da quando siamo amici, Tonks? E poi io non sono né strana né tantomeno innocua», sibilò di rimando, non potendo fare a meno di sorridere. «Sono venuta a chiedere se ci sono novità della Passaporta. Certo, se avessi un Gufo come le persone normali sarebbe tutto più semplice.»

Lui si era limitato a sorriderle con gli occhi semichiusi, beandosi al pallido sole del primo pomeriggio: «Io ho un gufo, in effetti, ma così non ti avrei rivisto. E poi cosa direbbero le tue care sorelle? Sei con loro, giusto?»

Andromeda non colse la provocazione, limitandosi ad incrociare le braccia e a guardarlo sbattendo le lunghe ciglia con fare fintamente innocente. «Quindi volevi rivedermi… Interessante. E perché, di grazia? Per farmi vedere qualche altro accessorio dal gusto discutibile?»

«Veramente mi devi cinque sterline. Credi che non abbia visto che ti sei messa in tasca una delle mie candele?»

«Sei un egoista, Tonks. E un avaro. Ma voi Tassorosso non siete noti per la gentilezza e la disponibilità? Tsk, tsk, sei la delusione della tua Casa», rispose la Serpeverde scuotendo i riccioli scuri con disapprovazione, ma non muovendosi di un passo.

«Si vede che sto troppo in prossimità di una certa inquilina dei Sotterranei. Oggi, se vuoi, ti ho preparato un’altra cosa da rubare. Aspettami qui», rise rientrando dentro e facendole segno di aspettare.

Era la seconda volta in vita sua che qualcuno la lasciava ferma in mezzo alla strada, e mai nella sua vita avrebbe pensato che sarebbe stato un NatoBabbano Tassorosso spacciatore di semi a farlo. Si, probabilmente su quella panchina c’erano davvero delle spore velenose.

Altrimenti non si spiegava perché Tonks fosse uscito tutto allegro dal negozio con in mano una pianta dalle foglie verdi e tondeggianti che le porgeva con estrema soddisfazione.

«Tieni, l’ho preparata pensando a te. Vedi? C’è anche una coccarda verde e argento!»

Andromeda rimase immobile, mentre l’odore fresco e pungente della pianta le solleticava le narici, chiedendosi cosa diavolo stesse accadendo. Le avevano regalato spesso fiori in passato, rose soprattutto (quelle che Narcissa faceva sempre tornare indietro perché banali e prive di originalità), e anche qualche pianta, prontamente rispedita al mittente, visto il suo odio profondo per il giardinaggio.

Di certo però, nessuno le aveva mai regalato del banale, ordinario e comunissimo…

«Basilico. Ti faccio venire in mente il Basilico. Io, Andromeda Cassiopea Black, Prefetto e migliore studentessa del nostro anno se non di tutta la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ti faccio venire in mente una stupida pianta da orto? Di’ la verità, hai deciso di farmi arrestare per averti cruciato. Ancora non hai capito, Tonks? Anche se ti pietrificassi qui davanti a tutti me la caverei con un buffetto sulla guancia. Anzi, sono quasi certa che mia madre mi regalerebbe un Abraxan nuovo.»

«Esatto». annuì lui grave. «E ora scusami, devo rientrare, ma il negozio è pieno e i miei non sanno richiamare le piante. È un lavoro piuttosto faticoso. E smetti di usare termini del mondo magico, ti sentono tutti».

Si fermò un attimo sulla porta, poi aggiunse, guardandola di sottecchi. «Ti aspetto domani. Ho un’altra cosa che ti piacerebbe non comprare. Sei diventata la mia non cliente preferita, sai?».

«Vedi di preparare qualcosa che valga il mio tempo. Ho gusti costosi, sai?» rimbeccò lei, chiedendosi ancora una volta come avrebbe spiegato di aver trovato una pianta di basilico in mezzo al clima rigido della Scozia Nord-Occidentale.

«Regali, piuttosto» la corresse con un’ultima risata prima di sparire, lasciandola nel mezzo di una stradina Babbana con in mano una pianta enorme.

Per tutto il viaggio di ritorno si era chiesta cosa diavolo stesse facendo. Quando aveva accettato di prendere lezioni private al di fuori dell’orario scolastico, sapeva bene di stare infrangendo tutte le regole e le aspettative della sua famiglia, ma lo stava facendo con uno scopo ben preciso: non voleva accettare di essere relegata nel ruolo di moglie di un ricco purosangue come sua madre prima di lei, impegnata ad organizzare balli e a spettegolare con le altre moglie. O almeno questo era quello che credeva facesse sua madre. Ma quello… Un conto era essere leggermente amichevole con gli studenti delle altre case ad Hogwarts, un altro desiderare di passare del tempo con uno di loro, in una cittadina Babbana.

Babbani… si era sempre incaponita a chiamarli così, nonostante a casa Black l’appellativo ufficiale non fosse quello. Sanguesporco. Feccia della società. Rovina del Mondo Magico.Si, quelli sembravano davvero epiteti più appropriati da partela più antica e nobile famiglia delle Sacre Ventotto.

E ora, lei che non aveva desiderato nulla oltre diventare una Medimaga, si trovava ad odorare una stupida pianta di basilico, costringendosi davanti ad una lettera vuota. In fondo bastava mandare un gufo ad Hogwarts e chiedere una nuova mappa. E se Silente non fosse stato li? Poteva forse mandare Betelgeuse ad Hogsmeade dalla McGranitt direttamente? Ma non sapeva dove abitasse esattamente. E se qualcuno l’avesse intercettata? Se i suoi avessero scoperto le su attività extracurriculari sarebbero stati capaci di ritirarla da Hogwarts prima del settimo anno. Piuttosto avrebbe raso al suolo Villa Black, quadri degli antenati e genitori inclusi.

No, c’era un’unica soluzione. Doveva tornare dal Tassorosso NatoBabbano e provare la Passaporta fino a quando non avrebbe funzionato.

Si, era davvero l’unica soluzione. Che poi morisse dalla voglia di scoprire come baciasse quello era tutto un altro discorso


 

 

«Hai parlato di Abraxas, no? Immagino che significhi che tu sappia cavalcare.» 

Quando era arrivata,invece di Tonks aveva trovato attaccato allo schienale della panchina un foglietto con una mappa scarabocchiata e a fondo pagina una serie di serpenti ciccioni dagli occhi enormi e uno strano cappellino. Chiedendosi cosa diavolo le prendesse si era limitata a seguirla, se non altro per andare a dire a quello sciocco cosa pensasse della sua palese incapacità artistica.

Quando però lo aveva trovato che parlava fitto fitto a due cavalle grigie la rabbia era evaporata.

«Certo che sei un gran cafone, sai Tonks?» si limitò a commentare, avvicinandosi per accarezzare il muso vellutato degli animali. Poi si rivolse nuovamente al ragazzo, così vicino che poteva sentirne il profumo, un misto di tutti quelli che aveva sentito nel suo negozio.

«Mai sentito parlare di buongusto? Merlino Tonks, a volte credo che il tuo armadio sia costituito da abiti rubati ad un elfo domestico. Ma come fai a metterti quei così!» rimbrottò alzando gli occhi al cielo, mentre lui le porgeva un caschetto nero.

«Jeans, Black, non fare finta di non sapere come si chiamano, ti ho vista prendere in prestito i libri nella sezione di Babbanologia, anche se trasfiguri sempre la copertina. Forza andiamo. E mettitelo , non voglio dover spiegare alle tue folli sorelle che ti sei spaccata quella testa dura sulle scogliere».

«Tonks, io non metto niente di così orrendo sulla mia persona… e soprattutto ti rendi conto che ad Hogwarts voliamo su una scopa senza rovinarci i capelli? Certo che sei proprio un Tassorosso…»

«Sfigato, lo so. Ma guarda ti ho messo anche un rametto di gelsomino per renderlo più carino!» rise il ragazzo indicando i fiori profumati che ornavano un lato del cappello, stranamente immuni alla forza di gravità .

Troppi immuni.

«Cosa dicevi dell’uso della Magia per i Minorenni?» chiese con un ghigno, ignorando la mano che lui le porgeva, infilando invece il piede nella staffa e sollevandosi senza troppo sforzo. Una volta seduta, drizzò la schiena, lasciando che la cavalla si abituasse al suo peso, aspettando che Tonks la raggiungesse.

«Vuoi regalarmi un cavallo? Hai ragione, per una volta mi sembra un regalo appropriato», disse mentre anche lui saliva in sella.

«Mmmm, no. Mi spiace ma non è nel nostro catalogo. Oggi devo andare a raccogliere dei fiori particolari e ho pensato di farti vedere uno dei miei posti preferiti. Ti piacerà, vedrai».

Come le piaceva ricordare spesso, raramente si sbagliava. E se su alcune cose che riguardavano quello strano NatoBabbano poteva ammettere che forse, ma solo in via puramente ipotetica, poteva valutare l’idea di ricredersi, su una cosa aveva avuto assolutamente ragione: Ted Tonks era un dannato Tassorosso logorroico.

Anzi, peggio… nei rari momenti in cui non era impegnato a cianciare si era messo a cantare, evidentemente con il solo scopo di prenderla in giro:
 

Maybe then, I'll fade away

And not have to face the facts

It's not easy facing up

When your whole world is black (*)

 

Black, Black, Black, continuava a ripeterlo, quasi come un mantra, sorridendole senza malizia, anche quando lei si aveva incitato il cavallo pur di allontanarsi, o quando lo aveva minacciato di trasformare la sua sella in materassino ricoperto di chiodi. Nel suo senso, ovviamente, il cavallo era un amore, e già doveva sopportare i suoi vaneggiamenti.

 

Eppure, quando arrivarono in cima alla scogliera, era indubbio che ne era valsa la pena: le acque scure dell’oceano che si fondevano con il cielo azzurro che solo la Scozia dopo un temporale poteva regalare, erano così belle da mozzare il fiato. Sotto di loro, la roccia ricoperta di verde delle scogliere. E un’infinità di scalini che portavano ad un piccolo spazio.

Ted era sceso dal suo cavallo. prendendo anche le redini di quello che stava cavalcando lei e legandoli entrambi ad uno steccato riparato all’interno, in prossimità di una delle grandi pozze d’acqua ancora limpida. Prima di lasciarle entrambe a riposare e saziarsi di erba fragrante, l’aveva distintamente sentito canticchiare a bassa voce:

 

No more will my green sea

Go turn a deeper blue

I could not foresee this thing

Happening to you (**)

 

«Tonks, devi farti curare. Sul serio. Sei fuori di testa come il vostro fantasma.»

«Oh, andiamo è una bella canzone. E a Sirrah piace molto, vedi come la rilassa?»

«A me sembra sull’orlo di una crisi di nervi. E anche io!».

«A me invece sembra che tu stia sorridendo.»

«Non sto sorridendo, è una paresi. Comunque sto ancora aspettando il mio regalo.»

«Non ho mai parlato di regali, Black. Ho detto che c’era una cosa che ti sarebbe piaciuto non comprare, è diverso. Solo che dobbiamo andare a recuperarla. Forza muoviti!» Nel dirlo Ted si era avvicinato, prendendole la mano e trascinandola verso la scalinata nascosta tra le scogliere.

Forse era stato il fatto che per la prima volta in vita sua aveva trovato qualcuno che non la vedesse sul serio, al di là del suo nome, del suo status, di tutte le maschere che le avevano messo addosso. O forse perché sperava che il suo gesto si perdesse tra il vento delle scogliere, portato via insieme alle nuvole che correvano veloci solo la loro testa.

Si arrestò di colpo, costringendo anche Ted a fermarsi, girandosi e sporgendosi verso di lei per il contraccolpo. E appena lui, confuso stava per blaterare di nuovo qualcosa, gli prese il viso tra le mani premendo con forza le labbra sulle sue. Ted sembrò sorpreso solo per un attimo, poco dopo la sua bocca si ammorbidì, mentre la mano ancora libera saliva sulla nuca, impedendole di allontanarsi. Sentiva la sua lingua che rispondeva alla sua, il suo respiro che si confondeva con il suo, il sangue che pompava così forte nelle orecchie da confondersi con il suono della risacca.

Quando le sembrò di non avere più fiato nei polmoni si staccò appena di qualche centimetro, con il cuore che ancora le batteva e le braccia ancora attorno al suo collo per stringerlo sempre di più a sé.

«Dannazione Ted, se avessi aspettato te avremmo aspettato sino ai M.A.G.O. Sai una cosa? Sei proprio uno…» iniziò a recriminare. Lui però non la lasciò finire, impossessandosi di nuovo delle sue labbra in un bacio avido.
"Beh, forse non così sfigato. Ma sempre Tassorosso"
riuscì a pensare, prima di far sì che ogni pensiero si perdesse in un soleggiato pomeriggio d’estate sulle scogliere.

 

Casa di Ted ed Andromeda Tonks, da qualche parte nella Londra Magica, 1973

La pendola nel salotto della sua impeccabile casetta a schiera nei sobborghi della Londra Magica, batté la mezzanotte. Era stata una giornata stressante in cui lei e Ted non si erano neanche incrociati per i corridoi, troppo impegnati a correre da una parte all’altra del San Mungo. La guerra sembrava ogni giorno più vicina, nonostante i giornali sembrassero ignorarla. Loro però non potevano far finta di non vedere il numero di vittime di maledizioni senza perdono crescere continuamente. E le notizie che gli Auror e i membri dell’Ordine portavano ad ogni riunione non facevano che aumentare quell’inquietudine.

Ora, seduta allo scrittoio della camera da letto, ascoltava il suo respiro regolare. Era una cosa che gli aveva sempre invidiato: quella capacità di abbandonarsi al sonno, fiducioso come se non avesse passato la vita a combattere. Per lei, per loro. E il prezzo che aveva pagato era stato altissimo.

La sua famiglia era stata decimata dai Mangiamorte, quel delizioso negozio che profumava di sogni e amore bruciato dall’Ardemonio con tutto quello che conteneva. E sapeva perfettamente chi fosse la responsabile di quella vendetta. La stessa che aveva scritto Sporca Traditrice con il sangue dei suoi suoceri su quelle stesse mura.

Ma Ted non gliene aveva mai fatto una colpa, limitandosi ad abbracciare il suo dolore senza farsi travolgere, mentre lei avrebbe voluto solo andare a stanare Bellatrix sin dentro al letto di Lord Voldemort se fosse stato necessario.

Ma si era fatta convincere a non farlo, che la loro famiglia fosse più importante della vendetta. Si passò una mano sul ventre teso, mentre la bambina dentro di lei sembrava condividere la sua stessa agitazione. 

«Vedi, avevo ragione. La saggina che ti ho messo in tasca quel giorno ha funzionato. Bisogna stare sempre a sentire le leggende popolari». La voce di Ted era chiara, affatto assonnata. Chissà da quanto era sveglio a fissarle mentre lei continuava a giocherellare distratta con gli oggetti nella sua scatola dei ricordi: una fotografia sua e delle sue sorelle, un ciondolo a forma di bucaneve, un ramo della piantina di Basilico e il gelsomino indiano che le aveva regalato Ted. E poi, ovviamente, la famosa Passaporta che non era mai stata tale.

«Vorrei puntualizzare che hai aspettato mesi per chiedermi di uscire ad Hogwarts, dopo avermi sedotta e abbandonata. Come ti sia venuto il mente di mandarmi messaggi con le piante Merlino solo lo sa. E poi posso capire il gelsomino giallo, anche se avresti dovuto mandarmelo dopo la nostra prima volta… ma il Basilico, per Merlino?» commentò, alzandosi e infilandosi nel letto accanto a lui, incastrando la fronte nell’incavo del suo collo, quel posticino che sembrava creato proprio per lei.

«La più regale di tutte le piante… senza contare che allontana i serpenti, oltre che le zanzare. E direi che ha funzionato… anche se avresti dovuto applicarti di più a Erbologia», elencò lui, sollevandosi su un gomito e portandosi alle labbra il palmo della mano intrecciata con la sua per baciarlo. Poi risali verso lungo il braccio, canticchiando contro la pelle nuda:
 

If I look hard enough,

Into the setting sun

   My love will laugh with me

    Before the morning comes  (***)
 

Andromeda sospirò mentre lui si chinava a baciarla:«Ted Tonks, sei davvero uno sfigato Tassorosso. E ti amo dannatamente per questo».

Si sentiva felice,nonostante tutto. Era stanca, dolorante e sapeva che in quel momento era quanto di più lontano da quello che aveva sempre pensato di diventare. Lei e Ted non avevano nulla in comune, non sarebbero mai dovuti stare insieme.

Ma poi un’estate quasi sei anni prima tutto era cambiato. E una lei che non esisteva più, in piedi sulla scogliera con il profumo di Ted nella mente aveva capito  quello che ora lui aveva cercato di spiegarle quell’estate: non c’era una parola per descrivere quelli come loro. Ma a volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni.

E lei, in quel momento, sorrideva felice tra le parole, i profumi e le note stonate di un’estate che ritornava ogni notte nell’abbraccio dell’uomo che amava e in un piccolo cuore che rideva con lei aspettando il mattino di un nuovo giorno.



 



 

 

*Forse svanirò e non dovrò affrontare la realtà

Non è così facile farsi notare quando tutto il tuo mondo è  Black (nero)

 

**Mai più il mio mare verde tramuterà in un profondo blu

Non potevo immaginare che ciò sarebbe capitato a te

 

*** Se io guardo intensamente dentro il sole che tramonta

Il mio amore amore riderà con me prima che venga la mattina

 

( Paint it Black, Rolling Stones). La colpa è della serie “The Noble House of Black” su youtube/tik tok, ormai quando penso alle sorelle Black la sento in sottofondo.

 

Come detto all'inizio questa storia partecipa challenge “Tanti piccoli semi per far fiorire nuove storie” indetto sul gruppo L’Angolo di Madama Rosmerta Grazie ad Inzaghina per aver ideato questo pacchetto… nonostante io l’abbia strapazzato abbastanza è stato davvero divertente provare ad utilizzarlo.

 I semini che ho utilizzato sono:

Prompt: Candele profumate

Citazione: A volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni. (A. Baricco)

Bonus nella storia un personaggio non ha con sé l’ombrello.

Poi, diciamo che ho preso un po’ di libertà nell’adattamento dell’ultimo semino fiorito, che però è quello che ispirato tutta la storia: Situazione: a lavora in un negozio di fiori, B è un cliente abituale che in realtà ha una cotta per A.

Infine, un grazie particolare ad E. che mi ha suggerito l’ombrello con i Tassi che ho trovato assolutamente perfetto per Ted.

Due minuti di sbrodolamenti su date e personaggi.

Secondo Pottermore Molly è del 1949, ha iniziato a frequentare Hogwarts nel 1961, uno o due anni prima di Bellatrix, che è nata nel 1951, è quindi pressoché certo che Andromeda la conoscesse, se non altro di nome. Non sappiamo esattamente l’anno di nascita di Andromeda, ma dovrebbe essere la secondogenita, e quindi collocarsi tra il 1952 e il 1954… visto che mi piace pensarla amica di Lucius, ho deciso che sia nata  nell’autunno del 1953, così da permetterle di frequentare lo stesso anno, secondo il sistema scolastico inglese.

Tutta questa serie di date è per inquadrare storicamente la storia:  ho immaginato che si svolgesse l’estate dopo il settimo anno di Bellatrix, quando Andromeda e Ted sono quindi in attesa di iniziare il sesto.

Come avrai capito per me Ted non è il classico tenerone, ma un Tassorosso piuttosto combattivo, così come Andromeda mantiene tutto il caratteraccio dei Black. Non so perché ma io immagino il loro primo bacio vicino al mare ( nella Serie di “Potentia Para Vis” si trattava del Sud della Francia, qui e in Aletheia sulle scogliere Scozzesi). Inoltre nel mio canon sono entrambi Medimaghi.

 

Le spiegazioni sui significati delle piante sono prese da Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante,di Alfredo Cattabiani. Le scogliere sono liberamente ispirate agli  Whaligoe Steps.



 
   
 
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